GORZIO, Carlo
Non si conoscono gli estremi biografici di questo pittore nato a Moncalvo d'Asti attivo nella seconda metà del XVIII secolo. Fu probabilmente allievo di Ferdinando Dal Pozzo, noto per le copie eseguite dai dipinti di Guglielmo Caccia (Della Valle).
Nel 1765 il G. risulta impegnato ad Altavilla Monferrato. Per la parrocchiale di S. Giulio eseguì gli affreschi del coro e la tela sull'altare maggiore con S. Giulio, la Vergine e santi (Barberis). Nel 1766 per la cappella dedicata a Giovanni Battista dipinse la Predica in riva al Giordano e La decollazione del Battista (ibid.). Anche la Via Crucis della parrocchiale è attribuita al Gorzio.
Le tele mostrano un tratto nervoso con molte figurine e costruzioni architettoniche di sfondo descritte nei modi tradizionali della devozione popolare. Interessanti sono soprattutto i personaggi caratterizzati con precisione nelle peculiarità fisiche e quasi ammassati per una sorta di horror vacui. Le dimensioni ridotte sono probabilmente più congeniali al G. che riesce a costruire scene teatrali di forte impatto emotivo ed emozionale. Il paesaggio è quasi sempre assente o appena accennato, mentre l'occhio del pittore si ferma sulla figura umana, di cui registra movimenti e sensazioni con acutezza. Spesso infatti si osservano differenze cromatiche accentuate per far risaltare la drammaticità della vicenda del Cristo sofferente. Le pennellate rapide, consistenti e quasi materiche, che descrivono con precisione la figura umana, sono una traccia evidente della lezione del pittore Pier Francesco Guala di Casale, di cui il G. evidentemente conosceva l'opera.
Nel 1783 il G. dipinse a fresco a Trino Vercellese, un S. Lorenzo sulla facciata della chiesa omonima: il pagamento è del 10 novembre, firmato dal tesoriere della Confraternita degli Angeli e controfirmato dal pittore stesso (Inventario trinese, 1980, p. 137). La presenza documentata a Trino del G. ha facilitato l'attribuzione della Via Crucis conservata nella chiesa di S. Francesco: il confronto diretto con quella di Altavilla ne ha confermato la paternità. Comune infatti è l'affollamento delle figure che rendono quasi inutile la descrizione dello sfondo paesaggistico, sostituito spesso da bandiere, aste, alabarde e architetture convenzionali.
Al 1794 risalgono gli affreschi nella chiesa di S. Paolo ad Asti. Nel catino absidale il G. rappresentò la caduta di S. Paolo sulla via di Damasco, con toni fortemente teatrali.
La scena è divisa in due gruppi laterali in primo piano come quinte di teatro; al centro, dalla figura di s. Paolo riverso a terra, si apre uno spazio luminoso verso il fondo, una diagonale di luce, segno del miracolo divino. Il cavallo fugge dirigendosi verso la folla, contro un cielo fumoso irto di aste e lance. In alto siede la corte celeste a coronare un'affollata scena umana di grande pathos.
Nella cupola il G. raffigurò la Gloria del paradiso costituita al centro dalla colomba dello Spirito Santo, contornata da figure su nuvole quasi materiche e gruppi di santi e beati in abiti sfarzosi dai colori sgargianti. Intorno le otto Beatitudini descritte come donne riccamente abbigliate, in pose teatrali. Al G. appartengono anche le decorazioni dei pennacchi della cupola con i Quattro evangelisti, personaggi contornati dagli usuali attributi iconografici. La paternità di questi affreschi astigiani è dichiarata in un articolo della Gazzetta piemontese del 3 febbr. 1820 (la chiesa allora dedicata a S. Filippo Neri, era stata consacrata nel 1795) e ripresa da G. Bosio nel suo testo del 1894.
Il G. fu presente anche a Casale prima dell'anno 1794: a quella data infatti risale il Ritratto della città di Casale scritto da G. De Conti in cui si descrivono due affreschi del G. tuttora esistenti: L'Annunciazione e La Visitazione dipinti nella chiesa di S. Paolo in sostituzione dei quadri di Niccolò Musso. Di un'altra opera conservata in S. Domenico e citata da G. Casalis nel suo Dizionario del 1836 non vi è più traccia.
Lo stesso destino hanno subito altre opere del G. citate dalle fonti, ma non più rintracciabili: a Vercelli due quadri di grandi dimensioni risultano in un inventario (redatto nel 1819) delle opere provenienti da conventi soppressi, che in epoca napoleonica si trovavano nel palais national della città (Barberis); a Moncalvo, secondo C. Lupano (1899), si trovavano un controaltare nella cappella del Crocifisso in S. Francesco, una Sacra Famiglia in S. Maria delle Grazie e un S. Antonio Abate nella chiesa omonima: quest'ultimo quadro, però, nella già citata Gazzetta piemontese del 3 febbr. 1820 è attribuito a Giorgio Gorzio di Moncalvo, probabilmente il figlio del pittore.
Non si hanno notizie del G. successive all'anno 1794.
Fonti e Bibl.: G. Della Valle, Prefazione al tomo XI delle "Vite"… del Vasari, Siena 1794, p. 20; G. De Conti, Ritratto della città di Casale a tutto l'anno corrente 1794, a cura di G. Serraferro, Casale 1966, p. 27; G. Casalis, Diz. geografico storico statistico commerciale degli Stati di s.m. il re di Sardegna, III, Torino 1836, p. 672; X, ibid. 1842, p. 565; G. Bosio, Storia della Chiesa d'Asti, Asti 1894, p. 407; C. Lupano, Moncalvo sacra, Moncalvo 1899, pp. 38, 70, 183; A. Baudi di Vesme, Schede Vesme, II, Torino 1966, p. 536; N. Gabrielli, Arte e cultura ad Asti attraverso i secoli, Torino 1976, p. 21; G. Mazza, Inventario trinese. Fonti e documenti figurativi (catal.), a cura di A. Barbero - C. Spantigati, Trino 1980, pp. 137-139; A. Barberis, in La pittura in Italia, Il Settecento, II, Milano 1990, p. 740.