CAVA
(Castrum Cavense nei docc. medievali; od. Cava de' Tirreni)
Cittadina della Campania (prov. Salerno), sorta nel sec. 11° nei pressi di un insediamento romano come piccolo centro abitato alle dipendenze dell'abbazia benedettina della SS. Trinità, di cui ebbe a condividere le sorti nel corso dei secoli successivi.L'incremento di C. coincise con la formazione della feudalità nell'Italia meridionale, risultato della conquista normanna. Papi e vescovi, principi e signori favorirono lo sviluppo dell'intera zona, grazie alle attenzioni riservate alla Congregazione cavense, che fra i secc. 11° e 13° ebbe numerosi possedimenti in tutto il Meridione, soprattutto in Calabria.Il centro abbaziale, al pari di quello di Montecassino, contribuì in misura significativa alla riforma gregoriana e favorì altresì il processo di 'ricattolizzazione' della Sicilia quando, nel 1176, durante il governo dell'abate Benincasa, inviò nell'isola un centinaio di monaci per popolare la celebre abbazia di Monreale, fondata grazie alla munificenza del re Guglielmo II. Nella seconda metà del Trecento, durante le guerre di successione nel Napoletano, il territorio cavense parteggiò per Ladislao di Durazzo e C. ebbe il titolo di città da papa Bonifacio IX (1389-1404), che eresse l'abbazia della SS. Trinità a vescovado. Divenuta commenda, sotto il cardinale Oliviero Carafa (1485-1497), l'abbazia finì per essere incorporata (1497) con tutte le sue dipendenze alla Congregazione di s. Giustina di Padova. Nel 1513 C. fu costituita in diocesi indipendente dall'abate.Sul piano storico-artistico l'abbazia benedettina è certamente il monumento più importante di C., considerate anche l'esiguità e la relativa importanza delle vestigia medievali presenti nella città.Il centro monastico della SS. Trinità fu fondato nel 1011 per iniziativa del nobile salernitano Alferio Pappacarbone, che si era ritirato in fondo alla valle Metiliana per condurre vita contemplativa. Intorno a lui si raccolsero numerosi discepoli, fra cui Leone da Lucca e Desiderio dei principi di Benevento, che divenne in seguito abate di Montecassino e quindi papa con il nome di Vittore III. Le spoglie del fondatore, morto in concetto di santo nel 1050, furono custodite con zelo e tuttora si venerano presso l'altare maggiore della chiesa abbaziale. Della fase medievale di questo edificio - ricostruito nel 1757, con facciata del 1772 - rimangono sfortunatamente pochissime tracce. Una lastra d'altare in marmo scolpito, ancora conservata in una cappella attigua alla sacrestia, viene generalmente fatta risalire al 1092 e ricorda la visita di papa Urbano II in occasione della consacrazione della grande chiesa che il terzo abate, Pietro Pappacarbone (1079-1123), nipote di Alferio, dovette far erigere a sostituzione di una precedente e modesta chiesa monastica. La visita del pontefice fu dettata, fra l'altro, da ragioni di amicizia e di stima nei confronti dell'abate Pietro, già suo maestro a Cluny. Sembra che i lavori che l'abate fece eseguire a C. dovessero emulare quelli di Desiderio a Montecassino. Gli artifices reclutati provenivano probabilmente da Napoli, Amalfi, Salerno (Guillaume, 1877).L'ambone superstite all'interno della chiesa, nonostante i rimaneggiamenti subìti, è testimonianza del fervore artistico di quegli anni, protrattosi anche al tempo dell'abate Marino (1146-1170), che, come tramandano le fonti, abbellì ulteriormente l'abbaziale con pitture e con un pavimento a commessi marmorei, ora del tutto scomparsi. La datazione dell'ambone suggerita dall'iscrizione posta sulla scala è confermata dai caratteri stilistici emergenti dal confronto con i pulpiti, di poco seriori, del duomo di Salerno (1180 ca.). Opera della stessa maestranza è il candelabro pasquale formato da una grande colonna incrostata di mosaici.Tra le parti indubbiamente più interessanti e più suggestive dell'intero complesso abbaziale si segnalano: un ambiente di età romana, di destinazione ignota, trasformato in cripta o in cimitero durante il Medioevo (viene infatti chiamato 'cimitero longobardo'); una cappellina, eretta dall'abate Pietro II (1195-1208), analoga a quelle che vennero eseguite a distanza di alcuni anni nel chiostro del Paradiso ad Amalfi; il duecentesco hospitium per i pellegrini, ora trasformato in Mus. dell'abbazia (dove si conservano tra l'altro interessanti pezzi scultorei del Trecento napoletano); soprattutto il chiostro attiguo alla chiesa, eretto, con volte a crociera e materiale di recupero, fra il 12° e il 13° secolo.
Bibl.:
Fonti. - Chronicon Cavense. Ab anno 569 usque ad 1318, in RIS, VII, 1725, coll. 915-962; Codex diplomaticus Cavensis, a cura di M. Morcaldi, M. Schiani, S. De Stefano, 8 voll., Milano-Napoli-Pisa 1873-1893; A. Polverino, Descrizione istorica della città fedelissima della Cava, 2 voll., Napoli 1716-1717; A. Carraturo, Ricerche storico-topografiche della città e territorio della Cava, a cura di A. Santoli, 3 voll., Napoli 1976.
Letteratura critica. - G.A. Adinolfi, Storia della Cava distinta in tre epoche, Salerno [1846]; P. Guillaume, Essai historique sur l'abbaye de Cava. D'après des documents inédits, Cava de' Tirreni 1877; G. Abignente, Gli statuti inediti di Cava dei Tirreni, Roma 1886, I; S. Leone, La tomba della Regina Sibilla nella Badia di Cava dei Tirreni, Rassegna storica salernitana 22, 1961, pp. 91-104; A. Della Porta, Cava sacra (profilo storico della Diocesi), Cava de' Tirreni 1965; V. Canonico, Noterelle cavesi, 3 voll., Cava de' Tirreni 1967-1972; S. Leone, La data della fondazione della Badia di Cava, Benedictina 22, 1975, pp. 335-346; M. Rotili, La miniatura nella badia di Cava, 2 voll., Cava de' Tirreni 1976-1978; A. Putaturo Murano, La miniatura nella Badia di Cava, Archivio storico per le provincie napoletane, s. III, 16, 1977, pp. 375-386; D. Apicella, Sommario storicoillustrativo della città di Cava, Cava de' Tirreni 19782; A. Della Porta, La Badia di Cava. Monumento di storia e di arte medioevale (Itinerari cavesi, 5), Cava de' Tirreni 1978; M. Rotili, La miniatura nello ''scriptorium'' della badia di Cava nel Duecento, in Federico II e l'arte del Duecento italiano, "Atti della III Settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Università di Roma, Roma 1978", a cura di A.M. Romanini, Galatina 1980, II, pp. 113-125; M. D'Onofrio, V. Pace, La Campania (Italia romanica, 4), Milano 1981, pp. 269-272; F. Liotto, La miniatura di Cava, in Guida alla storia di Salerno e della sua provincia, a cura di A. Leone, G. Vitolo, Salerno 1982, III, pp. 540-555; Appunti per la storia di Cava, a cura di A. Leone, I, Cava de' Tirreni 1983; P. Peduto, Nascita di un mestiere. Lapicidi, ingegneri, architetti di Cava dei Tirreni (secc. XI-XVI), Cava de' Tirreni 1983; La Badia di Cava, a cura di G. Fiengo, F. Strazzullo, I, Cava de' Tirreni 1985; D. Glass, Romanesque Sculpture in Campania. Patrons, Programs and Style, Univ. Park 1991, p. 75.M. D'Onofrio
L'attività dello scriptorium cavense, compiutamente ricostruita da Rotili (1976-1978, I), si svolse nell'arco di ca. tre secoli, a partire da qualche decennio dopo la fondazione dell'abbazia stessa. Già alla metà del sec. 11° è infatti riferibile il codice più antico, contenente il De temporum ratione di Beda il Venerabile, gli Annales Cavenses e un Florilegium (Bibl. dell'abbazia, 3), ornato da iniziali in rosso, azzurro, nero e oro e da cinque disegni a penna, in parte tinteggiati e ritoccati in oro, opera di due diversi maestri: uno che mostra rapporti diretti con la produzione bizantina di tipo aulico, l'altro invece influenzato dal linguaggio figurativo beneventano diffuso nella Langobardia Minor. La cultura beneventano-cassinese informò anche due codici della prima metà del secolo successivo (Bibl. dell'abbazia, 8; 10), contenenti rispettivamente i libri VI-IX e XVII-XX dei Moralia in Job di Gregorio Magno, con grandi iniziali a intrecci nastriformi campiti a vivaci colori e talvolta terminanti in animali fantastici su pannelli variamente sagomati.La seconda metà del sec. 12°, invece, fa registrare in misura sempre crescente la presenza di moduli ornamentali di marca gerosolimitana, giunti direttamente o per il tramite della Sicilia orientale, Messina in particolare, dove dal 1182 ca. risulta attivo uno scriptorium promosso dall'arcivescovo Richard Palmer. Tali rapporti - che non interessarono solo l'abbazia, ma tutta la fascia costiera della Campania e che continuarono per buona parte del sec. 13° - derivano sia dall'intensa attività commerciale svolta dall'abbazia stessa con navi proprie nel Mediterraneo sia dal trasferimento nel 1176 di alcuni monaci nel monastero di Monreale, fondato nel 1174; né bisogna dimenticare l'origine cavense dell'Ordine degli Ospedalieri di s. Giovanni di Gerusalemme. I codici miscellanei con opere di Gregorio Magno, Girolamo, Ugo di San Vittore e Giovanni Crisostomo (Bibl. dell'abbazia, 11; 42) costituiscono i primi esempi di tali contatti, in quanto sono ornati da iniziali a listelli che si intrecciano per dar luogo a lacunari dai fondi colorati riempiti da tralci bianchi. Nella stessa linea, lettere in azzurro e rosso su fondo azzurro o viola, avorio o giallo, ornate da fitti intrecci, compaiono in un consistente gruppo di manoscritti (Bibl. dell'abbazia, 12; 13; 32; 53; 55) pure riferibili al Duecento. È nel De septem sigillis di Benedetto da Bari (Bibl. dell'abbazia, 18), del 1227 ca., e in due volumi con opere di Pietro Lombardo (Bibl. dell'abbazia, 22; 23), del 1245-1250, che si colgono gli esempi più interessanti di questa cultura bizantina in accezione siciliana della quale lo scriptorium cavense fu certo un centro di smistamento; nel primo infatti, oltre a una serie di iniziali formate da pesci, uccelli e animali fantastici, compare la scena della dedica, dove l'autore - raffigurato sia con il volto giovanile sia con quello senile, per testimoniare la lunga durata della stesura dell'opera - offre il frutto del suo lavoro all'abate Balsamo (1208-1232); negli altri due codici invece tre diversi miniatori esponenti della medesima cultura eseguono numerose iniziali figurate e istoriate di qualità notevole. Ancora nel Kalendarium (Bibl. dell'abbazia, 19), riferibile al 1280, le iniziali riflettono questo tipo di cultura.Solo intorno al 1295 lo scriptorium cavense accolse la nuova cultura gotica - ormai da tempo penetrata nell'Italia meridionale - nella Bibbia (Bibl. dell'abbazia, 33), in seguito fatta propria dall'abate Filippo de Haya (1316-1331); le milleduecentosessantotto iniziali che la ornano sono opera di vari miniatori di cultura prevalentemente bolognese, in linea con l'indirizzo napoletano degli stessi anni, con riferimenti alla miniatura francese (c. 392v, albero di Iesse) e all'opera di un seguace di Cimabue attivo nella chiesa di S. Salvatore Piccolo di Capua (c. 5r, storie della Creazione; Bologna, 1969, p. 111, n. 87). Durante il governo di Filippo de Haya, abate coltissimo e in stretto legame con la corte di Roberto d'Angiò re di Sicilia, vennero copiati e splendidamente miniati i due volumi dello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais (Bibl. dell'abbazia, 25; 26) e il Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando (ora a Londra, BL, Add. Ms 31032). In essi operano quattro miniatori, di notevole livello, pienamente aggiornati sugli avvenimenti napoletani in fatto di cultura figurativa. Mentre il primo di essi, autore delle storie della Genesi (Bibl. dell'abbazia, 25, c. 1), si rifà a Filippo Rusuti, attivo nella chiesa napoletana di S. Maria Donnaregina dal 1319, gli altri, pur partendo da moduli ornamentali tipicamente francesi, mostrano aperture nella linea Cavallini-Lello da Orvieto, secondo una tendenza tipica della miniatura napoletana almeno fino agli anni quaranta del sec. 14° (Bologna, 1969).Niente è pervenuto del periodo di governatorato dell'abate Mainerio (1340-1366), che pure, come attestano le fonti, dovette essere assai ricco di codici miniati; dopo le ripetute devastazioni, lo scriptorium non fu ricostituito e solo nel corso del sec. 16° furono miniati nuovi libri di coro.Nella Bibl. dell'abbazia si conservano, in alcuni casi fin dall'antico, alcuni codici miniati provenienti da altri centri (Rotili, 1979). La Bibbia visigota (Bibl. dell'abbazia, 1), probabilmente portata dall'antipapa Gregorio VIII relegato nella badia per ordine di papa Callisto II (1119-1124), era stata esemplata da Danila intorno alla metà del sec. 9° a Oviedo, capitale delle Asturie, e ornata da raffinati motivi geometrici desunti dalla decorazione plastica e pittorica dei monumenti della città. Il codice più antico è però quello con le Etymologiae di Isidoro di Siviglia (Bibl. dell'abbazia, 2), scritto a Montecassino fra il 779 e il 797, ornato da trentanove iniziali a penna con intrecci a motivi geometrici terminanti talvolta in teste di animali. Questo manoscritto rientrò forse nella donazione fatta nel 1025 dal principe di Salerno Guaimario IV all'abate Alferio insieme con tutte le suppellettili della chiesa di S. Michele al Tusciano (Guillaume, 1877). Eustachio, arciprete di Casalrotto presso Mottola in Terra d'Otranto, donò al cenobio, nel 1263, il manoscritto con il Codex Legum Langobardorum e i Capitularia Regum Francorum (Bibl. dell'abbazia, 4), illustrato da undici scene di stile beneventano riproducenti in maniera rude ma vivace, oltre ai re e principi dei Longobardi e dei Franchi, la leggenda dei Vinili, antenati degli stessi Longobardi. Dal momento che l'ultimo avvenimento narrato è il ritorno in patria dall'Italia dell'imperatore Enrico II (1004), il codice può essere datato agli anni immediatamente successivi. Di cultura beneventana è anche il lezionario di S. Lupo (Bibl. dell'abbazia, 5), scritto nel monastero omonimo di Benevento alla metà del 12° secolo.Del 1929 è l'ultima acquisizione: i monaci del monastero senese di S. Eugenio portarono a C. tre libri di coro, uno dei quali (Bibl. dell'abbazia, Antifonario Sen. B), scritto nel sec. 16°, è ornato con miniature ritagliate da un codice più antico, del quinto decennio del Trecento, nelle quali Bologna (1977) ha individuato l'opera di due miniatori, entrambi di formazione duccesca, l'uno aggiornato su Pietro Lorenzetti, l'altro anche sui suoi diretti 'esiti' stilistici.Ben poco è rimasto delle suppellettili di età medievale; attualmente nella sala duecentesca adibita a Mus. dell'abbazia è esposto un prezioso cofanetto in avorio della fine del sec. 11°, opera probabilmente di artefici locali di considerevole livello e in relazione con la cultura costantinopolitana importata a Montecassino dall'abate Desiderio. Nell'abbazia si conserva anche una stauroteca in filigrana su lamina d'oro (la base fu aggiunta in età barocca) di fattura molto raffinata, anch'essa riferibile a una bottega locale operante intorno alla prima metà del sec. 12°, nella linea della cultura campano-bizantina (Galasso, 1969).
Bibl.: P. Guillaume, Essai historique sur l'abbaye de Cava. D'après des documents inédits, Cava de' Tirreni 1877; H. Graeven, Frühchristliche und mittelalterliche Elfenbeinwerke in photographischer Nachbildung, Roma 1900; A. Goldschmidt, K. Weitzmann, Die byzantinischen Elfenbeinskulpturen des X.-XIII. Jahrhunderts, I, Kästen, Berlin 1930, p. 34; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969; E. Galasso, Oreficeria medioevale in Campania (Miniatura e arti minori in Campania, 4), [Benevento] 1969, pp. 59-60, 70 n. 23; M. Rotili, La miniatura nella badia di Cava, 2 voll., Cava de' Tirreni 1976-1978; F. Bologna, Miniature rare del Trecento senese, Prospettiva, 1977, 11, pp. 47-55; M. Rotili, La miniatura nella badia di Cava: bilancio di uno studio, in La miniatura italiana in età romanica e gotica, "Atti del I Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona 1978", Firenze 1979, pp. 159-186; E.A. Lowe, The Beneventan Script. A History of the South Italian Minuscule, II, Hand List of Beneventan Mss., a cura di V. Brown, Roma 19802 (1914), p. 31; F. Liotto, La miniatura di Cava, in Guida alla storia di Salerno e della sua provincia, a cura di A. Leone, G. Vitolo, Salerno 1982, III, pp. 540-555; A. Catello, Cava dei Tirreni, Museo della badia della SS. Trinità, ivi, pp. 816-822; G. Cavallo, Per l'origine e la data del cod. Matrit. 413 delle Leges Langobardorum, in Studi di storia dell'arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, I, pp. 135-142; P. Leone de' Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986; G. Cavallo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza scriptorium, in Dall'eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all'età di Dante (Antica Madre, 7), Milano 1987, pp. 331-422: 395; C. Bertelli, Miniatura e pittura. Dal monaco al professionista, ivi, pp. 577-699: 617-618.A. Perriccioli Saggese