CRISTOFORO
Benché la funzione di duca di Roma, cioè di capo militare e responsabile anuninistrativo dei ducato bizantino di Roma, sia stata creata probabilmente alla fine del sec. VI, C. è, all'inizio dell'VIII, il primo duca indicato esplicitamente con questo titolo nel Liber pontificalis.
C. fu probabilmente nominato nel corso del secondo regno di Giustiniano II (metà 705 - dicembre 711) ed era certamente in carica nell'ottobre 710, quando papa Costantino I partì per Costantinopoli su invito dell'imperatore, che desiderava porre fine al contrasto tra Oriente ed Occidente sorto in seguito al sinodo Quinisesto (tenuto a Costantinopoli nel 692) i cui canoni imponevano alla Cristianità usanze della Chiesa orientale. Poco dopo, l'esarca Giovanni Rizocopo si fermò a Roma durante il suo viaggio verso Ravenna e fece giustiziare quattro dei più alti dignitari del clero romano, senza dubbio nell'intento di stroncare la resistenza romana ai canoni del suddetto concilio. Non sembra che in questa circostanza l'esercito di Roma si sia opposto all'esarca: C. dovette obbedire agli ordini del suo superiore gerarchico e assumere un atteggiamento legalista. Questo atteggiamento prudente di C. evitò senza dubbio alla città di Roma le rappresaglie di cui fu vittima Ravenna dopo l'uccisione dell'esarca, e nello stesso tempo favorì l'azione del papa a Costantinopoli: Costantino I, infatti, riuscì ad ottenere dall'imperatore la conferma dei "privilegi" della Chiesa romana.
Poco dopo il ritorno del papa, però, si apprese a Roma, alla fine del 711 o all'inizio del 712, che Giustiniano II era stato appena detronizzato dall'esercito e dalla flotta e sostituito dall'armeno Filippico Bardane, che si era subito dichiarato seguace del monotelismo. Questa dottrina, secondo la quale Cristo possedeva certamente due nature, quella divina e quella umana, ma un'unica volontà, era stata condannata trenta anni prima (680-681). La lettera ufficiale (sacra) con cui il nuovo imperatore annunciava al papa l'ascesa al trono, confermò la sua presa di posizione in favore dell'eresia. Costantino I rifiutò solennemente di accogliere questa professione di fede e fece porre in S. Pietro una raffigurazione del VI concilio. Tutta la provincia insorse allora contro Filippico e gli rifiutò gli atti ordinari di riconoscimento di sovranità: i documenti, ufficiali non furono datati con gli anni del suo regno, le monete coniate nella zecca locale non portarono la sua effigie, il suo ritratto non fu posto nella chiesa di S. Cesareo in Palatio, come avrebbe voluto la tradizione, e il suo nome non fu citato nell'ufficio.
Queste gravi decisioni non avevano potuto essere prese se non in seguito ad un accordo tra il papa e il duca C., che dirigeva l'amministrazione laica. Dalle fonti non riusciamo a individuare gli obiettivi che il C. si prefiggeva in questa situazione, né siamo in grado di sapere se egli era di origine locale o se la sua solidarietà con i suoi amministrati, soprattutto in materia religiosa, si era formata nel corso del suo soggiorno a Roma. Ciò che è sicuro è che egli prese posizione contro Filippico in favore del papa, del cui appoggio aveva d'altra parte bisogno per continuare a governare il ducato romano.
All'inizio del 713 l'imperatore decise di destituire questo ribelle e gli designò un successore, Pietro, che arrivò a Ravenna. A questa notizia la popolazione di Roma si divise in due partiti: la maggioranza, con alla testa C., si rifiutò di riconoscere un duca che riceveva i suoi poteri da un imperatore eretico; un partito minoritario, che aveva a capo un certo Agatone, riteneva invece legittima la nomina di Pietro. L'arrivo di quest'ultimo a Roma provocò una reazione armata. Una battaglia ebbe luogo sulla via Sacra, davanti all'antico palazzo imperiale del Palatino, allora residenza del duca. Anche il papa Costantino abitava certamente nei pressi, nell'episcopium, costruito da Giovanni VII non lontano da S. Maria Antiqua. Quando il papa vide che erano stati uccisi una trentina di uomini e che i partigiani di C. avevano nettamente la meglio, inviò alcuni preti, che recavano i vangeli e la croce, a separare i combattenti. Pietro si dovette ritirare e C. restò padrone del campo. Ma l'intervento del papa aveva impedito che la sua vittoria lo portasse troppo lontano: l'uccisione di un alto funzionario come Pietro avrebbe costituito l'ultimo passo sul cammino della rivolta contro l'autorità centrale e avrebbe rischiato di attirare su Roma la rappresaglia imperiale.
Poco dopo furono ricevute a Roma lettere dalla Sicilia, che annunciavano la caduta di Filippico e la presa del potere da parte di Anastasio II (4 giugno 713), il quale aveva subito revocato le disposizioni monotelite del suo predecessore. Fu quindi nominato un nuovo esarca d'Italia, Scolastico, che venne subito a presentare al papa la professione di fede ortodossa dell'imperatore. A Roma, si ristabilì la calma degli spiriti. Scolastico ne approfittò, prima di raggiungere Ravenna, per imporre come duca di Roma Pietro, il quale si dovette semplicemente impegnare a non vendicarsi dei suoi antichi avversari.
La deposizione di C. (di cui non si sentì più parlare in seguito) prova una rimarchevole continuità della politica imperiale riguardo alla provincia, poiché Anastasio II aveva confermato la nomina fatta da Filippico. Lasciare C. al suo pogo avrebbe potuto essere interpretato come un segno di debolezza del potere centrale nei confronti di un uomo che aveva spinto la sua devozione verso il papa fino a mettersi alla testa di una ribellione. Destituendolo, l'imperatore sottolineava che il ristabilimento della pace religiosa doveva essere accompagnato da un rigido ritorno dell'ordine politico.
Fonti e Bibl.: Le Liber pontificalis ..., a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, p. 392; Ch.Diehl, Etudes sur l'administr. byzantine dans l'exarchat de Ravenne (568-751), Paris 1888, pp. 247, 300, 343 s., 362; H. Colin, Die Stellung der byzantin. Statthalter in Ober- und Mittelitalien (540-751), Berlin 1889, pp. 44, 67; L. M. Hartmann, Untersuchungen zur Gesch. der byxantinischen Verwaltung in Italien (540-750), Leipzig 1889, p. 152; Id., Gesch. Italiens im Mittelalter, II, 2, Gotha 1903, p. 83; P. Fedele. Di una recente teoria sul ducato di Roma, in Scritti stor. in mem. di G. Monticolo, Padova 1922, pp. 339-50; E. Caspar, Gesch. des Papsttums von den Anfängen bis zur Höhe der Weltherrschaft, II, Tübingen 1933, p. 641; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, pp. 420 ss.; F. Gregorovius, Storia d. città di Roma nel Medioevo, Torino 1973, II, pp. 373 s.; B. Bavant, Le duché byzantin de Rome, origine, durée et extension géographique, in Mélanges de l'Ecole française de Rome, Moyen-âge - Temps modernes, XCI (1979), p. 72.