FONTANA, Carlo
Nacque a Rancate (Como) il 22 apr. 1638 da Francesco Amedeo e Cecilia Pizzalmore (Donati, 1942, pp. 263 s., 286 n. 3). Non si conosce con esattezza la data del suo arrivo a Roma; ciò che si può finora stabilire con sicurezza è che il primo maestro del F. fu Giovanni Maria Bolino e non G.L. Bernini o Pietro da Cortona, come si dava per cefto dal Coudenhove Erthal (1930) in poi.
G.M. Bolino, testimoniando il 10 genn. 1663 circa lo stato libero del F. ai fini dei suo imminente matrimonio (23 gennaio) con Catharina Anastasia Silvestri de Blanchis, dichiarò che il F., "adesso di ca. 22 anni", era venuto "dieci anni fa per imparare l'esercitio d'Architettura" (Roma, Arch. stor. del Vicariato, Testamenti e matrimoni, Notaio De Sanctis), documento che sposta l'arrivo del F. a Roma al 1653, quando aveva quindici anni. È possibile dunque che arrivasse in tempo per partecipare, certo in posizione molto subordinata, al restauro di S. Marco (1653-57), benché egli non venga menzionato nel resoconto dei lavori (Dengel, 1913, pp. 90-95; Coudenhove Erthal, 1930, pp. 15-17). Il F. ebbe dunque un validissimo maestro che gli permise di fare un apprendistato quanto mai vario, come attesta una osservazione nella introduzione all'Utilissimo trattato delle acque correnti (Roma 1696), in cui il F. asserisce che "sin dall'anno 1660" si era occupato di "operazioni" nel campo dell'ingegneria idraulica.
Certamente il Bolino lo introdusse nella bottega di Pietro da Cortona perché entrambi collaborarono alla costruzione della facciata e alla ristrutturazione dell'interno di S. Maria della Pace (1657-58), come attestano i disegni autografi del F., verosimilmente da lui eseguiti in quanto "giovane di studio" (Coudenhove Erthal, 1930, pp. 17, 19; Hager, F. pupil ..., 1993, pp. 124 s.). Una rappresentazione della facciata dimostra la sua indiscutibile abilità nel dare a un disegno ortogonale l'effetto tridimensionale attraverso un uso appropriato delle ombreggiature. Il F. aveva indubbiamente il senso della proprietà artistica perché, già allora, firmava sempre i suoi disegni.
È difficile precisare quando passò alla bottega di G.L. Bernini, essendo allora in atto la costruzione del colonnato di piazza S. Pietro sotto la responsabilità di Marc'Antonio e poi di Matthia De Rossi (Menichella, 1985, pp. 17 s.; secondo Brauer - Wittkower, 1931, pp. 82, 87 vi era già giunto nel 1659). D'altra parte nel Tempio Vaticano (Roma 1694) il F. dichiara eplicitamente di essere stato presente quando si eseguirono gli scavi per le fondamenta del colonnato e si mostra ben informato circa le misure, la qualità del materiale e il metodo usato per la sistemazione delle colonne; particolari che fanno supporre che egli partecipò sia pure come subalterno almeno alla costruzione dei portici del lato sud, mentre è documentata la sua partecipazione all'erezione della parte sud-est (Brahani - Hager, 1977, pp. 38 s.). Sono attribuibili a lui due disegni per la pavimentazione della piazza (Hager, F. pupit..., 1993, pp. 126 s., 149).
Qualche anno prima, per ordine di Alessandro VII, aveva dovuto stendere una relazione relativa alle difficoltà incontrate nella costruzione della Scala Regia (1663-66): nel Tempio Vaticano il F. testimonia che, a causa dell'insospettata precarietà dei muri preesistenti, il Bernini - per sostenere la scala già costruita - aveva ideato un ingegnoso sistema realizzato dal capomastro Simone Brogi. Nel 1662 eseguì un disegno dell'arco di Portogallo che doveva essere smantellato per rendere il Corso corrispondente al programma urbanistico. E ancora prima si era qualificato come assistente del Bernini nell'ideazione dell'arsenale di Civitavecchia (1660-63), in origine destinato alla riparazione di navi (nella Biblioteca apostolica Vaticana vi sono non soltanto abituali disegni ortogonali ma anche rappresentazioni del progetto in rapporto con il paesaggio). L'effetto scenografico fu pienamente raggiunto come attesta un quadro di Viviano Codazzi del 1668; questa struttura non esiste più, ma dovette essere molto importante per lo sviluppo delle future capacità del F. come scenografo (Fagiolo - Fagiolo, 1967; Fagiolo - Di Macco, 1971).
Indicativo della crescente stima del Bernini per il F. è il caso di palazzo Chigi a piazza Ss. Apostoli.
Si tratta della ristrutturazione per Flavio Chigi di un edificio preesistente. Il F. trasformò i rapidi schizzi del Bernini in disegni adatti ad essere presentati al committente e ad essere usati durante la costruzione (1665-67); diresse il cantiere e portò a termine l'impresa (Golzio, 1939). Il cardinale Chigi divenne così il primo committente del giovane Fontana. A lui affidò infatti il completamento del palazzo acquistato dai Savelli ad Ariccia, mentre il nome del F. appare occasionalmente nei documenti relativi alla costruzione dell'Assunta, sempre ad Ariccia, che il Bernini condusse con l'assistenza di Mattia De Rossi e del Bolino (Incisa della Rocchetta, 1929). Numerosi disegni relativi al palazzo e alla piazza firmati dal F. sono nella Biblioteca apostolica Vaticana e rivelano già il suo tentativo di completare il palazzo tenendo conto dell'edificio preesistente. Il lavoro fu compiuto fra il 1665 e il 1670.
In questo periodo i frati della Minerva affidarono al F. il compito di studiare graficamente la posizione ideale per collocare - nella piazza davanti alla chiesa - la scultura dell'elefante con l'obelisco. I vari tentativi del F. dimostrano la sua crescente abilità nel disegno e il suo interesse per il rapporto tra elemento scultoreo e ambiente urbano. La stretta collaborazione col Bernini probabilmente gli permise di ottenere due incarichi di prestigio: nel 1664 divenne "misuratore della Rev. Fabrica di S. Pietro" e, il 21 marzo 1666, accanto a Felice Della Greca, secondo misuratore e stimatore di tutti gli edifici della Camera apostolica in Roma e nello Stato della Chiesa (Bertolotti, 1881).
Durante il settimo decennio del Seicento il F. fu in contatto con un terzo "studio" a Roma, quello di Carlo Rainaldi. Per lui il F. nel 1662 eseguì due disegni relativi alla facciata di S. Andrea della Valle (Wittkower, 1965, pp. 184, 364), molto vicini al progetto definitivo (1665). Durante la progettazione delle chiese gemelle di piazza del Popolo lavorò in competizione con il Rainaldi (Hager, 1967-68).
La prima opera su disegno totalmente del F. fu la facciata dei Ss. Faustino e Giovita (c. 1664. Confraternita dei Bresciani), che seguiva il tradizionale schema a due ordini di lesene sormontate da frontone centrale (Hager, 1972; Tafuri, 1973, pp. 328-331). Il F. adottò invece una soluzione molto originale per la facciata di S. Biagio in Campitelli (poi S. Rita) del 1665 c., dove tenne conto della specifica situazione urbanistica che ne permetteva una visione laterale (Coudenhove Erthal, 1930, pp. 21 s.; Hager, 1972, p. 266). Nel 1666 l'arciconfraternita di S. Spirito dei Napolitani conferì al F. l'incarico di ingrandire e modificare la propria chiesa cinquecentesca in via Giulia; il lavoro fu terminato nel 1669. Ancora sotto Alessandro VII il F. eseguì un rilievo del castello medievale di Montefiascone, forse in vista di una futura utilizzazione come palazzo (Kerscher, 1990).
Il primo edificio secolare di statura monumentale, elencato dal Pascoli (1730-36, p. 1005) come "suo", sarebbe il palazzo Grimani in via Rasella, commissionatogli dall'ambasciatore veneziano a Roma tra il 1667 e il 1671: la principale caratteristica consiste nella scala sulla destra del palazzo, a quattro rampe con nucleo quadrato al centro e che sembra emulare quella del Bernini nel vicino palazzo Barberini.
Sotto Clemente IX il F. ebbe un notevole successo nel campo dell'ingegneria idraulica: nel 1669 il suo progetto per difendere la via Flaminia, nella zona di S. Andrea e della villa Giulia dalle regolari inondazioni del Tevere venne preferito alle proposte di altri, tra cui Carlo Rainaldi e Ippolito Negrisoli (la documentazione relativa a questa competizione è conservato nella Bibl. dell'Accademia di S. Luca). Il successo del F. non fu però duraturo: durante il pontificato di Clemente X venne realizzato il progetto di Cornelius Meyer, che offriva il vantaggio di maggiore flessibilità e resistenza alla pressione della corrente (per un confronto tra i vari progetti, Hager, 1991, pp. 171-187).
Il F. si poteva ormai considerare professionalmente arrivato: il 15 maggio 1667 fu eletto accademico di merito di S. Luca, titolo che, tra l'altro, gli conferiva il diritto di accettare allievi nel suo studio e di insegnare all'Accademia; il 6 dic. 1668 fu nominato cavaliere di Cristo Re, con l'appoggio di Flavio Chigì. Nel settembre 1666 cominciò a sostituire Felice Della Greca nel dirigere e tarare i conti dei lavori nella villa Versaglia presso Formello, dove questi aveva già costruito per il Chigi il casino e la cappella e dove quindi il F. ebbe compiti marginali (Golzio, 1939). Il 15 ag. 1668, volendo il card. Chigi dedicare un intrattenimento a Caterina e Maddalena Rospigliosi nel giardino di villa Salvetti, affidò al F. l'organizzazione della festa; di tale evento il F. ha lasciato una descrizione (Hager, 1991, pp. 155-159). Nel 1772, sempre sotto il patronato del Chigi, diresse la realizzazione di drammi musicali, commedie per l'Accademia degli Sfaccendati (Lefevre, 1956, pp. 154-165): era responsabile dell'apparato tecnico dell'effimero teatro; le scene furono dipinte da artisti specializzati (Golzio, 1939, pp. 240-244).
Il teatro stabile, il Tordinona, era il riattamento di un edificio rettangolare presso il Tevere, prigione fino al 1660, quando furono pronte le carceri Nuove in via Giulia. Solo nel 1669 si ottenne da Clemente IX la licenza di fondarvi un teatro pubblico a pagamento, inaugurato nel 1671 (Rotondi, 1987, pp. 915; Tavassi La Greca, 1989); fu poi ricostruito ex novo sempre dal F. nell'ultimo decennio del secolo. Il F. costruì altri due teatri stabili, ma privati, collocati nei palazzi dei rispettivi proprietari. Il primo, per il conestabile Lorenzo Onofrio Colonna, nel 1682, è menzionato dal Pascoli insieme con quello di Tordinona, definiti entrambi "bellissimi" (Pascoli, 1730-36, p. 1006; Tamburrini, 1989); il secondo fu realizzato nel 1684 per Benedetto Pamphili (Casale, 1992).
Intorno all'ottavo decennio il F. riuscì a raggiungere una posizione di primo piano accanto al Bernini e al Rainaldi cui succedette nella direzione del cantiere di S. Maria di Montesanto, riattivato nel 1671 e terminato fra il 1673 e il 1679 (Golzio, 1933-34, pp. 122-124; Hager, 1967-68). Nel 1670, essendo bruciato il tetto del duomo di Montefiascone, lo sostituì con una cupola (Hager, Die Kuppel..., 1975; De Angelis, 1841).
Nel 1673 lavorò per i padri della chiesa della Maddalena a Roma; sua è probabilmente la cappella a sinistra del transetto (Marino, 1987, pp. 69-96); inoltre il F. determinò la forma del transetto e della crociera. La cupola coperta da un tetto a falde, sormontato dalla lanterna, ricorda un progetto del F. per S. Maria in Vallicella.
Volendo Cristina di Svezia costruire "una chiesa assai riguardevole" in onore di S. Brigida, il 25 apr. 1676 il F. dovette fornire alcuni disegni, che però non furono realizzati per motivi economici (Hager, 1967-68, p. 246 n. 10). Nello stesso periodo, tra il 1675 e il 1679, Innocenzo XI gli commissionò una chiesa da erigersì dentro il Colosseo, in onore dei martiri paleocristianì. Il F. elaborò un progetto a pianta circolare che non ebbe alcun seguito e che, verso la fine del secolo, fu da lui rielaborato. L'unica chiesa effettivamente costruita da lui in quegli anni fu per le monache di S. Margherita in Trastevere, committente il cardinale Girolamo Gastaldi, per il quale egli contemporaneamente conduceva a termine S. Maria dei Miracoli. Dovendo lavorare con pochi mezzi il risultato fu una navata unica con tre cappelle su ciascun lato. Per il resto si dedicò a completare chiese già esistenti.
Un capolavoro d'improvvisazione è la chiesa per le agostiniane di S. Marta al Collegio Romano (1671-74). Era una chiesa cinquecentesca a navata unica che il F. modificò aggiungendo le cappelle laterali e rialzando notevolmente la volta. Anche la decorazione interna fu probabilmente stabilita dal F. ed eseguita da L. Retti e G.B. Gaulli.
Una delle più importanti commissioni del F. fu la progettazione dell'interno del Gesù, come rivela la pianta e l'alzato nell'Archivum Romanum Societatis Iesu che tuttavia non fu realizzata (Trevisani, 1980; Levy, 1993). Un capolavoro assoluto è l'altare maggiore per i carmelitani di S. Maria in Traspontina, terminato nel 1674 (Catena, 1956).
Partito dall'idea assai semplice di un tabernacolo, il F. realizzò un superbo tempietto con colonne binate in diaspro di Sicilia, un frontone spezzato su cui poggiano due angeli, di L. Retti, che affiancano una monumentale cupola di bronzo a forma di corona (Hager, 1993, pp. 128 s.). L'impressione suscitata sui contemporanei è testimoniata dall'iniziativa dell'Arciconfraternita degli Agonizzanti di S. Maria del Pianto che, nel 1675, commissionò al F. "un tempietto a colonne con una corona per cupola" per celebrare la liberazione di un condannato a morte.
Gli Altieri, dopo il successo di Montefiascone, commissionarono al F. il palazzo in piazza del Gesù, su cui egli aveva steso una relazione il 4 maggio 1671 (Schiavo, 1962, pp. 60 s.; Caperna, 1991).
La soluzione prevista dal F. di inglobare il piccolo edificio preesistente in una struttura più ampia sviluppata intorno ad un grande cortile, non riscosse successo, poiché la situazione reale del sito non permetteva alcuna espansione verso la chiesa del Gesù; l'incarico fu dato a G.A. De Rossi, autore del nucleo iniziale. Derivano da questo disegno del F. per gli Altieri due progetti più tardi, non realizzati, uno per palazzo Rucellai al Corso e uno per il collegio dei Nobili a Siena. Nel 1674 anche il "Palazzo della Villa Altieri", che G.M. Crescimbeni attribuisce al F. (Coudenhove Erthal 1930, p. 34 n. 41) fu commissionato al De Rossi.
A Oriolo Romano, dove gli Altieri avevano acquistato dagli Orsini il palazzo Santacroce, il F. ebbe modo di realizzare tre edifici cui si riferisce lo Schiavo (1962, pp. 187 s.): una chiesa, un carcere e la Galleria Altieri, per ospitare una collezione di 265 ritratti di papi.
L'attività per Flavio Chigi riprese a San Quirico d'Orcia, dove, secondo una lettera del 13 genn. 1679 ed i relativi disegni planimetrici, il F. realizzò una nuova scala e lavorò sulla simmetricità della facciata (Ciampolini - Rotundo, 1992); inviò disegni e un modello (1678), costruito dal suo allievo Simone F. del Lino. Realizzò un simile intervento nel castello già Astalli, poi Theodoli, di Sambuci, eseguito sotto Innocenzo X.
Lavorò per la villa Cetinale presso Siena (Golzio, 1939, pp. 203-227), progettando l'abbellimento della facciata posteriore verso il giardino e una ben elaborata scala a due rampe contrapposte, con un pianerottolo e nicchie per statue alle pareti; l'ingresso al piano nobile è marcato da un monumentale portone a timpano con volute (Donati, 1942, pp. 296, 331). Il F. lavorò anche per mons. Ercole Visconti, che nel 1677 aveva comprato dai Borromeo la villa Belpoggio a Frascati, distrutta durante la seconda guerra mondiale (Belli Barsali - Branchetti, 1975, pp. 168 s.).
E suo capolavoro nel campo dell'architettura civile in quel periodo deve essere stato il palazzo per il conte G.A. Bigazzini, iniziato nel 1678, di fronte al palazzo Venezia, a Roma, demolito nel 1902 per allargare la piazza. Il Pascoli descrive minuziosamente l'amicizia che legava architetto e committente e la stretta collaborazione fra i due nel cercare la soluzione migliore per risolvere la scoraggiante situazione di partenza (Pascoli, 1730-36, pp. 1005 s., 1014 n. 14). Il F. portò la struttura a tre piani e un mezzanino e scandì la fronte con grande eleganza. Un maestoso arco trionfale, fiancheggiato da due finestre binate, era il motivo centrale. Dietro l'ingresso un cortile permetteva il passaggio in un secondo cortile (Steindl, 1993; Curcio - Spezzaferro, 1984, pp. 136 s.). Nel 1675 il F. è citato per la prima e unica volta come insegnante dell'Accademia di S. Luca. Episodio sgradevole di questo periodo fu la preferenza accordata alla proposta dell'olandese Comelius Mayer per la costruzione della "passonata" nel Tevere, ovvero il progetto per prevenire le inondazioni (Hager, 1991, pp. 177, 186).
Il F. si cimentò anche nelle arti minori con risultati altamente sofisticati, come dimostra un famoso stipo per i Colonna (1678-80), la cui parte anteriore fu scandita da colonne binate, in modo che si potesse completare con un ciclo di rilievi in avorio, tra i quali spicca un Giudizio universale, realizzato da Franz e Dominik Steinhard (Pollak, 1913).
Alla morte del Bernini, benché gli venisse ancora preferito M. De Rossi nell'ambiente della Fabbrica e dell'Accademia, il F. ottenne un'importante posizione fra gli architetti romani (Menichella, 1985). Il più grande forse degli incarichi ereditati dal Bernini fu la costruzione a Loyola di un santuario in cui si prevedeva di incorporare la casa natale di S. Ignazio. Sebbene modificato dagli architetti spagnoli durante l'esecuzione (1689-1732), il progetto del F. si riconosce nell'impianto del portico, fortemente aggettante, delle scale e nella chiesa circolare che termina a cupola (Hager, 1974, pp. 280-289).
Una delle opere più importanti del periodo, a Roma, fu la facciata di S. Marcello al Corso (1682-84), dove il F. stabilì una nuova tipologia di facciata. Egli orientò la fronte in modo da attrarre l'attenzione attraverso l'uso di colonne a tutto tondo, binate o singole, che seguono l'andamento curvilineo della facciata, evidenziando l'ingresso e le nicchie per le statue. Un motivo apparentemente eccentrico, e non previsto nella versione originale, è l'edicola vuota al centro del piano superiore, evidentemente destinata a incorniciare un rilievo mai realizzato.
Tra l'ottavo e il nono decennio del Seicento il F. fu incaricato di frequente per la decorazione di cappelle di famiglia.
La prima, per il cardinale Marzio Ginetti, in S. Andrea della Valle, era già iniziata nel 1671 ma, a causa di imprevisti, fu terminata solo nel 1684 (Hager, 1976). Particolannente interessante è la cappella costruita in S. Maria del Popolo per i due cardinali Cibo (1682-84), commissione ereditata probabilmente anch'essa dal Bernini. Il progetto iniziale fu organizzato seguendo il metodo dei cerchi concentrici, mentre per la versione definitiva si preferì invece una pianta a croce greca con i bracci ridottissimi in profondità, salvo quello del vestibolo. Mediante la collocazione di colonne a tutto tondo e di sculture sulle pareti laterali il F. riuscì a guidare lo sguardo dello spettatore verso l'altare e il quadro soprastante, nel quale le figure dei santi e l'Immacolata sono tra loro in tale rapporto spaziale da creare un effetto di profondità senza ricorrere ad accorgimenti illusionistici. Opera del F. fu anche la cappella dell'Assunta (1685-87), situata in un angolo dei collegio Clementino, con il vano dell'altare rivolto verso il Tevere. Un'incisione di G.B. De Rossi dello spaccato mostra la scansione ritmica dell'interno mediante alte lesene e l'intenzione del F. di rendere visibile dalla valle del Tevere la cupola che invece, all'atto della realizzazione, fu coperta da un tetto. L'illuminazione, alla maniera berniniana, veniva indirettamente dai lati. Nel 1935 l'intero collegio fu sacrificato a priorità urbanistiche (Hager, 1976).
La prima cappella a destra in S. Francesco a Ripa, un rettangolo leggermente profondo, gli è attribuita perché, nel 1685, egli diede alla chiesa un disegno per un pulpito, rimosso nel 1747. La sua mano è chiaramente riconoscibile nella concezione che informa il monumento per il card. Michelangelo Ricci che occupa tutta la parete di sinistra. La cappella di S. Giovanni da Capistrano, seconda a destra nella stessa chiesa, ascritta nel progetto iniziale al F., non è affine al suo stile, dovrebbe quindi essere attribuita al suo allievo F. Leti, che ne curò anche l'esecuzione. La cappella Montioni in S. Maria di Montesanto, terminata nel 1687 dall'allievo Tommaso Mattei, fu certamente realizzata secondo un disegno del F. come dimostra il motivo delle porte binate ravvicinate, che rimanda al palazzo della Sapienza di F. Borromini.
A S. Maria dei Miracoli, rimasto a dirigere i lavori dopo la morte del Rainaldi nel 1677, il F. non mancò di decorare la cappella del coro secondo le proprie intenzioni e, per quanto possibile, seguendo un criterio unitario. L'altare di fondo, con le colonne che rientrano verso il centro, è concepito come una scena: quattro angeli (A. Raggi) sostengono un quadro della Madonna col Bambino, mentre altri angeli si trovano sui frammenti del frontone spezzato, sormontato dalla croce. Coordinati con questo insieme sono i due monumenti sepolcrali per il cardinale Girolamo Gastaldi e suo fratello Benedetto. Seguendo le massime del Bernini, il F. seppe usare un sito stretto, uno spazio morto fra le porte laterali e i balconi dei coretti, a vantaggio dei monumenti che diventano elementi di collegamento.
In questo decennio uno dei più alti riconoscimenti del suo valore fu di essere assunto come architetto dai Pamphili, posizione che mantenne per il resto della vita. Dopo l'allestimento di un teatro stabile nel palazzo al Corso i rapporti proseguirono con la creazione di una cappella al piano nobile dell'ala che dà su piazza del Collegio Romano (1689-90), purtroppo trasformata nel corso di restauri ottocenteschi. Poco durevoli furono anche gli ammodernamenti nella zona presso la vecchia cappella; il F. inoltre ristrutturò la biblioteca (1686; Carandente, 1975). Benedetto Pamphili, in qualità di priore dell'Ordine di Malta (1681), lo aveva incaricato di completare la loggia di S. Maria del Priorato, lasciata incompiuta da M. De Rossi, e, nel 1697, di restaurare il casino della Cecchignola (Montalto, 1955).
Flavio Chigi, vescovo di Albano, fece erigere al F. "un'ampia Sagrestia e sotto di essa il Cimitero" (Piazza, 1703) per la cattedrale di S. Pancrazio. Anche qui, trasformazioni successive hanno cancellato ogni traccia (Golzio, 1939, pp. 255-257). Già nel 1682-83 il Chigi gli aveva fatto restaurare il santuario campestre di S. Maria del Sorbo (1487), presso Campagnano, dove, in un tabernacolo sopra l'altare maggiore, si venerava un'icona duecentesca della Madonna dei Carmelo (Golzio, 1939, pp. 152, 186 s.). Consimili modesti compiti lo aspettavano nel 1689 nella chiesa di S. Maria del Quarto a Nettuno, fatta restaurare dal cardinale Flavio Chigi (ibid., pp. 259 s.), e nella cattedrale di Porto (S. Lucia);. quest'ultima chiesa a navata unica fu fatta ingrandire dal cardinale, che vi aggiunse anche una cappella di S. Erasmo a pianta rettangolare e donò un pulpito (ibid.; per la struttura, Hager, 1976, pp. 266 s., 270). Tra gli incarichi occasionali, più impegnativo fu, nel 1680-81, il restauro a Viterbo della cattedrale romanica di S. Lorenzo, commissionatogli dal vescovo Stefano Brancaccio (Signorelli, 1964).
Il F. nascose l'alta travatura dietro una volta a botte e ampliò le finestre per aumentare l'effetto dell'affresco con il martirio del santo, nella grande cornice rettangolare al centro della volta. Coprì con volte a botte anche le navate laterali.
Accompagnato dal nipote Girolamo, il F. si recò a Bergamo, dove la cattedrale quattrocentesca del Filarete attendeva di essere completata con crociera, transetto, abside e cupola. Del progetto, che prevedeva tamburo, cupola e coro, è rimasta una sezione longitudinale, firmata e datata 16 ott. 1688 (Viterbo, Biblioteca civica). Giudicato in piena armonia con il resto della chiesa, fu accettato dal Capitolo (29 apr. 1689) che intraprese la costruzione, mantenendo frequenti contatti con lo studio del F. a Roma.
Tra i disegni più originali, si ricorda un progetto non realizzato per una villa a Venezia, a pianta centrale, del 1689, probabilmente collegabile col cav. Girolamo Lando, ambasciatore a Roma della Repubblica veneta dal 1684 al 1691 (Braham - Hager, 1977). Delle due proposte alternative, quella esagonale e quella circolare, la seconda è senz'altro più interessante. Non è sufficientemente attendibile l'attribuzione al F. del modesto collegio inglese a Roma (Coudenhove Erthal, 1930, p. 57).
Contrariamente al suo predecessore, Alessandro VIII mostrò immediatamente una grande liberalità verso feste e spettacoli e un positivo atteggiamento verso le arti. Il F. fu incaricato di modificare la fontana Paola sul Gianicolo, arricchendola con un enorme bacino. Fu allargata la finestra dell'arco centrale per consentire una veduta scenica verso il giardino botanico e, perché fosse visibile il panorama dell'intera città (D'Onofrio, 1977), il F. fornì anche un balcone sporgente sopra la cascata.
Forse incoraggiato dall'atteggiamento del papa, il F. pensò di volgere il proprio interesse ai problemi insoluti di piazza S. Pietro: la grande pianta topografica della zona porta la data del 1690 (Tempio Vaticano, p. 245; per i progetti successivi cfr. pp. 213, 221, 225); i progetti relativi (non realizzati) devono risalire a questo periodo.
L'idea fondamentale, modificando il progetto del Bernini, consisteva nella realizzazione in piazza Rusticucci di un "terzo braccio" a forma di colonnato sormontato da un campanile (per la genesi della configurazione del pronao - che è meno vicino "all'ultima idea del Bernini" di quanto credessero Brauer - Wittkower, 1931 - v. Marias, 1987). Il "terzo braccio", che egli definì "Arco Trionfale della Fede Cattolica", nella prima versione serviva essenzialmente come sfondo del prospetto dalla basilica, per coprire cioè le casette di Borgo schermate anche da una parete semicircolare con fontanelle. Il F. offrì questa soluzione nel caso non fosse stata realizzabile la demolizione della spina di Borgo, che contemplava invece un viale da Castel Sant'Angelo alla basilica onde facilitare l'accesso e offrire la visione a distanza della cupola. L'interesse a sistemare l'intera area diede al F. la reputazione di lungimirante urbanista in senso moderno (Coudenhove Erthal, 1930; Tavassi La Greca, 1977, pp. 43-46).
Tra i primi disegni che il F. dové eseguire per Innocenzo XII si ricordano quelli per un effimero "arco trionfale" che, secondo la tradizione, il nuovo papa doveva attraversare nel momento in cui prendeva possesso della basilica laterana. Classico nella forma, ad apertura unica, era ornato con statue d'angeli e virtù (di L. Reti) e con una scultura della traditio legis (von Erffa, 1963). Il secondo incarico fu la tomba del papa stesso, di insuperabile semplicità nell'ultima versione, già posta in S. Pietro nel 1692 (Braham - Hager, 1977, p. 51 fig. 19), sostituita anni dopo con una di F. Fuga e F. Della Valle. Innocenzo XII volle invece uno splendido sepolcro per Cristina di Svezia, per il quale il F. eseguì con successo anche i disegni delle sculture (1692-1702; Braham - Hager, 1977, pp. 56-60); mostrò uguale abilità anche nella preparazione dei progetti per la cappella battesimale sempre in S. Pietro (ibid., pp. 39-51; Hager. F. pupil ..., 1993, pp. 131-134).
Il 20 maggio 1693 Innocenzo XII istituì l'Ospizio apostolico, servendosi per la parte architettonica del F. e di M. De Rossi. Le strutture a disposizione erano, oltre il già esistente edificio di S. Michele, il palazzo apostolico del Laterano e un'istituzione conosciuta sotto il nome di "Luogo pio del letterato", presso ponte Sisto. I progetti del F. per il palazzo Ludovisi (Curia) sono conosciuti attraverso i suoi disegni, già nella collez. Diego Pignatelli (Misciatelli, I disegni..., 1909) e nella collezione reale a Windsor Castle (Braham. - Hager, 1977, pp. 112-125), e dalle incisioni di A. Specchi, che si servì dei disegni autografi del F. (pubblicati dallo stesso F. nel Discorso sopra l'antico Monte Citatorio [Roma 1694]). A Windsor si conservano cinque disegni, quasi tutti rilievi delle "sedi dei notari", di M. De Rossi, che nella fase iniziale lavorò con il Fontana (Braharn - Hager, 1977, pp. 117 s.). Il De Rossi morì il 2 ag. 1695, lasciando il F. senza pericolosi concorrenti a Roma, per il resto della sua carriera.
Le idee del F. per il completamento del palazzo Ludovisi, la cui costruzione sotto il Bernini era progredita solo nelle parti laterali della facciata, prevedevano un edificio realizzato intorno a un cortile rettangolare, con davanti un emicicio circondato da edifici per gli uffici dei notai; problemi di finanziamento indussero il papa e il F. a concentrarsi sul completamento della fronte che, di fatto, fu pronta in un solo anno, il 1° giugno 1695 con un arco trionfale a tre fornici, l'attico con orologio e un alto campanile a vela. Sul lato posteriore è ancora in funzione lo scalone a due rampe, mentre il cortile semicircolare, con fontana sullo sfondo, dopo il 1870 fu trasformato per accogliere l'attuale Camera dei deputati (Brahani - Hager, 1977; Curcio, 1988). Contemporaneamente alla Curia, si lavorò al tempio di Nettuno in piazza di Pietra (Adrianeum), per adattarlo a uso di dogana dì terra (realizzata da Francesco F.), che fu pronta entro il giugno del 1696.
Il Crescimbeni (Donati, 1942, p. 285 n. 1) tra le opere del F. enumera il "palazzo Massimo sotto Campidoglio", mentre il Pascoli (1730-36, p. 1007) più specificamente parla di un "abbellimento e ammodernamento" (Coudenhove Erthal, 1930, p. 57). A cavallo del secolo il progetto più importante fu richiesto al F. dal principe Johann Adam Andreas von Láechtenstein, tramite l'ambasciatore imperiale a Roma conte Georg Adam Martinitz, per il proprio palazzo a Landskron in Boemia. I disegni, mandati a Vienna nel 1696, divisi in due principali fasi progettuali, si trovano a Windsor (Braharn - Hager, 1977, pp. 125-132) e nel castello di Vaduz (Lorenz, 1978-79). Il Martinitz, a titolo personale, gli commissionò la ristrutturazione di un palazzo a Praga. Dai disegni planimetrici e da un'elevazione della facciata conservati a Windsor (Braham - Hager, 1977, pp. 133-135) appare evidente che il prototipo era palazzo Chigi a Ss. Apostoli, opera di G.L. Bernini.
Forse di nuovo tramite il Martinitz e probabilmente il conte IX von Sternberg, fu richiesto al F. un progetto per un "palazzo nobile", da costruire sul Hradcanj a Praga (1696-1700 c.)., opera mai realizzata (ibid., pp. 129-132). Per il card. Toussaint de Forbin-Janson, circa nel 1694 elaborò un edificio quadrato, forse un monastero, realizzato intorno a un cortile su tre piani (ibid., pp. 105 s.). È ancora da stabilire la destinazione del progetto conservato nella Kunstbibliothek di Berlino (jacob, 1975, p. 86 nn. 392-394), per uno scalone monumentale, elemento eccezionale per l'opera del F., forse desunto da modelli stranieri.
Durante questi anni nell'architettura religiosa il lavoro fu essenzialmente di natura decorativa.
La commissione per il Gesù di Frascati, pur dopo l'approvazione dei suo progetto, gli fu revocata (1694; Hager, 1996, p. 237). Non fu realizzato il progetto, piuttosto inconsueto, di una chiesa per il cardinale Giovanni Francesco Negroni, del 1697". una sala trasversale, circondata da cappelle rettangolari, dove la navata è virtualmente presente solo nel vestibolo e, sul lato opposto, nel tratto simmetrico che collega la navata col coro, anch'esso trasversale, che culmina nella tradizionale abside dell'altare maggiore (Braham - Hager, 1977, pp. 69 s.). Il F. non poté realizzare neppure il progetto di abbellimento del coro della cattedrale di Napoli (1691-96).
Nel 1691 fu chiesta la sua consulenza per i lavori di ristrutturazione del coro e dell'abside dell'Incoronata di Lodi. Alla fine del secolo fu invitato a partecipare a un concorso per il nuovo altare maggiore della Steccata di Parma (Coudenhove Erthal, 1930, pp. 80 s.; Braham - Hager, 1977, pp. 68 s.).
Insieme con il modello della cappella battesimale in S. Pietro (1693) Innocenzo XII ne scartò uno anche per la sacrestia, perché oltre alla spesa sostenuta avrebbe comportato la demolizione della Madonna della febbre, edificio dell'antichità classica, che serviva da sacrestia provvisoria.
Sotto lo stesso pontificato il F. lavorò ad un parziale rinnovamento della chiesa di S. Spirito dei Napoletani in via Giulia (Tafuri, 1973, pp. 397-480; Braham - Hager, 1977, pp. 71-77). Se il F. mirava a una commissione importante in campo ecclesiastico, l'ultima speranza era che si costruisse la facciata di S. Giovanni in Laterano, per la quale, in vista dell'anno santo, Innocenzo XII aveva a disposizione 40.000 scudi (collegabile con la speranza di ottenere questo incarico è un disegno della bottega del F. nell'Ashmolean Museurn di Oxford, che dimostra il tentativo di usare come modello la facciata di S. Marcello al Corso [Hager, 1975, pp. 105-109, III]).
Una delle commissioni più importanti di tutta la carriera del F. fu la Biblioteca Casanatense in S. Maria sopra Minerva, che era già in costruzione nel 1690. Nel 1719 furono posate le fondamenta per ingrandirla fino alla lunghezza attuale (Chracas, 14 giugno 1719).
Nel Tempio Vaticano il F. ne parla come di una cosa già esistente, "fatta con nostro disegno" (p. 303): una sala rettangolare con ampie finestre, di cui si lodano "le eleganti scansie d'ogni intorno... undeci alzate e ripartirnenti di libri". Il F. era orgoglioso dell'abbondante luce introdotta dall'alto "nella maniera degli antichi Romani" in questa biblioteca pubblica, voluta dal cardinale G. Casanata, che conteneva 25.000 volumi (Piazza, 1703, pp. 616 s.).
Pubblico fu anche il teatro di Tordinona, che il F. costruì ex novo per il conte G. Alibert, nel 1695, con i criteri moderni di allora: sei piani di palchetti attorno a un "ferro di cavallo" (disegni nel Sir John Soane's Museum a Londra; Rotondi, 1987). Riaperto nel gennaio 1696, il 20 ag. 1697 se ne decretò l'immediata demolizione, poiché la Congregazione della riforma della disciplina ecclesiastica, fondata e presieduta dal papa, considerava l'esistenza di un teatro pubblico a Roma incompatibile con il carattere sacro della città. Nello stesso anno il F. fu nominato architetto della Fabbrica e ricevette altri benefici, in cambio della rinuncia allo stipendio per la trasformazione del palazzo Ludovisi in Curia (Hager, 1991, p. 176).
Un progetto di notevole importanza urbanistica fu la riattivazione del ponte Senatorio, crollato nell'inondazione del 1598.
Il proposito e i modi di restauro furono pubblicati da mons. G.C. Vespignani, economo della Fabbrica nell'opuscolo Sopra la facile riuscita di restaurare il ponte Senatorio (1692). Il F., avendo riconosciuto come principale causa del problema l'eccessiva pressione della corrente che, girando intorno all'isola Tiberina, concentrava la sua forza contro il terzo pilone, suggerì di eliminarlo, collegando il secondo e il quarto pilone con una lunga campata, sotto cui l'acqua non avrebbe trovato ostacoli: una soluzione originale, valida anche a livello estetico (Hager, 1992, pp. 160-162, tavv. 1-3).Nel 1690 il F. era intanto diventato "l'architetto dell'Acqua Paola": aveva lavorato infatti ad aumentare il livello del lago di Bracciano per poter alimentare in maniera soddisfacente la seconda fontana di piazza S. Pietro e accrescere il volume d'acqua alla fontana Paola (Utilissimo trattato delle acque correnti, Roma 1696, pp. 179-190). Di questo circuito fa parte anche la fontana di S. Maria in Trastevere, che egli dové ingrandire nel 1692, modificando la forma e la posizione delle quattro conchiglie con lo stemma del papa (la fontana fu ricostruita ex novo nel 1873; D'Onofrio, 1977, pp. 330-332, 346-349). Insieme a Matthia De Rossi il F. costruì la fontana nel "cortile dei Ragazzi" nell'ospizio di S. Michele e il relativo condotto che la collega col "fontanone" del Gianicolo (Braharn - Hager, 1977, p. 139).
Come ingegnere idraulico, una delle opere principali del F. fu il restauro dell'acquedotto di Traiano (dalle sorgenti della Tolfa a Civitavecchia), che lo tenne impegnato dal 1692 al 1702 (Campelli, 1887, pp. 79, 99 s.).
Il 27 apr. 1697 il papa era ad Anzio, dove incontrò il F., per studiare in loco l'alternativa fra il restauro o la ricostruzione del porto. Dopo varie vicissitudini il F. lavorò alla realizzazione del porto nuovo, che fu tuttavia ricostruito nel 1745 (Pascoli, 1730-36, pp. 1006, 1019 n. 28; Campelli, 1887, pp. 108-113; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, II, pp. 232 s.).
L'ultimo decennio fu per il F. un periodo di notevoli riconoscimenti; nel 1697 fu nominato architetto della Reverenda Fabbrica apostolica (Menichella, 1985, pp. 40-42). Nel 1696 era già da molti anni "Principale Architetto et ingegnero" dell'imperatore Leopoldo I d'Austria ma non sappiamo tuttavia con esattezza cosa comportasse quest'ultima carica (Coudenhove Erthal, 1930, p. 144 n. 259; Donati, 1942, pp. 282, 331 fig. 295). Quasi certamente a questa carica è collegata la commissione relativa al catafalco per le esequie dell'imperatore in S. Maria dell'Anima nel 1705 (Pascoli, 1700-36, p. 1008; Braham - Hager, 1977, pp. 89-97). Assolutamente inconsueto per un artista romano fu il titolo nobiliare conferitogli da Federico Augusto II di Sassonia, re di Polonia, che lo fece conte nel 1699, dopo averlo incontrato per conoscere il libro del Tempio Vaticano (ibid., p. 56).
II Tempio Vaticano rappresenta certamente la parte più significativa della produzione letteraria del Fontana. Voluto da Innocenzo XI, per far tacere voci allarmistiche circa la stabilità della cupola di S. Pietro, è in realtà la storia illustrata della basilica - incluso il vecchio edificio costantiniano - in cui sono descritte le tecniche edificatorie; per tali motivi esso rappresenta uno strumento per gli studiosi d'architettura piuttosto che un'opera divulgativa (Hager, 1992). Paragonabile, per valore, è lo scritto su L'anfiteatro Flavio (pubblicato postumo all'Aia nel 1725), che, oltre l'introduzione sull'anfiteatro come genere, ne offre una completa ricostruzione.
Una delle caratteristiche precipue del F. fu la sollecitudine verso i giovani colleghi e la dedizione all'insegnamento, come prova l'eccezionale numero di allievi e il suo impegno nell'Accademia di S. Luca, di cui fu principe dal 1694 al 1699, affiancato anche in quest'attività dal figlio Francesco, accademico di merito dal 1694 (Arch. stor. dell'Accad. di S. Luca, ms. 45, f 155v).
Sotto la guida del F., l'Accademia raggiunse grande prestigio, i "concorsi" cominciarono a tenersi in Campidoglio e dal figlio Francesco, che vi insegnava architettura, dipendeva la scelta dei temi. Nel 1694 il F. aveva pagato personalmente le medaglie per i vincitori. Investì particolare cura nella celebrazione del centenario dell'Accademia per mettere in mostra l'importanza di quest'istituzione che, con l'aggregazione dell'Accademia di Francia (1677), aveva raggiunto una fama internazionale. Dopo la nomina a principe di C. Maratta, essendo Francesco Fontana viceprincipe, al F. rimase la posizione di "primo consigliere di architettura", che gli lasciò la possibilità di avere un ruolo importante fino alla morte. Infatti il pontificato di Clemente XI apriva nuove prospettive per i due Fontana, proprio all'Accademia, dove, nelle intenzioni del papa, si dovevano sperimentare, come in un grande laboratorio, temi di rilevanza urbanistica e monumentale. Nel 1706 Francesco propose il tema: una fontana in una piazza pubblica, che implicitamente si riferiva alla fontana di Trevi. Il F. realizzò una serie di progetti con un approccio fondamentalmente diverso: egli suggerì infatti di elevare su un piedistallo concavo la colonna di Antonino Pio o l'obelisco, che ancora giaceva, a pezzi, nei giardini Ludovisi (Braham - Hager, 1977, pp. 162-167). Ugualmente istruttivo fu il tema proposto nel 171i: una nuova sacrestia per S. Pietro che fornì lo spunto per il concorso di modelli del 173 (Hager, 1970). Un altro dei temi degni di nota fu un edificio appositamente concepito come Accademia di arti e scienze.
In base agli interessi edilizi del papa, che mettevano al primo posto il restauro di chiese paleocristiane, nel 1701 il F. fu incaricato di restaurare la facciata di S. Maria in Trastevere. Vincolato a riusare le quattro colonne e a lasciare visibile il mosaico medioevale sotto le falde del tetto, non poté permettersi che un portico a un piano. Invece di uno dei disegni dell'album di Lipsia, fu scelta una soluzione apparentemente meno dispendiosa (Braham - Hager, 1977, pp. 77-79).
Il F. restaurò e difese da infiltrazioni d'acqua mediante una diga la chiesa circolare di S. Teodoro al Palatino, riuscendo persino a crearle innanzi una piazzetta (1702-1704). Si occupò inoltre del restauro dei Ss. Pietro e Marcellino, in via Merulana, chiesa che fu ricostruita verso la metà del '700 (Braham. - Hager, 1977, pp. 75-86, 88-90). Del 1703 è la facciata di S. Maria dell'Umiltà. L'unica commissione per una chiesa monumentale, la ricostruzione della basilica dei Ss. Apostoli, andò a Francesco, ma, dopo la morte di lui, nel 1708, il lavoro fu proseguito dal F. insieme a N. Michetti. Nel 1705, effettuata una visita alla chiesa, il papa richiese al F. un progetto per un "nobile altare", per le reliquie di S. Fabiano papa, nella stessa cappella, consacrata nel 1712, in cui fu sepolto il fratello di Clemente XI, Orazio Albani (Hager, 1976, pp. 273-278).
Il F. fu consulente del cardinale Benedetto Pamphili per la sistemazione delle statue degli apostoli lungo la navata di S. Giovanni in Laterano, nei tabernacoli del Borromini. Il lavoro fu condotto a termine con l'assistenza di Carlo Stefano Fontana (Braham - Hager, 1977, pp. 86 s. 397-99; Conforti, 1980). Il F. si dedicò con successo anche ad opere di architettura effimera, tra cui l'arco trionfale per la presa di possesso del Laterano da parte di Clemente XI il 10 apr. 1701 (von Erffa, 1961 pp. 354 s.), oltre ai già citati catafalchi per le esequie dell'imperatore Leopoldo I d'Austria (1705) e del re del Portogallo Pedro II (Braham - Hager, 1977, pp. 89-102).
In quegli anni un avvenimento di grande importanza urbanistica per Roma fu la sistemazione del porto di Ripetta (1703-1704). La partecipazione del F. si limitò a un solo disegno raffigurante un parapetto a ringhiera con tavola iscritta, datata 6 ag. 1703 (ibid., pp. 151 s.). Nel 1702 sovrintese al restauro radicale dei casino di Pio IV nei giardini vaticani, realizzando numerose modifiche degli elementi decorativi.
Impegnativa fu la progettazione dei granai e dell'Annona, in piazza Termini, a fianco delle terme di Diocleziano (nei disegni conservati a Windsor il F. prevedeva la possibilità dell'impiego di una scala a due rampe, da costruire all'interno di uno degli edifici circolari delle antiche terme, per il trasporto delle merci ai piani superiori: ibid., pp. 152-156).
Inconsueto fu l'incarico dato al F. da Clemente XI per la realizzazione di una "casa correzionale", adiacente, sul lato settentrionale, all'ospizio di S. Michele (1701-1704).
L'intenzione del pontefice era che i ragazzi durante il periodo di "reclusione" imparassero il mestiere di tessitore. Il nucleo dell'edificio consiste in una spaziosa sala longitudinale, per lo svolgimento dell'attività lavorativa, tagliata a metà da un transetto con alte finestre e coperta da una volta a botte con lunette per la luce che, come nella biblioteca Casanatense, entra dall'alto. Le celle, organizzate in tre piani comunicanti mediante ballatoi, sono individuali, ciascuna con una finestra verso l'esterno e un'altra presso la porta, verso l'aula, per facilitare la ventilazione e per incoraggiare i giovani ad assistere alla Messa, celebrata sull'altare in fondo alla sala. Durante i recenti restauri sono venuti alla luce sistemi di canalizzazione che utilizzavano il calore delle cucine e anche i resti di "impianti igienici" (De Tommaso - Marchetti, 1983; Marchetti, 1991, pp. 73 s.; Id., 1994).
Poiché Clemente XI voleva realizzare un "ospizio generale" che, oltre i ragazzi della fabbrica Odescalchi, accogliesse anche anziani e "zitelle" indigenti, ordinò l'ingrandimento sul lato opposto e ne affidò la cura ai cardinali responsabili dell'Ospizio apostolico, che criticarono il progetto del F. perché, secondo loro. invece di continuare la struttura esistente, dava l'impressione di creame una nuova (Brahain - Hager, 1977, pp. 139-142, 344-359; Coudenhove Erthal, 1930, pp. 117-119). Del progetto originale sembra si sia salvata la facciata verso il Tevere, più uniforme.
Come attesta l'album di Lipsia, tra gli ultimi lavori del F. c'è il progetto di una villa per il "Commendator Vaini", vicino alla fontana Paola (Coudenhove Erdial, 1930, pp. 109 s., 112 s.). Attribuito al F. è il palazzo dei marchese Alessandro Capponi, che presenta la sua lunga e austera facciata lungo la via Gino Capponi a Firenze. La facciata verso il giardino rimanda al palazzo Barberini a Roma. Iscrizioni in diversi luoghi recano la data del 1705 (Ginori Lásci, 1972); tuttavia il progetto potrebbe essere opera di Francesco Fontana (Floridia, 1993).
Anche la tradizionale attribuzione al F. (Ratti, 1780), e la data 1705, dell'atrio e dei due simmetrici scaloni a due rampe ciascuno, del palazzo Durazzo a Genova sono state recentemente messe in discussione da C. Di Biase (1993), che tende a posporre l'operazione edilizia al periodo di Ferdinando Fuga, pur riconoscendo affinità con le opere del Fontana. Tale ipotesi, tuttavia, tende a sviare dagli imprescindibili confronti con la pianta per il palazzo Martinitz a Praga e il palazzo Montecitorio a Roma, che rendono più che probabile, invece, una partecipazione diretta del F. a Genova, dove sono presenti gli scaloni simmetrici, tante volte riproposti dal F. nel corso della sua attività.
Nel 1703 Clemente XI mandò il F. con altri architetti e con suo nipote Annibale a Urbino a studiare possibili ristrutturazioni della città d'origine e dei suoi dintorni. Il principale risultato fu un nuovo altare maggiore per la cattedrale, fuso a Roma e trasportato ad Urbino nel 1708, e generalmente attribuito ad A. Specchi, malgrado rifletta somiglianze con l'altare della cappella Cibo in S. Maria del Popolo a Roma. Altri interventi tra Urbino e Pesaro sono opere di allievi (Braham - Hager, 1977, pp. 15, 184-199).
Il Pascoli riporta che nel 1708 il F. risentì gravemente della morte del figlio Francesco e che, negli ultimi anni, la sua salute andò peggiorando (Pascoli, 1730-36, p. 1008). Ciononostante, lavorò fino alla fine all'ospizio di S. Michele (Braham - Hager, 1977, p. 17).
Morì a Roma il 16 febbr. 174 nella sua casa in via Alessandrina, abitata in seguito da Mauro, figlio di Francesco. Fu sepolto in S. Lorenzo ai Monti, chiesa demolita in seguito alla costruzione di via dei Fori Imperiali.
Il F. ebbe numerosi allievi, tra cui alcuni membri della sua famiglia. In particolare si ricordano il figlio Francesco, nato a Roma il 23 apr. 1668, l'allievo e collaboratore più stretto. Insieme si alternarono nella direzione dell'Accademia di S. Luca. La congenialità professionale tra padre e figlio si manifestò quando, al servizio dell'Ospizio apostolico, Francesco dovette trasformare il tempio di Nettuno (Hadrianeum) in una dogana (1696). Egli la concepì come una specie di ripresa della Curia a cui lavorava suo padre (Von Bernini..., 1993, n. 63). Purtroppo profondamente rimaneggiata in tempi moderni, la dogana, accanto alla già ricordata chiesa dei Ss. Apostoli che, ispirata da quella di S. Ignazio, conclude il ciclo delle grandi basiliche a Roma, certamente costituisce uno dei principali lavori realizzati da Francesco durante la sua breve carriera. Dal 1697 al 1701 lavorò nel transetto dì S. Salvatore in Lauro, senza però poter completare questo intervento intrapreso seguendo un progetto di Ottaviano Mascherino (Cook Kelly, 1980), e al progetto per la chiesa abbaziale a Fulda (cattedrale) della quale sappiamo soltanto che era planimetricamente affine alla chiesa dei Ss. Apostoli.
Viene attribuita a Francesco la chiesa di S. Maria dei Suffragio (S. Francesco delle Stimmate) a Ravenna (1701-1705), a pianta ottagonale con cappelle, tamburo e cupola coperta da un tetto (Menichella in Pascoli [1730-36], 1992, p. 1020 n. 39). Per il cardinale Alderano Cibo fece la cappella di S. Gesualdo nel duomo di Velletri, con un tamburo e cupola che in tono più dimesso ma più severo conservano quella dignità classica che rimanda alle opere paterne. Minor successo ebbe con la sua troppo pesante volta di S. Pietro in Vincoli, del 1705 (Donati, 1942, p. 374), mentre la quasi coeva e deliziosa facciata di S. Andrea in Portogallo dei Rigattieri si avvicina allo stile borrominiano nella sua curva sinusoidale, che fa partecipe del suo movimento curvilineo il timpano triangolare. Esperto di idraulica, nel 1695 era diventato prefetto dell'Acqua Felice e l'anno seguente aveva pubblicato una Relazione sullo stato vecchio e nuovo della Acqua Felice (allegati all'esemplare nella Biblioteca Hertziana di Roma sono docc. e disegni originali inediti: Hager, 1993, p. 151 n. 55). Nell'edilizia civile il suo lavoro più importante fu l'ingrandimento e la ristrutturazione del palazzo del cardinale Bandino Panciatichi a Firenze (1696-99) che, nella sua severa configurazione esterna, anticipa di dieci anni quella del palazzo Capponi. Notevole, benché legato ai modi del padre, è lo scalone a due rampe che conduce al salone di ricevimento. I progetti conservati rivelano in Francesco un ottimo disegnatore (Floridia, 1993). Condivise col padre anche una forte inclinazione verso problemi urbanistici. Si ricordano inoltre un suo progetto per una "Borsa" a Lione e la partecipazione alla fondazione del museo di modelli della rev. Fabbrica di S. Pietro (1705) presso il nicchione del Belvedere, voluto dal papa per dare ulteriore appoggio all'insegnamento dell'architettura. In particolare Francesco dovette restaurare il modello della basilica di Giuliano da Sangallo il Giovane e il modello della cupola di Michelangelo e di Giacomo della Porta. Lavorò anche alla sistemazione del "cortile delle statue" e del "giardino segreto" (Finocchi Ghersi, 1989). Morì il 3 luglio 1708 nella sua villa a Castelgandolfo (Belli Barsali - Branchetti, 1975, pp. 252-257).
Girolamo, figlio del fratello del F., Giov. Battista, nacque a Rancate presso Como intorno al 1665. Girolamo non si limitò a studiare con suo zio, ma abitò con la famiglia del F. dal 1685 c. al 1687 (Hager, 1994, p. 153 n. 55). Il suo principale committente fu il conestabile Colonna, per il quale finì la famosa galleria (1693-1703) iniziata da Antonio del Grande (Pollak, 1909) e per cui lavorò anche come architetto teatrale. Di questa attività ci è rimasto un completo gruppo di incisioni dei suoi disegni di scena, di alta qualità, realizzati per La caduta del regno delle amazzoni, del 1690 (New York, Metropolitan Museum, Print collection, 63669; v. inoltre Tamburrini, 1989).
Anche lui esperto ingegnere idraulico, collaborò con lo zio al restauro dell'acquedotto di Civitavecchia (Donati, 1942, pp. 376 s.) e lo assisté nella missione ad Anzio dove tra l'altro eseguì la chiesa di S. Antonio donata da Innocenzo XII ai marinai. Come architetto di casa, nel 1696 gli fu ordinato da Carlo Colonna, in vista dell'anno santo del 1700, di realizzare la facciata della cattedrale di Frascati. Girolamo usò il campanile, già esistente sulla destra, come punto di partenza per il suo progetto, replicandolo simmetricamente sulla sinistra, per fiancheggiare la facciata a due ordini, articolata da colonne. Compiuta l'opera, ad eccezione delle statue, Girolamo morì prematuramente a Frascati il 27 sett 1701; è opera sua la fontana nella piazza (Hager, 1977, pp. 273-288; 1991, p. 43).
CarloStefano, fratello minore di Girolamo, beneficiato di S. Giovanni in Laterano, nacque a Roma intorno al 1675. Collaborò con lo zio alla sistemazione delle statue degli apostoli nelle nicchie lungo la navata della basilica. Compare nei documenti dell'Accademia di S. Luca la prima volta per aver vinto il secondo premio nella prima classe nel concorso del 1703, sul tema "Un Palazzo Pontificio" (Marconi - Cipriani - Valeriani, 1974, nn. 89-91). Fu ancora secondo nel 1704 (ibid., nn. 108-111) e nel 1705, in competizione con Filippo Juvarra (ibid., nn. 143 s.). La sua versione di "Un palazzo in villa per tre importanti personaggi", che in qualche modo ricorda il palazzo Farnese a Caprarola del Vignola, nella pianimetria è ispirato al casino nel Veneto del F. (Braharn - Hager, 1977, figg. 236 s.); risulta assai imponente per l'impostazione scenografica della sua struttura, collocata su un ampio terreno circondato da acqua e un ampio cortile circolare con arcate su cinque livelli. Questo è certamente il più significativo progetto della sua carriera. Il suo talento scenografico si manifesta nella facciata di S. Clemente, articolata da paraste e sormontata da un frontespizio triangolare che si erge alto sopra il portico ad archi con colonne del piano inferiore, e si collega bene con i portici laterali architravati che fiancheggiano un atrio, sormontato dalla cella campanaria (Donati, 1942, pp. 378-380). Nel rinnovamento dell'interno della chiesa superiore Carlo Stefano fu vincolato dalla situazione preesistente (Braharn - Hager, 1977, pp. 178 s.). La facciata che disegnò per S. Eusebio (1711) rimane assai convenzionale. Altre opere sono: la ristrutturazione dell'intemo dei Ss. Giovanni e Paolo, insieme con A. Canevari (1716-1724), e il soffitto a cassettoni nella cattedrale di Velletri (1723-28; Donati, 1942, p. 379). Divenne accademico di merito nel 1721 e i suoi rapporti con l'Accademia di S. Luca furono piuttosto difficili (ms. 47, f. 69; ms. 48, ff. 31, 45, 47, 66, 103v, 105). Morì a Roma il 29 ott. 1740.
Mauro, figlio di Francesco, nacque a Roma il 2 genn. 1701. Sua prima opera fu l'altare maggiore in S. Maria della Vittoria, che fu demolito nel 1833. Sembrò avere un buon inizio professionale quando nel 1731 fu nominato architetto della costruenda chiesa del Ss. Nome di Maria, posizione che gli fu però revocata perché il cardinale Ludovico Pico della Mirandola, protettore del sodalizio preferì il progetto di A. Derizet (Jacob, 1975). Dopo la morte del cardinale (1743) decorò la cappella policroma dell'altare maggiore. La familiarità con le architetture del F. si nota nella capella Cavallerini in S. Carlo ai Catinari (Donati, 1942, pp. 381 s.). Il suo lavoro più impegnativo fu la chiesa e collegio delle orsoline (attualmente sede dell'Accademia di S. Cecilia). Nel 1758 divenne accademico di merito all'Accademia di S. Luca, dove fu eletto principe nel 1762. Morì senza figli, in Roma, il 17 luglio 1767 (Hager, 1993, p. 153 n. 88).
Fonti e Bibl.: G. Piazza, La gerarchia cardinalizia, Roma 1703, pp. 291, 616 s.; Di C. F., a cura di A. Menichella, in L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori, ed architetti moderni [1730-36], Perugia 1992, pp. 1005-1025; C.G. Ratti, Introduzione di quanto può vedersi di bello in Genova..., Genova 1780, p. 203; G. De Angelis, Commentario storico-critico sull'origine... della chiesa di Montefiascone, Montefiascone 1841, pp. 49, 186 ss.; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma..., Milano 1881, ad Indicem; G.B. Campelli, Pontificato di Innocenzo XII…, Roma 1887, pp. 79, 99 s., 108-113; P. Misciatelli, Un documento inedito dell'architetto C. F., in Repertorium für Kunstwissenschaft, XXXIII (1909), pp. 247, 453-464; Id., I disegni originali di C. F. per la curia di Montecitorio, in Vita d'arte, IV (1909), pp. 336-345; O. Pollak, Antonio Del Grande..., in Königlich Jahrbuch der K.K. Zentralkomm. für die Erfassung und Erhaltung der Kunsthistorischen Denkmale, III (1909), p. 139; Ph. Dengel, Palast und Basilika S. Marco in Rom, Roma 1913, pp. 30, 90-95; O. - Pollak, Italienische Künstlerbriefe: C. F. und die Brader..., in Jahrbuch der Preuszischen Kunstsammlungen, XXXIV (1913), pp. 16-18; G. Incisa della Rocchetta, Notizie sulla Fabbrica della chiesa ... di Ariccia…, in Rivista del R. Istituto d'archeologia e storia dell'arte, I (1929), pp. 349-377; E. Coudenhove Erthal, C. F.und die Architektur des römischen Spätsbarocks, Wien 1930 (con bibl. ed elenco degli scritti del F.); H. Brauer - R. Wittkower, Die Zeichnungen des G. L. Bernini, Berlin 1931, ad Indicem; E. Coudenhove Erthal, Zum Problem C. F., in Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, n.s., VIII (1933), pp. 157-178; V. Golzio, Le chiese di S. Maria in Montesanto e S. Maria dei Miracoli..., in Archivi d'Italia, s. 2, I (1933-34), pp. 122-148; M. Loret, La collocazione delle statue degli apostoli... da una lettera di C. F., ibid., II (1935), pp. 311-318; A. Cametti, Ilteatro di Tordinona..., Roma 1938, pp. 93-101; V. Golzio, Document. artist. del Seicento nell'archivio Chigi, Roma 1939, ad Indicem; U. Donati, Ilsalone della Biblioteca Casanatense in Roma, in Boll. stor. d. Svizzera ital., s. 4, XV (1940), pp. 29 s.; Id., Artisti ticinesi a Roma, Bellinzona 1942, pp. 263 s., 282-287, 296, 331-333, 374, 376 s., 378-382, 468-473; L. Montalto, Un mecenate in Roma barocca. B. Pamphili, Firenze 1955, p. 38; C. Catena, La Traspontina..., Roma 1956, pp. 51-55; R. Lefevre, Accademici del Seicento: gli sfaccendati, in Studi romani, VI (1956), pp. 154-165, 288-301; A. Martini - L. Casanova, IlSs. nome di Maria, Roma 1962, pp. 21-48; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma s.d. [ma 1962], ad Indicem; H.M. von Erffa, Die Ehrenpforten für den Possess der Päpste..., in Festschrift für Harald Keller, Darmstadt 1963, pp. 352-354; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa…, IIII Viterbo 1964, p. 112 n. 24; F.H. Dowley, C. Maratta, C. F. and the Baptismal chapel of St. Peter's, in The Art Bulletin, XLVII (1965), pp. 57-81; R. Wittkower, Art and architecture in Italy, London 1965, pp. 184, 364 s.; A. Braham - H. Hager, The Tomb of Christina, in Analecta Reginensia I, Queen Christine of Sweden, Documents and Studies, Stockholm 1966, pp. 48-58; M. Fagiolo dell'Arco. M. Fagiolo dell'Arco, Bernini..., Roma 1967, ad Indicem; H. Hager, Zur Planungs. und Baugeschichte der Zwillingskirchen auf der Piazza del Popolo..., in Römisches Jahrbuch für Kurisigeschichte, XI (1967-68), pp. 239-255; Id., Progetti del tardo Barocco per il terzo braccio del colonnato..., in Commentari, XIX (1968), pp. 299-314; L. Pirotta, F. Fontana ... nel principato dell'Accad. di S. Luca, in L'Urbe, XXXI (1968), 2, pp. 16-21; C.H. Heilemann, Acqua Paola and the Urban Planning..., in The Burlington Magazine, CXII (1970), pp. 656-663; M. Di Macco, IlColosseo, funzione simbolica..., Roma 1971, pp. 85-94, 142 s.; M. Fagiolo - M. Di Macco, Bernini e C. F. L'arsenale di Civitavecchia, in Arte illustrata, IV (1970-71), pp. 26-44; A. Schiavo, Notizie biografiche sui F., in Studi romani, XIX (1971), pp. 56-61; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze, I, Firenze 1972, pp. 519-522; H. Hager, Le facciate dei Ss. Faustino e Giovita e di S. Biagio in Campitelli..., in Commentari, XXIII (1972), pp. 261-271; Id., C. F. 's project for a church in the Colosseum in Rome, in Journal ofthe Warburg and Courtauld Institutes, XXXVI (1973), pp. 319-337; Id., La crisi statica della cupola di S. Maria in Vallicella ... e i rimedi proposti da C. F…, in Commentari, XXIV (1973), pp. 300-318; Id., La facciata di S. Marcello al Corso, ibid., pp. 58-74; L. Salerno - L. Spezzaferro - M. Tafuri, Via Giulia, Roma 1973, pp. 328-331, 396-398; H. Hager, C. F.and the Jesuit Sanctuary at Loyola, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXXVII (1974), pp. 280-289; Id., La cappella del card. Alderano Cibo..., in Commentari, XXV (1974), pp. 47-61; Id., L'intervento di C. F. per le chiese dei monasteri di S. Marta e S. Margherita in Trastevere, ibid., pp. 225-242; P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni d'architettura nell'Archivio storico dell'Acc. di S. Luca in Roma, Roma 1974, ad Indicem; A. Novasconi, L'Incoronata di Lodi, Lodi 1974, pp. 53, 144; 1. Belli Barsali - M.G. Branchetti, Le ville della campagna romana. Lazio, Milano 1975, ad Indicem; G. Carandente, Ilpalazzo Doria Pamphili, Milano 1975, pp. 87 s., 148; H. Hager, Die Kuppel des Domes in Montefiascone..., in Römisches Jahrbuchffir Kurisigeschichte, XV (1975), pp. 143-168; Id., On a project ascribed to C. F.... of S. Giovanni in Laterano, in The Burlington Magazine, CXVI (1975), pp. 105-111; Id., C. F. e l'ingrandimento dell'Ospizio di S. Michele..., in Commentari, XXVI (1975), pp. 344-359; S. Jacob, Ital. Zeichnungen in der Kunstbibliothek Berlin, Berlin 1975, pp. 86, 156-158; H. Hager, Un riesame di tre cappelle di C. F. a Roma, in Commentari, XXVII (1976), pp. 252-289; A. Braham - H. Hager, C. F. The Drawings at Windsor Castle, London 1977; C. D'Onofrio, Acque e fontane di Roma, Roma 1977, ad Indicem; H. Hager, Girolamo F. e la facciata della cattedrale di S. Metro a Frascati, in Commentari, XXVIII (1977), pp. 273-288; B. Tavassi La Greca, Alcuni problemi inerenti all'attività teorica di C. F., in Storia dell'arte, 1977, n. 29, pp. 39-59; H. Hager, A proposito della costruzione della facciata di S. Marcello al Corso..., in Commentari, XXIX (1978), pp. 201-216; H. Lorenz, C. F. 's Pläne..., in Jahrbuch der Liechtensteinischen Kunsigesellschaft, III (1978-79), pp. 43-88; N. Carboneri, La reale chiesa di Superga di F. Juvarra, Torino 1979, ad Indicem; M. Conforti, Plarming the Lateran Apostles, in Memoirs of the American Academy in Rome, XXXV (1980), pp. 243-260; F. Trevisani, G.B. Negroni committente nel Gesù di Roma, in Storia dell'arte, 1980, nn. 38-40, pp. 361-369; C. Cook Kelly, Ludovico Rusconi Sassi and the early eighteenth century architecture in Rome, tesi dott., University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 1980, pp. 132-34; R. Wittkower, G.L. Bernini..., Oxford-New York 1981, ad Indicem; F. De Tommaso - P. Marchetti, Le stasi costruttive del complesso monumentale e il restauro, in S. Michele a Ripa. Storia e restauro, Roma 1983, pp. 50-52; G. Curcio - L. Spezzaferro, Fabbriche earchitetti ticinesi nella Roma barocca, Milano 1984, pp. 136 s.; H.A. Millon, F. Juvarra. Drawings from the Roman period..., Roma 1984, ad Indicem; A. Menichella, Mattia De Rossi..., Roma 1985, ad Indicem; F. Marias, Drawings by C. F. for the Tempio Vaticano, in The Burlington Magazine, CXXIX (1987), pp. 391-393; A. Marino, La ricostruz. seicentesca della chiesa di S. Maria Maddalena..., in Architettura. Storia e documenti, III (1987), pp. 69-95; S. Rotondi, Il teatro di Tordinona... Roma 1987, ad Indicem; B. Contardi, in Le immagini del Ss. Salvatore (catal.), Roma 1988, pp. 17-39; G. Curcio, ibid., pp. 89-102, 120-126, 144-167, 182-190 e passim; L. Finocchi Ghersi, Clemente XI e la sistemazione del cortile delle statue... in Vaticano, in Arte. Documento, II (1989), pp. 218-223; B. Tavassi, La Greca, C. F. e il teatro di Tordinona, in Il teatro di Roma nel Settecento, II, Roma 1989, pp. 19-34; E. Tamburrini, Da alcuni inventari di casa Colonna..., ibid., pp. 642-661; G. Kerscher, Privatraum und Zeremoniell... Zu den Montefiascone Darstellungen von C. F., in Römisches Jahrbuch für Kurisigeschichte, XXVI (1990), pp. 87-134; B. Cassinelli - L. Pagnoni - G. Colmuto Zanella, Il duomo di Bergamo, Bergamo 1991, pp. 174-201 e passim; M. Caperna, Palazzo Altieri, Roma 1991, pp. 149 s.; H. Hager, in In Urbe architectus (catal.), Roma 1991, pp. 41-49, 154-203 e passim; L. Finocchi Ghersi, ibid., pp. 372-374; Id., Francesco F. e la Basilica dei Ss. Apostoli, in Storia dell'Arte, 1993, nn. 71-73, pp. 322-361; P. Marchetti, in S. Michele a Ripa, a cura di F. Sisinni, Roma s. d. [ma 1991], pp. 63-99; G. Casale, Il teatro delle commedie di C. F. in palazzo Pamphili..., in Palladio, V (1992), 9, pp. 64-75; M. Ciampolini - F. Rotundo, Il palazzo Chigi-Zonadari a San Quirico d'Orcia, Siena 1992, ad Indicem; G. Curcio - P. Zampa, L'arsenale di Civitavecchia..., in Quaderni dell'Istituto di Architettura, n.s., 1992, nn. 15-20, pp. 707-716; H. Hager, Osservazione su C. E e la sua opera del Tempio Vaticano, in Centri e periferie del Barocco, I, Barocco romano e l'Europa, Roma 1992, pp. 83-149, 160-162; C. Di Biase, Strada Balbi a Genova, Genova 1993, pp. 41-44, 54 s., 143-154; A. Floridia, Palazzo Panciatichi in Firenze, Roma 1993, p. 65 n. 14; H. Hager, F. pupilpartner, principal..., in Studies in the history of art, XXXVIII (1993), pp. 122-155 (con bibl.); Id., Una proposta di C. F...., in Arte lombarda, 1993, nn. 105-107, pp. 211-222; E.A. Uvy, A canonical work ... rereading the chapel of St. Ignatius..., tesi dott., Princeton University 1993; B. Steindl, Mäzenatentum im Rom des 19 Jahrhunderts. Die Familie Torlonia, Hildesheim - Zürich - New York 1993, pp. 13 s., 296; Von Bernini bis Piranesi... (catal.), a cura di E. Kieven, Stuttgart 1993, pp. 165-185; A. Barghini, Juvarra a Roma. Disegni dall'atelier di C. F., Torino 1994; P. Marchetti, in Il restauro dell'antica casa correzionale di C. F., Roma 1994, pp. 22-29; H. Hager, Zu zwei von C. Fontana... Projekten, in Festschrift für Brikitte Klesse, Berlin 1994, pp. 139-147, 153; Id., Andrea Pozzo e C. F...., in Andrea Pozzo, Milano 1996, pp. 235-251; Id., in The Dictionary of Art, XI, London-New York 1996, pp. 274-278; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 170-174, 179, 181 s.