Regista cinematografico danese (Copenaghen 1889 - ivi 1968); uno degli autori di maggiore rilievo della storia del cinema. Fuori da ogni prospettiva di generi, coerente nel portare fino alle ultime conseguenze la logica di situazioni estreme, D. ha costituito il prototipo del regista-autore, sebbene molti suoi film siano tratti da opere preesistenti; anche per questo, forse, è stato a lungo inserito tra gli esponenti di un cinema "spirituale" o genericamente "religioso", sulla base del tutto estrinseca dei temi trattati. Ha vinto il Leone d'oro a Venezia, nel 1955, per Ordet (1954, "La parola").
L'ambiente luterano nel quale visse la prima parte della sua vita e la cultura che assimilò lasciarono traccia nella predilezione per problematiche esistenziali intrise di dubbî metafisici, per ansie religiose che si univano all'attenzione per l'occulto. Già le prime opere sono un'analisi di contrasti individuali che proiettano risonanze nell'ambiente sociale e nell'epoca storica: Praesidenten ("Il presidente", 1918-20) esamina un dramma di coscienza, mentre Blade af Satans Bog (Pagine del libro di Satana, 1919-21) illustra fenomeni storici di intolleranza: il Male e il suo intervento nella storia si precisano come un interesse preminente. Temi analoghi, o loro diramazioni, si trovano anche in opere seguenti, girate tra il 1920 e il 1926. Del 1927 è il suo primo capolavoro riconosciuto, La passion de Jeanne d'Arc: sulla base della documentazione storica prende consistenza il contrasto tra spontaneità e ordine, tra chiusura storica della religione e apertura della fede. Partendo dai fatti il film tende a far diventare esemplare il conflitto narrato; ciò è reso possibile dall'andamento stilistico, da una riduzione degli elementi drammatici che porta ad ampliare i significati; diventerà un classico proprio per la straordinaria utilizzazione degli elementi stilistici: spazio, luce, espressività dei volti sono i fattori portanti. La complessità degli umori culturali di D. emerge anche in Vampyr (1931), suo primo film sonoro. Partendo da una storia di stregoneria e occultismo l'autore si inoltra nel tema del mistero e delle sue continue interferenze con la realtà, arrivando a toccare il problema della razionalità e della scienza, del loro limite e della loro impotenza. L'ampliamento della problematica religiosa sta alla base di Vredens Dag (Dies irae, 1943): una storia di intolleranza superstiziosa serve, ancora, ad affrontare la presenza del Male nel mondo, a cogliere risonanze ampie (rapporto tra fede e ragione). Dopo alcuni documentarî il regista realizzò nel 1954, da un dramma di Kaj Munk, Ordet ("La parola"), Leone d'oro a Venezia nel 1955, in cui forze dell'individuo si confrontano con la trascendenza attraverso il grande mistero della morte. La tensione stilistica è costante, e in essa si mescolano le possibilità autonome del cinema con le influenze della pittura e dell'architettura. Nel 1964 riuscì a girare Gertrud, una storia d'amore che diventa quasi una metafora della tensione umana verso l'assoluto, dell'affermazione della possibilità di scelta. L'eccezionalità senza drammi della storia raccontata dà peso a una visione del mondo per cui ogni rimedio alla tragica provvisorietà dell'esistenza è votato alla sconfitta. L'accettazione della solitudine e la coscienza dello sforzo danno però senso alla vita. La narrazione ha un tono austero che permette il salto verso l'allegoria: la scenografia, la recitazione, la scansione dei piani e delle inquadrature hanno un'apparenza di staticità, in realtà servono a dilatare il senso di quello che si vede.