PIAZZA, Carlo Bartolomeo
PIAZZA, Carlo Bartolomeo. – Nacque a Milano il 16 gennaio 1632 «da civili parenti» (Gimma, 1703, p. 55)
Dopo gli studi in seminario e la laurea in teologia entrò giovanissimo nella Congregazione degli Oblati di Milano esercitando il ministero sacerdotale «secondo la tradizione di zelo e di pietà impressa da San Carlo al clero lombardo» (Apolloni, 1965, p. 45). Presso la diocesi milanese e per volere dell'arcivescovo, il cardinale Alfonso Litta, fu preposto alla direzione degli esercizi spirituali del Seminario della Canonica non soltanto per gli ordinandi ma anche «per gl’inviati del Tribunale, acciocché ne’ costumi fossero riformati» (Gimma, 1703, p. 56). A Litta, che nel frattempo lo aveva nominato priore generale della Dottrina cristiana, segnalò per primo nel 1658 la «perniciosa dottrina» (p. 56) diffusa dall’alchimista Giuseppe Francesco Borri presso l’oratorio milanese di Santa Pelagia. Il primo dei suoi lavori fu un panegirico composto in onore della canonizzazione di Francesco di Sales avvenuta a Roma il 28 dicembre 1661. Declamato presso la chiesa del monastero della Visitazione di Arona, fu poi dato alle stampe e seguito da un «gran volume» sulla vita del santo (Argelati, 1735, col. 1098).
Si trasferì quindi a Padova, dove il vescovo Gregorio Barbarigo «lo onorò di amicizia e incarichi» (Apolloni, 1965, p. 45). Piazza fornì un apporto consistente all’organizzazione del seminario trasferito nel monastero del Vanzo, rifondato nel 1669 da Barbarigo sul modello borromaico che comprendeva l’istituzione di un corpo docente dipendente dalle direttive vescovili, l’insegnamento di una pratica intellettuale incentrata sul valore dell’historia e una disciplina che attingeva alla Ratio studiorum gesuitica nella quale venne poi inserito il De rethorica ecclesiastica ad clericos di Agostino Valier con presentazione di Piazza, nell’edizione del 1672, che lo definì «magnae eloquentiae, pietatis, ac eruditionis lumen» (Pugliese Carratelli - Bartoli Langeli, 1997, p. 340;Olivieri, 1999, p. 258). Nominato, come scrisse Barbarigo a Litta il 23 gennaio 1671, «alla presidenza del seminario che da lui deve attendere l’ultima mano e forma d’ottimo governo» (Archivio di Stato di Padova, Mss., 1161, IV, f. 57-59 cit. in Billanovich, 1999, p. 427), in qualità di visitatore generale, si interessò inoltre alla fondazione della «tanto sospirata» (p. 427) Congregazione degli Oblati a Padova, avvenuta il 12 marzo 1671, alla quale toccava «accendere i popoli alla pietà con le opportune esortazioni» in preparazione alle visite pastorali (Cavazzana, 1999, p. 737). Richiamato a Milano da Litta, fu destinato a una prebenda teologale cui dovette rinunciare «per conservare la propria salute cotanto affaticata negli affari Ecclesiastici» (Gimma, 1703, p. 57). Si trasferì così a Roma, dove rimase sino alla fine dei suoi giorni, ricoprendo molti uffici. Fu deputato dal cardinale vicario Gaspare Carpegna a visitatore di monasteri, di conservatori, di parrocchie e di luoghi pii.
Per il giubileo del 1675, onde «eccitare alla divozione dei fedeli» (p. 57), compose e pubblicò il Santuario, ovvero Menologio Romano perpetuo per la visita delle sette Chiese, feste, stazioni e cose sacre memorabili in Roma, opera particolarmente gradita a Clemente X che lo nominò consultore della Congregazione dell’Indice, attribuendogli anche una badia nel Pavese.
Era la prima di una serie di fortunate pubblicazioni dedicate alla carità e alla devozione romana tra cui: Opere pie di Roma, descritte secondo lo stato presente (Roma 1679); Emerologio sagro di Roma cristiana, e gentile (Roma 1694); Hieroxenia overo Sagra Pellegrinazione alle sette chiese di Roma (Roma 1694); Eusevologio romano, overo Delle opere pie di Roma, accresciuto, & ampliato secondo lo stato presente. Con due trattati delle accademie, e librerie celebri di Roma (Roma 1698); Eortologio o delle Sacre Stazioni Quaresimali (Roma 1702), uno studio che si inseriva in una tradizione erudita risalente alla Historia delle Stationi di Roma di Pompeo Ugonio del 1588 e offriva dettagliate descrizioni sulle cerimonie del culto e gli edifici sacri dell’Urbe ma anche su «straordinari eventi suggeritigli da tradizioni a volta leggendarie» (Apolloni, 1965, p. 48).
Al di là dei titoli suggestivi e dello sfoggio di erudizione, le opere di Piazza sono state successivamente oggetto di severe critiche sia sul piano editoriale, in quanto «disadorne e poco accurate» (Prefazione, 1858, pp. X-XI), pubblicate a caratteri «grossi quasi grossolani» (Apolloni, 1965, p. 43) come l’Eortologio, definito dal curatore di una successiva edizione talmente «riboccante di errori» e imprecisioni da renderne «quasi insopportabile la lettura» (Prefazione, 1858, pp. X-XI), sia per l’uso disinvolto delle fonti. È questo il caso, per esempio, dell’Eusevologio dove, come scrisse Morichini, «giovandosi delle fatiche del Fanucci», autore del celebre Trattato di tutte le opere pie del 1601, Piazza aveva descritto «tutte le opere di carità con molto amore ma non con pari filosofia» (Morichini, 1835, p. VI). Edizione ampliata delle Opere Pie di Roma, l’Eusevologio era inoltre arricchito, anche se in modo qui e là inaccurato, dalla descrizione di circa sessanta biblioteche romane pubbliche e private per la quale Piazza si era avvalso «con mano piuttosto disinvolta» della Nota delli Musei, Librerie, Gallerie e Ornamenti di statue e pitture ne’palazzi, nelle case e ne’giardini di Roma di Giovanni Pietro Bellori (Vian, 1965, p. 137).
In realtà, come ha osservato P. Stella, vero scopo dell’intera opera di Piazza era quello di celebrare l’immagine di Roma come «caput mundi nell’esercizio della carità» e della devozione barocca, pomposamente esaltate anche nell’Emerologio sagro e negli Hieroxenia, ma anche come sede del «sommo monarca e imperatore del cielo e della terra» (Stella, 2000, p. 774). Nel suo La gerarchia cardinalizia (Roma 1703) arrivò a deplorare il gusto coevo per «i rottami dei marmi» e la «spazzatura delle colonne» esaltando la sua «Roma Moderna, o Religiosa ne’ suoi riti, e cerimonie, e Cristiana ne’ suoi incensi e sacrifizi, o magnanima nelle sue beneficienze a tutte le Nazioni, o gelosa delle sue Evangeliche leggi, Canoni e discipline; o magnifica nei suoi tempi, e basiliche; o maestosa nella sovranità del suo Gerarchico Principato» (La Gerarchia, Al Lettore, p.n.n.). Una visione apologetica e un esercizio parenetico, quelli di Piazza, che stridevano da un lato con la realtà di un sistema assistenziale all’epoca già fiaccato dalla crisi economica e finanziaria della città e, dall’altro, con la sensibilità di chi, sulla base di altre letture di orientamento protestante o sarpiano, vedeva negli scritti di Piazza un’abile operazione di «copertura di mire politiche in contrasto con gli orientamenti delle sovranità nazionali e con quelli della cultura moderna» (Stella, 2000, p. 774). In questa chiave va letto anche l’elogio di Clemente IX nella prefazione dell’Eortologio quando, rivolgendosi al pontefice, alludendo forse alle recenti vittorie dei cristiani contro i turchi in Ungheria, lo definisce «gran capitano e duce della Chiesa militante, al braccio poderoso del cui zelo magnanimo ha dato Iddio in guardia e guida del suo popolo eletto» (Eorterologio, Roma, 1702, p. 2).
La carriera ecclesiastica di Piazza avanzò con successo sotto il pontificato di Innocenzo XI, che lo nominò prefetto della disciplina ecclesiastica e visitatore apostolico, ufficio da lui esercitato per sei anni con «notabili travagli per l’esecuzione de’ suoi decreti fatti nella visita de’ Luoghi pii della Città» (Gimma, 1703, p. 57), finché nel 1684 divenne arciprete del Capitolo di Santa Maria in Cosmedin. Fu per tre volte visitatore della diocesi di Sabina: la prima per mandato del cardinale Niccolò Albergati Ludovisi, penitenziere maggiore, la seconda del cardinale Giannicolò Conti e la terza per commissione della Congregazione dei Vescovi e Regolari, sotto il pontificato di Innocenzo XII. Il cardinale Mario Albrizio lo fece visitatore di Tivoli, il cardinale Lorenzo Raggi di Palestrina, il cardinale Alderano Cybo-Malaspina di Frascati e il cardinale Cesare Facchinetti di Ostia e Velletri. Fu anche vicario generale di Ostia per otto anni (Prefazione, 1858, p. IX) e nel 1698 fu quindi eletto camerlengo del clero romano nella basilica di San Pietro in Vaticano (Gimma, 1703, p. 58).
Morì a Roma il 23 marzo 1713 e fu sepolto a Milano nella chiesa di San Carlo al Corso.
Per le opere sia a stampa sia inedite cfr. le bibliografie redatte da Gimma (1703, pp. 60 s.), Argelati (1745, col. 1098-1099), Agricola (1780, pp. 196-198) tra cui, oltre a quelle citate: Orazione sacra in lode del venerabile servo di Dio Francesco di Sales uescouo […] Detta nella chiesa delle RR. MM. Visitatione, sotto l'instituto del medesimo Beato, nel borgo d'Arona. In occasione delle publiche allegrezze fatte per la medema beatificatione, Milano 1662; Iride sagra spiegata nei colori degli abiti ecclesiastici, Roma 1682; Efemeride vaticana per i pregi ecclesiastici d'ogni giorno dell'augustissima basilica di S. Pietro in Vaticano, Roma 1687; Cherologio, ovvero Discorso dello stato vedovile spiegato colle memorie illustri di S. Paola Vedova, Roma 1708; Necrologia overo discorso de misteri de' sacri riti, e cerimonie ecclesiastiche ne' funerali, et esequie de' morti, Roma 1711. Contrariamente a quanto affermato nel Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani di Gaetano Melzi (II, Milano 1852, p. 188), non è invece attribuibile a Piazza la Mendicità proveduta nella città di Roma coll’ospizio publico fondato dalla pietà e beneficenza di N. S. Inn. XII P. con le risposte all’objezione contro simili fondazioni (1693) di Francesco Nazari (Carella, 2007, p. 100).
Fonti e Bibl.: A. Perlasca, Alexandri Perlascae Panegyrici XXXVI viris illustribus dicti in laureae literariae gratulatione, Milano 1668, p. 358; F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano 1670; Lettera d'informazione di Mons. Giovanni Ciampini delle qualità, e condizioni dell'ab. C.B. P. scritta ad N. N. nel mese di maggio 1698, Roma s.d.; G. Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, I, Napoli 1703, pp. 53-62.
G.M. Crescimbeni, Istoria della basilica diaconale di S. Maria in Cosmedin di Roma, Roma 1715, p. 285; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, 1735, col. 1097-1099; P.F. Agricola, Saeculi XVIII. Bibliotheca ecclesiastica authorumque notitiae bibliographicae, II, Hannover 1781, pp. 193-199; C.L. Morichini, Degl'istituti di pubblica carità e d'istruzione primaria in Roma: saggio storico e statistico, I, Roma 1835, p. VI; Prefazione a Eorterologio ovvero Le sacre stazioni romane e feste mobili dell’abate Carlo Bartolomeo Piazza, Roma 1858, pp. VII-XI; Oblati e missionari diocesani di Padova, Padova 1947, p. 11; E. Apolloni, L’Eortologio del Piazza, in Almanacco dei bibliotecari italiani, 1965, pp. 43-50; N. Vian, Biblioteche romane prima del ’70, ibid., pp. 135-163; F. Della Seta - F. Piperno, Francesco Gasparini (1661-1727). Atti del primo Convegno internazionale, Firenze 1981, p. 284; B. Contardi, La mendicità provveduta, in B. Contardi - C. Curcio - E.B. Di Gioia, Le immagini del Ss.mo Salvatore, Roma 1989, pp. 17-39; M. Fagiolo, La festa a Roma. Atlante, Torino 1997, p. 80; G. Pugliese Carratelli - A. Bartoli Langeli, La città e la parola scritta, Milano 1997, p. 340; L. Billanovich, L' episcopato padovano (1664-1697): indirizzi, riforme, governo, in Gregorio Barbarigo patrizio veneto, vescovo e cardinale nella tarda Controriforma (1625-1697), a cura di L. Billanovich - P. Gios, Padova 1999, pp. 395-481; L. Cavazzana, Mons. Sebastiano De Grandis (1636-1710) rettore del seminario di Padova: note per un profilo biografico, ibid., pp. 723-744; F. De Vivo, I padri somaschi a Padova nel periodo del Barbarigo, ibid., pp. 339-351; A. Olivieri, Gregorio Barbarigo: sul ‘De historia’, ovvero Sul tempo, nel secondo Seicento, ibid., pp. 253-294; P. Stella, Tra Roma barocca e Roma capitale: la pietà romana, in L. Fiorani - A. Prosperi, Roma, la città del papa, Torino 2000, pp. 753-785; P. Giovannucci, Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo, Roma 2001, p. 291; C. Carella, L'insegnamento della filosofia alla “Sapienza” di Roma nel Seicento: le cattedre e i maestri, Firenze 2007, p. 100; L. Roscioni, La carriera di un alchimista ed eretico del Seicento: Francesco Giuseppe Borri tra mito e nuove fonti, in Dimensioni e problemi della ricerca storica in età moderna, 2010, n. 1, pp. 149-186.