CARLO X re di Francia, prima conte di Artois
Quartogenito del Delfino, figlio di Luigi XV, e di Maria Giuseppina di Sassonia, nacque a Versailles il 9 ottobre 1757. Nel 1773 sposòi Maria Teresa di Savoia, figlia di Vittorio Amedeo III, dalla quale ebbe, oltre una femmina che morì presto, i duchi di Angoulême (1775) e di Berry (1776). Avverso alle riforme nell'Assemblea dei Notabili, diede il segnale dell'emigrazione, il 17 luglio 1789, e si fece capo di quella nobiltà che si atteggiò da allora a rappresentante della vera Francia di fronte così ai rivoluzionarî come alle potenze, dalle quali chiedeva, più che un semplice aiuto, la piena solidarietà per la salvezza dell'Europa legittimista. Per questo anzi, sebbene nel 1791 riuscisse a provocare la famosa dichiarazione di Pillnitz, fu malvisto dagli alleati, che cercarono di tenerlo lontano per essere più liberi nella loro politica di conquiste sul territorio francese. Ridottosi dopo molte peregrinazioni nella Scozia, visse a lungo a Edimburgo, nel castello di Holy-Rood, e dopo il 1806, perduta la moglie, si volse preferibilmente alle opere di pietà.
Dopo la campagna di Russia comparve di nuovo nel continente, in mezzo agli eserciti alleati e, il 12 aprile 1814, entrò in Parigi. Nei pochi giorni che tenne la luogotenenza generale del regno firmò la convenzione militare (23 aprile) che dava agli alleati 53 piazzeforti. Nel 1815, fallitogli il tentativo di organizzare la resistenza contro Napoleone, lasciò Parigi, la notte dal 19 al 20 marzo, subito dopo il re, per ridursi a Gand. Tornò l'8 luglio e, come capo degli ultrarealisti, si mise in urto con lo stesso Luigi XVIII, al quale sembrava che un eccessivo legittimismo compromettesse le sorti della dinastia. Dopo l'assassinio del duca di Berry (febbraio 1820), prese un tono più risoluto di fronte al fratello, e favorì l'avvento del ministero Villèle. Salì al trono il 16 settembre 1824.
Meno istruito e meno accorto di Luigi XVIII, aveva però qualità di carattere che piacevano ai Francesi. Era pieno di spirito, buono e generoso, aperto e leale. Diede subito un'amnistia e soppresse la censura sulla stampa, ma fedele alla sua coscienza, fece approvare (aprile 1825) la legge sul sacrilegio e quella di un miliardo per gli emigrati. Volle essere incoronato a Reims con tutte le forme tradizionali (maggio 1825). Per difendere l'istituto della famiglia tentò, invano, di ristabilire il diritto di primogenitura (aprile 1826). Nel giugno del 1827, crescendo l'opposizione, sciolse la Guardia nazionale e ristabilì la censura. La vittoria di Navarino (20 ottobre 1827) lo incoraggiava alla resistenza, ma, alla fine di dicembre, il Villèle dovette dimettersi e il re affidò il governo al moderato Martignac. L'opinione pubblica parve per un istante soddisfatta: la libertà di stampa fu ristabilita, e due ordinanze celebri (giugno 1828) sottrassero il pubblico insegnamento all'ingerenza dei gesuiti. Fra il settembre e l'ottobre le truppe francesi occuparono la Morea. L'8 agosto 1829, prendendo maggiore baldanza il partito liberale, anche il Martignac dovette andarsene, e allora il re volle provare la maniera forte e chiamò al potere il principe di Polignac. Il 19 marzo 1830 la Camera fu prorogata, il 16 maggio, disciolta. Il 13 giugno il re stesso si volse con oscure parole agli elettori, ma l'opposizione fu ugualmente rieletta in massa. La conquista di Algeri (5 luglio) disperse gli ultimi dubbî. C. era convinto che l'art. 14 della Carta lo autorizzasse ad emanare ordinanze di cui lo scopo era la distruzione della Carta stessa! Il 26 luglio la Camera era sciolta, la legge elettorale modificata, la censura ristabilita. Il 27 sorsero le prime barricate. Il 29, poiché l'insurrezione trionfava, il re licenziò i suoi ministri. Ma era troppo tardi. Ritiratosi quindi da Saint-Cloud a Rambouillet abdicò, il 2 agosto, a favore del duca di Angoulême, che, a sua volta, cedette i suoi diritti al duca di Bordeaux (Enrico V). Mettendo innanzi un fanciullo, figlio di quel duca di Berry la cui morte era stata pianta in tutta la Francia, si credette di poter salvare il ramo primogenito dei Borboni; ma Luigi Filippo d'Orléans, nominato luogotenente del regno, non esitò ad impadronirsi del trono, per impedire, così disse, che si proclamasse la repubblica.
C. avrebbe potuto gettarsi nelle provincie, ch'erano per lui; ma preferì rassegnarsi al destino. A piccole tappe, seguito dalla sua corte, giunse, il 16 agosto, a Cherbourg dove s'imbarcò, con la sua famiglia, per l'Inghilterra. Preso il nome di conte di Ponthieu, fu a Lullworth e a Holy-Rood, poi, sulla fine del 1832, passò a Praga in Boemia. Visse tranquillo, deplorando il tentativo della duchessa di Berry, con la quale ruppe ogni rapporto dopo il matrimonio di lei con il conte Lucchesi Palli. Morì il 6 novembre 1836 a Gorizia. Ebbe spirito politico poco chiaroveggente, ma profondo senso della regalità e della razza; amò la giustizia, partì povero lasciando ricco il suo regno, iniziò la conquista dell'Africa.
Bibl.: P. De la Gorce, La restauration, II, Charles X, Parigi 1928; G. Brizzolara, La Francia dalla Restaurazione alla terza Repubblica, Milano 1903; L. Cappelletti, La seconda Restaur. e la monarchia di luglio, Torino 1910.