Corte Penale Internazionale
Córte penale internazionale. – È il primo tribunale penale internazionale con carattere permanente, istituito dallo Statuto di Roma nel 1998 e con sede a L’Aia, nei Paesi Bassi. Il suo compito è accertare la responsabilità penale individuale in relazione ai crimini di genocidio, di guerra, di aggressione e crimini contro l’umanità. Il sistema della Corte si fonda sull’innesto, nella dimensione internazionale, di una logica punitiva rivolta alle persone fisiche, nella convinzione che la sanzione penale sia uno strumento utile per ripristinare la pace mondiale e i valori fondanti della comunità internazionale messi a repentaglio da atrocità di dimensioni e gravità eccezionali. La competenza della Corte è limitata ai crimini suddetti, come definiti nello Statuto stesso e sempre che siano stati commessi dopo l’1 luglio 2002, data di entrata in vigore di tale strumento, nel rispetto del principio di irretroattività, o dopo l’eventuale successiva data di entrata in vigore dello Statuto nello Stato interessato. Per il crimine di aggressione la competenza, inizialmente sospesa, potrà divenire effettiva, dopo che è stato raggiunto un accordo sulla definizione di tale figura delittuosa nella Conferenza di revisione dello Statuto svoltasi nel 2010, a partire dal 2017 e sempre che ci sia il voto di almeno due terzi degli Stati membri. La Corte interviene su segnalazione di uno degli Stati membri (referral) oppure per iniziativa del Procuratore della Corte. Inoltre, pur essendo la Corte un organo indipendente ed esterno al sistema delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza può richiedere il suo intervento, anche in relazione a Stati che non hanno ratificato lo Statuto di Roma, come è di recente accaduto per i crimini commessi da M. Gheddafi e dagli altri leader libici durante il conflitto armato scoppiato nel 2011. Tale possibilità compensa in certa misura la mancata adesione allo Statuto di molti paesi, anche di alcune grandi potenze come gli Stati Uniti, ma al tempo stesso ne espone il sistema a pressioni politiche e a dinamiche di potere. L’intervento della Corte avviene comunque in via sussidiaria rispetto a quello nazionale: secondo quanto stabilito dal principio di complementarità, gli Stati sono chiamati in via prioritaria a intraprendere le azioni necessarie per perseguire e punire i responsabili di crimini internazionali. Solo quando gli Stati dimostrano l’incapacità o la mancanza di volontà per garantire un intervento adeguato, la Corte si attiva. Questo meccanismo, oltre a fungere da criterio selettivo per l’ammissibilità dei casi, intende promuovere la cooperazione tra il livello nazionale e quello internazionale per realizzare la giustizia penale internazionale. Inoltre la complementarità, assegnando alla Corte il compito di giudicare l’adeguatezza degli interventi statali, promuove indirettamente l’armonizzazione delle risposte a questi crimini elaborate a livello nazionale, favorendo un progressivo avvicinamento tra i diversi sistemi e un loro sviluppo condiviso. Quest’approccio rispettoso del pluralismo emerge anche in relazione alla composizione dei suoi organi, geograficamente e culturalmente mista, alla natura plurilingue dello Statuto e alla molteplicità e varietà di fonti normative applicabili. Pur generando talora difficoltà di funzionamento, tale approccio è il naturale riflesso della vocazione universale e consensuale che anima il sistema della Corte. Il 14 marzo 2012 la Corte ha pronunciato la sua prima sentenza nel caso di T. Lubanga, condannando l’imputato per l’arruolamento e l’impiego di bambini soldato nel conflitto armato che ebbe luogo nella Repubblica Democratica del Congo. Nel frattempo sono in corso altri procedimenti in relazione a quindici casi e sette situazioni diverse, tutte riguardanti Paesi del continente africano, e il Procuratore sta monitorando in via preliminare altre situazioni di potenziale commissione di crimini internazionali.