SLUTER, Claus
Scultore, nato Probabilmente ad Haarlem, morto a Digione tra il 24 settembre 1405 e il 30 gennaio 1406. Il suo nome appare nell'albo delle corporazioni degli scultori, architetti e scalpellini di Bruxelles dal 1379 al 1380 e nel 1385. In questo stesso anno lo S. si trova ricordato a Digione quale secondo aiuto di Jean de Marville che lavorava allora alla tomba di Filippo l'Ardito. Alla morte di Jean de Marville (1389), lo S. gli successe nella carica di capo della maestranza di scultori operosa per il duca di Borgogna. Le opere principali eseguite dallo S. in collaborazione con una folta schiera di aiuti sono il portale della certosa di Champmol (1389-1397), il cosiddetto "pozzo di Mosè" (1395-1406) nella stessa certosa e la tomba di Filippo l'Ardito, già nella certosa e oggi nel museo di Digione iniziato ancora sotto Jean de Marville nel 1384 e terminato dopo la morte dello S. dal suo nipote Claus de Werwe (v., XXXV, p. 716) nel 1411. Di altre opere dello S., oggi perdute, ci rimane soltanto il ricordo tramandato da documenti, quali, ad esempio, una serie di sculture per il castello di Germolles e altre per l'oratorio ducale, la cosiddetta cappella degli angeli, della certosa di Champmol.
Molti accesi dibattiti si sono svolti intorno alla provenienza dello S.; ma sembra che ora non si possano più nutrire dubbî sull'origine olandese dell'artista. Sono avvolti in incertezze gl'inizî della sua dell'attività; e, nonostante i ripetuti sforzi della critica, non si è ancora riusciti a trovare a Bruxelles o altrove nel Belgio delle sculture che si possano in modo convincente collegare col nome dello S. Rimane comunque stabilita l'appartenenza di lui all'ambito dell'arte fiamminga con tutti quegli addentellati con la scultura francese e tedesca che tale appartenenza comporta.
La decorazione plastica del portale della certosa di Champmol - la quale è oggi occupata dall'ospedale dei pazzi - si compone della statua della vergine col Bambino addossata al pilastro divisorio della porta, fiancheggiata a sinistra dalla figura inginocchiata di Filippo l'Ardito accompagnato da S. Giovanni Battista e, a destra, da quella della consorte del duca, Margarita di Fiandra, con S. Caterina d'Alessandria. Fra queste statue, avvolte in ampî panneggi mossi da esuberanti e vivaci partiti di pieghe, spicca soprattutto quella del duca, dalla testa modellata con robusta larghezza di piani e un senso acuto e penetrante delle caratteristiche fisionomiche. Un paragone della coppia ducale con le statue di Giovanna di Borbone e di Carlo V al Louvre, eseguite pochi anni prima probabilmente da Jean de Liège per il portale della chiesa dei Quinze-Vingts a Parigi, dimostra come gli accenti realistici usati dallo S. fossero già diffusi nella scultura fiamminga della fine del sec. XIV, sia pure sotto aspetti meno vigorosi. Ma la fama dello S. è legata principalmente al complesso scultoreo che s'innalza nel chiostro della certosa, rappresentante il Calvario, detto erroneamente il "pozzo di Mosè". Una base esagonale, decorata delle statue di Mosè, Davide, Geremia, Zaccaria, Isaia e Daniele, è sormontata da una piattaforma, sostenuta da angeli piangenti eseguiti dal nipote dello S., Claus de Werve, sulla quale erano collocati in origine il Cristo crocifisso - di cui non rimane che la parte superiore della figura di Cristo - e le figure della Vergine, della Maddalena e di S. Giovanni Evangelista, oggi scomparse. Insuperabile è la potenza realistica con cui sono scolpiti i volti dei profeti, nettamente distinti uno dall'altro per sottili differenze di espressioni e di atteggiamenti.
Nella tomba di Filippo l'Ardito spetta probabilmente allo S. l'invenzione della famosa processione dei pleurants e l'esecuzione della maggior parte di questi, mentre la concezione, nuova e originale, di far muovere la teoria dei pleurants dietro una galleria staccata dalla parete di fondo del basamento della tomba risale a Jean de Marville.
Lo S., pur non avendo seguaci degni di lui, ebbe un'influenza vastissima non soltanto nella Borgogna e nella Francia, ma in tutta l'Europa centrale e occidentale. Si è voluta anche sostenere un'azione dello S. su Donatello, il creatore del nuovo stile in Italia nel campo della scultura del Rinascimento. Ma tale tesi è insostenibile sotto ogni riguardo, poiché il realismo dello scultore fiammingo non si estende, come nelle opere dell'artista toscano, a tutto l'organismo umano, ma si esplica principalmente nell'esplorare il carattere, la psiche del soggetto, nell'esaltare cioè tutti quegli elementi che concorrono a creare con vivo e plastico vigore il "ritratto", conformemente all'affine tendenza della coeva pittura fiamminga, rappresentata nella sua espressione più geniale dai fratelli van Eyck. Il panneggio, per contro, delle figure sluteriane, per quanto concepito con grandiosità di movimenti e sviluppi, non è quasi mai in funzione razionale delle movenze e articolazioni del corpo, bensì s'incurva o si frantuma in forme e formule ancora impregnate di manierismi gotici. A differenza di Donatello che risolutamente spezzò ogni legame con l'eredità gotica ponendo la scultura su basi completamente nuove, lo S. portò al massimo grado la tendenza propria dell'arte gotica verso atteggiamenti di descrittivismo realistico il quale non investe l'intera struttura del corpo umano, ma si limita a scrutare e definire aspetti particolari e parziali della realtà.
Bibl.: L. Courajod, Leçons professées à l'école du Louvre (1887-96), a cura di H. Lemonnier e A. Michel, II, Origines de la Renaissance, Parigi 1901, passim; A. Kleinclausz, C. S. et la sculpture bourguignonne au 15e siècle (coll. Les maîtres de l'art), ivi 1905; A. Michel, in Histoire de l'art, III, i, ivi 1907; pp. 384-396; M. Devigne, C. S., in Biogr. nat. de Belg., XXII (1920), coll. 732-62; G. Troescher, C. S. und die burgundische Plastik um die Wende des 14. Jahrh., I, Die herzogliche Bildhauerwerkstatt in Dijon unter ihren Leitern Jean de Marville, C. S. u. Claus de Werwe, Friburgo in B. 1932; H. David, De S. à Sambin, Parigi 1933; id. e A. Liebreich, Le calvaire de Champmol et l'art de S., in Bull. monument., XCII (1933), pp. 418-67; A. Liebrich e H. David, Le portail de l'église de Champmol, ibid., XCIX (99), pp. 329-52; A. Liebreich, C. S., Bruxelles 1936; M. Devigne, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXXI, Lipsia 1937 (con ampia bibl.).