LESSONA, Carlo
Nacque a Lanzo Torinese il 17 dic. 1863 da Silvio, magistrato, e da Domenica Castagneri. Studiò giurisprudenza all'Università di Torino. Ancora studente, pubblicò La Germania di G. Cornelio Tacito. Saggio storico-giuridico (Torino 1884), risultato di una serie di esercitazioni svolte sotto la guida dello storico del diritto C. Nani. Conseguita la laurea l'11 luglio 1885, si dedicò al diritto civile con la redazione del saggio Una questione sulla revoca del testamento… (Torino-Roma-Milano 1885), senza trascurare però gli studi storici e continuando la collaborazione con Nani, del quale nel 1886 raccolse le lezioni (Sunti di storia del diritto raccolti alle lezioni del prof. C. Nani dal dott. Carlo Lessona, a.a. 1885-86). Nello stesso anno pubblicò il saggio La Sylva nuptialis di Giovanni Nevizzano, giureconsulto astigiano del secolo XVI (Torino 1886) e un breve scritto su Dante penalista (ibid. 1886). L'attenzione per la storia e la convinzione dell'utilità degli studi storici nell'interpretazione del diritto positivo, maturate negli anni giovanili, caratterizzarono in seguito tutta l'opera del Lessona.
A partire dal 1886 egli insegnò per tre anni diritto presso il r. istituto tecnico di Cremona, dando nel frattempo alle stampe il primo di una serie di testi redatti per le scuole superiori (Elementi di morale sociale ad uso dei licei, ibid. 1886). Sembra che il L. abbia cominciato a occuparsi di procedura civile solo a partire dal 1888, quando ricevette l'incarico di compilare l'indice analitico della terza edizione del Trattato di L. Mattirolo, che era stato suo professore a Torino (Indice esegetico-analitico del Trattato di diritto giudiziario civile italiano del prof. L. Mattirolo, ibid. 1888). Nello stesso anno iniziò a collaborare con la Giurisprudenza italiana e pubblicò un'operetta riguardante I libri di commercio nel diritto positivo italiano (Cremona 1888).
Nel 1889 il L. si trasferì a Roma, avendo ottenuto un posto di revisore al Senato, qualifica che mantenne fino al 1894, quando fu incaricato della direzione degli uffici di revisione e stenografia. In questo periodo iniziò la sua collaborazione con L. Mortara. Benché il L. in più occasioni si riferisse a Mattirolo come al suo maestro, secondo F. Cipriani sarebbe stato in realtà Mortara il suo punto di riferimento accademico (Le peripezie di C. L. tra Mortara, Chiovenda e Calamandrei, in Riv. di diritto processuale, XLVI [1991], pp. 754-792). È a Pisa, infatti, dove Mortara aveva la cattedra di procedura civile e l'incarico di diritto costituzionale, che nel 1895 il L. ottenne la libera docenza. In quell'anno, inoltre, Mortara accolse calorosamente l'uscita del primo volume della sua Teoria delle prove nel diritto giudiziario civile italiano (Firenze 1895), con una recensione pubblicata nella Giurisprudenza italiana (IV [1895], pp. 74 ss.), dopo aver già avuto parole di elogio per il Codice dei probiviri. Legge e regolamento sui probiviri nell'industria (Firenze 1894).
Il L., nell'ambito del diritto processuale, rappresentò una figura a sé stante: si collocò, infatti, in una posizione intermedia rispetto sia ai trattatisti esegeti, spesso troppo legati alla scuola francese, sia ai fautori delle dottrine di stampo germanico, i quali tendevano principalmente alla costruzione del "sistema". Egli riteneva che l'interprete non dovesse prevaricare la volontà della legge, ma non rinunciò per questo a una visione sistematica dell'ordinamento, utilizzando gli studi storici e comparati ai fini di una elaborazione dogmatica.
Nel 1896 uscì il secondo volume della Teoria delle prove e il L. trasferì la libera docenza da Pisa a Roma. In occasione dell'apertura del corso svolto nell'anno accademico 1896-97, tenne una lezione su I doveri sociali del diritto giudiziario civile, nella quale, richiamandosi ai principî del socialismo giuridico condivisi da Nani e dallo stesso Mortara, si proponeva di esaminare i difetti dell'ordinamento giudiziario in relazione alle classi meno abbienti, dal momento che "l'esercizio di molti, di troppi diritti è impedito da quelle che mitemente si chiamano convenienze sociali e che con cruda verità devono chiamarsi ingiustizie sociali" (Torino 1897, p. 12).
In quel periodo, come ha messo in luce F. Cipriani, Mortara lo sostenne nei concorsi per la cattedra di procedura civile e ordinamento giudiziario che ebbero luogo prima a Siena e poi a Padova. Nel primo, che si svolse nel 1896, il L. fu dichiarato terzo eleggibile dopo E. Galluppi e A. Castellari. Nel concorso di Padova dell'anno successivo riportò il secondo posto, dopo G. Franceschini, ma subito dopo fu chiamato come straordinario a Siena, con decorrenza dal 1° genn. 1898, sulla base dell'eleggibilità ottenuta l'anno prima.
Nella prolusione al corso letta il 12 gennaio, il L. si espresse contro la procedura orale di tipo tedesco e ribadì la validità del metodo positivo, la cui applicazione al diritto consisteva, a suo dire, nello studio della storia e della legislazione comparata. A differenza dello storico del diritto, il cui oggetto d'indagine poteva essere più ampio, "il procedurista pratico" doveva "limitarsi ad investigare nel passato i precedenti di quelle sole istituzioni giuridiche […] ancora vitali" (cfr. L'indirizzo scientifico della procedura civile, in Studi senesi, XV [1898], pp. 33-47).
Nel 1899 il L. passò all'Università di Pisa, dove ricoprì la cattedra che era stata di Mortara, il quale aveva chiesto e ottenuto il trasferimento a Napoli. Nel 1903, rimasta vacante la cattedra di procedura civile di Napoli a causa delle dimissioni improvvise di Mortara, fu indetto un concorso per ordinario al quale prese parte lo stesso Lessona. Per una serie di circostanze, il concorso fu definito solo nel 1905 e vide l'affermazione di G. Chiovenda, più giovane e con meno titoli del Lessona. Probabilmente Mortara avrebbe voluto che a succedergli a Napoli fosse il L., come era avvenuto a Pisa, ma fallì nel suo intento. L'esito del concorso di Napoli, dunque, sancì la vittoria del "germanesimo" e la sconfitta di Mortara e della sua scuola. A tale episodio si deve con ogni probabilità far risalire un raffreddamento dei rapporti tra Mortara e il L., il quale pose termine a partire da quel momento alla sua collaborazione con la Giurisprudenza italiana, diretta appunto da Mortara (Cipriani).
Il 1905 fu un anno decisamente negativo per il L., che soffrì di una gravissima forma di otite, a causa della quale si trovò in pericolo di vita e dovette essere operato due volte, come si legge nel suo libro Giurisprudenza animalesca (Città di Castello 1906). Per ragioni di salute nel 1908 chiese l'autorizzazione del ministero della Pubblica Istruzione a risiedere in Firenze, pur svolgendo il suo insegnamento a Pisa, domanda poi reiterata negli anni seguenti.
Nel 1911 il L. pubblicò a Milano la traduzione dal francese, arricchita di note italiane, del Trattatoteorico e pratico di procedura civile di E. Garsonnet. Nella prefazione, dopo aver constatato la crescente influenza della dottrina germanica, egli ne prese le distanze mettendone in dubbio l'utilità e osservando che per molti essa si riduceva "a scrivere in modo oscuro ciò che oscuramente" si scorgeva negli autori tedeschi (pp. V s.). Lo stesso anno uscì il primo volume della raccolta dei suoi Scritti minori (Santa Maria Capua Vetere 1911).
Due anni dopo il L. si oppose energicamente al r.d. 27 ag. 1913, n. 1915, predisposto da Mortara e contenente le norme attuative della riforma che istituiva il giudice monocratico nei giudizi civili di prima istanza. Parlando a nome degli avvocati di Firenze, egli sostenne che il decreto era incostituzionale e avrebbe contribuito a peggiorare lo stato del processo civile.
Il L. fu anche un valente avvocato. Il suo studio fiorentino fu "la nicchia conveniente in cui ha bene allignato un seme, e non certo il più piccolo, della futura facoltà giuridica" (Grossi), dal momento che vi studiarono e lavorarono E. Finzi e P. Calamandrei. Il Calamandrei, in particolare, si laureò con il L. nel 1912 con una tesi sulla chiamata in garanzia: due anni dopo, in occasione dell'uscita del primo volume della terza edizione del Trattato delle prove del L. (Firenze 1914), scrisse una recensione, nella quale collocò esattamente il suo maestro nel contesto degli studi di diritto processuale civile in Italia. In un periodo in cui, "per giusta reazione contro un metodo esclusivamente esegetico" gli studiosi si erano rifugiati "nelle astrazioni filosofiche e spesso nebulose della dottrina tedesca", il L. aveva avuto il merito di aver dimostrato che si poteva studiare "con metodo rigorosamente sistematico il diritto giudiziario", senza perdere di vista il diritto positivo e senza "rinunciare ad essere italiano" (P. Calamandrei, rec. a C. Lessona, Trattato delle prove in materia civile, I, in Monitore dei tribunali, LV [1914], p. 280).
Consigliere comunale a Firenze dal gennaio 1915 al gennaio 1919, nel 1918 il L. fu chiamato da V. Scialoja a far parte della Commissione centrale per studiare e proporre i provvedimenti per il passaggio dallo stato di guerra allo stato di pace. La commissione era divisa in due sottocommissioni, una relativa ai problemi giuridici, l'altra a quelli economici: il L. partecipò alle riunioni del III gruppo dell'ottava sezione della prima sottocommissione, che si occupò della riforma del codice di procedura civile (Cipriani).
Oltre alle opere già citate, il L. scrisse un Manuale delle prove (Firenze 1898) e un Manuale di procedura civile (Milano 1900) e curò una nuova edizione delle celebri Istituzioni di diritto civile italiano di E. Gianturco (Firenze 1915). Innumerevoli, inoltre, furono gli articoli apparsi nelle maggiori riviste giuridiche del tempo. Particolarmente assidua fu la sua collaborazione alla Giurisprudenza italiana (fino al 1905) e al Foro italiano (fino al 1919), ma suoi contributi apparvero anche in La Scuola positiva e la Rivista di diritto commerciale. Dal dicembre 1889 al febbraio 1891 diresse con C. De Benedetti La Cassazione unica, supplemento giudiziario del quotidiano romano Il Messaggero, che, a partire da quel momento, aumentò la sua autorevolezza con la collaborazione di importanti giuristi. Sempre con De Benedetti, che ne era direttore, diede il suo contributo alla redazione della rivista Il Divorzio - organo del comitato promotore della legge sul divorzio, della cui commissione esecutiva faceva parte -, che uscì, con cadenza prima settimanale e poi mensile, tra il 1890 e il 1892. Dal 1890 al 1893, inoltre, diresse La Giustizia, rivista dell'Amministrazione giudiziaria e portavoce degli interessi del ceto legale in Italia.
Il L. morì improvvisamente a Firenze il 16 apr. 1919 a soli 56 anni. La sua scomparsa prematura lasciò campo aperto ai germanisti che egli aveva avversato e impedì che gli fosse riconosciuto il posto che meritava nella storia della sua disciplina.
Dalla moglie Agnese Pirzio Biroli aveva avuto tre figli: Silvio, avvocato e professore di diritto amministrativo, Alessandro, che abbracciò la carriera militare e fu ministro delle Colonie, e Mario.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. gen. istruzione superiore, Personale insegnante, II versamento, I serie, b. 80, f. C. L.; D. Supino, Relazione del rettore, in Annuario della R. Università di Pisa, a.a. 1919-20, pp. 7-9; P. Calamandrei, L., C., in Enc. Italiana, XX, Roma 1933, p. 970; A. Lessona, Memorie, Firenze 1958, ad nomen; F.P. Gabrieli, C. L., in Novissimo Digesto Italiano, IX, Torino 1963, p. 768; L. Zanuttigh, Il giudice unico nella riforma del 1912, in Riv. di diritto processuale civile, XXVI (1971), pp. 688-706; M. Sbriccoli, Elementi per una bibliografia del socialismo giuridico italiano, Milano 1976, p. 153; G. Tarello, Il problema della riforma processuale in Italia nel primo quarto del secolo. Per uno studio della genesi dottrinale e ideologica del vigente codice italiano di procedura civile, in Id., Dottrine del processo civile. Studi storici sulla formazione del diritto processuale civile, a cura di R. Guastini - G. Rebuffa, Bologna 1989, p. 47; F. Cipriani, Storie di processualisti e di oligarchi, Milano 1991, pp. 98-112, 124 n., 130, 191-199; P. Grossi, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico. 1860-1950, Milano 2000, pp. 46, 96, 101; F. Tacchi, Gli avvocati italiani dall'Unità alla Repubblica, Bologna 2002, pp. 110, 272, 327.