EMERY, Carlo
Nacque a Napoli il 25 ott. 1848 da Luigi e da Giovanna Emery, svizzeri, ed ivi compì i suoi studi medi ed universitari. Si laureò prima in medicina, poi in scienze naturali nel 1872. Per tre anni esercitò la professione medica e subito dopo iniziò l'attività di ricerca. Erano quelli gli anni in cui F. A. Dohrn andava organizzando a Napoli la Stazione zoologica, che fu completata e cominciò a funzionare nel 1874. Primo collaboratore del Dohrn fu Paolo Panceri, uno zoologo pronto a cogliere anche all'estero quanto di più moderno andava affermandosi nei metodi della ricerca scientifica, per introdurli nell'ancor incerta attività di molti laboratori italiani. L'E., accolto nel '75 nella Stazione, risentì, specie agli inizi, dell'indirizzo metodologico e delle tematiche del suo maestro Panceri, come dell'impostazione concettuale cui si ispiravano tutti i lavori realizzati presso la Stazione: l'evoluzione delle forme organiche. Anzi, del tema evoluzionistico l'E. fece il punto centrale di un suo progetto di rinnovamento della zoologia.
È pur vero che questo disegno andò meglio delineandosi e completandosi nella maturità, ma appare già chiaro fin dai primi studi giovanili., Per l'E. la zoologia è scienza complessa che ha il suo principale contenuto nella sistematica, a sua volta punto di partenza e di arrivo di tutte le ricerche. Infatti, scopo dello zoologo non deve essere tanto quello di descrivere tutte le innumerevoli forme viventi ma di conoscerne i modi di vita, i rapporti reciproci, quelli con l'ambiente, le fasi di sviluppo individuale attraverso le quali si costruisce l'organismo completo, al fine di inquadrare ogni vivente in un sistema naturale perfetto. Tale sistema sembra dover essere identificato in un albero genealogico, secondo il quale le specie sarebbero generate le une dalle altre; alla sua costituzione dunque concorrono ricerche morfologiche, etologiche, zoogeografiche e paleontologiche. Alle prime tre soprattutto si dedicò l'E., non di rado legandole nello stesso lavoro, per una proficua integrazione dei singoli risultati.
Esordì con saggi e raccolte entomologiche e, insieme, con lavori di istologia, sulla strada tracciata dal Panceri. Questi, interessato allo studio dell'apparato velenifero dei serpenti durante un soggiorno al Cairo nel 1872, aveva mandato a Napoli un esemplare di Naya Haje che l'E. sottopose ad un accurato esame istologico. Descrisse la ghiandola (Sulla struttura intima della ghiandola del veleno nella Naja Haje, in Annuario dell'Assoc. dei natural. e medici per la mutua istruzione … anni 1875 e 1876, Napoli 1877, pp. 41-48), sull'istologia della quale allora erano disponibili soltanto i dati, peraltro non esaurienti, forniti da J. Müller nel 1830. Confermò l'esistenza di un muscolo orbitale da lui stesso precedentemente scoperto nella vipera (Studi anatomici sulla vipera Redii, Napoli 1872). L'E. fu tra i primi a condurre la ricerca zoologica coi mezzi dell'indagine strutturale fine, utilizzando, le più recenti tecniche istologiche. Alle ghiandole velenose dei serpenti tornò più tardi, quando esaminò i campioni portati da O. Beccari dal viaggio in Malesia (Intorno alle ghiandole del capo di alcuni serpenti proteroglifi, in Ann. d. Museo civ. di storia nat. di Genova, XV [1879-1880], pp. 546-558); qui alla descrizione della morfologia aggiunse un'ipotesi sul probabile processo evolutivo della ghiandola nella trasformazione da una primitiva funzione secernente a quella di potente mezzo difensivo.
Nel 1878 l'E. dedicò al maestro Panceri, morto nel '77, un bellissimo lavoro su La cornea dei Pesci ossei, Palermo 1878. Aveva infatti iniziato uno studio di istologia comparata su animali marini, scoprendo tra l'altro un genere di Teleostei, il Serranus, allo strato iridescente della cui cornea aveva attribuito, pur con la cautela cui sempre si attenne nell'enunciare le sue ipotesi, funzione di difesa e di mimetismo.
Il lavoro del '78 entrava in un campo di difficile indagine tecnica e praticamente ancora ignoto, con una tale ricchezza di dati, su una campionatura così ampia - ben settantaquattro specie di Pesci - e con riferimenti embriologici così chiari, che quei risultati già potevano essere utilizzati per cominciare a delineare affinità naturali, per suggerire una classificazione più attendibile, ed anche per determinare l'omologia della cornea nella serie dei Vertebrati: tutto questo comunque in attesa di ulteriori analoghe ricerche ancora sulla cornea, ma anche su organi di essa meno soggetti alle influenze ambientali, in tutti i Vertebrati.
L'E. seguì il Panceri anche in un campo di ricerca particolare, quello dei fenomeni luminosi nel mondo animale, al quale peraltro più tardi e con felici risultati si applicò U. Pierantoni, per comprenderne l'origine, la natura e, soprattutto, il significato fisiologico. Nei Pesci del genere Scopelus l'E. notò la presenza di macchie cutanee splendenti (Intorno alle macchie splendenti nella pelle nei Pesci del genere Scopelus, Napoli 1884), di cui volle indagare l'origine e lo sviluppo morfologico.
F. von Leidig, che le aveva già viste e descritte nel 1864, aveva suggerito che fossero occhi accessori; ma l'E., dopo averne studiato struttura, sviluppo ed anatomia comparata, pensò che potessero essere organi luminosi necessari a rischiarare l'ambiente; si rese conto tuttavia che per esprimere ipotesi accettabili sarebbe stato necessario conoscere il comportamento degli Scopelidi abitatori degli abissi: un'impresa, questa, ancora troppo ardua. Ricordò in tale occasione quanto sia utile acquisire informazioni etologiche per dare una corretta interpretazione ai dati morfo e fisiologici.
L'E. del resto utilizzava l'anatomia comparata a integrazione e sostegno della semplice anatomia, e l'embriologia e l'etologia a sostegno dell'anatomia comparata. Sono esempi di questo metodo di lavoro gli Studi sulla morfologia dei membri dei Mammiferi (in Mem. d. R. Acc. d. scienze d. Ist. di Bologna, s. 5, II [1891], pp. 673-88), le Ricerche embriologiche sul rene dei Mammiferi (in Atti d. R. Acc. d. Lincei. Memorie, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 33 XV [1883], pp. 411-19) e la serie di ricerche sull'emissione di luce da parte delle Lucciole. Con questa (Studi intorno alla Luciola italica, in Bull. d. Soc. entomol. it., XV [1883], pp. 327 ss.; La luce della Luciola italica, ibid., XVIII [1885], pp. 351-55 ed altre) confermò parzialmente ed ampliò i risultati ottenuti da A. Targioni Tozzetti e fornì la descrizione della sede, architettura, struttura minuta e fisiologia dell'organo luminoso, cercando di indicarne anche la derivazione ontogenetica (Untersuchungen über Luciola italica L., in Zeitschr. wissenschaftl. Zoologie, XI, [1883], pp. 338-355). Nel 1886 poté arricchire queste note con osservazioni etologiche e portare a completezza l'intera questione: l'emissione luminosa sarebbe un richiamo sessuale che si esprime con modalità diverse nei due sessi (La luce negli amori delle lucciole, in Bull. d. Soc. entomol. ital., XVIII [1886], pp. 406-11).
Con un gruppo di lavori sull'arto dei tetrapodi, l'E. fu in grado di formularne lo schema morfologico fondamentale.
Stabilì omologie e omodinamie degli arti e delle loro parti costitutive, in particolare volle chiarire se certe ossa vicine al margine radiale del carpo o tibiale del tarso debbano essere considerate rudimenti di un dito scomparso o si siano differenziate ex novo per adattamento speciale successivo. Studiando i primi accenni embrionali dei raggi scheletrici che costituiranno le ossa definitive della mano, poteva sorprendere disposizioni primitive di breve durata ma molto importanti per definire la questione. Con ricerche sullo sviluppo del carpo nel coniglio e nel maiale riuscì quindi a concludere che l'ossicino chiamato prepollice è un rudimento di raggio osseo scomparso, sul quale si è forse inserito un adattamento recente così come è avvenuto nella talpa. Di tipo analogo a questo furono le indagini sullo sviluppo del rene nei Mammiferi, volte a stabilire se i reni persistenti degli Amnioti rappresentino una porzione dei reni dei Vertebrati inferiori o siano una formazione di origine autonoma. Cercando sulla capra, sul gatto, sul coniglio e sullo scoiattolo, l'E. poté stabilire l'omodinamia del rene persistente degli Amnioti al corpo di Wolff, e l'omologia del rene primitivo e del rene persistente degli Amnioti al rene primitivo degli Anamni. Per questi studi l'E. utilizzò anche elementi risultanti dalla sperimentazione che il biologo G. Tizzoni andava facendo sulla rigenerazione e ipertrofia compensatoria del rene nello stesso suo laboratorio a Bologna. Quella dell'E., comunque, fu ancora una embriologia descrittiva intesa a rendere testimonianza alla filogenesi delle forme studiate, un aspetto della ricerca dominante negli anni successivi alla teoria darwiniana, che cominciava però ad essere rifiutata dagli embriologi più moderni, specialmente tedeschi. Fu per iniziativa dell'E. che l'università di Bologna ebbe un corso libero di embriologia come già avevano Roma e Napoli, distaccandolo dall'insegnamento di anatomia microscopica normale ed embriologia, tenuto da G. Bellonci.
Dal 1881 l'E. era a Bologna, professore di zoologia e direttore di quell'istituto. Aveva lasciato Napoli nel 1877, per un posto di assistente alla cattedra di fisiologia di Palermo, donde era passato a Cagliari, come straordinario di zoologia e anatomia comparata fino al 1880. Ma a Napoli tornò periodicamente quasi ogni anno fino al 1889 per alcuni mesi estivi e autunnali, ospite della Stazione zoologica.
Nel 1880 pubblicò una magistrale monografia sulle specie del genere Fierasfer nel golfo napoletano (Le specie del genere Fierasfer nel Golfo di Napoli e regioni limitrofe, in Fauna und Flora des Golfes von Neapel, II [1880], pp. 1-76) delle quali descrisse morfologia e sistematica, allargata, quest'ultima, in una prospettiva comparativa a quella dei Teleostei, un ordine di pesci allora meno studiato di altri.
L'E. identificò come tali certe forme larvali che altri autori, come ad esempio S. Delle Chiaie, avevano ritenuto buone specie e indagò su un curioso abito del Fierasfer, di occupare la cavità del corpo dell'Oloturia, abito peraltro già notato e descritto fin da Fabio Colonna nel suo Aquatilium et terrestrium animalium observationes (Roma 1606 e 1616). L'E. registrò ogni particolare di questo comportamento, che osservò in acquario e che catalogò come fenomeno di inquilinismo destinato forse col tempo a divenire parassitismo, quale è attualmente osservabile per esempio nella specie Enchelophis vermicularis. Alla ricerca dell'origine di questa forma di vita e della sua evoluzione l'E. trovò elementi nella struttura anatomica del Fierasfer. Tra l'altro, nel mettere in evidenza la disposizione delle strie muscolari della vescica aerea, pose le premesse ad un lavoro del 1881 sull'architettura dei fascetti muscolari (Intorno all'architettura dei fascetti muscolari striati di alcuni Vertebrati, in Mem. d.R. Acc. d. sc. d. Ist. di Bologna, s. 4, III [1881], pp. 613-19), in cui confermò che le fibre e non le strie trasversali, semplici figure ottiche queste, sono il vero elemento costitutivo del tessuto muscolare.
Completò i lavori napoletani sui Pesci con alcune Contribuzioni all'ittiologia che ne riguardavano soprattutto lo sviluppo, così che poté stabilire l'identità di molte forme larvali o giovanili, credute prima specie diverse, ricostruendo la serie delle forme da pelagiche ad adulte; in tal modo aprì la strada a studi successivi e molto importanti sulla metamorfosi di questi Vertebrati.
Questo gruppo di lavori ad indirizzo prevalentemente anatomo-fisiologico è legato alla componente medica della personalità scientifica dell'E. mentre quella più specificamente naturalistica si espresse nello studio del grande mondo degli Insetti. Negli anni giovanili, insieme col fratello Federico, aveva raccolto e studiato alcune specie di Coleotteri (quasi novemila specie sono presenti nella collezione "Emery", che oggi è conservata nel Museo civico di zoologia di Roma, ereditata dall'istituto universitario), aveva descritto accuratamente e riordinato in un chiaro quadro sistematico i Mordellidi paleoartici (Essai monographique sur les Mordellides de l'Europe et des contrées limitrophes, in L'Abeille, XIV [1876], pp. 1-128), Coleotteri piccoli e di modesta livrea, e per questo trascurati fino ad allora dagli entomologi. In seguito si dedicò completamente agli Imenotteri ed in particolare alla famiglia dei Formicidi. Chiese ed ottenne dal direttore del Museo civico di storia naturale di Genova, R. Gestro, di esaminare il materiale mirmecologico ivi presente ed in continuo arricchimento per il contributo delle esplorazioni dei naturalisti italiani. A poco a poco studiò le collezioni riportate dai viaggi da L. Fea in Birmania (specie nel Tenasserim), da O. Beccari, E. Modigliani e L. Loria nelle isole malesi e tra i Papua, di O. Antinori, V. Bottego, C. Citerni, E. Ruspoli, L. Robecchi Brichetti in Africa.
Le collezioni del Borneo del Museo di Genova erano già state in parte illustrate nel 1872 da G. Mayr, entomologo insigne di quegli stessi anni.
Furono in totale più di duecentoventi pubblicazioni di cui circa centosessanta di sistematica, una cinquantina di eto e morfologia, altre di corologia e paleontologia. Vi descrisse più di centotrenta generi dei trecentosettanta noti fino allora e millesettecento specie nuove su circa seimila. Apparvero sui periodici dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, sugli Annali del Museo di Genova, sul Bollettino della Società entomologica italiana, istituita nel 1886 oltre che da P. Stefanelli, F. Piccoli, A. Targioni Tozzetti, dall'imenotterologo E. Haliday cui l'E. dedicò la Fauna entomologicaitaliana, e apparvero anche sulle più importanti riviste tedesche, inglesi, francesi e belghe. La conoscenza delle lingue straniere permise all'E. di entrare direttamente nella letteratura scientifica europea e partecipare al dibattito internazionale sui grandi temi delle scienze naturali.Iniziò un minuzioso lavoro di classificazione delle Formiche, inserendolo nel quadro generale tracciato da Mayr, le cui attribuzioni accettò per la famiglia dei Formicidi ma che corresse e completò per i Minnicini e soprattutto per i Ponerini; diede a questi ultimi un ordinamento naturale (Saggio di un ordinamento naturale dei Myrmicidei, e considerazioni sulla filogenesi delle Formiche, in Bull. d. Soc. entom. ital., IX [1877], pp. 67-84), catalogò ed arricchi di molte specie nuove il grosso genere di Camponotus, quelli di Polirachis, Atta, Aphaenogaster e molti altri, rinnovò e districò la classificazione di moltissimi gruppi più o meno noti. Dal 1910 si impegnò poi alla collaborazione al poderoso trattato diretto da P. Wytsman, il Genera Insectorum (Hymenoptera, fam. Formicidae: fasc. 102, 118, 137, 174, 183, dal 1910 al 1925), con un lavoro sui Formicidi che resta uno dei più importanti contributi sull'argomento e che egli dovette interrompere nel '14 poiché l'opera citata sospese le pubblicazioni a causa della guerra. Allora si dedicò ad un utile lavoro di compilazione per una guida a determinare le Formiche d'Italia, Fauna entomologica italiana, I, Hymenoptera-Formicidae (in Bull. d. Soc. entom. ital., XLVII [1915], pp. 79-275); in esso utilizzò sia alcuni suoi più brevi precedenti lavori, sia il saggio sulle Formiche svizzere di A. Forel, psichiatra ed entomologo di Ginevra, col quale era in assidua corrispondenza ed amicizia.
Nel descrivere gli ambienti in rapporto alle faune l'E. teneva presente la ripartizione che A. R. Wallace aveva dato della superficie terrestre (in Geographical distribution of animals, London 1876). Pertanto ricordiamo un gruppo di studi molto importanti per le conclusioni che ne trasse in seguito: Le forme paleartiche diCamponotus maculatus F. (in Rend. d. R. Acc. d. sc. d. Ist. diBologna, n. s., IX [1904-05], pp. 27-44), Studi sulle Formiche della fauna neotropica, I-V (in Bull d. Soc. entom. ital., XXII [1890], pp. 38-80); VI-XVI (ibid., XXVI [1894], pp. 137-241); XVII-XXV (ibid., XXVIII [1896], pp. 33-107); XXVI (ibid., XXXVI [1905], pp. 107-194); Fourmis d'Afrique, I (in Annales de la Soc. entom. de Belgique, XLII [1899], pp. 459-501) e la grossa monografia Beiträge zur Monographie der Formiciden des Paläarctische Faunengebietes, in Deutsche entom. Zeitschr., rispettivamente: I, Myrmica und Camponotus, 1908, pp. 165-205; II, Aphaenogaster, 1908, pp. 305-338; III, Messor, 1908, pp. 437-465; IV, Parasitische Myrmecinen, 1908, pp. 549-558; V, Monomorium, 1908, pp. 663-686; VI, Cardiocondyla und Solenopsis, 1909, pp. 19-37; VII, Formica, 1909, pp. 179-204; VIII, Ponerinae, 1909, pp. 355-376; IX, Tetramorium und Strongylognatus, 1909, pp. 695-712; X, Prenolepsis, 1910, pp. 127-132; XI, Crematogaster, 1912, pp. 651-672.
Parallelamente al lavoro sistematico, l'E. portava avanti una serie di ricerche morfologiche ed etologiche che di volta in volta servivano ad inquadrare ed arricchire il significato di quelle. Descrisse casi di mimetismo in Camponotus e studiò il polimorfismo nei Dorilini (Mimetismo e costumi parassitari del Camponotus lateralis Ol., in Bull. d. Soc. entom. ital., XVIII [1886], pp. 412 ss., e Studi sul polimorfismo e la metamorfosi nel genere Dorylus, in Mem. d. R. Acc. d. sc. d. Ist. di Bologna, s. 5, IX [1901-02], pp. 415-33), scoprendo qui, nella serie delle operaie e dei soldati, delle zone critiche nei valori delle dimensioni e alterazioni corporee, che sembrano implicare leggi generali o specifiche dell'accrescimento.
Nel 1906 l'E. fu colpito da trombosi cerebrale: rimase paralizzato in tutta la parte destra del corpo e perse quasi completamente la parola. Continuò tuttavia a lavorare, abituando la mano sinistra a scrivere e persino a disegnare, come aveva sempre fatto, corredando di pregevoli illustrazioni i suoi testi scritti. Da allora in poi limitò la ricerca alla mirmecologia, che poteva esercitare in laboratorio, dove aveva costruito una serie di nidi artificiali. per osservare i costumi delle formiche.
Fu una grande messe di dati che egli ottenne e mise a confronto con quelle dei grandi mirmecologi contemporanei: P. Huber in Svizzera, A. Forel, il padre E. Wasmann, W. M. Wheeler negli Stati Uniti. In particolare studiò la formazione dei nidi misti della Formica amazzone (Osservazioni ed esperimenti sulla Formica amazzone, in Rend. d. R. Acc. d. se. d. Ist. di Bologna, n. s., XII [1907-08], pp. 49-62), un problema lasciato insoluto da altri (cfr. P. Huber, in Recherches sur les moeurs des fourmis indigènes, Paris 1810; W.M. Wheeler, On the founding of colonies by queen ants. …, in Bull. of the Amer. Museum of nat. hist., XXII [1906], pp. 865 s). II Polyergus rufescens (Formica amazzone) cattura le larve di Formica fusca che si sviluppano in operaie al suo servizio, delle quali poi, essendo capace soltanto di spedizioni guerriere di rapina, diventa totalmente dipendente e, in ultima analisi, parassita. In ciò il Polyergus si differenzia da un'altra specie di Formicide, la Formica sanguinea, che, pur essendo dedita alla rapina di larve ed operaie di specie diversa, è invece del tutto autosufficiente, una volta che il formicaio si sia completamente sviluppato. In tal caso si tratta di dulosi o schiavismo a termine. E descrisse ancora altre consuetudini di vita in forme molto piccole, che sembrano perciò attualmente incapaci di estrinsecare appieno quegli istinti aggressivi di cui pur sono dotate, come lo Strongilognatus testaceus ospite del Tetramorium coespitum, l'Anergates, che ha del tutto rinunciato alle operaie, e la Wheeleriella. Mettendo a confronto questi dati in uno studio di etologia comparata, l'E. propose una interpretazione filogenetica dei costumi di alcuni generi e specie di Formiche. Il parassitismo ad esempio non sarebbe evoluzione della dulosi, come affermava Wasmann, ma effetto di un cambiamento improvviso, e sarebbe stato esso a sua volta la causa della scomparsa di operaie in specie che contano solo maschi e femmine (Intorno all'origine delle forme dulotiche, parassitiche e mirmecofile, in Rend. d. R. Acc. d. sc. d. Ist. di Bologna, n. s., XIII [1908-09], pp. 36-52).
Il mondo complesso delle Formiche, via via esplorato, poneva però all'E. sempre ulteriori quesiti: l'alimentazione delle femmine nei primi stadi di costruzione dei nidi, il tipo di alimentazione in rapporto ai vari costumi di vita, la castrazione afimentare, i rapporti tra femmina ospitata ed ospitante, i luoghi di fecondazione delle femmine senza ali, il senso - forse l'olfatto - che guida le spedizioni di Amazzoni, il significato e l'origine del polimorfismo e della metamorfosi, i rapporti con le piante formicarie; cercò di dare a tutti una risposta, ma soprattutto di segnare un cammino di studio che altri naturalisti con più tempo ed energie potessero seguire in futuro.
Nel 1915 raccolse i capitoli più interessanti sulla vita sociale delle Formiche in un piccolo libro (La vita delle Formiche, Milano-Roma 1915), che ebbe un notevole successo.
L'etologia era allora una scienza giovane che l'E concepiva quale sede di indagini complementari a quelle della biologia generale (Ethologie, philogenie et classification, in Comptes-rendus des Séances du 6me Congrès int. de zoologie, Berne 1904, pp. 160-174). Questa è deputata alla determinazione delle proprietà delle particelle costituenti i corpi viventi, quella valuta le forme tutte intere, le loro attività, i rapporti reciproci. L'etologia talora è utile persino a stabilire differenze specifiche non rilevabili altrimenti e forse imputabili a differenze biochimiche o di substrato.
L'etologia da una parte si lega alla psicologia e dall'altra alla fisiologia e alla chimica. L'E. pensava che in futuro etologia e fisiologia si sarebbero unificate in una sola disciplina e che si sarebbero trovate formule chimiche per prevedere ogni forma di vita possibile. E allora la zoologia cesserebbe di essere scienza storica per divenire scienza esatta (Osservazioni eritiche, in Riv. di scienze biol., I [1899-1900], pp. 296 s.).
Mentre esprimeva ammirazione e rispetto per i lavori dell'entomologo francese J.-H. Fabre, che in quegli anni continuava la scuola di R.-A. Réaumur e di L. Dufour, l'E. vedeva con soddisfazione rimodellarsi in senso evoluzionistico l'etologia entomologica con P. Marchal, G. ed E. Peckam, C. Janet, A. Forel, ecc. Se l'etologia non era ancora in grado di risolvere i grandi problemi della filogenesi, poteva però suggerire le cause di certe distribuzioni geografiche apparentemente anomale delle specie, dando significato a dati morfologici altrimenti incomprensibili (in Ethologie ecc.).
Infine, raccogliendo e confrontando tutti questi elementi, etologici, morfologici, zoogeografici, l'E. poté tracciare un disegno generale dell'origine e storia evolutiva delle Formiche e delle loro migrazioni, avvenute contemporaneamente alle trasformazioni della superficie terrestre, e scrivere così un seducente capitolo della storia dei viventi. Collocò nel Cretaceo inferiore l'origine e il differenziamento dei Formicidi, il cui sviluppo e irradiazioni sarebbero avvenuti contemporaneamente a quelli dei Mammiferi -, onde lo studio degli uni si integra con quello degli altri; entrambi i gruppi si sarebbero avvalsi, nei movimenti, delle stesse comunicazioni intercontinentali. Ma quasi tutti i generi di Formicidi, come di Insetti in genere, già erano fissati nell'Oligocene, quando ancora i Mammiferi erano in piena evoluzione. All'origine il Nordamerica e il Nordeuropa avevano la stessa fauna mirmecologica, ma, dopo il raffreddamento pliocenico e postpliocenico, l'Europa ne fu totalmente privata. Lo prova, tra l'altro, l'esame che l'E. condusse sull'ambra siciliana miocenica (Le Formiche dell'ambra siciliana nel Museo mineralogico dell'Università di Bologna, in Mem. d. R. Acc. d. se. d. Ist. di Bologna, s. 5, II [1891], pp. 567-591), paragonata a quella baltica oligocenica studiata dal Mayr, e contenenti entrambe fossili di specie attualmente assenti in quei luoghi, ma con differenze specifiche tali da far presumere una doppia origine di quelle faune. La fauna europea attuale sarebbe derivata da una fauna straniera immigrata soprattutto dall'Asia attraverso tre strade principali, come suggerisce il confronto di specie e generi oggi presenti nei vari paesi europei (La distribuzione geografica attuale delle Formiche. Tentativo…, in Mem. d. R. Acc. d. Lincei, cl. di sc. fis. mat. e nat., XIII [1920], pp. 357-450). Il centro di irradiazione, secondo l'E., sarebbe unico (On the origin of European and North American Ants, in Nature, LII [1895], 1347, pp. 399 s.) ed i continenti attuali avrebbero comunicato, in passato, non solo nell'era mesozoica, ma anche nella cenozoica.
L'E. scrisse un Compendio di zoologia che ebbe molte edizioni (Bologna dal 1891 al 1926-1927) e che, pur restando troppo legato ad una impostazione strettamente darwiniana anche in anni che vedevano una parziale critica e revisione del darwinismo, fu il più usato nelle università italiane.
In sede filosofica l'E. fu positivista; intervenne più volte, soprattutto nelle prolusioni ai corsi accademici e in occasione di congressi scientifici, a difesa dell'indipendenza della scienza da qualsiasi vincolo religioso e ne proclamò la capacità e competenza a risolvere i più ardui problemi umani (Sulla missione delle scienze nella vita, Bologna 1899). Si occupò anche di genetica, in specie di problemi riguardanti la determinazione del sesso, ma senza contributi di particolare originalità.
Collocato a riposo per ragioni di salute dal maggio 1916, col grado di emerito e l'onorificenza di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, morì a Bologna l'11 maggio 1925.
I figli Luigi e Lucia donarono all'istituto di entomologia di Bologna, diretto da G. Grandi, al quale già da vivo l'E. aveva, fatto dono di strumenti e materiale tecnico, documenti, lettere e diplomi del padre.
Altre opere dell'E.: Le sembianze degli animali, Napoli 1879; L'indirizzo moderno delle scienze naturali in Italia, Bologna 1882; Ulteriori studi sullo scheletro della mano degli Anfibi Anuri, in Atti d. Acc. d. Lincei. Rend., cl. sc. fis., mat. e nat., s. 5, I (1892), pp. 203-06; Gedanke zur Descendenz und Vererbungstheorie, in Biologisches Centralblatt, XVII (1897), pp. 142.146; Le Formiche della fauna di Celebes, in Monit. zool. ital., XII (1901), p. 178, Ancora una volta dell'indirizzo moderno…, Bologna 1901; Proposta di una nuova partizione generale dei Metazoi, in Rend. d. Acc. d. sc. d. Ist. di Bologna, n. s., VIII (1903-04), pp. 61-75; Alcune riflessioni sulla classificazione zoologica, in Monit. zool. ital., XXII (1911), pp. 224-31; Sulla teoria della determinazione dei sessi, in Atti d. R. Acc. d. Lincei. Rend., cl. di sc. fis. mat. nat., s. 5, XXI (1912), pp. 397-400; Le origine e le migrazioni della fauna mirmecologica d'Europa, in Rend. d. Acc. d. sc. d. Istit. di Bologna, n. s., XVII (1912-13), pp. 29-46; Intorno alla classificazione dei Mirmicidi, ibid., XVIII (1913-14), pp. 29-42; La fondazione delle società di Myrmeca. Considerazioni sull'alimentazione delle Formiche, ibid., XX (1915-16), pp. 43-50; Formiche d'Italia nuove o critiche, ibid., XXI (1916-17), pp. 23-29; Aggiunte alla memoria "La distribuzione geografica attuale" …, in Atti d. R. Acc. d. Lincei. Rend., cl. di sc. fis., mat. e nat., X (1922), pp. 72-75
Bibl.: Necrologio in Bulletin de la Soc. vaudoise d. sciences naturelles, LVI (1925), 216, pp. 23 s.; in Ann. d. la Soc. entomol. de Belgique, LXV (1925), pp. 198 s.; in Riv. di biol., VII (1925), pp. 711-39 (con elenco di 380 pubbl.); e in Rend. d. Acc. d. sc. d. Ist. di Bologna, n. s., XXIX (1925), pp. 153-66; in Mem. d. Soc. ital. di entom., IV (1925), pp. 201-22; in Ann. d. Museo civ. di st. nat. di Genova, LII (1926), pp. 149-55; in Rev. chilena de hist. nat., XXX (1926), pp. 337-40; G. B. Grassi, Iprogressi della biologia e delle sue applicazioni pratiche conseguiti in Italia nell'ultimo Cinquantennio, Roma 1911, p. 117; L. Camerano, Gli studi zoologici in Italia nel primo Cinquantennio di vita nazionale, in Atti d. Soc. ital. per il progresso d. sc., V (1911), p. 482; A. Musgrave, Bibliography of Austral. entom. 1775-1930…, Sydney 1932, p. 79; A. Russo, La classificazione degli Echinodermi e l'opera didattica di C. E. nel 50ºanno del suo trattato di zoologia, in Monit. zool. ital., XLVI (1935), pp. 97-101; W. Horn-J. Khale, Über entomologische Sammi ungen, Entomologen und Entomomuseologie, in Entom. Beihefte, II (1935), p. 68; Un secolo di progresso scientifico italiano, Roma 1939, IV, pp. 18 ss.; R. Taton, Histoire générale des sciences, Paris 1961, III, p. 417; W. Derksen-H. Scheiding, Index litteraturae entomologicae, I, Berlin 1963, pp. 679-682; F. Capra, Le collezioni entomologiche del Museo civ. di st. naturale "G. Doria" di Genova, in Atti d. Acc. naz. ital. di entom., XI (1964), pp. 48 s.; Enc. Ital., XIII, p. 895.