GUIDINI, Cristoforo (Cristofano)
Nacque a Siena intorno al 1345 da Gano (Galgano) di Guidino, originario di Guistrigona, e da monna Agnesa di Manno di Minuccio Piccolomini. Il padre morì quando il G. aveva poco più di due anni, prima dell'epidemia di peste del 1348, e, dopo qualche tempo, la madre si trasferì a Rigomagno, presso il padre, che fornì al G. i primi elementi di una educazione che fu perfezionata, a Siena, dal maestro Petro Dell'Occhio "el quale, perché io era povaro, mi portò grande amore, e fecemi assai vantaggi" (Milanesi, p. 30). Successivamente, per mantenersi agli studi di notariato, il G. fece l'istitutore di giovani fino al 1360 circa, quando iniziò a esercitare l'attività di notaio.
Dall'ottobre 1362 datano infatti le imbreviature dei documenti che il G. iniziò a rogare a Siena e in diversi paesi del contado: Abbadia San Salvatore, Armaiolo, Casole, Castelnuovo dell'Abate, Farnetella, Montalcino, Montieri, Rapolano, Rigomagno, Sant'Antimo, Scrofiano, Talamone. In questi paesi il G. esercitava sia l'attività privata sia quella di ufficiale del Comune di Siena. Ad Armaiolo fu, per esempio, più volte vicario e lì, come scrive ancora nei Ricordi, iniziò a investire il denaro che guadagnava: "essendo Vicaro ad Armaiuolo, vi cominciai a comprare, e a poco a poco v'ho comprato[…] e come avevamo denari, li investivamo a Armaiuolo, là duve V volte fui Vicaro" (ibid.).
Intorno al 1374 il G., insieme con la madre, lasciò Rigomagno per trasferirsi a Siena, dove abitò presso la parrocchia di S. Vigilio. In occasione dell'epidemia di peste che in quel periodo colpì Siena il G. fece testamento, lasciando erede universale la madre. In quegli anni il G. iniziò anche la carriera presso i pubblici uffici della città: fu, tra l'altro, notaio del capitano del Popolo, dei Signori, dei Pupilli, dei Contratti, oltre che più volte console dei notai. Nel 1384 assunse anche la carica politica di membro del governo popolare retto dai Quindici difensori.
Agli inizi degli anni '70 si data presumibilmente l'incontro con Caterina da Siena e, secondo le sue stesse parole, il G. ebbe "con liei assai pratica" (ibid., p. 31). A Caterina il G. si rivolse nel periodo in cui ella si trovava a Pisa, per chiedere consiglio sulla donna da sposare. Caterina gli rispose con una lettera, che il G. riporta fedelmente nei suoi Ricordi, nella quale gli consigliava, fra le tre donne che il G. le aveva presentato, di scegliere la figlia di Francesco Venture da Camporeggi. Il G. non seguì però il consiglio di Caterina e nel 1375 sposò Mattea di Fede di Turino.
Nel 1378 il nome del G. compare nella bolla di Urbano VI con la quale ai discepoli di Caterina era concessa la facoltà di eleggersi un proprio sacerdote per avere l'indulgenza in articulo mortis, mentre degli inizi del 1379 è una lettera del G. a Neri di Landoccio Pagliaresi, un altro seguace di Caterina, che in quel momento si trovava con lei a Roma, nella quale il G. progettava un viaggio a Roma per la primavera seguente.
Fra il 1380 e il 1389 al G. e a Mattea nacquero sette figli: Francesco, Nadda, Galgano, Manno e Gherardo, questi ultimi due gemelli, Agnese e Caterina. Durante la pestilenza del 1390 morirono la moglie e sei dei sette figli del G.; sopravvisse solo Nadda, che a quel tempo aveva otto anni e che fu fornita di dote e lasciata dal padre presso il convento senese dei Ss. Abbondio e Abbondanzio, dove divenne suora.
Dopo questi eventi dolorosi il G. decise di abbracciare la vita religiosa: vestiti i panni di oblato il 14 ag. 1391, lasciò la propria casa per trasferirsi presso l'ospedale di S. Maria della Scala di Siena, del quale era notaio dal 1384. All'ospedale donò anche gran parte dei suoi averi, e ivi rimase fino alla morte attendendo, in qualità di cancelliere e di vicario del rettore, agli affari dell'ospedale.
Fin dal 1407 si ha notizia che il G., insieme con altri confratelli dell'ospedale di S. Maria della Scala, si stava adoperando per richiedere a Gregorio XII la canonizzazione di Caterina. La richiesta fu ribadita al passaggio del papa a Siena nel 1410 direttamente dal G., che però non ebbe la possibilità di vedere avviata nemmeno la prima inchiesta, il "processo castellano", che iniziò nel 1411, perché morì alla fine dello stesso anno 1410.
Dibattuta dagli storici, e soprattutto da coloro che si sono occupati della storia del testo delle lettere di Caterina da Siena, è stata la questione sul ruolo effettivamente svolto dal G. all'interno della famiglia della santa. Secondo la testimonianza di Angelo Salvetti, resa durante il processo castellano, il G. sarebbe stato suo segretario e cancellarius ma, considerati anche i numerosi impegni del G., alcuni sono più propensi a ridimensionare il suo ruolo nel gruppo e comunque a non considerare il G. come un vero e proprio segretario.
È indubbio però che il G. giocò un ruolo importante nella trasmissione della prima raccolta di lettere di Caterina di cui si abbia testimonianza. Dopo la morte di Caterina al G. furono infatti richiesti, da parte di Tommaso da Siena, i due manoscritti contenenti le lettere in suo possesso: "Hic postquam virgo migravit ad celum […] insuper quasi omnes epistolas virginis hinc inde dispersas recollegit in unum, ita ut ex illis conficeret duo volumina que, cum anno domini 1398 me reperirem in Senis, mecum illas asportavi Venetias" (Libellus de supplemento legende prolixe, p. 394). Testimonianza del ruolo del G. nella trasmissione e nella tradizione delle lettere di Caterina è anche in una lettera di Tommaso da Siena a Neri di Landoccio Pagliaresi e nelle testimonianze rese dallo stesso Tommaso nel processo castellano.
Presso l'Archivio di Stato di Siena sono conservati numerosi volumi di imbreviature del G. che coprono ininterrottamente gli anni dall'inizio della sua attività di notaio fino alla morte; ma accanto alle scritture notarili egli ha composto anche opere di carattere memorialistico e letterario-religioso.
La parte pubblicata da Carlo Milanesi con il titolo di Ricordi rappresenta in realtà solo una sezione del più complesso libro di Memorie ("In questo libro saranno scritte certe Memorie di me Ser Xristofano di Gano Notaio da Siena", Milanesi, p. 27) in cui sono confluite diverse altre scritture familiari ed economiche che il G. aveva elaborato nel corso della sua vita, secondo la caratteristica tradizione della memorialistica familiare bassomedievale. I cosiddetti Ricordi contengono le annotazioni relative alla storia della famiglia del G., sia del ramo paterno sia di quello materno, e la storia delle principali vicende del G., dalla nascita agli studi, agli uffici ricoperti, all'incontro con Caterina, al matrimonio, alla nascita dei figli fino alle tristi vicende della peste. Le sezioni economiche delle Memorie, riguardanti per esempio compravendite di terreni e notizie sulle balie dei figli, sono state utilizzate come fonte per la storia economica e sociale di Siena e parzialmente pubblicate da Giovanni Cherubini. La composizione delle Memorie, il cui autografo è conservato presso l'Archivio di Stato di Siena, Ospedale di S. Maria della Scala, 1188, è da far risalire al periodo immediatamente successivo alla morte dei familiari del G. (e non, come ha ipotizzato il Fawtier, al 1386).
Gli altri testi composti dal G. rientrano invece all'interno della produzione di letteratura religiosa trecentesca: legata ancora all'esperienza cateriniana è la traduzione in latino del Dialogo della divina provvidenza di Caterina da Siena, secondo Fawtier terminata al più tardi nel 1389 e conservata presso la Biblioteca comunale di Siena (Mss., T.II.24); in gran parte ancora inedito è un leggendario poetico (detto Libro di laudi), conservato presso la Biblioteca comunale di Rieti (Mss., G.III.3) e composto nel 1404, quando il G. si trovava tra i frati dell'ospedale di S. Maria della Scala. Si tratta di una serie di leggende (78) di santi in ottava rima, di cui è stata pubblicata da Faloci Pulignani solo la parte relativa a s. Francesco (pp. 131 s.).
Di una Vita del beato Giovanni Colombini, oggi perduta, si ha notizia dal poeta religioso del Quattrocento Feo Belcari, che la usò come fonte per la composizione della propria Vita del beato.
Fonti e Bibl.: F. Belcari, Vita del beato Giovanni Colombini da Siena, a cura di A. Cesari, Verona 1817, p. 20; C. Milanesi, Ricordi di Cristofano G., in Arch. stor. italiano, IV (1843), pp. 27-47; Leggenda minore di s. Caterina da Siena e lettere dei suoi discepoli, a cura di F. Grottanelli, Bologna 1868, pp. 248, 273 s., 340 s., 358 s.; Statuti senesi scritti in volgare ne' secoli XIII e XIV, a cura di L. Banchi, III, Statuto dello spedale di Siena, Bologna 1877, pp. 208-210, 216; I Fioretti di s. Caterina da Siena, a cura di I. Taurisano, Roma 1927, pp. XV s., 110-134, 174 s.; Epistolario di s. Caterina da Siena, a cura di E. Dupré Theseider, I, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXXXII, Roma 1940, pp. 174-176; Fontes vitae s. Catharinae Senensis historici, IX, Il processo castellano, a cura di M.-H. Laurent, Milano 1942, ad ind.; Tommaso di Antonio da Siena, Libellus de supplemento legende prolixe virginis beate Catherine de Senis, a cura di G. Cavallini - I. Foralosso, Roma 1974, pp. XXXIII, 394-396; M. Faloci Pulignani, Lauda di san Francesco composta da ser Cristofano di Gano G. da Siena, in Miscellanea francescana, IV (1889), pp. 129-132; R. Fawtier, Ste Catherine de Sienne. Essai de critique des sources, I, Sources hagiographiques, Paris 1921; II, Les oeuvres de ste Catherine de Sienne, ibid. 1930, ad ind. (unico per i due volumi); E. Dupré Theseider, Il problema critico delle lettere di s. Caterina da Siena, in Bull. dell'Istituto storico italiano e Archivio Muratoriano, XLIX (1933), pp. 130-136, 140-142, 145, 219 s., 227 s.; Mostra cateriniana di documenti, manoscritti e edizioni (secoli XIII-XVIII) nel palazzo del Comune di Siena… 1947 (catal.), a cura di A. Lusini, Siena 1962, pp. 15, 47-49, 73, 97 s.; G. Cherubini, Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del Basso Medioevo, Firenze 1974, pp. 393-425; Archivio di Stato di Siena, L'archivio notarile (1221-1862). Inventario, a cura di G. Catoni - S. Fineschi, Roma 1975, pp. 50 s.; A. Cicchetti - R. Mordenti, I libri di famiglia in Italia, I, Filologia e storiografia letteraria, Roma 1985, pp. 157 s.; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, V, p. 274.