COATIT (A. T., 116-117)
Piccolo villaggio dell'Eritrea (commissariato di Acchelè Guzai), a O.-SO. di Addì Caièh, 4a km. dal confine etiopico, m. 1928 s. m., con 350 ab., importante perché prossimo a una delle strade che congiungono Asmara ad Adua lungo la valle della Belesa e l'alto corso del Mareb.
I combattimenti di Coatit e Senafé (31 gennaio 1895). - Repressa energicamente l'insurrezione dell'Acchelè Guzai (v. italo-abissina, guerra), il gen. Baratieri, convinto della connivenza di ras Mangascià con Bathà Agos, intimò al ras di consegnare i superstiti ribelli che si erano rifugiati presso di lui, invitandolo nel tempo stesso a muovere con le sue forze contro i Dervisci, come era stato precedentemente convenuto. Non avendo ricevuto risposta soddisfacente, raccolse in Adi Ugri un corpo d'operazioni di circa 3500 uomini e mosse su Adua, che occupò il 26 dicembre 1894. Ras Mangascià si ritrasse coi suoi dal capoluogo del Tigrai, e pur cercando di temporeggiare con false proteste d'amicizia, unitosi con ras Agos dello Scirè, avanzò con circa 12.000 fucili e 7000 lance verso l'Acchelè Guzai, disponendosi a invaderlo. La minaccia d'invasione della Colonia determinò il generale Baratieri a ripiegare nuovamente su Adi Ugri, donde si portò il 12 gennaio a Coatit per sbarrare il passo all'invasore, che già aveva varcato il confine del Belesa e campeggiava nelle vicinanze.
Nella notte sul 13 il 4° battaglione (Toselli) e le bande si schierarono in avamposti, fronte ad est, in faccia al campo nemico; all'alba anche il 3° battaglione (Galliano) e la batteria Ciccodicola presero posizione sulla sinistra dei precedenti; il 2° battaglione (Hidalgo) rimase in riserva dietro il centro, presso il quartier generale. La batteria, non appena fu in posizione, aprì il fuoco di sorpresa sul campo nemico mettendolo in scompiglio e dando l'allarmi. I Tigrini, dopo il primo momento di confusione, non tardarono ad attaccare le nostre truppe avanzate; ma i battaglioni di Toselli e di Galliano sostennero l'urto con ammirabile fermezza e disciplina, nonostante che il nemico rinnovasse con accanimento gli attacchi; il combattimento si protrasse così per qualche tempo con esito favorevole ai nostri, allorché i Tigrini, visti vani i loro sforzi in un attacco frontale, tentarono con metà circa delle loro forze un aggiramento da nord delle nostre posizioni; compiuto il movimento avvolgente dell'ala sinistra dei nostri senza farsi scorgere, essi apparvero improvvisamente alle loro spalle in direzione del villaggio di Coatit; poco mancò che il villaggio stesso non cadesse nelle loro mani, se non fosse valso ad arrestarli l'eroico contegno dei medici e dei feriti ivi ricoverati, che non esitarono a impugnare le armi e a trattenere l'assalitore. Il generale Baratieri, resone edotto, inviò subito da quella parte il battaglione Galliano e ordinò il ripiegamento a scaglioni dalla primitiva linea di combattimento verso Coatit. Nell'esecuzioue della manovra, sotto il tiro micidiale del nemico, la situazione dei nostri divenne assai critica e i reparti e lo stesso quartier generale subirono gravi perdite; per un momento anche il generale credette perduta la giornata, ma finalmente le nostre truppe poterono schierarsi sulle nuove posizioni, arrestare con un fuoco ben nutrito i progressi del nemico e infine ricacciarlo, salvando la posizione pericolante di Coatit. Alla sera il combattimento cessò e gli avversarî rimasero di fronte nelle rispettive posizioni tutta la notte. L'indomani all'alba, ad iniziativa dei Tigrini, il combattimento fu ripreso; ma tutti i loro attacchi furono respinti; ormai la sorte del combattimento era decisa; al nemico, estenuato per il lungo combattere, fiaccato dalle gravissime perdite, scoraggiato dall'incrollabile tenacia delle truppe italiane e a corto di munizioni, non rimaneva che ritirarsi. Infatti, verso le 22 del 14, ras Mangascià abbandonò le sue posizioni e batté in ritirata verso Senafè.
L'indomani 15 gennaio, il generale Baratieri, per completare la vittoria con la cacciata definitiva dei Tigrini dal territorio della Colonia, si lanciò all'inseguimento; a sera i nostri raggiunsero il margine settentrionale della conca di Senafè, in vista del nemico accampato nella conca stessa, presso il villaggio. La batteria Ciccodicola prese tosto posizione presso l'amba Tericà e aprì il fuoco di sorpresa sul campo nemico sconvolgendolo; lo stesso ras Mangascià, cui una delle prime granate aveva colpito in pieno la tenda, spaventato si diede a precipitosa fuga abbandonando in nostre mani la tenda stessa con tutto ciò che conteneva; fra l'altro sua moglie e un'importante corrispondenza (fra cui lettere compromettenti dei padri Lazzaristi francesi, che vennero espulsi dalla Colonia il 22 gennaio). Il territorio della Colonia veniva così liberato dall'invasione. Ras Mangascià aveva perduto oltre duemila uomini fra morti e feriti; i nostri ebbero a Coatit 123 morti, fra i quali tre ufficiali (i tenenti Sanguineti, Scalfarotto e Castellani) e 192 feriti.
Il generale Baratieri nei giorni seguenti fece occupare l Agamè da un capo indigeno alleato, Agos Tafarì, e incaricato il maggiore Toselli della pacificazione dell'Acchelè Guzai, tornò a Massaua.
Bibl.: O. Baratieri, Operazioni militari nella Colonia Eritrea dal 15 dicembre 1894 al 20 gennaio 1895, in Riv. mil. it., 1895; A. Gaibi, Manuale di storia politico-militare delle Colonie italiane, Roma 1928; V. Mantegazza, La guerra in Africa, Firenze 1896; id., Gli Italiani in Africa, Firenze 1896; B. Melli, L'Eritrea delle sue origini a tutto l'anno 1901, Milano 1902; G. Mondaini, Manuale di storia e legislazione coloniale del regno d'Italia, Roma 1927.