CHOCÓ (A. T., 153-154)
Vasta regione della Colombia occidentale, che forma amministrativamente un'intendenza di quella repubblica (47.000 kmq.). Comprende una zona montuosa costiera, chiamata Cordigliera del Chocó o di Baudó e formata di scisti marnosi, arenarie e conglomerati cenozoici, alta al massimo 1800 m. e limitata a occidente dalla costiera del Pacifico, mentre a oriente scende verso la pianura stretta e allungata solcata dai fiumi Atrato e S. Juan, il primo dei quali scorre verso N. e sbocca nel Mar Caribico, il secondo scorre verso S. e sbocca nel Pacifico. L'intendenza del Chocó comprende pure in parte il versante O. della Cordigliera Occidentale (v. ande; colombia).
Assai caldo e umidissimo, in una parola equatoriale, è il clima di questa regione, ricoperta da rigogliose foreste. A Quibdó, capoluogo dell'intendenza, si ha una temperatura media annua di 29°; in tutta la regione le piogge superano, e spesso di molto, i 2000 mm. La scarsa popolazione (85.400 ab. nel 1928: 1,8 ab. per kmq.), costituita in gran parte di Negri e d'Indiani (v. sotto), è occupata soprattutto nell'industria mineraria (estrazione del platino, dell'oro, del petrolio, ecc.). Sono coltivati: cacao, canna da zucchero, caffè, palme di cocco, banani.
Le principali vie di comunicazione e di trasporto sono costituite dai corsi dell'Atrato e del San Juan, navigabili da vapori.
Etnografia. - Il nome di Chocó (anche Chocoi e Chocoano) indica una tribù indiana insediata sul versante pacifico dell'Istmo di Panamá e sulle coste della Colombia lungo le valli del Río Baudó, del Rio Sambú e altri. I Chocó hanno conservato in parte la loro cultura originaria, ritirandosi nella zona forestale più densa ed evitando contatti con gli stranieri. Sono nomadi e le loro coltivazioni hanno poco sviluppo. La vera capanna choco è rotonda con tetto conico di paglia sormontato da un vaso di argilla, spesso a forma di uomo: oggi però va diffondendosi sempre più la capanna rettangolare con tetto a spioventi, collocata su piattaforma e mancante quasi del tutto di pareti. Dormono su tavolati o su graticci (estrades), mentre le amache non sono usate che come culle. Sono abili nella fabbricazione delle ceramiche e in lavori d'intrecciatura a disegni geometrici assai originali. Gli uomini girano una stretta fascia attorno ai fianchi e si pitturano il corpo e la faccia in rosso e nero; le donne portano un perizoma, che scende quasi fino al ginocchio, fatto di scorza d'albero o di tessuto importato. I giovani amano portare alle orecchie dischi di legno rivestiti d'argento, braccialetti e fasce frontali che richiamano quelle della costa peruviana; si ornano di piume soltanto in occasione di cerimonie di magia nella quale sono abilissimi. Socialmente sono divisi in clan esogamici e non riconoscono altra autorità se non quella del padre sui figli. La capanna adibita alle pratiche magiche (per la cura di malattie, ecc.) è molto ornata e contiene numerose figure umane scolpite in legno. Per misurare il tempo hanno i quipu, cordicelle con nodi; possiedono un tamburo da segnali a forma di canotto e una speciale cerbottana i cui pezzi sono smontabili. In passato possedevano anche l'arco e la freccia, che usavano avvelenata con potentissimi veleni.
Bibl.: E. Nordenskiöld, Les Indiens de l'Isthme de Panama, in La Géographie, 1928; T. Barbour e W. S. Brooks, The Sapo mountains and the Sambu Valley, in Geogr. Review, New York 1923.