Corrado Vivanti e Alberto Tenenti
Nel corso della sua vita Ruggiero Romano ha intessuto rapporti di amicizia e di collaborazione culturale con Corrado Vivanti e Alberto Tenenti, conosciuti in occasione dei loro rispettivi soggiorni parigini. Con Vivanti (Mantova 1928-Torino 2012) ha costituito una formidabile e assortita coppia di lavoro storico. Vivanti, colpito a dieci anni dalle leggi razziali del 1938 e sfuggito per un soffio alla deportazione, dopo un periodo trascorso in Israele nei primi anni Cinquanta, rientra a Firenze ove si laurea con Delio Cantimori e, dal 1957 al 1962, vive a Parigi studiando con Fernand Braudel. Inizia i suoi studi dedicandosi alle campagne del mantovano e, in seguito, approfondisce il pensiero di Niccolò Machiavelli, di Paolo Sarpi e di Alexis de Tocqueville, fornendo una serie di edizioni delle loro opere che resteranno, insieme con le relative introduzioni, un insostituibile punto di riferimento culturale e filologico. È stato un’originale figura di intellettuale moderno perché, al consueto impegno universitario a Torino, Perugia e Roma, ha affiancato un’intensa attività nel mondo dell’editoria. Nel 1962 inizia a collaborare con Giulio Einaudi e, nel corso di oltre un ventennio, svolge un prezioso lavoro di promotore culturale nel campo della saggistica storica e non solo, contribuendo a rinnovare e a sprovincializzare il modo di guardare alla nostra storia nazionale. Il suo libro più importante è dedicato alle guerre di religione in Francia nel Cinquecento (Lotta politica e pace religiosa in Francia fra Cinque e Seicento, 1963). Egli ha studiato per tutta la vita i pacificatori, la laicità di pensiero e il realismo politico in quanto aveva vissuto sulla propria pelle la tragedia della guerra, del fascismo e della persecuzione degli ebrei, cui ha dedicato studi importanti culminati nel 1996 nella cura di un Annale della Storia d’Italia Einaudi.
Anche Tenenti (Viareggio 1924-Parigi 2002) si trasferisce in Francia nel 1947 sotto la guida di Lucien Febvre e Braudel. Normalista, allievo di Cantimori, che contribuì a far conoscere oltralpe, ha svolto una preziosa funzione di scambio interculturale tra Francia e Italia, tra la tradizione storicista di derivazione crociana e marxista-gramsciana della Scuola Superiore Normale di Pisa e le suggestioni sperimentali e interdisciplinari delle «Annales». Prima di stabilirsi definitivamente a Parigi nel 1962, lavora negli Archivi di Stato di Venezia e Brescia acquisendo così un metodo di ricerca che ha fatto di lui un esemplare storico di archivio e di biblioteca, interessato sia alla storia della cultura e della sensibilità sia alla storia dell’economia e delle strutture materiali, alla continua ricerca di un ideale punto di intersezione tra i suoi maestri francesi Febvre e Braudel. Divenuto directeur d’études, insegna dal 1966 histoire sociale des cultures européennes presso l’École pratique des hautes études senza mai interrompere i contatti con il mondo accademico italiano e, in particolare, con l’amata Venezia. Studia la cultura dell’Umanesimo e del Rinascimento italiano, in particolare Leon Battista Alberti, Machiavelli, Francesco Guicciardini, la realtà economica marinara di Venezia, la storia dello Stato, dell’urbanizzazione e dell’architettura. Il suo tema di elezione è stato il «senso di sopravvivenza» e il significato del macabro nell’arte e nella letteratura tra Quattro e Cinquecento su cui ha scritto nel 1957 il libro più importante, Il senso della morte e l’amore della vita nel Rinascimento: Francia e Italia, ove rivela la sua capacità di tenere insieme la ricerca filologica con il gusto per le panoramiche globali e le tematiche di lunga durata.