GIARRIZZO, Carmelo
, Figlio di Francesco e di Angela Ognibene, nacque a Piazza Armerina il 24 giugno 1850.
Come si ricava dagli scritti (alcuni dei quali di suo pugno) presenti nella busta biografica conservata presso la Galleria civica d'arte moderna E. Restivo di Palermo, il G. fu avviato alla pittura dal padre, un modesto pittore, discendente da una nobile famiglia originaria di Caltanissetta, che aveva trasmesso il mestiere anche al maggiore dei suoi figli, Michelangelo. A tredici anni il G. fu mandato dalla famiglia a studiare a Palermo, dove frequentò una scuola tecnica.
Sullo scadere del 1868 si recò a Napoli per frequentare, come molti giovani artisti siciliani di vocazione naturalista, il Regio Istituto di belle arti, dove ebbe come maestri, tra gli altri, D. Morelli e F. Palizzi; e nel 1870 ottenne diversi premi.
Soggiornò a Roma tra il 1871 e il 1872, anno in cui dovette rientrare a Piazza Armerina per gli obblighi di leva. Appartengono al periodo romano i dipinti Piccoli pescatori e Contadina nel bosco ricordati e riprodotti (tavv. I s.) dalla figlia Adele nella monografia sul padre del 1967.
Il 18 sett. 1874 il Consiglio provinciale di Caltanissetta deliberò l'assegnazione al G. di un sussidio di 600 lire annue, per la durata di tre anni, affinché potesse proseguire nei suoi studi di pittura a Napoli. Nell'ottobre del 1875 la delegazione provinciale, in occasione del successo riscosso dall'artista con il quadro La congiura di Giuseppe d'Alessi (ubicazione ignota) presentato all'esposizione di Palermo di quell'anno, rilasciò un attestato di lode nei suoi confronti. Nel 1876 il G. fu impegnato nel restauro della volta della sala del Consiglio comunale di Piazza Armerina; nello stesso anno gli venne rinnovato per un altro triennio il sussidio per il perfezionamento nello studio della pittura.
Nonostante i suoi frequenti soggiorni a Napoli e Palermo, dove fu ospite del fratello Michelangelo, il G. mantenne costanti contatti con Caltanissetta e, soprattutto, con Piazza Armerina, realizzando opere sia per privati sia per il Comune.
Nel 1872 aveva ricevuto il pagamento per il Ritratto del re Vittorio Emanuele II, già nel municipio di Piazza Armerina e oggi nella sala di lettura della Biblioteca comunale; dai suoi appunti risulta che abbia realizzato, tra l'altro, sempre per la città natale, una Via Crucis per la chiesa di S. Filippo, il Ritratto della signora La Malfa e il Ritratto della signorina Gangitano, opere delle quali si sono perse le tracce. Di questo periodo è, inoltre, il Ritratto di Nunzio Morello, una litografia del 1875 conservata nel Gabinetto dei disegni e delle stampe della Galleria regionale della Sicilia in palazzo Abatellis a Palermo (cat. n. 186).
Nel 1877, a seguito della richiesta del direttore del Museo nazionale di Palermo, la Deputazione provinciale di Caltanissetta gli commissionò l'esecuzione, a Palermo, di disegni di oggetti antichi. Questa esperienza gli consentì di sviluppare e di affinare il gusto per le immagini del mondo classico che caratterizzerà, in seguito, una certa sua produzione, in particolare quella ufficiale e più retorica.
Del 31 dic. 1878 è l'attestato di abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole municipali a firma di D. Morelli. Tra il 1880 e il 1881 gli venne quindi assegnata la cattedra di disegno artistico presso la scuola femminile di perfezionamento di Palermo e dal 1890 passò a insegnare presso la scuola G. Turrisi Colonna; a scopo didattico realizzò l'Avviamento al disegno artistico. Facili e svariati esercizi tratti dal vero in venti tavole, edito dai Fratelli Huber (senza data), un esemplare del quale è conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo.
Da questo momento anche la sua produzione artistica fu legata alla realtà palermitana. Nel gennaio del 1883, su richiesta di G. Damiani Almeyda, eseguì restauri al casino Geraci. L'anno seguente gli venne commissionata l'esecuzione di un "trasparente", una struttura effimera dipinta su tela, per il "festino" di S. Rosalia.
Il bozzetto relativo, schedato come Scenografia all'orientale nell'inventario della Galleria regionale della Sicilia, dove si conserva (inv. 15445), sembra essere piuttosto un Trionfo romano e tradisce, pur nell'immediatezza del gesto pittorico e nella vividezza dei colori, il gusto del G. per il mondo classico, interpretato in una dimensione teatrale e scenografica.
Il successo di questo periodo fu dovuto, soprattutto, alla sua capacità di farsi interprete del gusto corrente: una pittura dagli evidenti richiami tematici al mondo classico, espressi con linee raffinate ed eleganti che racchiudevano forme chiaramente intelligibili. Tra gli interventi in palazzi privati è da segnalare quello realizzato tra il 1889 e il 1991 nel villino Favaloro (oggi Di Stefano) progettato da G.B.F. Basile: si devono probabilmente al G. le decorazioni a mosaico della facciata - con motivi naturalistici e fitomorfi dalla delicata inflessione anticipatrice di un certo frasario art nouveau - e le pitture di gusto archeologico nella sala pompeiana del piano terra. Nello stesso periodo ultimò i dipinti del portico esterno superiore (lato nord) del teatro Politeama, progettato da G. Damiani Almeyda, realizzando figure - La Vittoria, La Commedia, La Tragedia, L'auriga e Il trombettiere - che tendono a far rivivere il mondo greco-romano (il bozzetto della Tragedia, datato 1891, e studi per le altre figure, sono riprodotti in Giarrizzo Huber, tavv. XXIII-XXVII). Nel 1892 il G. decorò la cupola della chiesa di S. Carlo Borromeo, dove dipinse l'Apoteosi del santo, e la cappella dedicata a S. Benedetto, per le quali aveva iniziato a studiare già dal 1890 le varie possibilità di composizione attraverso una serie di bozzetti preparatori (ibid., tavv. XIX-XXI): l'impaginazione generale della cupola risente dell'influenza degli impianti rococò di cui Palermo aveva numerosi esempi e che il G. conosceva bene per aver eseguito anche interventi di restauro, ma il ductus pittorico è il frutto di fluidi impasti cromatici stesi "a macchia" sulla superficie. Nel 1893, inoltre, lavorò nella chiesa di S. Francesco eseguendo figure di Apostoli, oggi perdute, nelle lunette della navata maggiore.
Di diversa natura sono i risultati che conseguì nei dipinti di piccolo formato e di atmosfera intimista, legati alla sfera degli affetti familiari, oppure i diversi Autoritratti, uno dei quali (1875) conservato alla Galleria d'arte moderna di Firenze (ibid., tavv. III-V, XIV; e tavv. XXXIV-XLV; LIII-LV, LVII, LXIII per i ritratti dei figli bambini).
Vicino alle correnti artistiche più vitali di Palermo, nel maggio del 1897 presentò sue opere alla mostra artistica privata all'hôtel de la Paix. Nello stesso anno prese parte alla Promotrice di belle arti con Ritratto di fanciulla, un Ritrattino a olio, il Cavaliere del sec. XVI (ubicazione ignota) - nel quale Filipponi ha riscontrato abilità sia nel grafismo con cui è condotta la figura sia nelle scelte cromatiche - e con La notte dal 3 aprile al 4 aprile 1860 (Palermo, Galleria civica d'arte moderna), dipinto ammirato dalla critica e dal pubblico per le idealità politiche di cui si faceva simbolo, premiato con medaglia d'oro dal ministero della Pubblica Istruzione e acquistato dal Municipio di Palermo. Sempre nel 1897 il G. fu nominato consigliere dell'Accademia artistica di Palermo e, nel dicembre dell'anno seguente, membro del consiglio direttivo.
Entro il 1903 concluse una figura di Saffo (andata perduta) nel soffitto del foyer centrale del teatro Biondo, oltre alle allegorie, eseguite su disegno di S. Gregorietti, della Commedia e della Tragedia oggi in cattivo stato di conservazione. Nel 1910 realizzò il dipinto Apoteosi di Garibaldi per il teatro Garibaldi di Palermo. Nel 1915 partecipò alla Mostra del ventaglio patriottico, patrocinata dal Giornale di Sicilia, a favore dei soldati al fronte.
Il G. morì a Palermo il 3 ag. 1917.
Opere dell'artista vennero esposte nel capoluogo siciliano in occasione della retrospettiva sull'arte dell'Ottocento allestita nel 1929 in seno alla II Mostra d'arte del Sindacato fascista degli artisti.
Da Elisa Huber, sposata a Palermo nel 1889 e ritratta in un dipinto conservato presso la Galleria d'arte moderna di Firenze (La moglie dell'artista; Giarrizzo Huber, tav. XVII), il G. ebbe sette figli, quattro dei quali seguirono le sue orme: il lavoro di Manlio ebbe risonanza nazionale, mentre quello di Adele, di Maria e di Emma rimase circoscritto in un ambito regionale. Inoltre, la produzione delle tre sorelle, nota solo grazie ai cataloghi delle mostre cui presero individualmente parte, risulta conservata, come del resto quella paterna, presso gli eredi e collezioni private; in molti casi, delle loro opere si sono perse le tracce.
Adele nacque a Palermo il 24 maggio 1894, fu battezzata con il nome di Maria Adele e, nel corso della sua attività espositiva, spesso aggiunse al cognome paterno quello della madre. Venne educata alla pittura inizialmente dal padre e frequentò poi l'Accademia di belle arti palermitana. Nel 1925 presentò suoi lavori tra quelli degli artisti indipendenti esposti al teatro Massimo di Palermo e nel 1932 partecipò a Messina alla I Mostra regionale d'arte femminile. Costante fu la sua partecipazione alle mostre del Sindacato fascista di belle arti della Sicilia, come si ricava dai cataloghi delle mostre degli anni 1932-35 (per le opere La scrittrice Rita Franco e Adamo ed Eva venne segnalata dalla critica, Battaglia) e del 1936 (Ritratto di Maria Arcuri, tra l'altro). Adele partecipò anche alle tre rassegne nazionali del Sindacato fascista di belle arti: nel 1933 a Firenze, dove espose Giovane italiana; nel 1937 a Napoli; nel 1941 a Milano presentando Studentesse in convento nella sala della Toscana. Dal 1937 si era, infatti, stabilita definitivamente a Firenze, dove tenne una prima personale nel 1943: per la raffinatezza cromatica dei tenui effetti luministici i suoi acquerelli vennero salutati dalla critica apparsa sul Nuovo Giornale (che fornisce la notizia sulla mostra senza specificarne la galleria) come esempio di lirismo individualmente rivelato mediante una cifra malinconica e sentimentalmente espressiva. Nel 1946, presso la galleria fiorentina Michelangelo, espose oltre ai dipinti alcune sue sculture. L'anno seguente alla galleria Nuova Figurazione, in via Reggio Emilia a Roma, presentò invece esclusivamente degli oli (ritratti, nature morte e paesaggi); mentre nel 1954, presso la galleria Il Fondaco di Messina, in occasione della personale della sorella Emma, propose tre sculture in marmo la cui robustezza dell'impianto volumetrico era coniugata all'indagine di tipo psicologico, come è possibile riscontrare nel Ritratto di fanciulla, di ubicazione ignota ma riprodotto nella recensione apparsa sulla Tribuna del Mezzogiorno. La Diana - eseguita nel 1957 ed esposta, tra l'altro, nel 1960 alla galleria milanese V.E. Barbaroux - combina elementi di un ingenuo classicismo e un'impostazione di morbide definizioni geometriche. A Firenze, tra il 1962 e il 1964 Adele scolpì la Deposizione per la chiesa di S. Francesco. Nel 1962, alla galleria Cancelli di Bologna, presentò delle opere che costituiscono il risultato della duplice esperienza artistica, plastica e pittorica, maturata negli anni.
I suoi dipinti, soprattutto i ritratti, evidenziano una vigorosa visione dell'immagine che, pur rivelando, per la solidità delle masse costruite con pennellate grasse e con uno scaltrito impiego di chiaroscuri, una formazione oscillante tra tardo Ottocento e istanze novecentiste, tuttavia sono espressi con un piglio tutto individuale. Prova ne è Mia madre (1947), robusto olio conservato alla Galleria d'arte moderna di Firenze: in questo ritratto emergono le capacità di cogliere la fisionomia del soggetto, nella spontaneità di una posa probabilmente abituale.
Adele organizzò alcune retrospettive del lavoro del padre a Firenze: nel 1943 (galleria Firenze) e nel 1967 (saletta Gonnelli). Morì a Firenze il 30 dic. 1979.
Anche sua sorella Maria, nata il 25 maggio 1900 a Palermo, frequentò la locale Accademia di belle arti e partecipò assiduamente, esponendo soprattutto paesaggi e nature morte, alle mostre del Sindacato interprovinciale fascista di belle arti della Sicilia (1934, 1936, 1938-39, 1941). Nel 1937 prese parte a San Remo alla Mostra del ritratto femminile; nel 1947 tenne una personale presso il palazzo del Turismo di Merano; nel 1949 fu segnalata fra i partecipanti della IX Biennale Mattia Preti di Reggio Calabria. Nel 1952, sempre nel capoluogo calabrese, presentò ritratti, nature morte di fiori e paesaggi in una personale presso la Bottega d'arte L.E.A., che la vide esporre accanto al marito, il pittore Giuseppe Cannizzaro, sposato a Palermo nel 1948. Nel 1953 prese parte a Roma alla Mostra dell'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia dove presentò una Natura morta con vaso: dal catalogo dell'esposizione (p. 149) si ricava che a quel tempo risiedeva nella capitale. Nel 1968 tenne una personale alla galleria Studio segreto di Roma; e un'altra ne allestì nel 1975 alla galleria Bruzia di Reggio Calabria, dove risiedeva dal 1974.
Dalla metà circa degli anni Quaranta si dedicò anche alla grafica, eseguendo, in particolare, ex libris (per esempio, Giorgio Dieci: Palermo, Galleria civica d'arte moderna), sotto forma di rebus con tratto delicatamente pittorico. Autrice di poesie raccolte nel volumetto Ingenuità, edito a Palermo nel 1936, rivela nelle immagini evocative, colte dal suo mondo affettivo e religioso, le doti di sincera ingenuità che caratterizzano anche le sue opere figurative (per esempio Carilda, olio su faesite: ibid., inv. 1166), oltre a uno spiccato senso cromatico.
Maria morì il 26 genn. 1991 a Reggio Calabria.
Emma, nata a Palermo l'8 giugno 1902, frequentò come le sorelle la locale Accademia di belle arti. Nel 1938, con il marito Gaspare Raya, si trasferì definitivamente a Messina. Prese parte a numerose rassegne artistiche di ambito prevalentemente meridionale: nel 1939 alla mostra del Sindacato interprovinciale fascista di belle arti (dove espose La chiesetta del villaggio); dal 1947 al 1951 alle Biennali Mattia Preti di Reggio Calabria; nel 1953, alla Mostra dell'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia a Roma (Natura morta); nel 1954, alla XXI Promotrice d'arte di Catania (Sedile e Sotto il glicine); nel 1955, a Roma, alla Mostra internazionale "Gli artisti per l'infanzia". Sempre nel 1955 partecipò, con Fiori e Paesaggio, alla prima esposizione del Sindacato regionale siciliano di belle arti che si tenne a Palermo; e poi ancora nel 1958 e 1960. Nel 1954 e nel 1959 tenne una personale presso la galleria Il Fondaco di Messina. Inoltre, prese parte alla mostra di artisti siciliani tenuta nel 1957 presso il Circolo reale "Arte e scienza" di Gand e alla I Mostra sindacale d'arte degli artisti messinesi (Messina, 1963). Sue opere si trovano soprattutto in collezioni private. A Messina, nella chiesa di Montepiselli, sono le tele S. Teresa del Bambin Gesù (1961) e Il Sacro Cuore di Gesù (1963). Presso la Galleria civica d'arte moderna di Palermo sono conservati Iris viola, Fanciulla siciliana, Pozzillo, Natura morta e Gerbere.
Emma morì a Messina il 16 genn. 1995.
Fonti e Bibl.: Palermo, Biblioteca comunale, Carteggio Giarrizzo (5 Qq 311 n. 28); Ibid., Galleria civica d'arte moderna E. Restivo, C. G. Busta biografica; G. Ragusa Moleti, G. C. La congiura di Giuseppe D'Alessi, in L'Amico del popolo, 21 sett. 1875; G. Filipponi, Alla Promotrice di belle arti, in Psiche, 16 ott. 1897, pp. n.n.; M. Accascina, Ottocento siciliano: pittura, Roma 1939, pp. 52, 69, 103, 129; A. Giarrizzo Huber, C. G., Firenze 1967; I. Senesi, ibid., pp. 5-11; Cronache d'arte, in La Nazione, 6 marzo 1972; Un pittore dell'"800", in Montecatini oggi, 30 sett. 1972; F. Grasso, Ottocento e Novecento in Sicilia, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 182, 195; A. Rizzo, Una "dinastia" di artisti, in Palermo, giugno 1992, pp. 55 s.; A. D'Antoni, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Palermo 1993, pp. 230 s.; S. Riccobono, I trasparenti nelle festività di S. Rosalia e i pittori dell'Ottocento, in Immaginario e tradizione. Carri trionfali e teatri pirotecnici nella Palermo dell'Ottocento (catal.), Palermo 1993, pp. 99, 155; M. Miranda, Una chiesa lombarda nell'antica Palermo, in Kalós, settembre-ottobre 1993, pp. 31 s.; Salvatore Gregorietti: un atelier d'arte nella Sicilia tra Ottocento e Novecento (catal., Palermo) a cura di A.M. Ruta - G. Valdini - V. Mancuso, Milano 1998, passim; U. Thieme - F. Becker, Künstlerexikon, XIII, p. 592.
Per le tre figlie: C. Battaglia, Sicilia: la VI Mostra del Sindacato belle arti, in Emporium, LXXXI (1935), p. 328 (Adele); D. Cantatore, La mostra sindacale nazionale al palazzo dell'Arte, in Corriere emiliano, 13 luglio 1941 (Adele); V. D'A., Adele Giarrizzo Huber, in Nuovo Giornale, 24 marzo 1943; Piccola guida dell'VIII Biennale calabrese d'arte, in Brutium, XXVI (1947), 7, p. 1 (Emma); La Calabria e i pittori: G. Cannizzaro e Maria Giarrizzo alla Bottega d'arte "L.E.A.", ibid., XXXI (1952), 9-10; V. Torelli, Pittrici e scultrici italiane d'oggi, Bologna 1953, pp. 137-139 (Adele); G.E. Calapaj, Le sorelle Giarrizzo espongono al "Fondaco", in La Tribuna del Mezzogiorno, 22 gennaio 1954; N. Riva, Personale di pittura di Emma Giarrizzo, in Gazzetta del Sud, 4 febbr. 1959; Mostra di pittura. Artisti siciliani (catal.), Palermo s.d. (ma 1960), p. 72 (Emma); Adele Giarrizzo Huber alla "Cancelli", in Carlino sera (Bologna), 7 apr. 1962; M.P., Mostra di Emma G., in Gazzetta del Sud, 8 maggio 1971; M.A. Spadaro, in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, cit., pp. 230, 232; A. Indelicato, Emma Raya Giarrizzo, in La vetrina dell'OSPE. Artisti a Messina negli anni '50 (catal.,), a cura di L. Barbera, Messina 1997, pp. 67, 198.