cipresso e ginepro
Piante simbolo di vita e di morte
Cipresso e ginepro appartengono alla stessa famiglia, quella delle Cupressacee.
L'uno, il cipresso, che cresce in pianura o in collina, è un albero dalla forma tipica a fiamma ed è presente nel nostro paese sin dall'antichità. L'altro, il ginepro, è un arbusto di montagna che produce bacche dall'aroma inconfondibile
Il cipresso è un albero molto longevo ‒ può vivere infatti sino a duemila anni ‒ la forma della sua chioma sempreverde ricorda quella di una fiamma e il legno è resistente e profumato. Forse sono state queste caratteristiche a fare del cipresso, Cupressus sempervirens, un simbolo di vita e di morte e a renderlo sacro presso gli antichi popoli del Mediterraneo.
L'albero è originario dei paesi mediterranei orientali, ma nel corso del tempo, per il suo aspetto statuario e per la sua utilità, si è diffuso in tutta l'area sudeuropea. In Italia, per esempio, è un elemento inconfondibile del paesaggio delle nostre regioni centrali, della Toscana in primo luogo. Si trova nei cimiteri, per abbellire i parchi, isolato in campagna a segnalare un bivio o i limiti di un podere, e in file ordinate ai bordi dei viali delle ville o delle antiche case rurali.
Appartiene alla famiglia delle Cupressacee, sottoclasse delle Conifere, il cui tronco si ramifica sin dalla base e la corteccia grigio cenere presenta lunghe fessure verticali. Le foglie sono squamose, ben aderenti all'asse vegetativo, i fiori sono a sessi separati. Quelli maschili formano numerosi rametti isolati, gli amenti, in primavera carichi di polline che il vento trasporta a fecondare i fiori femminili. Questi ultimi sono pigne lignificate, gli strobili, di forma globosa, che danno origine al frutto, la galbula, contenente semi piccoli e rossicci.
Il cipresso esiste in due varietà: una è la varietà horizontalis , detta comunemente cipresso femmina, dalla chioma irregolare e piuttosto aperta; l'altra, la pyramidalis, è nota come cipresso maschio; dalla chioma affusolata e aderente al fusto, ed è la forma preferita nella coltivazione. Il legno di quest'albero viene usato per fare cassapanche e armadi, perché profumato e tarmicida.
Alle nostre latitudini si trova lo Juniperus communis, che appartiene, come il cipresso, alla famiglia delle Cupressacee, sottoclasse Conifere. Cresce nei boschi di media altitudine, si trova oltre i 2.000 m sulle Alpi ma anche nella zona polare, con la sottospecie nana, dall'andamento prostrato e strisciante.
I suoi arbusti, alti da 1 a 2 m, danno il nome, in senso figurato, a situazioni difficili e intricate: "È un bel ginepraio!" si dice per indicare qualcosa di molto complicato e astruso. In effetti il ginepro forma fitti cespugli contorti e spinosi, "dall'aspetto privo di grazia" come scrisse il naturalista latino Plinio, dalle brevi foglie aghiformi disposte a verticilli ternati, cioè tre a tre.
Il ginepro è una pianta a sessi separati: esiste il ginepro femmina che porta il fiore femminile, una piccola pigna dalle foglie squamose, e il ginepro maschio con i fiori che portano il polline. I frutti, galbule carnose dette coccole, una volte maturati diventano di colore bluastro e assumono un caratteristico profumo aromatico. Il loro odore confonde i cani da caccia che non riescono più a scovare la piccola selvaggina che si mette al riparo nascondendosi tra i rami di questa pianta.
Un tempo le bacche di ginepro venivano polverizzate e mischiate al pepe, allora spezie preziosissima. Oggi le bacche si utilizzano per aromatizzare molte acquaviti di cereali che danno il superalcolico gin, che prende il nome proprio dalla pianta.
Presso gli antichi Greci il ginepro era sacro alle divinità degli Inferi che si cercava di placare con il profumo particolare sprigionato dalla combustione della pianta.
Secondo un'antica tradizione cristiana, la Sacra Famiglia, durante la fuga in Egitto, trovò scampo dai soldati di Erode rifugiandosi tra i rami di un cespuglio di ginepro.
Fonti medievali riportano che la Croce di Cristo fu fatta con legno di ginepro. Per questo nel passato, la domenica delle Palme rametti della pianta venivano benedetti insieme a quelli dell'olivo e custoditi nelle case come portafortuna.