CERAMICA
Lo studio della c. medievale prese avvio già nel sec. 19°, con le prime collezioni antiquariali dedicate a oggetti più o meno intatti, rinvenuti nel corso di sterri in occasione di terremoti, di costruzioni o di attività agricole, e riguardò in particolare le tipologie più elaborate della maiolica tardomedievale italiana, della c. spagnola a lustro e del vasellame tedesco di grès. In seguito gli studiosi che si occupavano di c. tardomedievale prodotta in Italia e in Spagna cominciarono a elaborare cronologie basate sugli oggetti che recavano una data, o che erano decorati con emblemi araldici identificabili, o ancora che comparivano in pitture e manoscritti databili.Dopo questa prima fase antiquariale, i progressi più importanti nello studio della c. medievale europea sono stati compiuti grazie all'archeologia. Nel bacino del Mediterraneo, per es., il primo studio sistematico e su larga scala della c. di epoca medievale è rappresentato dalla monografia di Morgan (1942) sul materiale rinvenuto a Corinto negli scavi. Un ulteriore arricchimento di conoscenze si è avuto grazie all'adozione di un approccio interdisciplinare, basato sull'impiego di tecniche assai diverse, quali i metodi statistici per la valutazione di un gran numero di campioni di c. provenienti dagli scavi più importanti, all'uso di analisi scientifiche - come la termoluminescenza e la datazione archeomagnetica, che consentono di approfondire gli aspetti cronologici dei reperti, e la petrografia e l'analisi ad attivazione neutronica, che permettono di determinare l'area in cui fu prodotto un certo manufatto - e alla riproduzione sperimentale delle tecniche medievali di lavorazione, decorazione e cottura. Questo approccio interdisciplinare ha anche portato a incentivare gli studi sulle notizie circa l'importazione e l'esportazione della c. contenute nei registri dei porti e in altri documenti medievali: un metodo di ricerca che ha prodotto significativi risultati anche se, al confronto di merci quali il grano o la lana, la c. costituiva pur sempre un prodotto di minore importanza.Uno dei corollari di questo rapido aumento nella quantità e nella complessità degli studi sulla c. medievale è rappresentato dalla necessità di mettere a punto delle banche-dati di almeno due tipi, orientate rispettivamente a fornire informazioni quantitative, derivanti dallo studio della c. proveniente dagli scavi, e a costituire una sorta di 'biblioteche' di frammenti descritti in termini petrologici che possano essere usate nello stesso modo in cui, per oltre un secolo, sono stati usati i campionari di geologia. La motivazione che muove una tale ricerca è complessa, estendendosi dal bisogno degli archeologi di stabilire una cronologia per la c. nel Medioevo al desiderio degli storici dell'economia di utilizzare i modelli di distribuzione di particolari tipi di c. per gettare nuova luce sugli aspetti del commercio.
Nel periodo tardoromano le c. formate al tornio e cotte in fornaci ben controllate erano disponibili nell'intera regione mediterranea e nella maggior parte d'Europa. I più grandi produttori operavano in manifatture che realizzavano vasi in forme e misure standardizzate, esportati a notevoli distanze. Il vasellame da tavola conosciuto come terra sigillata africana, per es., e alcuni tipi di anfore usate per il trasporto dell'olio, del vino e di altre derrate si ritrovano su tutto il territorio dell'Impero romano, dall'Egitto alle Isole Britanniche.I cambiamenti sociali ed economici che accompagnarono la disintegrazione dell'Impero romano d'Occidente e, in seguito, la contrazione dell'impero bizantino furono congiunti a un profondo declino quantitativo nella produzione di manufatti e nel livello della tecnologia impiegata per produrli. Per ciò che riguarda la c., questo declino cominciò nell'Europa nordoccidentale nel 5° e nel Mediterraneo entro il 6° secolo. In alcune aree del Mediterraneo la produzione su larga scala di vasellame da tavola e di anfore da trasporto continuò, ma, in generale, l'organizzazione produttiva di tipo manifatturiero cessò e già nel sec. 7° la maggior parte delle strutture di produzione della c. era costituita da piccole botteghe dirette da artigiani. In alcune aree, i torni e le fornaci vennero abbandonati e la fabbricazione della c. divenne un'attività secondaria di tipo domestico. I ceramisti del primo Medioevo, di conseguenza, erano tra i componenti più poveri del quadro sociale e la loro abilità professionale cominciò a ispirare un diffuso rispetto soltanto a partire dai secoli centrali del Medioevo, quando la capacità di controllare attentamente le tecniche di cottura e di invetriatura distingueva l'esperto artigiano dal fabbricante occasionale.Durante il Medioevo le tecniche decorative più diffuse per la c. priva di rivestimento comprendevano le incisioni della superficie, ottenute usando una punta, un pettine o una sgorbia, l'applicazione di strisce o di piccoli pezzi di argilla, o anche la stesura di pennellate di argilla semiliquida; tutte queste decorazioni venivano effettuate prima che il vasellame venisse cotto. Probabilmente la più insolita ornamentazione della c. acroma del primo Medioevo, diffusa in alcune regioni dell'Europa occidentale, consisteva nell'applicazione di piccoli pezzi di sfoglia di stagno; questo vasellame, detto Tating dal nome di uno dei primi luoghi di ritrovamento, viene datato tra il tardo 8° e l'inizio del 9° secolo.La c. sovradipinta (slip-painted) fu prodotta in molte regioni, tra cui le più note sono l'Italia meridionale, la Spagna meridionale e il territorio del Reno con le aree adiacenti. In tutte queste zone l'argilla semiliquida impiegata per la decorazione era ricca di ossidi di ferro e di manganese, i quali, dopo la cottura in ambiente ossidante, assumevano una colorazione che varia dal rosso o bruno fino a un porpora molto scuro. Nell'Italia meridionale la maggior parte della c. sovradipinta prodotta prima del sec. 11° era decorata con larghe strisce e motivi ad arco, seguendo una tradizione che si era sviluppata nel sec. 4° o 5°; in seguito, una decorazione più complessa a linee sottili rimpiazzò quasi completamente il tipo più antico. Nella Spagna meridionale, la c. sovradipinta potrebbe essere stata introdotta dalla regione magrebina nel 9° secolo. Essa presenta contenitori biansati e poche altre forme, con biscotti eseguiti in argilla, che in cottura assume una colorazione giallastra o bruna, e decorati con gruppi di strisce verticali rosse o nere. Nella regione del Reno e nei territori circostanti sembra che la c. sovradipinta sia entrata in uso nel tardo sec. 8° e che i primi centri produttivi fossero posti nel medio Reno, nell'area di Badorf-Pingsdorf, seguiti poi dalle fornaci dell'Alsazia, da quelle del Beauvaisis e probabilmente da ceramisti in altre regioni d'Europa. Sebbene negli anni Sessanta gli studiosi abbiano tentato di stabilire legami tra le c. sovradipinte prodotte in Italia, in Spagna e nell'Europa occidentale, oggi appare più probabile che la somiglianza superficiale tra queste produzioni diverse sia dovuta più al caso che non all'imitazione.
La c. con invetriatura piombifera godette di popolarità limitata nel periodo tardoromano e si ritrova diffusa specialmente nell'Italia settentrionale e lungo la frontiera danubiana. Non è ancora noto se la tecnica dell'invetriatura della c. passò direttamente dai ceramisti romani a quelli dell'Alto Medioevo e, in caso affermativo, dove questo passaggio ebbe luogo. In ogni caso, la tecnica dell'invetriatura era certamente in uso a Costantinopoli e in altre regioni del mondo bizantino già dagli inizi del sec. 7°, come dimostrano i manufatti provenienti dal relitto di Yassı Ada, a largo delle coste meridionali della Turchia. A quest'epoca, comunque, come confermano i ritrovamenti degli scavi di Saraçhane a Istanbul, le produzioni invetriate erano rare, mentre cominciarono a diffondersi più largamente soltanto nell'8° o nel 9° secolo.La c. invetriata bizantina prodotta nel tardo sec. 8° e nel 9° presenta una vetrina monocroma che ricopre le decorazioni incise o 'a petali' applicati. I prodotti dei secc. 9°-11° possono essere suddivisi in due grandi gruppi: il vasellame bianco (white ware) presenta raffinati biscotti di colore biancastro decorati con una grande varietà di motivi a stampo, ingobbiature e invetriature colorate; il vasellame rosso (red ware) mostra invece vetrine verdi o brune, o un'ingobbiatura bianca ricoperta da un'invetriatura più sottile. Nei secc. 11° e 12° si registra un grande ampliamento delle tipologie ceramiche invetriate di produzione bizantina: i più noti prodotti di questo periodo sono costituiti dalla c. policroma, con impasto bianco e decorazioni dipinte sotto una sottile invetriatura piombifera. Nella seconda metà del sec. 12° i tipi di c. invetriata più diffusi nelle regioni centrali dell'impero bizantino erano prodotti con argilla rossa ricoperta da un ingobbio bianco; la decorazione era ricavata graffiando l'ingobbiatura o sovrappondendo a essa motivi dipinti, generalmente in nero o verde. Tra le produzioni invetriate del sec. 13° quella di migliore qualità, anche nella consistenza delle vetrine, è il c.d. tipo Zeuxippus, che si distingue per l'ornamentazione incisa, simmetrica ed eseguita con precisione.In Italia, la più antica c. medievale con invetriatura a piombo risulta prodotta nel sec. 8° a Roma e in poche altre località; conosciuta come c. a vetrina pesante, presenta una spessa invetriatura verde o bruna e assomiglia alle più semplici produzioni bizantine. A Roma questo tipo di c. era relativamente diffuso nei secc. 9° e 10° e si suppone che la produzione sia continuata fino al 12° o al 13° secolo. Nel frattempo, intorno al 1100, l'espansione della rete commerciale marittima portò all'importazione di vasellame da mensa invetriato di produzione islamica, dalla Sicilia, dal Maghreb e dal Mediterraneo orientale, e, in misura minore, di materiali di produzione bizantina. Queste importazioni crearono un mercato per le imitazioni locali e già all'inizio del sec. 12° a Napoli venivano prodotte coppe con invetriatura verde o gialla. La quantità e la varietà tipologica della c. invetriata a piombo di produzione italiana aumentarono sensibilmente nel tardo sec. 12° e nel 13°, quando si svilupparono differenti stili regionali. Nell'Italia settentrionale, per es., gli impasti di argilla rossa venivano ricoperti con un'ingobbiatura bianca nella quale era eseguita la decorazione a graffito; dopo l'invetriatura, questa c.d. graffita arcaica veniva decorata con motivi in bruno, spesso ravvivati da macchie di colore, su uno sfondo giallo chiaro. Nel Meridione la graffita era meno comune e la maggior parte delle decorazioni era dipinta in bruno scuro e verde, a volte accompagnati dal rosso. Nel Tardo Medioevo, comunque, la c. ricoperta con smalto stannifero opaco soppiantò quella invetriata, divenendo il più prestigioso vasellame da tavola di produzione locale.Nella Spagna meridionale, sottoposta alla dominazione islamica, la c. invetriata fu largamente usata nel periodo califfale (942-1035). L'invetriatura veniva applicata a una grande varietà di tipi ceramici, impiegando molte differenti soluzioni decorative: motivi neri su sfondo bruno, motivi bruno scuro o nero e verde su sfondo chiaro e il tipo cuerda seca. Quest'ultima tipologia ornamentale era ottenuta separando le zone di vetrina colorata con bande di ossido di manganese mescolato a grasso, che si dissolveva durante la seconda cottura, lasciando un solco nero e privo di copertura tra le aree decorate con le vetrine. Nella Spagna settentrionale e centrale, ovvero nella parte cristiana della penisola, l'uso dell'invetriatura sembra essere stato reintrodotto nel tardo sec. 11° e le prime produzioni presentavano una vetrina monocroma ed erano prive di decorazione. C. invetriata a piombo con decorazioni in bruno scuro e verde su sfondo bianco o giallognolo veniva prodotta a Teruel, e probabilmente anche in altri centri, già nel tardo 12° secolo. In seguito, i ceramisti di Paterna produssero c. invetriata con decorazioni in bruno e blu o in bruno e verde, queste ultime derivate dai motivi in uso a Teruel. Tra gli altri centri produttivi nella Spagna cristiana del Tardo Medioevo particolarmente notevole era Manresa.Nell'Europa nordoccidentale, la prima produzione con invetriatura a piombo ben documentata risale al sec. 9° e consiste in recipienti rivestiti di vetrina verde o giallo-arancione provenienti dai centri della valle della Loira, in particolar modo da Doué-la-Fontaine; altro vasellame invetriato precocemente datato venne prodotto in Inghilterra a Stamford e a Winchester. Comunque, la c. invetriata non divenne comune nell'Europa occidentale fino al 12° secolo. Inizialmente, la maggior parte delle vetrine veniva applicata in forma di polvere, distribuita sul vasellame ancora umido, come testimoniano le lacune, le porosità e le macchie presenti a prodotto finito; le vetrine liquide, o in forma di sospensione, vennero introdotte intorno al 1200, divenendo ben presto il metodo normalmente usato per la produzione di c. invetriata.In Francia, una delle industrie regionali più dettagliatamente studiata è quella della Saintonge, situata nel Sud-Ovest del paese. Tra i prodotti attribuiti a queste fornaci vi sono brocche di c. policroma; c. bianca con decorazioni in bruno scuro, bruno giallognolo e verde, al di sotto di un'invetriatura piombifera incolore, che spesso assume una sfumatura giallognola, veniva esportata in quantità significative verso le Isole Britanniche e altre regioni del bacino del mare del Nord. Uno dei più importanti risultati della ricerca nella stessa Saintonge è la scoperta che questi prodotti, ben noti attraverso gli scavi in Inghilterra e altrove, sono rari nei centri ove venivano lavorati: erano dunque realizzati specificamente per essere esportati.Nella seconda metà del sec. 12° nella Francia settentrionale si sviluppò un nuovo stile di decorazione, che consisteva nell'applicazione di strisce e di piccole sfere di argilla rossa al vasellame prodotto con la normale argilla bianca o gialla. Il nuovo stile si diffuse rapidamente: gli esemplari importati nelle Fiandre vennero copiati e, intorno al 1200, i ceramisti locali cominciarono a rivestire i loro impasti rossi con un ingobbio bianco, al di sopra del quale venivano applicate strisce di argilla che assumeva in cottura una tonalità rossa.Questa produzione di c. riccamente decorata faceva parte di un più ampio fenomeno verificatosi nelle regioni che si affacciavano sul mare del Nord e che durante il Tardo Medioevo costituivano una entità culturale unitaria e ben definita. Nei Paesi Bassi, molti centri producevano la c. del tipo di Aardenburg, che per lo più era costituita da brocche con strisce di argilla applicate, spesso dentellate. Il periodo di massima produzione durò ca. dal 1250 al 1325; a Bergen, in Norvegia, sono stati trovati esemplari in contesti che risultano più tardi del catastrofico incendio del 1248, ma precedenti rispetto all'altro ben documentato incendio del 1332.Uno dei più elaborati tipi di questo vasellame tardomedievale riccamente decorato e invetriato a piombo venne prodotto a Scarborough, nell'Inghilterra orientale, e può presentare sia un impasto friabile rosso chiaro sia, probabilmente in una fase più tarda, un impasto più duro di un colore che varia dal bianco al rosa e un'invetriatura a lustro verde. I prodotti più elaborati sono gli acquamanili e le c.d. brocche a cavaliere, con decorazioni plastiche consistenti in figure umane; tali oggetti vennero esportati in tutta l'area del mare del Nord e, ovviamente, erano considerati di grande valore.
Già nel sec. 9° gli artigiani medio-orientali avevano scoperto che attraverso l'aggiunta di ossido di stagno era possibile ottenere una copertura bianca opaca. Questo nuovo tipo di finitura permetteva loro di competere con il grès bianco e la porcellana importati dalla Cina, offrendo nel contempo un fondo migliore per la decorazione dipinta. Il mutamento del materiale impiegato comportava inoltre un cambiamento nella tecnica produttiva; infatti, poiché lo smalto è opaco, la decorazione viene dipinta al di sopra di esso e smalto e decorazione vengono quindi sottoposti a un unico processo di cottura.La tecnica dello smalto stannifero si diffuse rapidamente e già nel sec. 11° la c. smaltata veniva prodotta nel Maghreb e probabilmente anche in Sicilia e nella Spagna musulmana. La produzione su larga scala non ebbe peraltro inizio in Europa fino al sec. 13°, quando la c. smaltata a stagno veniva prodotta in numerosi centri in Italia, nella Francia meridionale e in Spagna; al contrario, nell'impero bizantino questo tipo di produzione non fu mai molto diffuso.In Italia, la produzione di c. medievale smaltata - la c.d. maiolica - segue due linee tradizionali, rappresentate dalla protomaiolica nel Meridione e dalla maiolica arcaica nel Settentrione. La protomaiolica è attestata principalmente in forme aperte che presentano una grande varietà di ornamentazioni di tipo geometrico, vegetale, zoomorfo e araldico, dipinte in combinazioni di bruno, verde, blu chiaro o giallo ocra. La maiolica arcaica, invece, presenta in uguali quantità forme chiuse e forme aperte, e la maggior parte di esse è decorata in bruno e verde. Sebbene i bacini presenti a Pisa mostrino che la protomaiolica era in uso già intorno al 1200, gli scavi di Otranto suggeriscono che questa produzione non divenne comune fino alla seconda metà del 13° secolo. La maiolica arcaica sembra aver avuto uno sviluppo analogo. Le varietà più note di protomaiolica sono la c. detta di Gela, prodotta in Sicilia, e il c.d. tipo di Brindisi, prodotto in Puglia. La maiolica arcaica veniva realizzata in gran parte delle regioni dell'Italia settentrionale e i centri più noti sono quelli di Faenza, Pisa e Orvieto.Dal principio del sec. 14° le liste erariali e gli atti notarili italiani riportano con sempre maggior frequenza notizie di ceramisti e corporazioni; le città che mancavano di una propria manifattura ceramica cercarono inoltre di attirare artigiani da altri centri, offrendo loro l'esenzione dalle tasse, i diritti di monopolio e la protezione dalle importazioni. I ceramisti di maggior successo divennero veri e propri imprenditori, che stipulavano contratti a lungo termine, attiravano gli investimenti di capitali e commercializzavano i loro prodotti in altre regioni italiane e all'estero. L'intensità della competizione indusse i produttori a sperimentare nuove tecnologie e nuovi materiali e uno dei risultati di questo processo fu lo sviluppo di una più ampia gamma di colori per la decorazione dipinta.Al tempo stesso si diffuse nell'intera società italiana e soprattutto nelle classi più abbienti il gusto per il possesso di manufatti pregiati. Una delle molte manifestazioni di questo nuovo 'consumismo' fu l'incremento nella varietà e nella qualità delle preparazioni dei cibi, che si accompagnò a un netto aumento nel numero e nella tipologia del vasellame da mensa, nonché alla comparsa dei primi servizi da tavola. I ceramisti dell'Italia settentrionale e centrale risposero a queste nuove esigenze già all'inizio del sec. 15° avviando la produzione di una maiolica rivestita da uno smalto più spesso e più bianco di quelli ottenuti in precedenza e arricchita da una decorazione a colori più densi e brillanti. In Toscana, per es., essi produssero dapprima la c.d. famiglia verde e, più tardi, la maiolica decorata con la tecnica detta della zaffera. A partire dalla metà del sec. 15° si sviluppò un nuovo linguaggio decorativo che accoglieva motivi derivati dalle c. (e probabilmente anche dai tessuti) importate dall'estero e utilizzava una più ampia gamma coloristica. I vasai toscani adottarono il disegno a fiori e foglie della c. a lustro prodotta a Valencia negli anni quaranta del Quattrocento; quelli romagnoli eseguirono c. decorate con motivi 'a piuma di pavone' e 'a palmetta persiana', che possono essere stati influenzati da tessuti importati negli anni sessanta e settanta dello stesso secolo. Tra gli altri elementi decorativi vanno ricordati i c.d. pannelli con contorno (nei quali il soggetto è circondato da una cornice che segue la sagoma), le foglie spiraliformi 'gotiche', le figure di profilo, gli intrecci di nastri e numerosi altri piccoli motivi che in qualche caso riempiono gli sfondi. Molti di questi elementi decorativi si trovano nelle piastrelle del pavimento della cappella Vaselli nella chiesa di S. Petronio a Bologna; prodotte nel 1487, costituiscono un importante punto di riferimento nella storia della prima maiolica rinascimentale.In Spagna, la tecnica dello smalto stannifero venne introdotta dal Maghreb non più tardi del sec. 11°: le produzioni iberiche si distinguono per il prevalere delle decorazioni in bruno e verde, mentre quelle delle isole Baleari presentano l'associazione di bruno e blu. Alcune delle più raffinate c. spagnole con smalto stannifero erano decorate con il lustro. Già dalla metà del sec. 13° Malaga era divenuta il principale centro produttivo della c. decorata a lustro e mantenne questo primato fino alla metà del secolo successivo, quando molti degli artigiani si trasferirono a Manises, nei pressi di Valencia. Tra le più raffinate produzioni a lustro della Spagna medievale vi sono i vasi c.d. Alhambra: grandi contenitori riccamente decorati, che traggono il nome dal palazzo dell'Alhambra di Granada e che erano probabilmente destinati a fungere da contenitori per l'acqua potabile negli appartamenti dei califfi. La c. a lustro valenzana venne prodotta in grandi quantità, specialmente tra la metà e la fine del sec. 15°, e fu esportata pressoché in tutte le regioni del bacino del Mediterraneo e dell'Europa nordoccidentale. Materiali analoghi vennero prodotti nel sec. 15° anche in Catalogna e in Aragona, mai tuttavia in quantità anche solo comparabili con la produzione di Valencia.Nella Francia meridionale, le prime c. rivestite con smalto stannifero datano a partire dal sec. 13° e, al pari della maggior parte della maiolica arcaica italiana, sono decorate in bruno e verde. In una prima fase la produzione era limitata al vasellame da mensa, ma nel sec. 14° vennero prodotte piastrelle pavimentali decorate in modo assai elaborato e destinate alle residenze papali di Avignone e di Châteauneuf-du-Pape. La produzione di vasellame smaltato si sviluppò ulteriormente nel sec. 14° e gli scavi condotti ad Avignone hanno rivelato un marcato incremento nel numero delle forme.Le prime c. con smalto stannifero opaco prodotte in Europa al di fuori del bacino del Mediterraneo risalgono al tardo sec. 13° o agli inizi del 14° e consistono in piastrelle decorate ritrovate nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Germania. I primi esemplari conosciuti sono stati rinvenuti nell'abbazia di Ter Duinen e vengono datati, sulla base dell'analisi archeomagnetica, al periodo 1260-1280; si trattò comunque di una produzione apparentemente limitata e di breve durata.La realizzazione di manufatti rivestiti con smalto stannifero riprese nell'Europa settentrionale nel tardo sec. 15°, quando, per la prima volta, i ceramisti produssero vasellame che imitava gli esemplari a decorazione policroma realizzati nella regione mediterranea, in particolar modo i boccali italiani con bocca trilobata, nonché i piatti, le ciotole e gli albarelli spagnoli. Tra gli altri prodotti vanno ricordati le versioni in maiolica di ciotole e brocche di grès prodotte a Siegburg (Germania) e a Raeren (Belgio) e i vasi 'da altare' con ansa circolare. Questa produzione locale di maiolica - che fece seguito al declino nella produzione e nell'esportazione della c. a lustro di Valencia - ebbe inizio ad Anversa e presto si diffuse in altre città, tra cui Utrecht.Grès.
Il vasellame di grès, caratterizzato da un impasto duro e non poroso, viene prodotto da argilla con alto contenuto di silice, che vetrifica quando viene sottoposta a cottura a temperature attorno ai 1200°C. Poiché la vetrina piombifera non può essere esposta a temperature così elevate, i ceramisti specializzati nel grès ottenevano un'invetriatura ponendo del sale nella fornace: il carbonato di sodio che si forma si combina con la silice e l'allumina contenute nell'argilla, creando una sorta di vetrina incolore; alcune colorazioni possono essere ottenute attraverso l'applicazione di un'argilla vetrificabile (generalmente per ottenere il bruno) o di ossidi metallici.Il primo vasellame di grès europeo venne prodotto a Siegburg agli inizi del sec. 14°; dopo un periodo di sperimentazione sulle più adatte temperature di cottura, tra il 1300 e il 1350 i ceramisti riuscirono a ottenere il vero vasellame di grès con il caratteristico impasto di colore grigio o bianco. I primi prodotti consistevano in brocche e coppe non decorate, che vennero commercializzate nei Paesi Bassi e, in misura minore, in altre regioni dell'Europa occidentale. Poco dopo l'avvio della produzione a Siegburg, il grès venne realizzato anche a Langerwehe, tra Aquisgrana e Colonia; gli artigiani di questo centro trassero vantaggio dall'arresto della produzione a Brunssum-Schinveld nel Limburgo e i loro prodotti invasero il mercato, divenendo in Gran Bretagna nel sec. 15° molto più comuni che non quelli di Siegburg. In un'epoca indeterminata, compresa comunque tra la metà del sec. 14° e il 16°, il vasellame di grès cominciò a essere prodotto anche in Normandia.
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La pratica dell'invetriatura nel Vicino e Medio Oriente ha una lunga tradizione che si può far risalire al 5° millennio avanti Cristo. All'apparire dell'Islam due erano i tipi di invetriatura usati per i manufatti ceramici: quella a piombo, specialmente nelle ex province dell'Impero romano, e quella alcalina, nel mondo iranico; entrambi i tipi influenzarono grandemente lo sviluppo della c. islamica invetriata.La c. bizantina, in particolare quella nabatea della Giordania del Sud e della penisola arabica del Nord, lasciò invece un segno duraturo sulla produzione non invetriata islamica.Recenti scavi archeologici in Giordania, Siria e Israele hanno portato alla luce un numero notevole di manufatti di c. non invetriata di epoca omayyade, che, a seconda del tipo di decorazione, si possono dividere in tre principali categorie: incisi, dipinti e decorati a stampo (Sauer, 1975). La decorazione è prevalentemente geometrica, ma vi si possono trovare anche iscrizioni nel carattere c.d. cufico angolare, che, occasionalmente e in particolare sulle lampade, includono la firma dell'artigiano e la data di manifattura.Oggetti in c. invetriata sono stati portati alla luce soprattutto in Iraq, in Iran e in Arabia Saudita; tra essi, spicca il vasellame con invetriatura alcalina blu-turchese (Lane, 1947, tav. 3; Rosen-Ayalon, 1974, tavv. XXXIII-XL, parte I, gruppi 12-13, pp. 142-166; per gli esemplari trovati in Arabia Saudita: al-Ansary, 1982; al-Rashīd, 1982, pp. 57-58). Altri pezzi, tra cui brocche e ciotole, sembrano imitare i manufatti con invetriatura piombifera del periodo romano.Per quanto riguarda il primo periodo abbaside, un tipo di c. è costituito da vasellame invetriato a piombo con decorazioni a stampo, che potrebbe aver avuto origine in Egitto e derivare da quella romana dello stesso tipo (Scanlon, 1984). La decorazione solitamente include disegni floreali e vegetali e alcuni oggetti recano iscrizioni, come nel caso di un piatto conservato a Londra (British Mus.; Pinder-Wilson, 1963-1964). Un secondo tipo è la c. detta a macchie, decorata a macchie di colore verde o marrone e coperta da un'invetriatura a piombo trasparente e incolore. Poiché fu scoperta per la prima volta tra le rovine di Samarra (Iraq), capitale dell'impero abbaside tra l'836 e l'883, essa fu conseguentemente datata al sec. 9° (Sarre, 1925). Recenti ricerche (Pottery and Metalwork, 1970) negano ogni validità alla supposta connessione tra questo tipo di c. del Vicino Oriente e la c. cinese T'ang e indicano che tale materiale era già presente nel Vicino Oriente in tempi più antichi. Un terzo tipo di c. invetriata di questo periodo è la c. detta bianca o a invetriatura stannifera, secondo una prima erronea identificazione. La superficie bianca opaca di questi oggetti e la forma, che imita quella delle ciotole da riso, tradiscono l'influenza di oggetti in porcellana e in pietra importati dalla Cina. Come suggerisce la denominazione usata, precedentemente si pensava che l'invetriatura di questo vasellame fosse a base di stagno; recenti esami di laboratorio indicano invece che esso veniva ricoperto da un'invetriatura a piombo o alcalina (Crowe, 1977, p. 265); quando gli oggetti venivano cotti a una temperatura troppo bassa, particelle dell'invetriatura alcalina o piombifera rimanevano in sospensione e formavano un sottile strato opaco. In un primo tempo questo tipo di vasellame non era decorato, ma presto motivi dipinti furono aggiunti alla superficie bianca opaca all'interno degli oggetti; in Iraq il colore comune era il blu-cobalto, mentre in Iran, Siria ed Egitto erano preferiti il verde, il giallo e il manganese. La superficie bianca opaca offriva la possibilità di una decorazione più sofisticata e varia, che includeva rosette, alberi o iscrizioni, che in qualche caso recavano la firma dell'artista (Grube, 1976, pp. 35-44).Questo tipo di superficie rendeva possibile anche l'uso del lustro. Tale tecnica prevede l'applicazione di ossido d'argento o di rame sulla superficie del vasellame invetriato già cotto, che viene quindi sottoposto a una seconda cottura in ambiente riducente, conferendo alla superficie dell'oggetto una lucentezza metallica (Watson, 1985, p. 31ss.; Caiger-Smith, 1985, p. 17). Quando e dove la decorazione a lustro venne per la prima volta applicata alla c. è argomento ancora discusso; è comunque accertato che in Egitto i copti impiegavano questa tecnica su vetro già in epoca preislamica. Tali manufatti di vetro vennero prodotti anche dopo l'avvento dell'Islam ed è possibile che questa tecnica sia stata applicata in via sperimentale alla ceramica. Questo farebbe propendere per un'origine egiziana della tecnica del lustro, la quale, come le ricognizioni archeologiche hanno permesso di verificare, potrebbe essere già stata impiegata nel corso del sec. 9° (Lamm, 1941).La c. a lustro del primo periodo era dipinta in rosso-rubino, mentre più tardi divenne policroma, quando furono aggiunti l'ocra, il giallo e due sfumature di bruno; in seguito si preferì una decorazione monocroma, con il solo impiego di giallo-oro o giallo-verde (Kühnel, 1934). C. e piastrelle policrome dipinte a lustro sono state trovate tra le rovine di Samarra (Sarre, 1925, pp. 36-43), mentre piastrelle policrome e monocrome decorano la parete di contorno del miḥrāb della Grande moschea di Kairouan in Tunisia (Marçais, 1928). La decorazione della c. monocroma è più variata e prevalgono frequentemente figure umane e animali, seppure ingenuamente disegnate (Philon, 1980, p. 149ss.).Durante il periodo fatimide (969-1171) la tecnica del lustro fu perfezionata e giocò quindi un ruolo particolarmente significativo in Egitto. Il vasellame di quest'epoca mostra bande epigrafiche e volute 'a palmette' o decorazioni figurate che sono in questo caso molto più rifinite e talvolta presentano scene di vita quotidiana. Diversi oggetti sono firmati dagli artisti, tra i quali i più importanti sono Sa῾d e Muslim (Philon, 1980, p. 163ss.).Nel frattempo nel Khorasan, nell'Iran nordorientale e in Asia centrale veniva prodotto un tipo di c. completamente diverso. I ceramisti scoprirono che, se si applicava un sottile ingobbio argilloso sul corpo dell'oggetto e si aggiungeva argilla ai pigmenti che erano usati per la decorazione, si poteva evitare che i pigmenti stessi, sottoposti al calore della cottura, colassero sotto l'invetriatura piombifera trasparente: questo tipo di vasellame è noto come c. dipinta con argilla liquida colorata. Sebbene tale tipologia fosse prodotta in diversi luoghi, due erano i centri più importanti: Nīshāpūr e Samarcanda. La produzione include: il vasellame policromo di Nīshāpūr, quello nero su bianco con bande epigrafiche, quello policromo su fondo bianco, la c. dipinta con argilla liquida su ingobbio colorato, il vasellame nero su sfondo giallo e il vasellame a imitazione del lustro.La c. decorata con argilla liquida su ingobbio colorato sembra fosse prodotta tra il tardo sec. 9° e l'inizio dell'11° (Wilkinson, 1973). Il vasellame graffito si diffuse nella parte nordorientale dell'Iran tra il tardo sec. 10° e l'inizio del 13°, dando vita a tre diverse tipologie ceramiche. Nel primo gruppo, chiamato semplice o vasellame Āmul, il disegno è graffito sul corpo dell'oggetto con un utensile affilato e successivamente coperto da un'invetriatura a piombo trasparente colorata. Nel secondo tipo, detto anche champlevé, l'intero oggetto è coperto da uno spesso ingobbio nel quale viene inciso il disegno, poi coperto con una invetriatura a piombo. La terza versione, chiamata Aghkand, comprende vasellame policromo in cui i diversi colori sono separati da linee incise; la decorazione include soprattutto uccelli o animali su uno sfondo floreale (Lane, 1947, pp. 25-27, tavv. 30-34a; Fehérvári, 1973, pp. 61-69, tavv. 19a-25b).Nel periodo selgiuqide la c. dipinta con argilla liquida colorata e, in parte, anche la c. graffita scomparvero lentamente dopo l'introduzione di un nuovo tipo di fritta composita bianca. Un trattato persiano scritto nel 1301 da Abu'l-Qāsim, membro di una nota famiglia di ceramisti di Kashan, riporta che questa nuova miscela era composta di dieci parti di quarzo finemente tritato, una parte di argilla e una parte di fritta vetrosa (Lane, 1947, p. 33ss.; Allan, 1973). Se l'introduzione di questo nuovo tipo di composizione fosse legata all'importazione della porcellana cinese bianca del periodo Sung o costituisse semplicemente una reintroduzione della faïence egiziana, dimenticata da tempo, è ancora argomento di discussione. Il nuovo supporto offriva numerose possibilità di decorazione poiché era sottile, bianco e in qualche caso quasi trasparente; non c'era bisogno dell'impasto liquido di argilla e si poteva facilmente applicare un'invetriatura alcalina per coprire l'oggetto. Sono conosciuti numerosi tipi di questo vasellame sottile, uno dei quali è il c.d. vasellame bianco, con il corpo coperto da un'invetriatura trasparente incolore, che può talvolta essere decorata con disegni incisi o dipinta, sotto l'invetriatura, di blu-cobalto. Gli esempi più raffinati presentano una decorazione a piccoli trafori riempiti da un'invetriatura trasparente e incolore, che danno l'idea di minuscole finestre; alcuni oggetti sono decorati a strisce blu. Un'altra versione di questo tipo di c. è costituita dal vasellame coperto da invetriature colorate, che comprendono diverse sfumature di blu e verde, fino al bruno e al malva. Un terzo tipo è chiamato vasellame a silhouette; il supporto è in questo caso coperto da uno spesso strato di ingobbio nero in cui è intagliata la decorazione.Da questo tipo di vasellame si è sviluppato quello con decorazione dipinta: eseguita in nero, blu-cobalto, od occasionalmente turchese, e poi coperta da un'invetriatura trasparente colorata o incolore. La tecnica del lustro raggiunse il suo apice in questo periodo, quando venne applicata per decorare questo nuovo tipo di c. a pasta fritta. Il più antico oggetto persiano a lustro che rechi una data precisa è una bottiglia frammentaria del 1179 (Londra, British Mus.), prodotta molto probabilmente a Kashan, uno dei più importanti centri ceramici iraniani dell'epoca (Lane, 1947, tav. 52b).L'ultimo tipo di vasellame sottile del periodo selgiuqide è quello chiamato mīnā'ī, o c. dipinta sopra l'invetriatura, poiché i colori per la decorazione venivano applicati sopra la copertura vetrosa. I soggetti dipinti includono temi tratti dal famoso poema Shāhnāma o figure in trono, musici, scene di feste, ma la decorazione può essere anche limitata a motivi floreali o geometrici (Lane, 1947, pp. 33-48; Fehérvári, 1973, pp. 70-104). È opportuno ricordare inoltre che la c. anatolica durante questo periodo seguì da vicino quella iranica, come può testimoniare il materiale rinvenuto negli scavi di Konya, di Kubadabad e di molti altri siti (Otto-Dorn, 1950, pp. 5-48; Lane, 1957b, pp. 248-250; Fehérvári, 1973, pp. 105-106).La c. dipinta a lustro e quella dipinta sotto o sopra l'invetriatura continuarono a essere fabbricate a Kashan ancora a lungo dopo l'invasione mongola, sebbene dalla metà del sec. 14° la produzione cominciasse a declinare. Dalla fine del sec. 13° la colorazione della c. dipinta sopra l'invetriatura cambiò, quando la tecnica mīnā'ī fu rimpiazzata da quella c.d. lajvardina, che prevedeva il blu-cobalto come colore di fondo sul quale la decorazione veniva dipinta in rosso e bianco, a volte con l'aggiunta di foglia d'oro (Lane, 1947, p. 43; Fehérvári, 1973, p. 100; Grube, 1976, pp. 254-257). Con il nome di vasellame Sultanabad è nota un'altra tipologia: si tratta di c. dipinta sotto l'invetriatura, la cui decorazione tradisce influssi estremo-orientali (Lane, 1957a, pp. 1-13; Fehérvári, 1973, pp. 121-126; Grube, 1976, pp. 261-268). Nel sec. 14° i ceramisti persiani cominciarono a imitare il celadon cinese (Fehérvári, 1973, pp. 125-126; Grube, 1976, pp. 278-281), mentre nel secolo successivo fu introdotta la c. bianca e blu (Fehérvári, 1973, pp. 129-131; Lane, 1957a, pp. 21-36).In epoca timuride, nel corso del tardo sec. 14° e del 15°, la produzione di c. cominciò a declinare, ma l'utilizzo di piastrelle e mattoni invetriati diede nuovo impulso alla decorazione architettonica, come testimoniano i monumenti di Samarcanda, Herāt, Mashhad e Tabriz (Golombek, Wilber, 1988). È proprio in questo periodo che vennero usate per la prima volta piastrelle di terracotta con una decorazione profondamente incisa e che fu introdotta la tecnica a cuerda seca; fu inoltre applicata su larga scala la decorazione a mosaico di faïence. Sebbene le aree siriane ed egiziane avessero già una loro tradizione ceramica, dal sec. 13° subirono l'influsso della c. persiana. In Siria, a Raqqa e Ruṣāfa, si tentava l'imitazione di tutti i tipi di vasellame sottile del periodo selgiuqide, anche se il colore veniva applicato sotto l'invetriatura trasparente (Lane, 1947, pp. 44-45; Fehérvári, 1973, p. 112). La c. dipinta sotto invetriatura del periodo mamelucco rivela affinità con il coevo vasellame Sultanabad (Grube, 1976, pp. 268-273; Atil, 1981, pp. 146-147, nrr. 66-83) e alla fine del sec. 15° la c. bianca e blu raggiunse il suo massimo sviluppo nel tentivo di imitare la coeva porcellana cinese (Carswell, 1979).In Egitto veniva introdotto un nuovo tipo di c. graffita di forme pesanti, coperta da uno spesso ingobbio bianco sul quale veniva incisa la decorazione e poi applicata l'invetriatura trasparente a piombo colorata in bruno, giallo o verde. Le decorazioni includevano iscrizioni corsive nello stile tipico mamelucco, fiori e spesso blasoni. Numerosi oggetti e frammenti portano la firma di Sharaf ibn Abwānī, uno dei più eminenti ceramisti del periodo. Questo tipo di c. era certamente prodotto in numerose località dell'Egitto, come Alessandria, Cairo e Bahnasa (Fehérvári, 1973, pp. 132-133; Atil, 1981, pp. 148-151, nrr. 94-95; Grube, 1976, pp. 282-292).
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