Conifere
Le aghifoglie dell'emisfero boreale
Le Conifere sono per lo più piante arboree, con foglie di dimensioni ridotte a forma di ago. Portano i semi su particolari strutture legnose, dette coni o più comunemente pigne. Comparse sulla Terra circa 300 milioni di anni fa, le Conifere oggi rappresentano il gruppo più grande di Gimnosperme comprendente pini, abeti, larici, ginepri, cipressi e sequoie. Sono piante diffuse soprattutto nell'emisfero boreale dove formano spontaneamente ampie foreste. Infatti i loro caratteri le rendono particolarmente adatte a vivere in ambienti aridi e freddi
Provate a osservare le immagini di un pino, un abete, un larice, un cipresso, un ginepro o di una sequoia: quali sono le caratteristiche comuni a tutte queste piante? Tutte le Conifere hanno un fusto legnoso; sono per lo più piante arboree, anche se non mancano le forme arbustive, come quelle del ginepro o del pino mugo. Alcune hanno una forma caratteristica poiché il loro tronco principale cresce molto in altezza e sempre più dei rami laterali, i quali spesso si dispongono l'uno sull'altro: si dice perciò che hanno una ramificazione monopodiale. Questo tipo di crescita determina la forma a piramide caratteristica della chioma di abeti, larici, alcuni pini e sequoie o quella dei cipressi, più o meno conica.
Tutte le Conifere, inoltre, hanno foglie molto ridotte, di piccole dimensioni, spesso di forma simile a quella di un ago per cui sono chiamate aghifoglie; in altri casi come nel cipresso, assomigliano invece a una piccola squama. Quasi tutte, fatta eccezione per il larice, sono piante sempreverdi: perdono e rinnovano continuamente le loro foglie, che rimangono attaccate ai rami per tutto l'anno.
La maggior parte delle Conifere porta sui rami strutture legnose a forma di cono, comunemente dette pigne, che si aprono a maturità e lasciano cadere i semi. Ciascun cono, chiamato anche strobilo, è formato da un asse centrale su cui sono raggruppate insieme le squame legnose. Sulla superficie di ogni squama è attaccato un seme nudo, così detto perché non c'è la protezione di un frutto come nelle piante da fiore più evolute. Quando il cono è maturo, infatti, basta separare leggermente tra loro due squame per vedere il seme. Non tutte le conifere però producono i coni; il tasso, per esempio, ha semi solitari, circondati da una struttura carnosa rossa a coppa e simile a una bacca: l'arillo. Anche il ginepro porta i semi in coni simili a bacche, dapprima verdi, poi nere o violacee.
Ma i coni di una conifera non sono uguali tra loro. È facile osservare che le Conifere portano sui rami coni maschili e coni femminili. Entrambi sono formati da foglie modificate, le squame, che portano il polline nei coni maschili mentre sviluppano una o più cellule uovo nei coni femminili. Il polline, prodotto in grandi quantità dai coni maschili e trasportato dal vento, raggiunge la cellula uovo e la feconda provocando lo sviluppo del seme. Le squame che portano le cellule uovo, quindi, durante la maturazione dei semi si ingrandiscono e lignificano fino a formare la pigna.
Le Conifere sono comparse sulla Terra circa 300 milioni di anni fa, durante il periodo Carbonifero, quando felci arboree ed equiseti di notevoli dimensioni formavano foreste rigogliose sia negli acquitrini sia in terreni più asciutti. Le prime Conifere, attualmente scomparse, erano per lo più arbusti, ma poi comparvero anche alberi, con foglie a forma di nastro disposte a spirale sui rami. Portavano i coni maschili, che liberavano il polline, e quelli femminili, da cui si sviluppavano i semi, su rami separati.
Queste piante si affermarono soprattutto nel periodo geologico successivo, e cioè nel Permiano, perché erano più avvantaggiate delle felci e degli equiseti in quanto producevano semi e foglie più resistenti al freddo e alla siccità. Ancora oggi le Conifere mantengono questi caratteri, che consentono loro di sopravvivere in ambienti freddi e con scarsa acqua come le zone montane o le regioni temperate e fredde dell'emisfero settentrionale. Attualmente sono il gruppo più diffuso di Gimnosperme. Abeti, larici e alcuni pini formano foreste così estese da occupare circa un terzo dell'emisfero boreale. Nell'emisfero australe, invece, sono rappresentate per lo più dal solo genere Auracaria, alberi che crescono spontaneamente in Australia e in America Meridionale.
Salendo sulle Alpi, si arriva a un punto in cui non s'incontra più quasi nessun albero: è il cosiddetto limite degli alberi. Un albero però c'è ancora, è il larice, che i botanici chiamano Larix decidua. Quest'albero ama la luce, cresce in boschi piuttosto radi e arriva fino alle quote più elevate perché è capace di resistere al gelo e alla neve più di ogni altra conifera. Osservandolo più da vicino si scopre che le sue foglie sono piuttosto tenere e strettamente accostate le une alle altre in ciuffi, ciascuno dei quali è formato da più di venti aghi.
Il larice è riconoscibile facilmente in qualsiasi periodo dell'anno: ha le foglie di colore verde pallido in estate, di colore rosso dorato in autunno, mentre è completamente spoglio in inverno. È infatti l'unica conifera caducifoglia, cioè perde gli aghi durante la stagione sfavorevole. In questo modo, nonostante il suo aspetto gracile, sopravvive negli ambienti più inospitali, resiste a bufere e si ancora al terreno spesso insinuando le sue radici nelle fessure della roccia.
Passeggiando in un bosco di aghifoglie, come si fa a distinguere un larice da un pino o da un abete? Per ottenere informazioni utili basta osservare prima la loro chioma, poi come sono inseriti gli aghi e infine i loro coni. Pini e abeti hanno la chioma color verde scuro, a differenza del larice, più chiaro. Per distinguere un pino da un abete basta osservare come le foglie sono inserite sui rami: nell'abete esse sono attaccate una per una.
L'abete bianco, Abies alba, ha il tronco dritto e la corteccia chiara da cui il nome, le foglie sono appiattite e disposte su due file come i denti di un pettine. È un albero sempre meno diffuso perché piuttosto delicato. Nell'Appennino forma, insieme al faggio, boschi misti, composti cioè da aghifoglie e da latifoglie. I coni dell'abete bianco, inoltre, sono diritti sui rami e se osserviamo il terreno tutt'intorno ci accorgeremo che è impossibile trovare le pigne. Questo perché a maturità le pigne si sfaldano e lasciano cadere le squame, mentre l'asse centrale rimane attaccato ai rami.
L'abete rosso, il comunissimo albero di Natale, detto peccio o Picea excelsa, è così chiamato per il colore rossastro della sua corteccia. Ha foglie con le estremità appuntite, disposte densamente sui rami; i suoi coni femminili pendono dai rami e a maturità cadono a terra interi.
L'abete rosso resiste alle basse temperature invernali e ai geli primaverili e occupa spontaneamente solo le zone montane dell'Europa e dell'Asia formando estese foreste: le peccete. È l'albero più diffuso, ampiamente utilizzato nelle opere di rimboschimento.