MANICARDI, Cirillo
Nacque a Massenzatico, oggi frazione di Reggio nell'Emilia, il 9 dic. 1856 da Biagio, originario di Rubiera, e da Margherita Bertani.
Nel 1873 si iscrisse al corso di figura presso la scuola di belle arti di Reggio (Davoli, al quale si rimanda per la sua prima formazione artistica, p. 7), diretta dall'incisore Romualdo Belloli che, notate le spiccate doti grafiche del M., lo incoraggiò a proseguire gli studi. Ammesso nel 1876 alla classe del nudo in disegno presso l'Accademia di Modena, si aggiudicò la medaglia grande d'argento; mentre nel 1877 ottenne l'onorevole accessit come studente nella classe di storia.
Al periodo modenese appartengono opere di stampo purista come Il Tasso in prigione a Ferrara (Davoli, fig. 19) e Il Francia davanti alla S. Cecilia di Raffaello (1878-80 circa, collezione privata: C. M., 1993, fig. 6), eseguite durante il corso di studi. Alla fine del 1880 si recò a Firenze per un periodo di perfezionamento.
Vi rimase due anni ed ebbe modo di confrontarsi con l'impetuosa e moderna intransigenza della poetica dei macchiaioli (quelli della seconda generazione, capeggiati da Francesco Gioli) così diversa, per temi e stile, se confrontata con la rigida e ormai decadente Accademia. Solo la conoscenza diretta di un ambiente meno provinciale, più aperto e vivace rispetto a quello modenese, avrebbe contribuito a far imboccare al M. una nuova strada: eppure l'incontro macchiaiolo, considerato da Davoli "più che una folgorazione" (p. 8) di fatto non diede subito luogo a una significativa svolta stilistica, ma comincerà a dare i suoi frutti in là nel tempo attraverso lunga e lenta maturazione.
Al soggiorno fiorentino sono legati almeno quattro dipinti che permettono di documentare il graduale passaggio verso il più moderno filone del verismo narrativo: tele come La deposizione dell'antipapa Costantino o Il Correggio che mostra un quadro a un gruppo di nobili personaggi (1881, collezione privata: ripr. in C. M., 1993, figg. 7 e 8) rientrano ancora per tematica e tecnica esecutiva nel genere storico; Il cortile del Bargello (1881, collezione privata: ripr. ibid., fig. 10) è invece opera in cui il solo soggetto si inserisce nel nuovo linguaggio toscano, mentre nello stile non abbandona il chiaroscuro. È solo con Il futuro artista, teletta eseguita nello studio dello scultore Gaetano Trentanove (1882, collezione privata: ripr. ibid., fig. 11) che il M., con pennellate sciolte e sicure, affidandosi al naturalismo, inaugura il suo stile, inconfondibile nel dare dignità e voce anche a semplici momenti di vita e realtà quotidiana. Tele come Così va il mondo (1883: Reggio Emilia, Civici Musei) o Il funerale del vicino (1883, collezione privata: ripr. ibid., fig. 12) testimoniano il raggiungimento della piena maturità che, grazie anche alla lezione del più anziano Gaetano Chierici e dell'amico Lazzaro Pasini, evolve in pittura _sociale.
Simboliche corrispondenze caratterizzano opere come Mattino triste (1890 circa: Reggio Emilia, Civici Musei), debitore dei paesaggi di A. Fontanesi o di G. De Nittis, ma anche delle romantiche vedute di C. Corot e A.-G. Decamps, o Povero fiore (1898, collezione privata: ripr. ibid., fig. 63), patetica e melodrammatica immagine, decadente visione dai forti parallelismi con la narrativa di G. Verga e con la poetica di Ch. Baudelaire. Un contatto diretto con la cultura francese il M. lo aveva avuto nel 1887, grazie a una borsa di studio assegnatagli dall'istituto Ferrari Bovini (su sollecitazione di N. Campanini) per un anno di perfezionamento: introdotto per intercessione del litografo-orientalista A. Pasini nell'atelier di J.-L. Gérôme, il M. fu poi anche allievo presso l'Accademia Julian di W.-A. Bouguereau e T. Robert-Fleury, teorizzatori di una pittura a illustrazione troppo distante dalla sua produzione. Di quel solo anno francese, in cui, come dirà in una lettera indirizzata a Campanini (ibid., p. 96), la sua "testa era divenuta un bazar", restano alcuni quadri, esercitazioni di soggetto mitologico-letterario, quali il Fauno trascinato dalle ninfe, copia da Bouguereau, Le naiadi, lacustre immagine collegabile a Robert-Fleury (entrambi del 1887: Reggio Emilia, Civici Musei), l'evanescente Leda e il cigno e la più enigmatica Cena neroniana, frenetico baccanale lontano dalle leziosità alla Gérôme, così vicino alla maniera del ferrarese G. Boldini (entrambe in collezione privata: ripr. in C. M., 1973, rispettivamente figg. 10 e 9).
Nell'ottobre 1887 il M. tornò a Reggio e iniziò la carriera scolastica. Dopo aver conseguito il diploma di abilitazione all'insegnamento (1889), diventerà sostituto di Chierici presso la scuola di belle arti, poi professore di disegno ornamentale e infine direttore (1911). Nel novembre 1889 aveva intanto sposato Zeffira Zaniboni che morì dopo cinque anni di matrimonio lasciandogli due figlie: Lea e Margherita.
Innumerevoli i disegni e i quadri che ritraggono le bimbe e la consorte (quasi tutti in collezione privata ed elencati in Davoli: si segnalano alcuni disegni presso i Civici Musei di Reggio Emilia e l'intenso Ritratto della prima moglie incinta, ripr. in C. M., 1993, fig. 57).
Nominato accademico corrispondente dall'Accademia di Modena nel 1888 e d'onore da quella bolognese l'anno successivo, nel 1891-92 affrescò a tempera, per incarico di Francesco Bagnoli, la sala centrale del castello di Jano con neorinascimentali Storie matildiche (ibid., p. 55). I dipinti superano l'accademismo che aveva improntato gli affreschi della cupola reggiana di S. Prospero (1885), compiuti in collaborazione con A. Lugli e G. Ferrari (Martinelli Braglia), e aprirono la strada ai molteplici cicli decorativi che il M. realizzò a partire dal 1900: come i pannelli con Putti e frutti e con Angeli musicanti e fregio floreale eseguiti a Reggio Emilia, rispettivamente, per la pasticceria Nazzani (1901) e per la cappella di S. Lucia nella chiesa di S. Nicolò (1902) o gli altri quindici con Putti svolazzanti realizzati per l'albergo Centrale di Salsomaggiore (1908: bagni e salone da pranzo).
Il 2 ag. 1900 sposò in seconde nozze la pittrice Ada Livi, figlia di Carlo, direttore dell'Istituto psichiatrico S. Lazzaro: il 25 apr. 1902 nacque Carlo. Insieme con Ada, allieva di Chierici e specializzata in soggetti floreali (suo è infatti il fregio che compare a Reggio in palazzo Da Mosto), il M. dipinse Putti con composizioni floreali sulle pareti della loro camera da letto (post 1909: Reggio Emilia, palazzo Manodori); e a entrambi è stata attribuita, per ragioni stilistiche, una serie di quattordici dipinti a olio su tela ancora a soggetto allegorico-floreale (La Musica, Figure femminili in paesaggi, Allegorie delle stagioni, Composizioni con fiori) rintracciati presso villa Ghirardini (1908 circa: Roncolo di Quattro Castella), residenza per la quale lo stesso artista aveva decorato alcuni ambienti sempre nel primo decennio del Novecento (segnalazione di M. Mussini che, nel febbraio 2001, ha visionato l'intero patrimonio dell'edificio prima che i proprietari di allora lo vendessero nella sua totalità). Proprio le Allegorie delle stagioni di villa Ghirardini intrecciano stretti legami con soluzioni grafiche di A. Hohestein e di L. Metlicovič, delle quali però non vi è traccia nel Fiume della vita (1903, collezione privata: ripr. in C. M., 1993, fig. 67), opera neomedioevale in cui i personaggi recuperano una plasticità rinascimentale e tradiscono un forte avvicinamento del M. alla gilda bolognese di A. Rubbiani, come pure al classicismo michelangiolesco di G.A. Sartorio e A. De Carolis, per giungere non casualmente al divisionista G. Previati.
Un forte concettualismo simbolista avrebbe dovuto animare il fregio esterno del palazzo del Monte di pietà il cui soggetto, l'Origine dei Monti di pietà, si sarebbe dovuto ispirare alla predicazione di Bernardino da Feltre contro gli effetti del prestito a usura. Del sofferto progetto, commissionatogli nel 1909 e mai realizzato, restano schizzi e disegni preparatori per lo più in collezioni private (ibid.), ma anche presso la Biblioteca Panizzi e i Civici Musei di Reggio Emilia che, criticati da Gatti per il loro aspetto macabro, rivelano invece una notevole perfezione formale.
Sempre nel 1909 era stato anche incaricato di studiare la ristrutturazione della sede della Cassa di risparmio. Il M. progettò uno scalone in marmo decorato con formelle raffiguranti putti, pensando di trasformare il cortile interno in due sale sovrapposte illuminate da un lucernario. La sala superiore, destinata ai servizi bancari per il pubblico, doveva essere decorata da una serie di rilievi in stucco, poi realizzati in bronzo, con vicende tratte dai poemi di M.M. Boiardo e L. Ariosto. Alla base delle pareti rilievi con Allegorie del Progresso e Dominio della materia; nella parte alta invece dodici tele, in sequenza continua (intervallate da gruppi di alberi), rappresentanti il Lavoro contadino, visto come fonte di benessere (un'attenta descrizione delle scene, costruite sulla base di fotografie scattate da Roberto Servardi, in Davoli, pp. 76-84). La parte architettonica fu affidata a Edoardo Collamarini; più controversa la realizzazione dei rilievi: dapprima assegnati a scultori reggiani (R. Secchi e G. Fornaciari) incapaci di tradurre in forme plastiche i progetti forniti dal M., furono poi eseguiti dallo stesso M. tra il 1913 e il 1916. L'intero progetto venne concluso, tra infinite polemiche (capeggiate dall'ingegnere G. Tirelli), solo tra il 1917 e il 1920.
Negli ultimi anni il M. si dedicò più di frequente alla pittura di paesaggio, genere poco trattato in precedenza, ispirato ai luoghi più cari della campagna reggiana: si pensi per esempio alla tela Massenzatico (1919-20: ripr. in C. M., 1993, fig. 169).
Il M. morì a Reggio Emilia il 27 maggio 1925 (Davoli, p. 13).
L'intero archivio di carte appartenute all'artista, è stato donato nel 1987 dalla famiglia alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia.
Fonti e Bibl.: A. De Gubernatis, Diz. degli artisti viventi, Firenze 1906, p. 276; A. Gatti, Le composizioni del pittore M. per decorare le facciate del palazzo del Monte di pietà in Reggio Emilia, in Arte italiana decorativa e industriale, XX (1911), 2, pp. 18-20; A. Davoli, C. M. pittore reggiano dell'ultimo Ottocento, Reggio Emilia 1938; C. Manicardi, C. M. l'uomo e l'artista, in Gazzetta di Reggio, 28 sett. 1951; C. M.: 1856-1925 (catal.), Reggio Emilia 1973; E. Contini, La pittura emiliana dal modernismo alla crisi degli anni Venti, in Il liberty a Bologna e nell'Emilia Romagna (catal.), a cura di E. Contini et al., Bologna 1977, p. 289; Natura, sentimento, espressione nella pittura reggiana dal Seicento al Novecento (catal.), a cura di G. Berti, Reggio Emilia 1984, pp. 60-66; Augusto Mussini. Fra' Paolo (1870-1918) (catal.), a cura di E. Farioli, Reggio Emilia 1987, pp. 9 s.; C. M.: soffiate sui fuochi amici, Reggio Emilia 1989; G. Martinelli Braglia, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, II, pp. 898 s.; C. M.: un artista fin de siècle (catal.), a cura di M. Mussini, Reggio Emilia 1993; E. Farioli, in La Galleria Antonio Fontanesi nei Musei civici di Reggio Emilia, a cura di M. Mussini, Reggio Emilia 1998, pp. 178-181; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 17.