CREONTE (Κρέων, Creon)
Sembra che Creonte (il "possente", il "signore") sia venuto alla leggenda dei Labdacidi da quella di Eracle, dove Creonte Tebano è padre di Megara sposa di Eracle e padre pure di un'altra figlia che dà in moglie ad Ificle, il fratello mortale del grande eroe. C. appare poi, nella leggenda dei Labdacidi, come figlio di Meneceo e discendente degli antichi Sparti; di qui forse si spiega quella specie di antagonismo che in lui si rivela rispetto ai membri dell'importata stirpe dei Labdacidi. La sua figura, ancora scialba nei Sette a Tebe di Eschilo, si colorisce nell'Antigone, nell'Edipo re e nell'Edipo a Colono di Sofocle; è quella di un tiranno freddo, e senza scrupoli. Inumanamente crudele doveva apparire nell'Edipo di Euripide. Nobili invece le figure dei due figli: di Meneceo il quale, nonostante l'opposizione del padre, si vota alla morte per la salvezza di Tebe, e di Emone, che, acceso delle virtù di Antigone, tenta di difenderla presso il padre, e quando questi si mostra inesorabile la segue nella tomba.
La leggenda distingue dal precedente un altro Creonte, figlio di Liceto e signore di Corinto. Questo Creonte ospita Giasone e Medea fuggiaschi da Iolco dopo il delitto delle Peliadi, dovuto ai consigli di Medea, e promette la figliuola Glauce o Creusa in sposa a Giasone, ma allorché Medea riesce con le sue magiche arti a far morire tra le fiamme la giovinetta, anche Creonte perisce, vittima dell'amor paterno che lo fa imprudentemente correre in soccorso della figliuola.
Bibl.: Höfer-Ilberg, in Roscher, Lexikon d. gr. u. röm. Myth., II, i, col. 1413 segg.; Humborg, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., suppl. IV, coll. 1048-1060; K. Robert, Oidipus, Berlino 1915, I, p. 57, 101 e passim.