CARPI DE' RESMINI, Aldo
Nacque a Milano il 6 ott. 1886, quinto dei sette figli di Amilcare, medico condotto, e di Giuseppina de' Resmini. A dodici anni fu spettatore partecipe dei moti operai del '98, degli arresti e delle repressioni di Bava Beccaris: esperienze che incisero su di lui per tutta la vita. Fin dal 1903 cominciò a frequentare lo studio di S. Bersani, che egli considerò sempre suo vero maestro. Nel 1906 entrò all'Accademia di Brera, dove seguì i corsi di pittura di C. Tallone, di G. Mentassi e di A. Cattaneo (diplomandosi nel 1910), ma la sua formazione era già compiuta, tanto che nulla egli sentiva di dovere all'insegnamento dell'Accademia. Continuò a frequentare il Bersani, che gli mediò influenze impressioniste, ed ebbe proficui contatti con gli scapigliati (di Medardo Rosso fece parecchi ritratti): di questi - forse soprattutto dei letterati - condivise quell'esigenza di realtà e sogno insieme che a lui consentì di osservare concretamente i dati del reale, facendo tuttavia salvi i diritti dell'immaginazione; e fu anche suo, come degli scapigliati, un costante interesse per i mendicanti, per i vagabondi, per gli "irregolari", mai visti, pero, con distaccata constatazione formale, bensì con adesione profonda - di sentimenti e di idee - agli strati più indifesi, antieroici, emarginati della società. Tra le sue prime opere troviamo un Cristo fra gli operai (1911), espressione, non certo populista, di una scelta.
Il C. si interessò anche alle tecniche del divisionismo, mentre la produzione tardoromantica, che egli certamente conobbe, influì su di lui meno di quanto abitualmente si ritenga. Non sempre il suo linguaggio artistico, elaborato attraverso la ricca complessità di queste esperienze, è stato correttamente interpretato: così dipinti come Dopo cena (1913; Firenze, Gall. d'arte moderna di pal. Pitti; esposto e premiato alla Biennale di Venezia del 1914), La sera (1913) e I fidanzati (1911) sono stati erroneamente intesi come frutto di un'immaginazione "borghese" e "candida", laddove essi, come tante opere successive, si definiscono in ordine a una "poetica della spontaneità" che non è "ingenuità davanti ai problemi del suo lavoro" (M. De Micheli, in cat. della mostra alla galleria "L'Approdo", Torino 1964).
La personalità di artista del C. si formò e crebbe di pari passo con quello che egli ebbe poi a chiamare il suo "essere religioso" (in Fede e arte, 1960). Viveva attorno a quegli anni (1911-13) a Crevenna, presso Erba, nella colonia agricola organizzata da don Brizio Casciola per ospitare un gruppo di ragazzi orfani del terremoto calabro-siciliano: i contatti con don Brizio, come quelli con padre G. Semeria, qualificarono il suo modo di vivere il Cristianesimo, partecipando con impegno costante, sin dalle battaglie moderniste, ai travagli del cattolicesimo più avanzato, volti a un'azione riformatrice all'interno della Chiesa. Aveva già colto i suoi primi successi con Lectio primaIsaiae, con la quale per la prima volta partecipò alla Biennale di Venezia nel 1912, e Ilbattesimo, che gli meritò, sempre nello stesso anno, la grande medaglia d'oro del ministero della Pubblica Istruzione alla Biennale di Brera (conservate ambedue, come tutte le altre opere di cui non si dà indicazione, in collezione privata).
Un posto particolare occupa nella sua produzione la serie delle "maschere": una quarantina di dipinti (e numerosi disegni), eseguiti tra il 1914 e il 1944.
Il significato delle maschere è sempre rimasto un po' enigmatico per lo stesso C. (come egli ebbe poi a scrivere: cfr. catal. della mostra alla Rotonda della Besana, 1972, pp. 15-17). Ma sicuramente rappresentano un rifiuto delle convenzioni, delle violenze, dei condizionamenti, delle tradizioni della società "borghese", e "fascista", e insieme la rivincita della poesia, della libertà dei valori umani: non però mai in chiave allegorica, bensì a livello quasi di inconscio come nella produzione onirica. Opere quindi decisamente surrealistiche. Il ciclo ha una sua fisionomia storica: il primo dipinto, La fuga, preannuncia la prima guerra mondiale. Compaiono poi le maschere prigioniere, temi quali le fughe dal mondo alienante, le ossessioni delle chiacchiere e del silenzio (negli anni dei vaniloqui fascisti e delle leggi speciali), il rifiuto delle divise, della retorica, dei privilegi economici; le immagini del Cristoderiso, i preannunci della seconda guerra mondiale. Pochi giorni prima che il C. venisse arrestato dalla polizia fascista (23 gennaio 1944) il ciclo si conclude, quasi inspiegabilmente, con due quadri: Metti il vestito rosa (invito rivolto da alcuni popolani al poveruomo vestito di nero) e L'arresto degli Arlecchini, dove una massa compatta e nera di poliziotti corre per arrestare sei Arlecchini danzanti (probabilmente i sei figli).
A parte il più tardo ciclo dei "carabinieri", va precisato che molti quadri con maschere, dipinti dopo il 1944, non sono "maschere" nel senso che attribuiva loro il Carpi. Altri temi a lui cari lungo tutto l'arco della sua carriera furono quelli biblici e religiosi.
Insofferente all'idea di inserirsi in un qualsiasi avanguardia per non sentirsi chiuso nella prigione di una concezione precostituita, il C. visse tuttavia in prima persona i fermenti delle avanguardie: non soltanto nel continuo contatto con i protagonisti (per es., Boccioni, Carrà, che fu suo compagno d'accademia), ma soprattutto portando avanti la sua avanguardia, fatta di coerenza alle proprie scelte sostanzialmente anticonformiste. Su questa base è stato in grado di esprimere la tragedia dell'esercito serbo in rotta, vissuta direttamente durante la prima guerra mondiale, nell'album di disegni Serbiaeroica, pubblicato nel 1917 a Milano con prefazione di L. Bistolfi (v. anche Vita d'arte, XVI [1917], pp. 81-132); quattordici originali sono conservati nel Museo centrale del Risorgimento di Roma, dove si trovano altri trentasette disegni riferentisi alla prima guerra mondiale. Non sono scene epiche che sarebbero state incompatibili con il suo sprezzo di ogni retorica, ma affamati, colerosi, annegati.
Nel 1917 il C. si sposò con Maria Arpesani, dalla quale ebbe sei figli: Fiorenzo, Pinin, Giovanna, Cioni, Paolo e Piero. Smobilitato nel 1919, riprese con più intensità la sua attività artistica; in quell'anno uscirono altre due cartelle di litografie sulla guerra: una a Roma, a cura dell'Ufficio speciale del ministero della Marina, col titolo Sull'Adriatico. Litografie di guerra del capitano A. Carpi (present. di R. Giolli, tavv. I-X: "la nostra Marina"; tavv. X-XX: "la ritirata serba"); l'altra a Milano col titolo Guerra sul mare.
Il C. rimase del tutto estraneo all'operazione di recupero condotta dal "Novecento", soprattutto - ma non soltanto - per convinzioni ideologiche, tanto che non fu affatto gradito ai critici ufficiali del fascismo, quali U. Ojetti e M. Sarfatti. I temi che tornano a ricorrere in questi anni del primo dopoguerra, oltre alla maschere, sono le marine, i ritratti, i volti e gli ambienti familiari: così nei sette oli esposti alla Fiorentina primaverile nel 1922 (pp. 38-40 del catal.; presentazione di G. U. Arata); così in Lafamiglia del pittore e in Il papà e Fiorenzo del 1920. A un Autoritratto del 1923 (Milano, Gall. d'arte moderna) seguirono nel 1924 Conversazione sotto il castagno (distrutto durante la seconda guerra mondiale) e un altro Autoritratto (Firenze, Gall. degli Uffizi). Con il Ritratto del signor Sommaruga il C. vinse alla Biennale di Brera, nel 1925, il premio Principe Umberto. Nel 1927, dopo aver dipinto il grande Ritratto difamiglia (Il corteo) della Gall. d'arte moderna di Milano, fece i cartoni per le vetrate della basilica di S. Simpliciano a Milano.
Nel 1930, anno in cui il C. divenne titolare della cattedra di pittura dell'Accademia di Brera, ebbe inizio un'attività didattica che può definirsi eccezionale sia per il numero e la validità degli studenti sia per la qualità del suo insegnamento, impegnato soprattutto a chiarire e a liberare nell'allievo la personalità specifica. Della sua scuola fecero infatti parte artisti dei più diversi orientanenti: A. Sassu, E. Morlotti, B. Cassinari, G. Dova, R. Crippa, C. Peverelli, B. Romagnoni, G. Guerreschi, per non citarne che alcuni. E nemmeno fu estraneo alla sua lezione il realismo poetico di E. Treccani. Come non va sottovalutato che furono suoi allievi personaggi che, pur prendendo strade diverse, hanno in qualche modo utilizzato la sua lezione, come don Lorenzo Milani e Dario Fo.
Nel 1937 il C. ottenne la medaglia d'oro all'Esposizione universale di Parigi con Il navicello.Nel 1939 iniziò i cartoni per la grande vetrata di Davide per il duomo di Milano, terminata solo, nel 1947 (E. Brivio, Il duomo diMilano, Milano 1973, I, pp. 318 s., ill. 360-362; per altre opere in edifici religiosi, cfr. lo scritto del C. in Fede e arte, 1960).
Le tematiche civili e politiche, che sono state una costante nell'arte del C., presero a farsi ancora più stimolanti, in modo quasi esclusivo, durante la seconda guerra mondiale: soprattutto, dal 1941, i temi della lotta partigiana. Tutta la famiglia del C. era impegnata nella Resistenza e il figlio Paolo a poco più di diciassette anni morì in un campo di sterminio nazista. Il 23 genn. 1944, a seguito di una delazione, una squadra di polizia fascista arrestò il C; consegnato ai nazisti, fu deportato nei lager di Mauthausen e Gusen. Ne riportò il Diario di Gusen, che porta il sottotitolo Lettere a Maria perché scritto sotto forma di lettere alla moglie ovviamente non spedite. Si tratta di un documento umano eccezionale, anche perché è l'unico libro sui lager scritto sul posto (è da tener presente che questo significava rischiare la vita), nacque cioè contestualmente a un'esperienza sofferta di persona in quell'atmosfera di "vita-morte". I disegni che lo illustrano appartengono certo alla stessa esperienza, ma non coincidono cronologicamente con essa come lo scritto: in essi il C. riesce a non cedere alla tentazione di un patetismo formale o esteriormente descrittivo ed esprime invece la violenza inesorabile della tragedia anche attraverso una componente grottesca.
Liberato nel 1945 il C. tornò a Milano dove fu nominato direttore dell'Accademia di Brera per acclamazione generale; nel 1947 fondò l'associazione "Opus Laus Mariae Braidensis", con lo scopo di aiutare gli studenti e gli artisti poveri. Nel 1948 divenne membro dell'Accademia nazionale di S. Luca di Roma e del Consiglio superiore per le belle arti; l'anno successivo entrò nell'Accademia Cherubini di Firenze.
Fra il 1950 e il 1952, come ad esorcizzare le ingiustizie viste e sofferte nei lager, eseguì una ventina di quadri che, assieme a oltre quaranta disegni, costituiscono il ciclo dei "carabinieri" idealmente connesso, per dichiarazione dello stesso C., al ciclo delle "maschere", e quindi quasi una continuazione di questo: anzi, la messa a fuoco delle contraddizioni della borghesia, già leggibile nelle "maschere", giunge nei "carabinieri" allo scontro frontale. I carabinieri, emblemi spesso feroci, resi ottusi dal potere, arrestano il pittore ("perché fa il pittore e lo fa a modo suo"), Charlot, Giovanna d'Arco, Pinocchio, Gesù Bambino ("quanto più è inerme, tanto più è pericoloso"), Cristo incoronato di spine, Arlecchino e Colombina, ecc.: li arrestano proprio perché sono innocenti, come disse l'artista (in Fede e arte, 1960).
Nel 1958 il C. lasciò l'Accademia per raggiunti limiti di età; gli venne assegnata la medaglia d'oro per benemerenze d'insegnamento. Gli otto acquerelli del 1958-59 sulle poesie di Mao Tse-Tung e sulla "lunga marcia" dell'armata rossa cinese (il C. fu tra i fondatori dell'Associazione Italia-Cina) sono un'ulteriore testimonianza della sua vigile attenzione ad avvenimenti e problemi culturali e politici del mondo contemporaneo. Su questi prese posizione in maniera puntuale e inequivocabile: così sull'aggressione americana nel Vietnam, come sui movimenti giovanili dal '68 in avanti, pur senza essere, beninteso, un rivoluzionario, né, soprattutto, un violento. A questi temi alternava dipinti più contemplativi come marine, o di espressione degli affetti familiari, o di osservazione di particolari realtà come le tele dedicate alla vita del circo (1962). Nel 1962 ricevette la medaglia d'oro del ministero della Pubblica Istruzione al premio Fiorino di Firenze con il quadro Attori. Tra il 1968 e il 1969 preparò sei grandi mosaici per la basilica dell'Annunciazione a Nazareth, per celebrare la visita in Terrasanta del papa Paolo VI. Sette sue opere sono conservate nella collezione d'arte religiosa moderna del Vaticano (cfr. catalogo, p. 134).
Il C. morì a Milano il 27 marzo 1973.
La sua personalità artistica, ricca di una cultura vissuta con moti sinceri nelle scelte, nelle adesioni come nei rifiuti, è certamente calata tutta intera nel contesto storico del suo tempo. Nel secondo dopoguerra non venne meno il suo impegno per un rinnovamento della Chiesa, per un modo il più possibile aderente al Vangelo di vivere il Cristianesimo.
Ebbe stretti e fattivi rapporti con don Mazzolari (sostenne e collaborò al suo periodico Adesso), con don Zeno Saltini, con padre Davide Turoldo, con Danilo Dolci; fu grande ammiratore di papa Giovanni, di cui eseguì moltissimi ritratti. Tutta la sua opera di soggetto religioso esprime nel modo più struggente quest'ansia di rinnovamento, il rifiuto di concepire le virtù cristiane come strumenti normalizzatori di un consorzio civile immobile, cristallizzato entro schemi tradizionali. Nell'introduzione al catal. della mostra alla Rotonda della Besana (1972) De Micheli forniva questa interpretazione dell'atteggiamento dell'artista nei confronti della realtà sociale: "C. ha sempre avvertito intorno a sé la minaccia di essere chiuso, imprigionato, integrato nei termini o nelle regole convenzionali di una società sbagliata… I suoi sono personaggi che violano le "norme" sancite dalle abitudini, dal codice del perbenismo, dalle convenienze, e pertanto perseguibili, rinchiusi, arrestati".
Significato altrettanto chiaro hanno, nei suoi quadri, le lunghe file di profughi e fuggiaschi: persino le sue varie Fughe in Egitto sono quadri di profughi. Anche gli interessi letterari del C. erano volti di preferenza verso opere di respiro sociale o che affrontavano la tematica a lui cara dell'emarginazione o della lotta per affermarsi: Cervantes, Tolstoj, Stella rossa sulla Cina di Snow.
Tra gli scritti del C. ricordiamo: Note d'esperienza, in Vociamiche (Milano), 15 marzo 1914; Divagazioni del Sileno, un racconto in chiave mitologica scritto nel 1938 e uscito in parte nella rivista di Alessandria L'Ulivo (nn. 1-2-3 del 1949), in cui sono raccolte le teorizzazioni estetiche del C.; Maschere come rivelazioni e simboli nella pittura, in Bollettino del Rotary Club (Milano), 4 dic. 1951; Il nascere della mia arte religiosa, in Fede e arte, VIII(1960), 2, pp. 153-161; con C. Carrà, Aroldo Bonzagni, Bologna 1961; infine, Diario di Gusen. Lettere a Maria, Milano 1971. Presente a tutte le Biennali di Venezia dal 1912, espose, a partire dal primo dopoguerra, in molte mostre individuali e collettive: nel febbraio del 1920 è alla galleria Pesaro di Milano con quarantanove dipinti e trentadue disegni (catal. di G. U. Arata); dell'anno successivo è la mostra alla Famiglia Meneghina di Milano (catal. di L. Cappelli); la Galleria Pesaro di Milano lo ospita nel novembre del 1926 con quarantadue opere (curatore del catalogo è R. Giolli che da lì a due anni pubblicò l'album Carpi e che doveva morire nel medesimo campo di sterminio nazista dove fu internato il C., che infatti ricorda l'episodio nel Diario di Gusen), nel 1929 con A. Bucci e successivamente, per una collettiva con Borgese, Bongiovanni, Radice, nel febbraio-marzo del 1933 (catal. di N. Zoia). A guerra iniziata, nel 1941, è presente alla mostra allestita dalla galleria Nova di Milano Dodici artisti d'oggi.Nel secondo dopoguerra non mancano le occasioni per rimeditare l'itinerario artitistico del Carpi. Nel 1963 a Milano, alla galleria Gianferrari, viene organizzata la mostra Sessant'anni di pittura di A. C.La galleria L'Approdo di Torino nell'aprile-maggio 1964 ripropone la sua opera con una Scelta antologica dal 1913 al 1964 (catalogo di M. De Micheli). Alla galleria Valiani di Pistoia, con il patrocinio della "Brigata del Leoncino", nel giugno del 1970 vengono esposte trentatré opere comprese in un arco di tempo che va dal 1905 al 1970 (catal. con prefaz. di M. De Micheli e uno scritto di A. Valiani; vi sono riportati profili critici di R. Giolli, V. Costantini, E. Morlotti, L. Borgese, O. Vergani, R. De Grada, G. Mascherpa, M. Valsecchi, L. Carluccio, M. Bernardi, E. Piceni). Infine sono ben novantuno gli olii e numerosi i disegni dell'antologica (1912-1971) tenutasi alla Rotonda della Besana di Milano nel novembre-dicembre 1972 (catal. di M. De Micheli). Una mostra a tema, A. C. un pittore per la libertà è stata allestita dal comune di Legnano nel 1975.
Fonti e Bibl.: Oltre ai catal. delle mostre citate (fondamentale, anche per ulteriore bibl., quello di M. De Micheli, della Mostra alla Rotonda della Besana, Milano 1972), si vedano: L. Vitali, L'incisione ital. moderna, Milano 1934, pp. 111-13; G. Nicodemi, A. C., in Emporium, LXXXII(1935), pp. 238-48; P. Torriano, A. C., in L'Ill. ital., 7 genn. 1940; L. Borgese, A. C., Milano 1948; L. Servolini, Dizionario ill. d. incisori ital. mod. e contemp., Milano 1955, pp. 168 s.;M. De Micheli, A. C., Milano 1963 (con bibl.); L'Espresso, Roma, 30 giugno 1963; L. Budigna, A.C., in D'ars agency, IV(1963), 5, pp. 54-57; G. Ballo, La linea dell'arte ital. dal simbolismo alle opere moltiplicato, I, Roma 1964, pp. 126-29; M. Ronchi, A.C., in Diocesi di Milano, V(1964), pp. 395-402; Verona anni venti (catal.), Verona 1971, pp. 45, 46, 51, 74, 120 s., 128; R. Margonari, Arte d'immaginaz. in Italia dal 1900 ad oggi, in Notizie d'arte, V(1973), I, pp. 33-36.