BRESCIANI, Carlo
Nacque a Brescia il 23 sett. 1876 da Giuseppe e Carolina Rovetta, in una famiglia borghese di vivi sentimenti cattolici. Aderì alla Gioventù cattolica, del cui circolo fu anche presidente. Laureato in giurisprudenza, all'inizio del Novecento entrò nella redazione del quotidiano cattolico IlCittadino di Brescia (diretto fino al 1912 da Giorgio Montini, cui il B. restò sempre legato).
Si interessò subito della attività pubblica degli intransigenti bresciani, che fin dall'ultimo decennio del sec. XIX avevano intrapreso un'intensa attività elettorale in campo amministrativo: stringendo alleanze "contrattate" con i liberali moderati, essi erano riusciti non solo a far valere presso gli alleati le proprie istanze di "tutela dei diritti religiosi" (specie nel settore dell'istruzione), ma anche a mandare propri esponenti nel consiglio comunale e in quello provinciale.
L'accordo con i moderati (fino al 1904 limitato alle elezioni amministrative, in omaggio al non expedit, poiesteso alle politiche) fu dal B. sostenuto, con articoli e con l'attività svolta nel comitato diocesano, quale mezzo efficace per l'affermazione di un'influenza cattolica nella società: in concreto, per contrastare la politica spiegata dal blocco popolare, al potere nel comune di Brescia dal 1906, nonché per consentire ai cattolici di "innestarsi" senza pregiudiziali nella "realtà nazionale". In questa linea, convinto della possibilità da parte delle masse contadine di sgominare con il voto i concentramenti bloccardi e aumentare il peso politico dei cattolici, il B. plaudiva alla introduzione del suffragio universale nel 1912. Ma, contemporaneamente, l'intenzione (comune a tutto il gruppo bresciano, dal Montini al Longinotti) di dimostrare come definitivo il superamento dell'antagonismo di principio allo Stato liberale lo induceva non solo a insistere sull'alleanza con le "forze affini" moderate (che avrebbe dovuto dar vita al "partito di maggioranza del domani"), ma ad accentuare le manifestazioni di "spirito patriottico". Questa tendenza (e l'influsso dei moderati bresciani, salandrini convinti, in alleanza con i quali i cattolici ottenevano strepitosi successi nelle elezioni amministrative del '14 e del '15) collocò il B., nel dibattito sull'intervento nella guerra mondiale, in una posizione di punta tra coloro che condizionavano la neutralità al soddisfacimento dei "sacri interessi della Patria". Divenuto direttore del Cittadino di Brescia nel marzo 1915, in seguito al passaggio di P. Cappa all'Avvenire, egliesortava alla disciplinata fiducia nel governo. Durante la guerra si mantenne comunque in linea con le posizioni di Meda. Alla fine del conflitto il B. era uno dei più influenti membri del mondo cattolico di Brescia: presidente della giunta diocesana di Azione cattolica, consigliere di amministrazione della Banca S. Paolo, dirigente della "Famiglia cooperativa". Il 16 e 17 dicembre 1915 partecipava a Roma alla "Piccola costituente" da cui nacque il Partito popolare italiano e subito dopo si dedicò con entusiasmo, nella sua provincia, all' organizzazione del partito (di cui il Cittadino venne dichiarato organo ufficiale).
Al primo congresso del partito popolare a Bologna nel giugno del '19, il B. intervenne nel dibattito sulla tattica elettorale, sostenendo la utilità dell'alleanza con i moderati e illustrando le vantaggiose realizzazioni ottenute nella sua città. Affermatasi la tesi della "rigida intransigenza" in campo nazionale, a Brescia tuttavia per le elezioni del novembre la lista popolare comprese due esponenti della "parte liberale non anticlericale", mentre il Cittadino (il B., sempre direttore del giornale, era stato eletto segretario provinciale del partito) sviluppava la campagna elettorale in senso prevalentemente "antibolscevico"; non mancavano tuttavia aspre polemiche con i vecchi avversari radicali della Provincia di Brescia.
L'ampio successo elettorale dei popolari e poi l'avversione manifestata dai liberal-conservatori alle iniziative generali e locali del partito, specialmente riguardo al sindacalismo bianco (nel Bresciano assai sviluppato, ma lontano in genere da estremismi), conducono per ragioni di coerenza politica e ideologica all'estinzione dei residui clerical-moderati. Il B., per il quale a base di tutta l'attività politica è un "sincero e profondo spirito cristiano di apostolato", e che perciò vede strettamente connessi, per la "restaurazione morale della società", l'aspetto religioso, quello sindacale e quello politico (IlCittadino di Brescia, 1º genn. 1921), si trova a dover polemizzare dapprima garbatamente, poi in modo sempre più accentuato con i vecchi alleati della Sentinella che, insieme con la Provincia, ora insulta gli organizzatori bianchi, osteggia le richieste di più equi patti colonici e più tardi simpatizza con le imprese dei fascisti contro le organizzazioni socialiste e cattoliche.
Alle elezioni politiche del 1921 il B. si presentò (con una posizione di centrodestra) candidato nella lista del partito popolare per il collegio Bergamo-Brescia ed ottenne il successo, mentre il partito compiva nella zona buoni progressi. Alla Camera, ove fu eletto nella commissione direttiva del gruppo popolare e fece parte prima della commissione permanente Finanze e Tesoro, poi di quella Esteri e Colonie, intervenne su questioni che interessavano l'economia della sua provincia; inoltre per l'istruzione religiosa; in protesta per offese alla morale e alla religione, per aggressioni socialiste e fasciste.
L'atteggiamento del B. nei confironti del fascismo in ascesa fu caratterizzato da una netta e puntuale condanna delle violenze contro le persone e le cose, ma da un giudizio politico non sempre ostile emergeva il solito complesso di inferiorità in materia di patriottismo, cui si univa un'ingenua soddisfazione per le espressioni di deferenza verso il cattolicesimo da parte dei dirigenti fascisti.
Così anche dopo l'invasione da parte dei fascisti, il 28 ott. 1922, del palazzo S. Paolo, sede bresciana delle istituzioni cattoliche e del Cittadino, e dopo gravi episodi di aggressione a dirigenti popolari, il B. si dichiarava convinto della necessità dell'appoggio al governo Mussolini per la "restaurazione dello Stato", e più tardi sosteneva l'astensione a proposito della discussione sulla legge Acerbo.
Ma la remissività della segreteria politica del P.P.I. di Brescia non impedì la prosecuzione delle violenze fasciste, né l'uscita degli elementi di destra, né la perdita delle, amministrazioni della provincia. Dopo il congresso di Torino il B. lanciava (con Longinotti) la formula "né opposizione, né collaborazione", che condannava all'immobilismo pratico il partito; successivamente per difendere le organizzazioni bianche minacciate ne proponeva l'assorbimento nell'Azione cattolica.
Già all'inizio del '24, tuttavia, il B. mostrava di aver perso la fiducia nella funzione normalizzatrice del fascismo. Abbandonata la segreteria del partito popolare di Brescia, dalle pagine del Cittadino protestò con energia contro chi proclamava inutili i partiti e confondeva la religione cattolica "con gli accorgimenti degli uomini per attuare l'ordine materiale e il dominio umano dei popoli".
Rieletto deputato nel 1924, dopo il delitto Matteotti aderì all'Aventino. Attuava intanto sul suo giornale (sempre più spesso colpito da sequestri) una cauta ma decisa polemica con l'organo fascista IlPopolo di Brescia. Nel novembre del '25 i fascisti devastarono la tipografia del Cittadino e constrinsero poco dopo il B. ad abbandonare la direzione e a lasciare per qualche tempo la sua città.
Dichiarato decaduto dal mandato parlamentare nel 1926, si ritirò a vita privata, mantenendo tuttavia molti rapporti con i vecchi popolari. Dopo il secondo conflitto mondiale il B. riprese con entusiasmo l'attività politica nella Democrazia cristiana, di cui nel '45 fu consultore nazionale. Dal '46 al '48 fu direttore del settimanale del partito IlCittadino, e poi collaboratore del Giornale di Brescia.
Morì a Brescia l'11 sett. 1962.
Fonti e Bibl.: Atti parlamentari Camera deiDeputati,Discussioni, leg. XXVI, 1921-23, pp. 5214-16, 9762, 9817; Gli atti dei congressi delPartito popolare italiano, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, ad Indicem;F. Fonzi, G. Tovini e icattolici bresciani, in Riv. di storia della Chiesain Italia, IX (1955), pp. 233-248; G. Spadolini, Giolitti e i cattolici, Firenze 1960, p. 285; A. Fappani, La resistenza bresciana..., Brescia 1962, ad Indicem;Id., Icattol. bresciani..., in Benedetto XV,i cattolici e la prima guerra mondiale, a cura di G. Rossini, Roma 1963, pp. 481-498; G. L. Masetti-Zannini, Nell'unità italiana, in Storia di Brescia, IV, Brescia 1964, pp. 488, 504-506; M. G. Rossi, F. L. Ferrari. Dalle leghebianche al partito popolare, Roma 1965, ad Indicem;G. De Rosa, Storia del movimento cattolicoin Italia, Bari 1966, I, p. 587; II, ad Indicem;A. Vezzoli, Il partito popolare a Brescia attraverso "Il Cittadino di Brescia" (1919-1926), Brescia 1966, ad Indicem;G. Spataro, I democraticicristiani dalla dittatura alla repubblica, Milano 1968, ad Indicem.