ANGIÒ, Carlo d'
Appartenente al ramo di Durazzo, fu figlio primogenito di Giovanni, conte di Gravina e della sua seconda moglie Agnese di Périgord; nulla, però, può dirsi di sicuro sulla sua data di nascita, che va posta dopo il 1322,anno delle nozze dei suoi genitori.
Ancora bimbo assistette a Napoli col padre e coi fratelli Roberto e Ludovico alla proclamazione di Giovanna ad erede al trono, il 4nov. 1330 in Castelnuovo, e tre anni dopo, il 26 sett. 1333, alle nozze della stessa con Andrea d'Ungheria. Dopo la morte del padre, che aveva disposto nel testamento che a Carlo toccasse la contea di Gravina, l'Onore di Monte S. Angelo e l'Albania, il principe, sebbene minorenne, chiese ed ottenne dal re Roberto i feudi spettantigli (22 maggio 1335).
Il re rispose ordinando, tra l'altro, al capitano di Durazzo di ricevere, per suo conto, dal principe il giuramento di fedeltà e investendo Carlo dei feudi paterni. Del fatto venne data notizia ai feudatari d'Albania e alla università di Durazzo.
Dei suoi feudi proprio l'Albania fu al centro delle attenzioni e degli interessi di Carlo: ancora fanciuro, nell'estate e nell'autunno 1335, partecipò col fratello Ludovico a una spedizione contro i ribelli albanesi, contenendo l'espansione della rivolta, senza, pero, riuscire a schiacciarla del tutto, nonostante i rinforzi giunti nel 1336 dall'Italia.
Passato in Sicilia nel 1337 per combattervi gli Aragonesi, occupò Termini, ma, in seguito ad una pestilenza, che gli decimò le truppe, fu costretto a chiedere aiuti al re Roberto, ottenendo settanta galee al comando di Galeazzo figlio naturale del re. Di questo corpo di spedizione fu nominato comandante in capo. Fallita questa impresa,-prese parte a importanti negoziati, tra cui la firma del trattato contro Ludovico il Bavaro il 17 giugno 1341.
I suoi possessi d'Albania venivano intanto ridotti a Durazzo, in seguito all'avanzata del re serbo Stefano Duèan nel 1343.
Nello stesso anno, morto Roberto, gli successe sul trono la nipote Giovanna, ancora minorenne, sotto un consiglio di reggenza presieduto dalla regina madre Sancia: se ne giovò subito l'ambiziosa Agnese di Périgord, per assicurare a Carlo una posizione di maggiore prestigio alla corte e per avvicinarlo alla successione di Giovanna. A tale scopo, con l'appoggio, presso il pontefice Clemente VI, del fratello cardinale Talleyrand de Périgord riusci a combinare il matrimonio dell'A. con la sorella di Giovanna, Maria, in contrasto con le precise disposizioni testamentarie di re Roberto, che aveva previsto per Maria nozze con principi ungheresi.
In conseguenza del suo matrimonio (12 aprile 1343) e per l'appoggio, che non gli venne mai meno, della regina Sancia, l'A. vide aumentare la sua influenza a corte, come provano l'appoggio che egli diede ai mercanti fiorentini al momento della crisi delle grandi banche di Firenze e la sua nomina da parte della regina madre (genn. 1344) tra gli esecutori testamentari.
Nelle complesse vicende che dovevano portare all'efferato assassinio di Andrea d'Ungheria l'A. non sembra abbia avuto una posizione di particolare rilievo: certo egli osteggiò gli sforzi che da parte ungherese, sia a Napoli sia ad Avignone, nella curia di Clemente VI, miravano a estendere la partecipazione di Andrea d'Ungheria agli affari di stato, ma, come nota il Léonard (Histoire de Jeanne Ière,I, p. 481), il partecipare addirittura al complotto era contrario ai suoi stessi interessi, poiché la moglie dell'A., Maria, era l'crede al trono, fin quando la coppia reale non avesse avuto figli. D'altra parte, il delitto era inutile perché Giovanna, al momento .del delitto, era incinta di cinque mesi.
Non mancarono voci, raccolte da cronisti, che accusavano l'A. di aver pensato all'uccisione d'Andrea e di Giovanna insieme, per impadronirsi del potere, ma non esiste alcun documento che dia consistenza a tali dicerie.
Certo l'A., nel dicembre del 1345, fu tra coloro che, nella prospettiva delle nuove nozze di Giovanna con Luigi di Taranto, si schierarono all'opposizione, cercando di impedirle ed esigendo approfondite indagini per l'assassinio di Andrea d'Ungheria, tanto più che insisteva minaccioso da Budapest il fratello d'Andrea, Luigi, mentre anche Clemente VI, alto sovrano dell'Italia meridionale, richiedeva giustizia.
Dall'intreccio di così complicate vicende esplose il moto del 6-10 marzo 1346, di cui fu appunto uno dei protagonisti l'A., che col cugino Roberto di Taranto riuscì a controllare la città di Napoli, ad impadronirsi della regina col neonato Carlo Martello e, infine, a catturare e giustiziare sia i presunti esecutori materiali, sia i mandanti dell'assassinio d'Andrea. Quando però vide profilarsi la possibilità d'un matrimonio fra Roberto e la regina, Carlo tentò di sfruttare la situazione, prima sforzandosi d'impedirlo, provocando l'ostilità del cugino, e poi di trame vantaggi finanziari e territoriali. Ma ristabilì l'accordo con Roberto appena la regina, abbandonando il disegno delle nozze con Roberto, si apprestò a sposare l'altro cugino Luigi. Giovanna, da parte sua, per dargli soddisfazione e per tenerlo alleato, consentì al matrimonio del figlioletto Carlo Martello con la figlia di Carlo, Giovannella. L'A. ottenne inoltre di capeggiare una spedizione militare contro l'Aquila, che era insorta in previsione dell'arrivo degli Ungheresi.
Con rapido cambiamento di politica, l'A., all'arrivo di Luigi d'Angiò, re d'Ungheria, venuto contro il Regno di Napoli, con un esercito, per vendicare l'assassinio del fratello Andrea, ne favorì la venuta, andandogli incontro da Napoli ad Aversa il 19 genn. 1346. Ma pochi giorni dopo, il 22 gennaio, fu accusato da re Luigi di essere stato alla testa della congiura contro Andrea d'Ungheria e decapitato l'indomani a Napoli, mentre il suo palazzo veniva messo a sacco e la moglie con le tre figliolette (una quarta nacque postuma) era costretta a rifugiarsi nel convento di Santa Croce.
L'esecuzione di Carlo, decisa per dare un esempio di severa vendetta e non su basi giuridiche di qualche valore, fece enorme impressione e tolse molte simpatie al sovrano ungherese.
Principe di notevoli capacità militari e politiche, l'A. fu anche protettore di letterati e poeti, come risulta dai legami d'amicizia ch'ebbe col Petrarca.
Bibl.: C. Minieri Riccio, Studi storici fatti sopra 84 registri angioini dell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1876, pp. 9, 28, 45; Id., Genealogia di Carlo II d'Angiò re di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napol.,VII (1882), pp. 57, 673 s.; VIII (1883), pp. 20, 30 s., 199 s., 208-220; M. Camera, Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I regina di Napoli e Carlo III di Durazzo,Salerno 1889, pp. 7 s., 96; G. Ceci, Il giuoco a Napoli durante il Medioevo,in Arch. stor. per le prov. napol.,XXI (1896), p. 304; G. De Blasiis, Le case dei principi angioini nella piazza di Castelnuovo,in Racconti di storia napoletana,Napoli 1908, pp. 202, 217-20, 222, 227, 232, 247-50, 254, 263, 277, 280, 297 s.; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339),in Rass. crit. d. letter. ital.,XXI(1916), pp. 1, 45-48; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi,I, Firenze 1922, pp. 506, 649; II, ibid. 1930, pp. 243, 266, 322 s.; G. M. Monti, La storia dell'Albania e le sue fonti napoletane, in Studi Albanesi, I(1931), p. 18; E.-G. Léonard, Histoire de Jeanne Ière, 2 voll., Monaco-Paris 1932, passim,v. Indice sub voce Charles de Duras; B. Homan, Gli Angioini di Napoli in Ungheria, Roma 1938, pp. 338-341; E-G.Léonard, Les Angevins de Naples, Paris 1954, pp. 322, 327, 345 s., 348, 350 s., 356, 376.