CRIPTA
. Il vocabolo crypta, che, sebbene d'origine greca (da κρύπτω "nascondo"), s'incontra come sostantivo soltanto in latino, serviva a indicare nella casa e nel tempio romano qualunque ambiente sotterraneo; o una camera (adibita p. es. a granaio), o un corridoio sotterraneo, come quello che girava intorno alla cavea del teatro, o anche un condotto (v. criptoportico).
Nell'età cristiana serve a designare il sotterraneo cimiteriale. Può tuttavia credersi che in età più antica (in analogia con la nomenclatura classica) il termine fosse più specialmente riservato alla lunga e stretta galleria sulle cui pareti si aprono i loculi e i cubicula. Ma vi sono iscrizioni in cui son detti crypta anche i cubicoli (per es., il cubicolo sepolcrale della famiglia di papa Damaso è chiamato: crypta Damasi). Più tardi il Ler de locis indica col termine cryptae tutta la regione storica d'un cimitero allora visibile. Quest'ultima generica accezione spiega il passaggio del termine crypta alle sotterranee confessioni delle basiliche (v. confessione), giacché nelle basiliche cimiteriali il presbiterio si estende su d'una regione storica, che fa capo alla cripta col sepolcro del martire, il quale viene ordinariamente a corrispondere sotto l'altare principale. In chiese più recenti sarà simulato un ipogeo cimiteriale con tratti di gallerie, scale, cubicolo intermedio. Sotto l'area semicircolare dell'abside l'ambulacro seguirà la curva dell'abside stessa. Al mezzo, una diramazione rettilinea porterà alla camera col sepolcro e un altro altare ad corpus sotto quello superiore. Tale disposizione è ancora evidente in molte basiliche romane. Citiamo S. Prassede, S. Pancrazio, e i Ss. Quattro Coronati, dove però la costruzione è del sec. IX. Simile, ma forse posteriore (sec. XII?) è la cripta di S. Apollinare in Classe a Ravenna.
Nel sec. IX avvennero le grandi traslazioni di reliquie dal suburbio al chiuso delle mura cittadine. Ma si scavarono cripte da tempo assai più antico. Gregorio Magno aveva ampliato e sistemato gli ambulacri attorno ai sepolcri di S. Pietro e di S. Paolo. Ancora esiste, forse alquanto modificata, la confessio gregoriana di S. Pietro in quella parte delle grotte vaticane ov'è il sarcofago di Giunio Basso. Invece quella di S. Paolo fu interrotta dai lavori che vi fece Leone III. Ancora in tempo più antico troviamo esempî di cripte in talune basiliche d'Africa. Non sono completamente ipogee, ma semi sotterranee perché, invece di fare uno scavo profondo, si preferì di rialzare il piano del presbiterio. Si veda l'es. della basilica (sec. v) di Ala Miliaria, dedicata alla martire donatista Robba. Un bellissimo esempio di cripta è nella basilica cristiana meridionale di sabratha in Tripolitania, che appartiene al sec. VI. Anche qui notiamo la grande soprelevazione del piano del coro, a tergo del quale è un ambiente rettangolare absidato, di carattere sepolcrale, ove si trovava pure un altare coperto da ciborium. Da questa disposizione derivano i tipi di tante cripte scavate sotto i presbiterî delle chiese dell'alto e basso Medioevo. Scarsissime sono le tracce d'una cripta (forse più del sec. VII che del VI) nel sant'Eusebio di Pavia. Assai più conservata è quella sotto la chiesa abbaziale di Flavigny che deve forse attribuirsi a poco dopo la metà del sec. VIII. In essa le rozze vòlte poggiano su colonne aderenti al giro delle pareti, e ciò per evidenti ragioni statiche. Le colonne stesse hanno capitelli somiglianti al tipo cubico prelombardo so1montati da un grossolano pulvino parallelepipedo.
A Jouarre la cripta originaria della chiesa di S. Paolo risalirebbe al sec. VII (fra il 653 e il 680). Un ingrandimento della cripta avvenne nell'847 per il trasporto delle reliquie di S. Potenziano. Un totale restauro fu eseguito nel sec. XI quando si ricostruì la copertura che diventò a crociere di sesto scem0 con fasce apparenti. Non senza interesse sono pure le due cripte di S. Aniano e s. Avito a Orléans appartenenti al secolo IX, sostenute da pilastri e capitelli cubici scantonati. In Inghilterra, la cripta di S. Vistano a Repton (sec. X o XI) ha la vòlta retta da arcatelle che impostano su colonne isolate dal fusto rilevato con nastri spirali e dai capitelli del solito tipo originato dal parallelepipedo. In Germania le cripte di S. Viperto e di S. Servazio al Castello a Quedlinburg sono grandi oratorî del sec. X-XI. L'ultima ha interessanti fregi in stucco del sec. X. In Italia è molto interessante la cripta della basilica di S. Salvatore a Brescia, eretta nell'ultimo periodo longobardo. Però della costruzione del sec. VIII rimane soltanto una parte ove appaiono arcatelle su pilastri isolati che hanno capitelli cubici con un giro di foglie, molto schematiche, alla base. Le arcatine sono decorate in stucco a foglie di palma e a perlature. Vi si nota il precedente decorativo delle incorniciature di taluni avorî carolingi. Il S. Secondo e il S. Giovanni di Asti hanno delle cripte con parti assai antiche. Vi sono capitelli dei secoli VII-VIII che non sembrano mutuati da altro luogo. La chiesa d'Agliate in Brianza ha una cripta del sec. IX che è una vera basilichetta divisa in tre navate da colonnine le quali sopportano vòlte a crociera. Del sec. IX è pure la cripta di S. Vincenzo in Prato a Milano per costruire la quale dovette essere molto rialzato il piano del presbiterio. Peraltro è difficile asserire quanto in questa cripta vi sia di originario e quanto di rifatto. Grandi incertezze sussistono per l'attribuzione cronologica della cripta di S. Marco. Il Cattaneo la dava senz'altro al sec. IX, ma il tipo dei capitelli delle colonne che la sorreggono sembra alquanto posteriore.
Del sec. IX o X sono le cripte della cattedrale e del S. Francesco di Ravenna. Per quella del duomo (ora chiusa, ma vista da Odoardo Gardella nel 1864) si pensa al sec. XII, quando fu ricostruita l'abside della basilica. Queste due cripte differiscono dall'altra di S. Apollinare in Classe perché hanno la pianta di un oratorio, mentre la cripta della basilica suburbana segue il tipo delle romane (ambulacro semicircolare e cella).
Vestigia di cripte sono in tante altre parti d'Italia, ma lo studio di esse è tutt'altro che consolidato. Si va dall'asserzione di un'antichità impossibile a quella, ugualmente leggiera, di età troppo recenti. La verità è che, il più delle volte, la cripta ha subito numerosi rifacimenti; spesso mostra due o tre ampliamenti. Difficile capire se tanti frammenti architettonici e decorativi che vi si trovano, siano stati lavorati apposta per il luogo, o provengano dalla chiesa superiore. Molte volte la cripta conserva (perché riadoperati) molti frammenti della chiesa più antica e perciò la sua investigazione è sempre del più alto interesse (v. l'esempio della cripta del duomo di Tuscania, o quella di S. Salvatore sul Monte Amiata che fu consacrata nel 1036). In quanto all'evoluzione del tipo, notiamo che la trasformazione della cella in un oratorio con colonne e con absidi (una cripta trichora costruita a "schema lombardo" è ricordata anche dagli annali della badia di Rolduc, presso Aquisgrana; cfr. Mon. Germ. Hist., Script., XVI, 688) mette capo alla sottochiesa delle cattedrali romaniche. Per costruirla, il presbiterio venne considerevolmente rialzato, tantoché vi si deve accedere per alte scale laterali. La fronte di questo rialzamento ha gl'ingressi alla cripta e, al disopra, è la balconata (il cosiddetto pontile) del presbiterio. Fra gli esempî più caratteristici si ricorda il pontile del duomo di Modena retto da colonne che poggiano su telamoni sostenuti a loro volta da corpi leonini. Dietro questo ponte sono le tre arcate d'accesso alla sottochiesa (l'opera è dell'avanzato sec. XIII. La cripta del duomo di Aquileia, per quanto riguarda l'origine, presenta problemi su cui non ci addentreremo. La costruzione attuale può risalire al patriarca Poppone, cioè agl'inizî del sec. XI. Vi furono dei rifacimenti nel sec. XII e allora (verso la fine del secolo) si decorarono le pareti con interessanti pitture. La fronte della cripta ha, fra le due scale, una specie di ambone ricostruito nel sec. XV. Non si dimentichino poi: l'amplissima cripta con pontile anteriore di S. Zeno, a Verona (che ricevette la forma attuale nel sec. XII); quella molto ariosa, perché sfocia nella navata con larghe ed elegantissime arcate, di S. Miniato al monte, a Firenze (sec. XII); quelle, più racchiuse, della cattedrale di Parma e del S. Paragorio di Noli (ambedue del sec. XII). Per ricevere il corpo di S. Nicola, il santuario barese omonimo fu dotato, agl'inizî del sec. XII, di un'importante sottochiesa o succorpo. Una chiesa che si estende per tutto lo spazio della superiore ha il duomo di Trani (sec. XII-XIII). Infine va ricordata la "chiesa inferiore" del santuario assisiate (del sec. XIII) che è l'ultima fase medievale cui la venerazione delle reliquie portò l'originario tipo della cripta.
Nei secoli successivi l'uso andò scomparendo e ci si limitò a trasformare secondo il gusto e lo stile delle varie epocbe le cripte già esistenti.
V. tavv. CLXVII e CLXVIII.
Bibl.: E. Hoferdt, Ursprung und Entwicklung der Chorkrypta, Breslavia 1905; R. Cattaneo, L'architettura in Italia, ecc., Venezia 1889; G. T. Rivoira, L'Architettura lombarda, 2ª ed., Milano 1908. V. inoltre l'art. Crypte di H. Leclerq, in Dictionn. d'archéol. chrét., Parigi 1914, III, coll. 3161-3166; F. Grossi-Gondi, I monumenti cristiani, ecc., Roma 1923, pp. 352 e p. 429 segg.