È uno dei modi di regolamento convenzionale dei rapporti patrimoniali tra coniugi. Esso è stato in modo nuovo e completo disciplinato dalla l. 19 maggio 1975, n. 151, contenente il nuovo regime patrimoniale della famiglia, nell’ambito del nuovo diritto di famiglia, il quale ha inteso portare la posizione morale e giuridica della donna, nell’ambito della famiglia, al medesimo livello di quella dell’uomo, valorizzando così il lavoro domestico e professionale della donna. La comunione dei beni tra coniugi comprende solo gli acquisti effettuati dall’uno o dall’altro coniuge durante il matrimonio, esclusi i beni personali o derivanti da donazione o successione per causa di morte, nonché gli utili e i redditi che non siano esistenti all’atto dello scioglimento della comunione (artt. 177 e 179 c.c.). L’amministrazione dei beni della comunione è affidata disgiuntamente a entrambi i coniugi, ma gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e i contratti con cui si concedono o si acquistano diritti personali di godimento devono essere compiuti congiuntamente da entrambi i coniugi (art. 180 c.c.). Può essere escluso dall’amministrazione con provvedimento del giudice il coniuge minorenne, quello che non può amministrare o quello che ha amministrato male. È escluso di diritto il coniuge interdetto (art. 183 c.c.). Sulla comunione gravano tutti i pesi e gli oneri che già vi gravavano al momento dell’acquisto; i carichi dell’amministrazione; le spese per l’istruzione e l’educazione dei figli e ogni altra obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell’interesse della famiglia; ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi. I creditori particolari di uno dei coniugi, anche per crediti sorti anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Inversamente, i creditori della comunione possono soddisfarsi sui beni personali di ciascuno dei coniugi, in via sussidiaria, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti (artt. 186, 189, 190 c.c.). La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi; per l’annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio; per la separazione personale; per la separazione giudiziale dei beni; per mutamento convenzionale del regime patrimoniale; per il fallimento di uno dei coniugi (art. 190 c.c.). Alla separazione giudiziale dei beni si perviene (art. 193 c.c.) in caso di interdizione o di inabilitazione di uno dei coniugi, per cattiva amministrazione della comunione, per il pericolo che deriva dal disordine degli affari di uno dei coniugi o dalla sua condotta nell’amministrazione dei beni o dalla mancata contribuzione da parte di uno dei coniugi ai bisogni della famiglia in misura proporzionata alle proprie sostanze e capacità di lavoro.
La “partecipazione” all’acquisto del coniuge non acquirente al vaglio delle Sezioni Unite di Arianna Scacchi