coronaropatia
Alterazione, anatomica o funzionale, delle arterie coronarie del cuore. La c. è l’espressione, nella maggior parte dei casi, dell’aterosclerosi a livello cardiaco. La limitazione del flusso coronarico a livello delle stenosi aterosclerotiche provoca l’insufficienza coronarica, cioè un disequilibrio tra la domanda di ossigeno e l’apporto di sangue ossigenato al muscolo cardiaco. Il cuore è vascolarizzato da tre arterie principali, in equilibrio di flusso tra loro: l’arteria interventricolare anteriore (IVA) che, dipartendosi dal tronco sinistro, irrora la parete anteriore e gran parte del setto interventricolare; l’arteria circonflessa (CX); l’arteria coronaria destra, che ossigena la parete posteriore diaframmatica. In funzione del numero di vasi interessati dalla stenosi ateromasica, si parla di malattia mono, bi o trivasale. In relazione alla percentuale di stenosi del condotto arterioso si possono distinguere lesioni occlusive (quando il lume del vaso è interessato per il 100% dalla stenosi), stenosi critiche (stenosi del vaso è del 75-99%), stenosi significative (50-74%). La c. rappresenta la causa di morte più frequente nei paesi ad alti livelli economico e socio-sanitario. L’incidenza è più alta negli uomini (2:1 rispetto alle donne).
La malattia coronarica può manifestarsi in modo asintomatico come ischemia silente, o come c. sintomatica, sotto forma di angina stabile o instabile; la manifestazione iniziale di c. nel 40% dei casi è l’infarto (necrosi miocardica ischemica), nel 40 % dei casi, un’alterazione ischemica con insufficienza cardiaca sinistra, aritmie, soprattutto di tipo ventricolare, morte improvvisa nel 20%.
I fattori di rischio per lo sviluppo di c. si distinguono in fattori non modificabili (predisposizione familiare, età, sesso maschile) e fattori modificabili, tramite cambiamenti dello stile di vita e assunzione di farmaci adeguati. I fattori di rischio più gravi che si possono modificare sono la dislipidemia (aumento del colesterolo totale e LDL, aumento dei trigliceridi e diminuzione dei livelli di HDL), l’ipertensione arteriosa sistemica, il diabete mellito, il tabagismo. Altri fattori che concorrono al rischio di c. sono l’aumento della lipoproteinemia, l’iperfibrinogenemia (>300 mg/dl), l’iperomocisteinemia (>12 μmol/l), anticorpi antifosfolipinici, sedentarietà, fattori psicosociali come stress o basso stato sociale.
La diagnosi è eminentemente clinico-anamnestica, per il dolore toracico caratteristico; tuttavia l’assenza di dolore non esclude la patologia, poiché più del 50% delle crisi ischemiche sono asintomatiche. Gli strumenti per la diagnosi sono: l ’ e lettrocardiogramma normale a riposo, che può rivelare anche episodi ischemici pregressi, con infarti silenti (risulteranno modificazioni della fase di ripolarizzazione ventricolare); l’elettrocardiogramma da sforzo, che può esser considerato l’esame strumentale di prima scelta per la diagnosi di cardiopatia ischemica; esami di laboratorio, l’ecocardiogramma.