CONCARINI, Vittoria, detta la Romanina
Nacque a Roma ma non sappiamo con esattezza in quale anno. V. Giustiniani nel Discorso sopra la musica dei suoi tempi, scritto nell'anno 1628 e pubblicato a Lucca nel 1878 (A. Ademollo, La bell'Adriana..., p. 137), ne colloca la data di nascita fra il 1550 e il 1560, considerando che il canto solistico era sorto intorno al 1575 e che la C. ne era stata una delle promotrici. Non abbiamo neppure notizie riguardanti i suoi studi e la sua formazione musicale, né rimane traccia alcuna di una possibile attività a Roma, sua città natale. Si sposò, nel '78, con un musicista di valore, Antonio Archilei, compositore, cantante, liutista, che prestò il suo servizio per molti anni presso il cardinale Alessandro Sforza e, successivamente, presso il card. Ferdinando de' Medici. Con lui la ritroviamo a Firenze nell'anno 1584, per collaborare alle feste della corte in occasione del matrimonio di Eleonora de' Medici e del principe ereditario Vincenzo Gonzaga. Secondo quanto afferma Simone Fortuna, agente diplomatico a Firenze per Francesco Maria Della Rovere, in una sua lettera del 21 aprile, in cui si parla dei festeggiamenti di nozze, sappiamo che la sera del 18 aprile i principi "si trattennero con musiche... et una Vittoria venuta di Roma et altri musici famosi" (A. Ademollo, cit., p. 138).
Stabilitisi definitivamente a Firenze intorno al 1587, la C. e suo marito parteciparono alle manifestazioni musicali che sitennero due anni dopo per le nozze diFerdinando I de' Medici con Cristina diLorena. In quell'occasione Giovanni Maria Bardi concepì una serie di sei intermedi che dovevano rappresentarsi con lacommedia La Pellegrina di G. Bargagli.Con lui condivise la responsabilità dellaorganizzazione dello spettacolo Emiliode' Cavalieri che compose due o forsetre brani di musica accanto ad altri musicisti di prestigiosa fama, come L. Marenzio e C. Malvezzi.
Il primo intermedio si apriva con il madrigale Dalle più alte sfere, su testo di G. M. Bardi e musica di A. Archilei, che la C. cantava suonando un grosso liuto accompagnata da due chitarroni suonati dal marito e da A. Naldi. La partitura di questo madrigale e degli altri composti per gli intermedi è stata pubblicata dal Walker in Les fêtes du mariage de Ferdinand de Médicis et de Christine de Lorraine. Si tratta di documenti importantissimi poiché ci testimoniano le prime forme di canto monodico, immediatamente precedenti la nascita del melodramma, anche se il Walker sottolinea come la banalità del testo, l'assenza di ogni audacia armonica e la monotonia ritmica contraddicano i principi della Camerata fiorentina e vogliano piuttosto assecondare la tradizione dei grandi spettacoli (p. XXXIII).
Su sei pezzi degli intermedi, di cui C. Malvezzi specifica l'esecuzione in solo vocale, questo madrigale soltanto insieme ad altri due di I. Peri e del Cavalieri, è edito in una scrittura monodica con accompagnamento strumentale; gli altri tre di C. Malvezzi, di cui fa parte Io che l'onde raffreno, cantato dalla C. nel quinto intermedio, erano editi con le parole in tutte le parti, ma nell'esecuzione si lasciava cantare soltanto la voce più acuta e si sostituivano alle altre gli strumenti. Spesse volte incontriamo nella monodia del soprano lunghi vocalizzi, come nel primo madrigale eseguito dalla C., Dalle più alte sfere, in cui l'inserimento di certi passaggi dimostra lo splendore dell'arte virtuosistica e determina la nascita del bel canto.
La C. appare ancora nel sesto ed ultimo intermedio O che nuovo miracolo, sutesto di L. Guidiccioni e musica del Cavalieri, insieme a Lucia e Margherita Caccini, eseguendo con queste terzetti cantati e ballati, e suonando rispettivamente una chitarrina spagnola, l'altra alla napoletana e Margherita un cembalino di sonagli d'argento.
Il Cavallino, presente a questi festeggiamenti, parlando nel suo diario del primo intermedio, descrive la C. che interpretava il ruolo dell'Armonia come "una donna da angiolo vestita, che a guisa di angiolo cantava sì sonoro e con bellissimi concenti che ognuno restò meravigliato" (A. Warburg, p. 125).
Sappiamo anche dal libro dei conti di E. de' Cavalieri che in quell'occasione la C. percepiva dieci ducati, e Antonio, suo marito, ne riceveva diciotto, oltre il cavallo a tutto governo (ibid., p. 146).
Nel 1590 E. de' Cavalieri metteva in musica due favole pastorali, e ad una di queste, la Disperazione di Fileno, prendeva parte la C. che, secondo la testimonianza di A. Guidotti, nella sua prefazione alla Rappresentazione di Anima et corpo di E. de' Cavalieri "commouveva gli ascoltatori fino alle lagrime" (E. Vogel, p. 402). Sappiamo da note del manoscritto che partecipò inoltre ad una esecuzione del ciclo incompleto delle Lamentazioni di Geremia, scritte dal Cavalieri nel 1599 per la corte dei Medici, in occasione della settimana santa.
Nel 1600 ebbe luogo a Firenze la prima rappresentazione della Euridice di I. Peri, e si potrebbe supporre che tale ruolo fosse sostenuto dalla C., essendo a quei tempi la "prima donna" della corte medicea ed essendo grandemente elogiata da I. Peri nella prefazione della sua opera, dove è chiamata l'"Euterpe dell'età nostra" (A. Bonaventura, p. 56).
Tuttavia il Peri, parlando dell'esecuzione, non fa alcun esplicito riferimento alla cantante, ma è anche vero che al suo posto non menziona nessuna altra interprete. Non si hanno notizie di altre sue partecipazioni teatrali, mentre sappiamo che continuò a cantare in occasione di festività religiose e riunioni di corte, a Firenze e a Pisa, in "a solo" o in coro, accanto al marito o ai più valenti musici di quel tempo.
Verso il 1610 la sua fama incominciò a declinare offuscata dalla bravura di Adriana Basile, di fronte alla quale la C. ricusò di esibirsi, dopo averne ascoltato le doti vocali.
La data della sua morte non è conosciuta, ma si può supporre che sia avvenuta fra il 1620 e il 1625, perché in questi anni G. B. Marino scrisse la terza parte della Lira, in cui si trova un madrigale col titolo In morte di Vittoria, cantatrice famosa.
Sul valore di questa artista, il cui nome si accompagna alla nascita del canto monodico, abbiamo le testimonianze dei contemporanei che ne esaltano la bellezza della voce, il gusto musicale, i virtuosismi tecnici capaci di incantare gli intenditori più raffinati.
Sigismondo d'India nella prefazione delle sue Musiche, stampate a Milano nel 1609, definisce la C. "sopra ogni altra cantatrice eccellentissima", mentre P. Della Valle, nella sua lettera del 16 genn. 1640 a Lelio Guidiccioni, quando già la C. era morta scriveva: "Sebbene non era bella, perché cantava con arte e aveva buona voce, i granduchi di Toscana la tennero al loro servizio molto bene trattata finché visse" (A. Ademollo, p. 142).
Abbiamo ancora di lei un giudizio indiretto di Marco da Gagliano che, dovendosi pronunciare su Adriana Basile, in una lettera datata il 30 sett. 1608, dice che "era cosa rarissima, sebbene inferiore nella voce alla Vittoria Archilei". Lodi simili ne danno ancora I. Peri nella già citata premessa della Euridice, ed. E. de' Cavalieri nella prefazione all'Anima et corpo, nonché G. Caccini nell'introduzione alla Euridice, dove la C. viene definita "cantatrice di quella eccellenza che mostra il grido della sua fama" (A. Ademollo, p. 46).
Anche se la storia non ci ha tramandato alcun atteggiamento divistico, forse con la C. assistiamo alla nascita della "primadonna", là dove il canto monodico si solleva sulle altre voci e avvince con la sua bellezza l'attenzione di chi ascolta: non ci troviamo più di fronte all'equa ripartizione sonora della polifonia, ma ad una voce che trasmette gli impulsi di una personalità unica e irripetibile, una voce che avvince, che è arbitra di un virtuosismo o di una particolare inflessione canora, una voce che spicca agilmente il volo verso la fama.
Fonti e Bibl.: La Lira. Rime del signor cavalier Marino, Venezia 1675, p. 144; R. G. Kiesewetter, Schicksale und Beschaffenheit des weltlichen Gesanges vom frühen Mittelalter bis zu der Erfindung des drizmatischen Styles und den Anfangen der Oper, Leipzig 1841, pp. 23, 25, 70, 72; A. Ademollo, La bell'Adriana ed altre virtuose del suo tempo alla corte di Mantova, Città di Castello 1888, pp. 46 s., 66, 126, 136 ss.; Id., I teatri di Roma nel secolo decimosettimo, Roma 1888, pp. 214-218; E. Vogel, Marco da Gagliano. Zur Gesch. des florentiner Musiklebens von 1570-1650, in Vierteljahrsschrift für Musikwissenschaft, V, Leipzig 1889, pp. 402, 422 s., 439, 555; A. Warburg, I costumi teatrali per gli intermezzi del 1589. I disegni di Bernardo Buontalenti e il Libro di conti di Emilio de' Cavalieri, in Atti dell'Acc. del R. Ist. music. di Firenze, XXXIII (1895), pp. 119, 121, 125, 146; A. Solerti, Laura Guidiccioni Lucchesini ed Emilio de' Cavalieri. I primi tentativi del melodramma, in Riv. music. ital., IX (1902), pp. 812 s.; Id., Le origini del melodramma. Testimonianze dei contemp., Torino 1903, pp. 5, 47 s., 51, 137, 140, 164; Id., Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, pp. 11, 29, 38 s., 58 s., 64, 75, 85, 106, 129, 130; A. Bonaventura, Saggio stor. sul teatro musicale ital., Livorno 1913, pp. 39, 42 ss., 55, 56, 123, 124; F. Ghisi, Un aspect inédit des intermèdes de 1589 à la cour médicéenne, in Les fêtes de la Renaissance, Paris 1956, p. 145; F.D'Amico, I capricci dei cantanti, in I casi della musica, Milano 1962, p. 194; Les fêtes du mariage de Ferdinand de Médicis et de Christine de Lorraine, Florence 1589. Musique des intermèdes de "La Pellegrina", a cura di D. P. Walker, Paris 1963, pp. XXV ss., XXXII; Enc. d. Spett., I, col. 790; Enciclopedia della musica Ricordi, I, p. 95.