FASCIOTTI, Carlo
Nato ad Udine il 28 dic. I 870 da Eugenio Vincenzo, all'epoca prefetto di quella città, di famiglia piemontese di forte tradizione liberale, e da Carlotta Gnecco, di antica famiglia ligure di commercianti, visse la sua infanzia nella villa già Fatinelli poi Cenami a San Pancrazio, vicino Lucca, e compì i primi studi all'istituto "Cicognini" di Prato. Trascorse lunghi periodi della sua gioventù a Tunisi, dove dal 1816 si era stabilita la famiglia della madre e dove il padre aveva svolto l'incarico di agente sardo prima e console generale italiano poi.
A Tunisi gli Gnecco erano entrati nel novero dei grandi magnati del commercio degli olii e del grano esportati in Italia e, oltre a contribuire allo sviluppo edilizio della città, avevano fatto del proprio palazzo un centro di italianità ' ospitandovi coloro che, per motivi politici ed economici, giungevano dall'Italia. A questa eredità materna del senso di nazionalità si sommò quella derivata dal padre, sostenitore di Cavour e amico di uno dei suoi maggiori collaboratori, C. Nigra.
Tornato in Italia il F. si stabilì a Roma dove si laureò in giurisprudenza nel 1895, entrando nella carriera diplomatica. A questo periodo risale l'amicizia col conte C. Sforza, col quale avrebbe condiviso i mutamenti provocati alla diplomazia dell'età liberale dall'avvento del fascismo. Sua prima destinazione fu l'importante sede di Vienna (1896), quale addetto all'ambasciata, allora retta dal Nigra. Nel 1899 partecipava alla conferenza internazionale dell'Aia sul disarmo, prima in qualità di segretario particolare del Nigra, poi come segretario aggiunto della delegazione italiana alla conferenza stessa. Nominato segretario di legazione nel giugno del 1901, nell'agosto seguente fu promosso segretario di legazione di seconda classe. La sua esperienza diplomatica continuò nei Balcani, ad Atene, dove fu destinato nel 1904 alle dipendenze di R. Bollati. Nel luglio del 1905, fu chiamato a reggere provvisoriamente il consolato italiano a Creta, all'indomani delle agitazioni filoelleniche nell'isola. Il suo contributo nel ristabilire la pace e l'ordine nell'isola fu premiato con una medaglia d'argento al valore civile, concessa nel maggio del 1907, per avere difeso la residenza consolare da un gruppo di rivoltosi armati.
Nel 1906 tornò a Vienna, dove G. Avarna di Gualtieri era succeduto al Nigra. Nel corso della sua seconda permanenza nella capitale asburgica, osservando da vicino il contegno austriaco nei confronti dell'Italia, si persuase che gli interessi dei due paesi si sarebbero potuti comporre in maniera pacifica. Per questo motivo fu convinto assertore che l'Italia dovesse salvaguardare la pace e che, prima di misurarsi con altre potenze, avrebbe dovuto vedere aumentata la propria influenza internazionale. Cresciuto alla scuola di grandi diplomatici, il F. sentiva profondamente l'importanza del servizio e fu attento informatore e rappresentante attivissimo, solito inviare un elevato numero di rapporti al governo italiano e chiedere, continuamente, maggiori informazioni dall'Italia e dalle sue altre rappresentanze. Nel 1908, nominato segretario di legazione di prima classe, fu chiamatp a prestare servizio al ministero Presso la direzione generale degli affari politici. Promosso, nel giugno dello stesso anno, consigliere di legazione di seconda classe, nel 1910 ricoprì l'incarico di capo di gabinetto dei ministro A. di San Giuliano.
Le vicende politico-diplomatiche che precedettero l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale rappresentarono il periodo più significativo della sua carriera. Promosso consigliere di prima classe, gli fu data la reggenza della legazione italiana a Bucarest, che tenne dal giugno del 1911 all'agosto del 1919, con credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario. Dopo i fatti di Sarajevo, a fronte della indecisione del governo italiano circa l'atteggiamento da tenersi nei confronti dell'Austria, il F. nei suoi rapporti da Bucarest sottolineò i pericoli incombenti sull'Italia in caso di vittoria degli Imperi centrali e quelli di possibili conflitti con alcune potenze dell'Intesa, la Francia e la Russia. In questa ottica sostenne la necessità di speciali accordi con l'Inghilterra, che egli vedeva, come l'Italia, interessata a salvaguardare l'equilibrio balcanico. Ma gli avvenimenti che seguirono la crisi austro-serba resero impossibile una soluzione diplomatica e anche il F. si convinse della necessità di trattative con l'Intesa. A Bucarest, dopo l'ultimatum austriaco alla Serbia, fu chiamato a sollecitare il governo romeno affinché si adoperasse in un'azione moderatrice verso Vienna col fine di scongiurare la guerra. Nella stessa occasione il F. fece presente al governo romeno che era interesse comune impedire mutamenti territoriali nei Balcani e lo schiacciamento della Serbia a favore dell'Austria. Si prodigò perché Italia e Romania seguissero, nei confronti dell'azione bellica intrapresa dall'Austria, una comune linea di condotta. La sua azione di intesa con la Romania fu appoggiata dal ministro A. di San Giuliano, ma, prima che l'Italia dichiarasse la propria neutralità, fu turbata da un incidente, causato da voci secondo cui il F. avrebbe dato prematuramente notizia della volontà italiana di conservare la neutralità in caso di conflitto. Il F. smentì decisamente e A. di San Giuliano lo incoraggiò a riprendere la linea di intesa con la Romania. Fu così che il F., nonostante la volontà di entrare in guerra di re Carlo di Romania, persuase il governo romeno a rimanere neutrale e a firmare il 23 sett. 1914 un accordo con l'Italia, col quale i due governi si impegnavano a non abbandonare la neutralità senza prima aver dato un preavviso di almeno otto giorni all'altra parte. Questo accordo aveva un importante significato politico, poiché rappresentava per l'Austria la minaccia di un attacco congiunto su due fronti e per l'Italia maggiore peso nelle trattative con l'Intesa.
S. Sonnino, nel frattempo succeduto ad A. di San Giuliano, sostenne il F. perché continuasse sulla linea di alleanza con la Romania per un intervento congiunto nel conflitto. Dopo intense trattative, il 6 febbr. 1915 il F. arrivò ad un nuovo accordo, in base al quale i due governi si garantivano reciproco aiuto militare nell'eventualità di un attacco da parte dell'Austria. Successivamente il governo romeno, nella persona di Joan J. C. Brătianu, chiese all'Italia di non impegnarsi a fianco dell'Intesa senza prima averlo consultato, ma poiché le trattative italiane si erano già concluse la Romania si trovò di fronte al fatto compiuto. Seguì un momento delicato nei rapporti.tra i due paesi. Il F. riuscì a mantenere anùchevoli e cordiali le relazioni; a prova di ciò nel 1919, in un rapporto al ministro, scriveva che la Romania si sarebbe appoggiata all'Italia affinché venissero accolte le sue richieste in sede di conferenza di pace.
Nell'agosto del 1919 fu destinato all'ambasciata a Madrid, dove ebbe la reggenza fino all'ottobre del 1922. Nell'estate del 1920, in una corrispondenza con l'amico Carlo Sforza, esponeva il suo punto di vista circa i rapporti con la Spagna che, secondo le istruzioni del ministro, avrebbero dovuto portare ad una collaborazione finanziaria e ad eventuali accordi politici, qualora lo avesse ritenuto opportuno. Al riguardo non credeva utile procedere su una linea di accordo politico, sostenendo che qualsiasi tentativo di collaborazione con la Spagna avrebbe coinvolto l'Italia nella questione di Tangeri, ponendola in conflitto con la Francia. Perciò ritenne di dover svolgere un'attività di propaganda per promuovere un riavvicinarnento tra i due paesi e preparare il terreno per relazioni più significative.
Il 10 nov. 1922, all'indomani della marcia su Roma, fu collocato a riposo col grado di ambasciatore. Nei confronti del provvedimento, che rientrava nella politica mussoliniana di rinnovamento di uomini e di azione in campo diplomatico, assunse una posizione di netto rifiuto e di energica protesta, rendendo note le sue rimostranze anche al re. Per questo motivo non volle accettare il trattamento economico che il ministero degli Affari esteri intendeva corrispondergli. Si ritirò a vita privata, dedicandosi agli affari di famiglia e all'Opera pia che aveva fondato a Roma nel dicembre del 1920 a beneficio degli ospedali italiani all'estero, con diritto di preferenza per quello di Tunisi, e al proseguimento della tradizione di beneficenza anche a favore di associazioni cattoliche.
Dopo la caduta dei fascismo Sforza lo chiamò a far parte dell'Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, che doveva giudicare i senatori compromessi coi regime. Terminato l'incarico, il F. ritornò a vita privata, dedicandosi agli studi storici e agli affari di famiglia. Morì a Roma il 7 ag. 1958.
Aveva sposato a Pegli nel 1899 Sofia Giustiniani, figlia del principe Alessandro e della principessa Maria Giustiniani, ed in seconde nozze, a San Sebastián, nel 1922, Cecilia Giustiniani, sorella di Sofia e di Matilde Giustiniani Durazzo. La corrispondenza del F. con i familiari (anni 1932-1957), importante tra l'altro per la conoscenza della posizione da lui assunta in merito al cambiamento istituzionale del 1946, si trova a Genova nell'Archivio Fasciotti, conservato presso l'Archivio Durazzo Giustiniani.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Archivio Brusati, buste 9, 10, 11; Ibid., Ministero degli Affari esteri, Archivio storico diplomatico, Serie Concorsi 1894-96, pacco 21; Serie Personale 1904-05, V M, F. 175; Serie politica P Creta, 1905, pacco 250; Serie Affari politici Austria, 1906-07, pacco 94; Serie Affari politici Austria, 1907-08, pacco 95; Archivio di Gabinetto, 1910, casella 21, titolo III, F. 157; Archivio di Gabinetto, 1911, casella 8, F. 43 e 49; Serie Politica P Romania, 1911-13, pacco 288; Serie politica P Romania, 1909-14, pacco 516; Serie Affari politici Romania, 1919, pacco 1503; Serie Affari politici Spagna, 1919-20, pacco 1586; Serie Affari politici Spagna, 1921-22, pacco 1587; Idocumenti diplomatici italiani, s. IV, 1908-1914, XII (28 giugno - 2 ag. 1914), Roma 1964; s. V, 1914-1918, I (2 ag. - 16 ott-1914), Roma 1954; II (17 ott. 1914 - 2 marzo 1915), Roma 1984; III (3 marzo - 24 maggio 1915), Roma 1985; IV (25 maggio - 23 ott. 1915), Roma 1973; VII (1º genn. - 15 maggio 1917), Roma 1980; s. VI, 1918-1922, I (4 nov. 1918 - 17 genn. 1919), Roma 1955; II (18 genn. - 23 marzo1919), Roma 1980; A. Salandra, La neutralità italiana (1914). Ricordi e pensieri, Milano 1928, pp. 418-421; L. Aldrovandi Marescotti, Guerra diplomatica. Ricordi e frammenti di diario (1914-1919), Milano 1937, pp. 193-204; L. Albertini, Le origini della guerra del 1914, II, Milano 1943, p. 245; C. Sforza, Le sanzioni contro il fascismo. Quel che si è fatto e quel che deve farsi. Dichiarazioni e documenti inediti, Roma 1945, p. 29; L. Albertini, Vent'anni di vita politica ital., I, 2, Bologna 1951, pp. 49, 53, 164 s., 200, 204, 356, 456; B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, pp. 21 s., 49 s., 52 s., 56, 77, 96, 117; R. A. Webster, L'imperialismo industriale italiano, 1908-1915, Studio sul prefascismo, Torino 1974, p. 497; S. Sonnino, Diario 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, II, Bari 1972, pp. 30, 31, 44, 157, 160, 171, 178; III, pp. 15, III, 216; Id., Carteggio 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, Bari 1974, pp. 35 s., 41, 68, 72, 74, 121, 132, 149, 165, 167 ss., 172, 174, 181 s., 184, 217, 233, 238, 242, 261, 392, 417, 419, 431, 434, 442, 446, 451 s., 454, 481-84, 494, 526, 544, 558, 642, 648, 668, 687; Libro d'oro della nobiltà ital., Roma 1985, p. 664; Università degli studi di Lecce, La formazione della diplomazia nazionale, Roma 1987, pp. 313 s.; L. Mercuri, L'epurazione in Italia, Cuneo 1988, p. 123; L'amministrazione centrale dall'Unità alla Repubblica. Le strutture e i dirigenti, a cura di G. Melis, I, Il ministero degli Affari esteri, a cura di V. Pellegrini, Bologna 1992, p. 86; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare ital., III, p. 94.