CASATI, Carlo Emanuele
Terzogenito di Alfonso e di Bianca Secco Borella, nacque intorno al 1600, probabilmente a Lucerna, città nella quale il padre risiedeva in qualità di rappresentante diplomatico spagnolo nella Confederazione elvetica. Dopo aver compiuto gli studi presso il collegio dei gesuiti della città natale, intraprese la carriera delle armi: già nel 1620 militava, in Alsazia, sotto le bandiere dell'arciduca del Tirolo con il grado di capitano di cavalleria; successivamente, in data imprecisata, passava nelle Fiandre al comando di una compagnia di cavalleria tedesca.
Nell'aprile del 1624, il C. si trovava per un breve soggiorno a Milano allorquando vi moriva il fratello Gerolamo che, tre anni prima, era succeduto al padre nella carica di residente spagnolo in Svizzera. Figlio e fratello dei due precedenti titolari, il C. pose la propria candidatura alla successione: ma nonostante egli godesse dell'autorevole appoggio sia del governatore di Milano, duca di Feria, sia dell'arciduca Leopoldo V del Tirolo, antico protettore della famiglia, le sue speranze andarono deluse. Il 10 ott. 1624, infatti, veniva nominato, con titolo di ambasciatore straordinario, Marc-Claude de Rye, marchese di Dogliani. Soltanto un anno più tardi, il 25 nov. 1625, in ottemperanza alle istruzioni ricevute da Filippo IV, il duca di Feria firmava il decreto di nomina del Casati.
L'atto non specificava con quale qualifica il giovane diplomatico dovesse assumere l'incarico: invece nella documentazione successiva, in particolare negli strumenti di ratifica del trattato ispano-svizzero del 1634, il C. figura con il titolo di ambasciatore ordinario, titolo che nessuno dei suoi predecessori aveva portato, ma che in seguito verrà conferito a tutti i successori.
Il C., comunque, non prese subito possesso della carica ma continuò a servire nell'esercito delle Fiandre, mentre la rappresentanza diplomatica a Lucerna veniva retta dal Dogliani, sino al luglio 1629, quando il C. giunse a Lucerna.
La missione che lo attendeva non si presentava sotto auspici favorevoli: la generale debolezza della monarchia spagnola e soprattutto la sua incapacità di far fronte agli impegni finanziari assunti nei confronti dei suoi alleati elvetici aveva portato ad un sensibile declino della sua influenza, specie nei Cantoni cattolici. Dotato di un'intelligenza pronta ed acuta, sorretto da un'eloquenza che la conoscenza della lingua e della situazione del paese rendeva ancora più efficace, il C. si pose all'opera con l'intento di risollevare il prestigio della Spagna nella Confederazione elvetica.
I primi risultati della sua azione dovevano registrarsi di lì a pochi mesi. L'arrivo del C. in sede era coinciso con una nuova occupazione dei Grigioni da parte delle truppe imperiali. A quest'atto di forza la Francia replicava proponendo ai Cantoni della Confederazione la costituzione di un corpo di spedizione svizzero destinato a riconquistare con le armi i territori occupati. L'accorta azione del C. presso i Cantoni cattolici induceva questi ultimi a dissociarsi dal progetto, determinando così il fallimento dell'iniziativa francese (Dieta di Baden dell'ottobre 1629). La portata del successo conseguito dal C. superava i risultati di una sia pure vittoriosa schermaglia diplomatica: con i territori delle Leghe Grigie, infatti, rimanevano sotto il controllo asburgico i passi retici proprio nel momento in cui un esercito imperiale veniva avviato all'assedio di Mantova.
Un compito ben più arduo attendeva il C. per gli anni seguenti: il rinnovo della Lega d'oro del 1587. L'alleanza dei Cantoni cattolici con la Spagna, confermata ed ampliata nel 1604, era infatti venuta a scadere il 31 marzo 1626. Nel quadro della guerra dei Trent'anni, il suo rinnovo assumeva una rilevanza particolare, dal momento che ad esso era legata la disponibilità dei corridoi militari attraverso la Svizzera: perciò il C. aveva ricevuto istruzione di iniziare le trattative con i Cantoni interessati. I sondaggi che egli avviava nel febbraio 1630 davano però esito negativo di fronte all'impossibilità per la Spagna di reperire i fondi necessari a soddisfare i crediti maturati dagli alleati elvetici.
Come rilevava il C., il problema finanziario rappresentava l'unico vero ostacolo alla conclusione di un accordo, dato che la notoria venalità degli Svizzeri spingeva le autorità ad agire "più per interessi che per convenienza de loro governi et stati" (Arch. di Stato di Milano, Potenze Estere, 144, fasc. a. 1630:il C. al governatore Ambrogio Spinola, Lucerna, 12 febbr. 1630).
Lo scacco subito dal C. veniva subito sfruttato dalla diplomazia francese che si faceva promotrice di un riavvicinamento tra i Cantoni cattolici e la Repubblica di Venezia allo scopo di sostituire l'alleanza con quest'ultima a quella spagnola: malgrado un avvio favorevole dei contatti, l'abile e tenace opposizione del C. contribuiva a mandare in fumo il progetto nell'autunno del 1630.
In modo analogo, nel 1632, il C. riusciva a contrastare efficacemente il tentativo della diplomazia pontificia di fare aderire i Cantoni cattolici a una lega difensiva tra gli Stati italiani promossa da Urbano VIII; la lega, dalla quale Spagna ed Impero dovevano rimanere esclusi, era stata concepita per tutelare i firmatari da una possibile aggressione svedese: data l'impostazione, se il C. non avesse svolto opera di dissuasione presso i Cantoni cattolici, la loro adesione avrebbe comportato la totale chiusura dei passi alpini alle forze asburgiche. In quello stesso anno, l'ambasciatore provocava il fallimento di un'altra iniziativa patrocinata dalla Francia: un trattato di neutralità tra la Confederazione e Gustavo Adolfo di Svezia, le cui truppe si stavano avvicinando alla frontiera svizzera.
Il successo dell'azione diplomatica del C. dimostrava come, grazie alla sua opera, la Spagna avesse riconquistato le posizioni perdute nei Cantoni alleati e come, attraverso questi ultimi, fosse in grado di incidere sulla politica della Confederazione. Nel favorevole evolversi della situazione, le possibilità di un rinnovo della Lega d'oro apparivano sempre meno remote: già nel corso della Dieta generale, tenutasi a Baden nel giugno 1632, era emersa la disponibilità degli alleati elvetici alla conclusione di un nuovo trattato non appena la Spagna avesse trovato le necessarie risorse finanziarie. Questa condizione si verificava agli inizi del 1634, dopo l'arrivo a Milano del cardinale infante Ferdinando, giunto pochi mesi prima dalla Spagna con ingenti somme di denaro.
Le trattative che il C. aveva subito riallacciato approdavano rapidamente ad una conclusione positiva: nella Dieta di Lucerna del 27-31 marzo di quello stesso anno i Cantoni cattolici aderivano al progetto di trattato, il cui testo definitivo veniva solennemente giurato a Milano, nel corso di una sfarzosa cerimonia, il successivo 20giugno.
I termini del nuovo accordo erano sostanzialmente identici a quelli dell'alleanza rinnovata nel 1604: in particolare, oltre ai consueti accordi di carattere commerciale e finanziario, veniva riconfermato il diritto di transito concesso alla Spagna attraverso il Gottardo. E C. aveva però ottenuto anche l'inclusione di una nuova clausola, mediante la quale i Cantoni firmatari s'impegnavano, in caso di necessità, a prestare aiuto alla potenza alleata per la difesa della Franca Contea spagnola.
Questo vistoso successo, giunto a coronamento di cinque anni di sforzi ininterrotti, era merito esclusivo del Casati. Quale rilevanza il trattato assumesse nel quadro politico e militare generale si sarebbe visto di lì a poco, allorquando, nel maggio 1635, l'occazione della Valtellina da parte delle truppe del duca di Rolian - occupazione di poco precedente all'apertura delle ostilità tra Francia e Spagna - avrebbe tolto alle forze asburgiche la possibilità di valersi dei passi retici.
Per tutto il periodo successivo, fino alla sua morte, l'opera del C. sarà tesa a rafforzare e a sfruttare i risultati ottenuti con la ratifica del trattato del 1634.
Contro i tentativi della diplomazia francese miranti a indurre i Cantoni cattolici a denunciare gli articoli dell'alleanza spagnola che apparivano incompatibili con quella francese del 1602, il C. nel 1636 otteneva dagli alleati la conferma senza riserve dell'atto giurato a Milano nel giugno 1635: solo ilCantone di Uri cedeva alle pressioni francesi, anche se poi la sua defezione doveva risultare di breve durata. Più sistematica, invece, fu l'azione dell'ambasciatore diretta a garantire alla Spagna i vantaggi militari conseguiti nel 1634. Già l'anno seguente, come contromossa all'occupazione francese della Valtellina, verificatasi in quei giorni, otteneva una leva di quattromila svizzeri, parte dei quali destinati alla difesa di Ursem e Bellinzona: facendo presidiare la via dei Gottardo, la Spagna si assicurava l'uso esclusivo dell'unico passo che era rimasto sotto il suo diretto controllo. In quello stesso anno, il C. conduceva felicemente in porto le trattative volte a consentire il transito di un esercito imperiale di dodicimila. uomini diretto in Lombardia. Le truppe giungevano a destinazione nel febbraio 1636, ponendo, con la loro presenza, lo Stato di Milano al riparo dall'incombente miriaccia. di una invasione franco-piemontese. Risultati analoghi venivano raggiunti nel 1639. Con l'ingresso del duca di Weimar nella Franca Contea e con l'occupazione di Pontarlier e di altre piazzeforti della frontiera occidentale da parte delle truppe franco-svedesi, la guerra era ormai giunta ai confini della Confederazione: nonostante le reticenze degli Svizzeri ad aiutare uno dei contendenti per timore di essere coinvolti nel conflitto, il C. otteneva la leva di altri tremila soldati e, quasi contemporaneamente, vincendo l'opposizione iniziale del Cantone di Berna a tollerare il passaggio di eserciti stranieri sul proprio territorio, riusciva a fare incamminare un contingente di duemila uomini dalla Lombardia alla Franca Contea. Nuovamente, nel 1642, raggiungeva un accordo con i Cantoni cattolici per il reclutamento di quattromila svizzeri, in parte destinati alla difesa di Milano ed in parte alla repressione della rivolta in Catalogna. Quest'ultimo successo, già di per sé brillante, aveva anche consentito all'ambasciatore spagnolo di stroncare sul nascere un'analoga iniziativa di parte francese.
I meriti acquisiti dal C. nel corso della sua missione gli avevano procurato qualche riconoscimento da parte del sovrano: il 22 dicembre 1638 fu nominato questore di cappa corta del magistrato delle Entrate straordinarie di Milano e l'anno successivo veniva promosso all'ambita carica di consigliere segreto.
In realtà, per motivi tutt'ora da chiarire, la nomina non fu mai perfezionata. Esiste, infatti, una lettera di Filippo IV al governatore marchese di Leganes (Arch. General de Simancas, Estado, leg. 3452 n. 216, 15 ag. 1639) nella quale il re comunica di avere nominato il C. membro del Consiglio segreto ed impartisce istruzioni affinché questi assuma immediatamente l'incarico e venga sostituito nella rappresentanza diplomatica in Svizzera. Siccome, invece, non si ha notizia della patente originale di nomina, né risulta che il C. abbia mai esercitato l'ufficio, mentre è certo che conservò l'incarico diplomatico, è da presumersi che a Madrid si sia poi abbandonata l'idea di sostituire un ambasciatore che aveva reso, e continuava a rendere, così segnalati servizi; sempre che non sia stato l'interessato stesso a rifiutare una carica prestigiosa ma non retribuita.
Il C. morì a Lucerna l'8 giugno 1645.
Al suo successore egli lasciava una situazione ben diversa da quella che aveva trovato al momento di assumere l'incarico. Sul finire della prima metà del Seicento, la Spagna aveva conquistato una posizione egemonica nella Confederazione, specialmente dopo la conclusione, nel 1639, di un trattato con le Leghe Grigie, mediante il quale si assicurava l'uso esclusivo dei passi retici. Sebbene il C. non avesse avuto parte diretta nella conclusione di questa seconda alleanza, non vi è dubbio che la situazione di vantaggio nella quale la monarchia spagnola veniva a trovarsi era dovuta in modo determinante alle doti personali ed all'operosità di diplomatico del suo rappresentante.
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