CAPIGLIATURA (fr. chevelure; sp. cabellera; ted. Haarwuchs; Haarbekleidung; ingl. hair)
Nella capigliatura umana si possono riconoscere tanto rapporti col manto dei mammiferi, quanto caratteristiche particolari al genere umano; tra quest'ultime si tromno, secondo le razze, differenziazioni così notevoli da trovare applicazioni nella distinzione delle razze. L'acquisizione del manto peloso, quale riparo per la conservazione del calore, ha fatto degli animali pelosi - l'uomo e gli altri mammiferi - animali di sangue caldo, esseri omeotermici, anche se fra le varie specie è subentrato successivamente un regresso del manto pilifero. La diminuzione della pelosità, molto progredita nell'uomo, si può riscontrare nel suo principio, in certo senso, già nelle scimmie antropomorfe.
Pelosità in generale. - Per i mammiferi e gli uomini sono caratteristiche sia struttura e nascita del pelo, sia una certa particolare disposizione dello stesso per formare l'abito pilifero. Allo stato sviluppato il pelo si compone dello stelo, sporgente dal derma (scapus pili) e della radice, affondata nel derma (radix pili). Nello stelo si possono osservare, con l'aiuto del microscopio, dall'esterno all'interno, tre strati: 1. la cuticola del pelo (epidermicula), che consiste di cellule incolore, piatte, oblunghe, senza nucleo, cornee, le quali circondano il pelo a mo' d'anello in varia disposizione secondo le varie specie di mammiferi. L'epidermicula è dentellata all'esterno, quindi più o meno ruvida; 2. lo strato corticale (substantia corticalis pili): è l'elemento più importante del pelo e comprende numerose cellule cornee, parallele all'asse longitudinale dello stelo, le quali possono contenere granuli di pigmento; 3. lo strato midollare (substantia medullaris pili), che è del tutto disforme presso i mammiferi e consiste di cellule contenenti granuli e aria; può mancare talvolta completamente nel pelo sottile ed è spesso interrotto anche nel pelo grosso. La parte del pelo affondata nella cute, la radice del pelo, termina in un ingrossamento a campana, il bulbo (bulbus pili), nella cui cavità si trova la papilla (papilla pili). La radice del pelo è piantata in un'introflessione della cute, chiamata follicolo (folliculus pili), il quale è fornito dagli stessi strati del derma, cioè epidermide e corio. All'epidermide (epidermis) corrisponde la guaina esterna della radice, che, aderendo alla radice del pelo, si trova, quale rivestimento del bulbo, fra questa e la papilla. Questo distretto pigmentato che ricopre la papilla ed è formato da cumuli disordinati di cellule si chiama matrice e rappresenta il punto di formazione del pelo vero e proprio, il quale si trova entro la radice insieme con i tre strati della cosiddetta guaina interna della radice (cuticola della guaina, guaina di Huxley, guaina di Henle). Al di fuori della guaina esterna della radice, derivati dal cornio, si trovano la tunica vitrea e i cosiddetti tessuti connettivi del follicolo del pelo. Con i tessuti connettivi sono in congiunzione le ghiandole del grasso (glandulae sebaceae) e le grandi ghiandole glomeriformi (ghiandole sudoripare, ghiandole apocrine); inoltre un muscolo sottile (musculus arrector pili). Nell'uomo le ghiandole apocrine sono in corrispondenza con i peli solo nella cavità ascellare, nei genitali, nella ghiandola mammaria. Finché il pelo sta fitto nella matrice si chiama pelo vivo; quando se ne distacca, nel qual caso comincia la caduta, esso si frastaglia nella sua parte inferiore ed assume forma quasi di pennello. Il nuovo pelo nasce da una nuova lamella della matrice, uscendo dalla vecchia papilla. La disposizione dei peli per l'abito pilifero avviene in "gruppi di tre"; vale a dire che tre peli sono l'uno all'altro strettamente vicini nella cute; vi s'inserisce quindi un intervallo, al quale segue di nuovo un gruppo di tre. I gruppi successivi formano delle serie e queste si sovrappongono l'una all'altra in guisa che agl'intervalli di una serie corrispondano i gruppi a tre della prossima. Questa disposizione del pelo si riscontra in tutti i mammiferi; solo i capelli della testa nell'uomo possono essere formati da gruppi da due a cinque. Tale ordinamento in gruppi a tre si fa derivare dal rivestimento squamoso di cui erano provvisti una volta i mammiferi, e nel quale sussistevano allo stesso tempo peli e squame, di guisa che dal di sotto dell'orlo libero di ogni squama spuntavano regolarmente dalla cute tre peli. Non è affatto raro il caso di riscontrare anche oggi nei mammiferi attuali peli e squame insieme. Quando l'abito pilifero dell'individuo adulto, in conseguenza del presentarsi di peli secondarî accanto ai tre peli originarî o di altre influenze, non mostra più la disposizione primitiva, questa trova sempre riscontro nell'embrione (fetus). Le prime inserzioni per lo sviluppo di un abito pilifero si trovano già nello stadio embrionale dell'uomo e del mammifero. Il pelo si forma nei rudimenti dell'epidermide; dalle cellule più strettamente unite di questo strato cutaneo si sviluppa l'embrione del pelo, che, quale zaffo, penetra successivamente nello strato cutaneo sottoposto, chiamato corio (corium). Il corio a sua volta fa uscire la papilla e la parte connettiva del manto pilifero. Il pelo vero e proprio spunta in forma cilindrica, circondato dai menzionati tre strati di cellule della guaina interna della radice, fuori dal centro della matrice del pelo. La guaina interna della radice l'accompagna tuttavia solo fino all'altezza della ghiandola sebacea. Immediatamente al di sopra esso sovrasta l'epidermide come pelo libero.
L'uomo appartiene alle specie dei mammiferi più povere di peli; tuttavia egli ha prima della nascita un completo abito peloso (lanugo fetalis). I primi abbozzi piliferi furono riscontrati nell'uomo nell'embrione di soli 24 mm. di lunghezza, e precisamente nell'arco sopraccigliare, sul labbro superiore e sul mento. Al principio del quarto mese embrionale tutto il corpo è ricoperto da un abito peloso formato da piccoli peli finissimi, privi di sostanza midollare, la cosiddetta lanugine fetale. All'epoca della nascita, ma anche un po' prima o dopo, quest'abito peloso cade interamente. Circa la pigmentazione di questo primo abito peloso intrauterino le cognizioni sono molto scarse. È constatato che bambini europei vengono alla luce anche con lanugine nera, che, dopo la caduta, viene sostituita da una peluria infantile bionda o bruna. Di solito la lanugine degli Europei è molto poco pigmentata; i bambini australiani pare abbiano una lanugine fetale biondo-chiara.
L'abito peloso fetale si differenzia fin da principio in peli del corpo, del capo, delle sopracciglia e ciglia. Liberi da lanugine rimangono: le palme delle mani, le piante dei piedi, la parte superiore delle terminazioni delle dita delle mani e dei piedi, le parti ricoperte da mucose ecc.; questi confini si conservano anche successivamente nell'abito peloso definitivo. La lanugine fetale viene sostituita dalla peluria infantile. Se non sopravviene il cambiamento completo del pelo, se cioè la lanugine fetale continua a sussistere, come tale, per tutta la vita, il corpo intero, la testa e specialmente la faccia, sono ricoperti da peli lunghi e morbidi come la seta: si ha cioè il fenomeno della sovrabbondanza di pelo lanuginoso (hypertrichosis lanuginosa). Quest'ipertricosi è ereditaria, altrettanto come il fenomeno opposto, l'ipotricosi (hypotrichosis), che è l'incapacità del corpo di formare, dopo la caduta della lanugine, la peluria infantile e le successive differenti qualità di pelo. L'abito di peluria infantile ricopre di peli sottili, corti e debolmente colorati la faccia e il corpo del fanciullo fino circa il suo quattordicesimo anno; segue poi il rivestimento definitivo o terminale, il quale soppianta la peluria infantile, non però in tutte le parti del corpo: nel maschio essa rimane sulla faccia, là dove non si sviluppa la barba, in certe parti del collo, del tronco e delle estremità; nella femmina, in misura molto più estesa, sulla faccia e sul corpo. All'epoca della pubertà la peluria infantile si trasforma in abito peloso mediano (secondo Pinkus): si formano peli più robusti, colorati, lunghi 1 cm. Col progredire della pubertà questo abito peloso mediano si trasforma in certi punti, col diventare più grosso, più lungo e più fitto, in abito peloso terminale e, sotto l'influenza degli ormoni sessuali, in distretti particolari, in pelosità genitale.
Il pelo definitivo ricopre con sviluppo differentemente accentuato, nel maschio, distretti del tronco e delle membra (petto, schiena, le parti estensorie delle estremità), mentre nella femmina la pelosità definitiva è assolutamente minore (regione sacrale, gamba). Nella faccia si trasformano in peli terminali le sopracciglia e le ciglia. Sotto l'espressione. di pelosità genitale s'intende la copertura di pelo, differentemente limitata secondo il sesso, della regione genitale, la pelosità delle cavità ascellari, dei capezzoli e della faccia (barba). La pelosità genitale infantile è una caratteristica sessuale cosiddetta secondaria. Se l'abito o il terminale sono sviluppati oltre il normale, si parla di vera e propria sovrabbondanza pelosa (hypertrichosis vera).
Mentre nelle razze umane non si riscontra alcuna differenza nella successione dei varî stadî pelosi descritti, differenze sussistono invece in rapporto alla densità. La peluria infantile nelle razze ricche di pelo, come gli Europei, Australiani, Ainu (Arcipelago giapponese), si conserva abbondante e vi si sviluppa poi una pelosità terminale altrettanto folta, mentre nelle razze povere di pelo, come i Boscimani, gli Ottentotti, i Negri, gli Indiani, i Mongoli, non è scarso solo lo sviluppo del pelo terminale ma è fortemente in regresso anche la peluria. Queste differenze nella foltezza del pelo si estendono anche al pelo fisiologico, che nelle razze povere di pelo non mostra divario distinto fra maschi e femmine. È da ritenere come peluria infantile fortemente sviluppata la pelosità di colore chiaro dei giovani Ainu, Australiani, Papua e d'indigeni delle Isole della Lealtà e della Nuova Caledonia, nonché quelle dei Pigmei dell'Ituri, nei quali è limitata al tronco e alle cosce.
Pare che l'epoca della comparsa della barba e della pelosità terminale sia varia presso le singole razze; razze povere di pelo sviluppano più tardi queste specie di pelosità in confronto di quelle ricche di pelo. Hildén riferisce che presso gl'indigeni dell'Altai (Russia) la pelosità terminale e genitale era quasi insussistente nei maschi prima del 25° anno d'età. Anche nelle scimmie antropomorfe si riscontra lo sviluppo di una lanugine e di un'abito peloso terminale, il quale è specialmente fitto sulla superficie estensoria delle estremità e sulla schiena e, all'opposto di quanto si osserva negli uomini, solo scarso sul petto, nelle ascelle e nella regione dei genitali.
La barba, sviluppata normalmente solo nei maschi, si riscontra nelle femmine soltanto nelle razze ricche di pelo oppure nel climaterio la cui foltezza e localizzazione variano secondo le razze; riveste negli Europei le guance, il mento, il labbro superiore (baffi). Nondimeno il fatto che si riscontrano anche in Europa individui con barbe le quali non rivestono che il labbro superiore e il mezzo dell'inferiore mentre le zone laterali sono prive di pelo, sembra debba essere atttibuito a speciali caratteristiche di razza (Europa meridionale). La maggior parte delle razze umane - con eccezione degli Ainu e Australiani - presenta debole sviluppo di barba: solo pochi peli ricoprono il labbro superiore e il mento; spesso si riscontra barba caprina. Pure nelle scimmie antropomorfe si osservano formazioni analoghe a barba; questi peli però sono di struttura differente da quelli dell'uomo, là dove la barba non si congiunge con la pelliccia del capo: essi hanno cioè cavità ripiene di sangue (seni sanguigni), in cui entrano filamenti nervosi sensitivi. Tali peli a seno (peli tattili) sono stati osservati in tutti i mammiferi e così pure nelle scimmie, ma non nell'uomo. Tuttavia fu potuto stabilire un trapasso dai peli a seno ai peli normali sui labbri delle scimmie.
Le sopracciglia nascono come primissimi peli lanuginosi negli abbozzi del pelo, diventano dopo la muta del pelo più grossi e più lunghi e trovano nel pelo terminale la loro ultima espressione. Con curva più o meno accentuata essi sono siti là dove si dispongono presso gli antropomorfi i sopraccennati peli tattili. Nella giraffa, nel cammello, in alcuni colobi e cercopitechi si osserva un'analogia con le sopracciglia umane; la pluralità dei mammiferi possiede peli a seno sopraccigliari. Anche il decorso e la foltezza delle sopracciglia umane dipendono da differenza di razza. In razze molto ricche di pelo si riscontra la confluenza delle sopracciglia nel mezzo, nella cosiddetta globella. Lo studio del pelo sopraccigliare presso i primitivi viene reso più difficile a causa della loro abitudine di depilarsi. Le ciglia sono molto simili nella struttura alle sopracciglia: hanno come queste una vita di circa 150 giorni; sono peli molto forti, ricchi di sostanza midollare, terminano in punta, sono più lunghi nella palpebra superiore che nell'inferiore e fino alla pubertà rappresentano i peli umani più robusti; successimmente vengono superati in robustezza dai peli della barba e dai peli genitali. La lunghezza delle ciglia differisce secondo le razze: negli Europei oscilla fra 8 e 12 mm., nei Giapponesi fra 5 e 8 mm.; la loro posizione rammenta i peli tattili.
La capigliatura dell'uomo è una formazione a lui propria. Nei mammiferi, incluse le scimmie, la copertura del capo è indivisa dal rimanente manto; solo negli antropomorfi si possono ritenere simili all'uomo il limite peloso frontale e la fronte ricoperta di pochi peli lanuginosi. Nell'uomo la capigliatura si forma dopo la perdita della lanugine fetale quale pelo permanente. Se la capigliatura è un fenomeno puramente umano, le sue differenze nelle varie razze sono tanto notevoli, da poter servire come base per una suddivisione del genere umano secondo gruppi. Una serie di particolarità importanti, il decorso dello stelo del capello e la sua sezione, l'inserzione nel cuoio capelluto, la lunghezza e lo spessore, vengono compresi sotto la denominazione: forma del capello.
Forma del capello. - Il capello può avere decorso rettilineo, ondulato o irregolarmente ritorto. I tipi principali risultano nel miglior modo da un raggruppamento (fig. 2), il quale mostra tanto tipi di capelli di razze pure, quanto di razze incrociate (secondo Martin): a) rigido (decorso rettilineo, capello grosso); b) liscio (decorso rettilineo, capello sottile, morbido, flessibile); c) pianamente ondulato (decorso leggermente curvo): i tipi a, b, c, vengono detti lisci o lissotrichi; d) a onde larghe (ondulazioni non profonde); e) a onde strette (ondulazioni vicinissime); f) riccio (largamente ritorto intorno all'asse, punta a spirale): i tipi d, e, f, formano il gruppo ondulato o cimotrico; g) crespo (ogni capello è ondulato irregolarmente); h) crespo-rado (ogni capello si svolge a spirale, indipendentemente dal suo vicino); i) crespo-fitto (le spirali sono molto più strette che in h); k) fil-fil o capello a grano di pepe (è torto a spirale; più capelli s'uniscono insieme); i) spirale (identico a k, ma più lungo): i tipi g, h, i, k, l, vengono riuniti nel gruppo crespo ulotrico.
Al gruppo lissotrico appartengono i Mongoli e i Mongoloidi e gli Europei in quanto si riscontrano fra loro forme ibride del tipo c. La barba e il pelo genitale dell'Europeo sono però nella maggior parte dei casi ondulati (cimotrichi); anche i capelli dei bambini sono spesso ricciuti, sicché l'Europeo appartiene, in generale, ai cimotrichi, al quale gruppo si ascrivono pure gli Australoidi, Indiani Vedda (Ceylon). Al tipo crespo (ulotrico) si assegnano i Negri, i Boscimani, gli Ottentotti, gli Andamanesi, i Melanesiani, ecc., razze cioè di varia specie, poco affini fra loro. Ne risulta che per la determinazione delle razze sono necessarie ancora altre caratteristiche più limitative.
I capelli lisci (lissotrichi) hanno una sezione quasi circolare (fig. 3, a) se si tagliano ad angolo retto rispetto all'asse di lunghezza, ciò che riesce nel miglior modo sulla metà della lunghezza del capello. La sezione dei capelli ondulati (cimotrichi) è più ovale (fig. 3, b); quella dei crespi (ulotrichi) è ellittica, reniforme (fig. 3, c, d). Per ottenere l'indice della sezione si misurano lunghezza e larghezza delle singole sezioni, si moltiplica la larghezza per 100 e si divide il risultato per la lunghezza. L'indice oscilla nei lissotrichi fra 80 e 100; negli ulotrichi fra 50 e 75. Il gorilla ha un indice medio di 65; lo scimpanzé di 66; l'orango di 67,5. L'orango ha, in generale, peli piuttosto ondulati, lo scimpanzé diritti.
Di particolare importanza è la maniera dell'impianto dei capelli nell'epidermide, la struttura del follicolo e della papilla. Le migliori indicazioni in proposito dà Gustavo Fritsch, secondo il quale i capelli del gruppo liscio (rigidi, lisci, pianamente ondulati: a, b, c) provengono da radici diritte - la curvatura del follicolo è precisamente un risultato dell'incurvamento della guaina esterna della radice - e sono piantati spesso quasi a perpendicolo, ovvero sotto un certo angolo rispetto alla superficie cutanea. La sezione di questi capelli è quasi sempre tondeggiante, salvo il caso in cui siano sottoposti a pressione. D'altra parte i capelli caduti in conseguenza di difetto di tensione (entro il cuoio capelluto) hanno una sezione tondeggiante anche quando possedevano, quali capelli vivi, una sezione ovale o reniforme. Questo è il motivo per il quale è resa difficile la determinazione della sezione nell'esame di capelli tagliati. Fritsch afferma inoltre: "capelli fortemente crespi o torti a spirale provengono da radici curve, i cui segmenti più profondi hanno una disposizione piû o meno parallela alla superficie cutanea, mentre le papille relative mantengono per lo più la posizione perpendicolare".
I Cinesi hanno i capelli più rigidi e più robusti; le radici sono diritte e affondano profondamente; negli Ottentotti si trovano le radici più fortemente curve e meno affondate. Ne consegue che anche la profondità delle radici ha la sua importanza. Ai Cinesi si appaiano gl'Indiani delle due Americhe, agli Ottentotti i Negri (fig. 6) e i Negroidi. Dalle varie forme della sezione dei capelli sono riconoscibili anche mescolanze di razze. Le ghiandole sebacee sono più numerose nelle razze negroidi che nelle altre; il muscolo del pelo acquista spesso una certa indipendenza e si diparte, nel gruppo crespo, sempre dalla concavità del follicolo.
Fritsch dà anche le prove che sulla testa, accanto ai capelli lunghi (di differente struttura, rispetto a radice e stelo, secondo le razze) vi sono ancora capelli corti, radi, piantati superficialmente; questi sono chiamati in contrapposto ai capelli superiori, lunghi, capelli inferiori. Questi peli (scoperti da Friedenthal per la prima volta nella barba dell'uomo) non hanno come i superiori un incurvamento, ma sempre un decorso rettilineo. Nel manto delle bestie il pelame inferiore forma la parte più importante della lana. Questi peli inferiori o lanosi, per es. della pecora, sono riuniti in ciuffi aggrovigliati.
Secondo Toldt i peli delle bestie si suddividono nel modo seguente: 1. peli conduttori (relativamente robusti, uniformemente lunghi e forti); 2. peli setolosi (leggermente ricurvi, rinforzati un po' verso la cima); 3. peli lanosi (morbidi, uniformemente grossi, molto e variamente ondulati). Il chiamare i capelli crespi dell'uomo, per analogia con l'abito peloso delle bestie, capelli lanosi è un errore, già per il motivo che nell'uomo si tratta d'una specie del tutto diversa, e cioè dei capelli superiori e non degl'inferiori.
La figura 7 mostra una sezione del cuoio capelluto di un Boscimano (SO. dell'Africa, secondo Fritsch, 1915): i capelli contrassegnati con A sono gl'inferiori, piantati poco profondamente e diritti. La papilla dei capelli superiori ha in particolari casi tipici una posizione più superficiale dell'incurvatura della radice diretta verso il basso: e ciò non è stato osservato in nessun'altra razza. Per Boscimani e Ottentotti sono caratteristici pure i capelli fil-fil o "a grano di pepe": i coni formati da un certo numero di capelli che hanno uguale direzione ricurva del follicolo e dello stelo, sono disseminati sul cuoio capelluto con intervalli di spazio che appaiono come liberi (fig. 8).
La lunghezza dei capelli varia negl'individui con capelli lisci e ricci da 70 a 100 cm., in quelli con capelli crespi da 8 a 25 cm.; capelli della lunghezza di 150 cm. sono un'eccezione anche fra gli Europei. Ma solo tra questi esiste la differenza particolare di capelli femminili più lunghi e di maschili più corti, differenza però che, secondo Friedenthal, sarebbe riscontrabile soltanto dopo il diciassettesimo anno delle donne. Nelle donne giapponesi la lunghezza dei capelli raggiunge appena le anche. I capelli più lunghi si trovano sull'occipite e sul vertice del cranio. Osservazioni sistematiche sul limite pilare della fronte, delle tempie, della nuca e delle orecchie nelle singole razze non sono state ancora fatte. Il limite pilare frontale presso gli Europei è molto incostante, quello sopra e dietro le orecchie, al contrario, sempre deciso; anche quello alle tempie è molto vago. Formazione di zone prive di capelli e calvizie in generale sono in Europa fenomeni molto frequenti, che possono poggiare anche su disposizioni ereditarie. Presso i popoli non europei e i primitivi i capelli conservano per tutta l'esistenza la stessa foltezza; la calvizie si osserva solo molto di rado.
In base alla determinazione dello spessore dei capelli, risultano differenze di razza. Poiché i capelli d'uno stesso individuo hanno varie grossezze, se ne misura una serie e si stabilisce il valore medio dei dieci più grossi.
I capelli dei Mongoli sono i più grossi. Una recentissima ricerca di Saller dà i seguenti valori (in mm.):
Una regola, valevole in generale, per la prevalenza di grossezza dei capelli dei maschi in confronto a quelli delle femmine non s'è potuta stabilire.
La foltezza della capigliatura è maggiore nell'embrione umano che nel neonato e il pelo ricopre più ampiamente tutto il corpo. La foltezza dei capelli nell'adulto è minore di quella del neonato; per 1 cmq. di cuoio capelluto: sul vertice del cranio di un neonato 646, d'un adulto 300-320 capelli; sull'occipite d'un neonato 566, di un adulto 200-240; sull'avambraccio d'un neonato 566 peli, d'un adulto 24. Mentre nell'Europeo adulto si riscontrano su 1 cmq. 300-320 capelli sul vertice del cranio, lo stesso distretto ne dà nel Giapponese 280-320 e nel Cinese in media 208. Un confronto della pelosità calcolata per 1 cmq. nei feti umani e delle scimmie, allo stesso grado di sviluppo, dimostra che la capigliatura umana è più abbondante che nelle scimmie antropomorfe, ma la pelosità corporea più povera di quella di una catarrina (macaco cinese).
La forma dei capelli può servire come distinto contrassegno negl'incroci di razza. Sembra che il capello liscio, il quale proviene da guaine radicali diritte, retroceda numericamente davanti al capello crespo e ricurvo; in parole tecniche, è recessivo rispetto al crespo. Ciò fu affermato dapprima da G. C. Davenport e confermato poi da Eugenio Fischer in base a ricerche sui Bastardi di Rehoboth (incroci di Europei con Ottentotti). Un diverso comportamento del capello crespo fu osservato dal Bean negl'incroci Negrillo-Malesi, in cui il capello crespo dei Negriti si comportava come recessivo davanti al capello rigido dei Malesi.
Colore dei capelli. - Nella diagnosi delle razze il colore dei capelli è elemento molto meno applicabile della forma, perché la natura dei pigmenti in generale, della materia colorante nel capello in particolare, non è ancora affatto chiarita. La materia colorante dei capelli si trova in forma di granuli nelle cellule dello strato corticale e fra queste; si forma in origine nel luogo di formazione dei capelli, nella matrice e cresce con quella. Anche il sistema peloso fetale mostra già, poco tempo dopo il formarsi dei primi abbozzi di pelo nelle cellule della matrice, granuli di pigmento: è questa, in genere, la prima pigmentazione del corpo umano. Questi granuli di colore causano più tardi la colorazione della lanugine; la matrice fornisce costantemente il pigmento necessario. Capelli senza colore, chiamati albinotici, e capelli imbiancati differiscono per il motivo che nelle cellule della matrice la capacità di produrre pigmento o non è mai esistita (albinismo) o è andata perduta (incanutimento).
Nel manto invernale di certe bestie, nell'incanutimento dell'uomo e in certe circostanze non normali (influenze dannose dei raggi Röntgen) si trova una quantità di pigmento nelle cellule connettive della papilla del pelo, mentre al di sopra di esse appare una nuova matrice apigmentata (secondo Bloch). Si deve fare un'eccezione per il manto bianco durevole di alcune bestie (p. e. del cavallo bianco), che possiede effettivamente un pigmento bianco. Il contenuto di aria del capello umano nella corteccia e nel midollo aumenta molto con l'età, e provoca il fatto che il capello, in conseguenza della mancanza totale di pigmento, non apparisca trasparente, bensì grigio o bianco, giacché le bollicine d'aria riflettono completamente la luce incidente. L'incanutimento non è limitato solo all'Europeo, ma si riscontra presso tutte le razze, anche presso Australiani, Papua, Vedda; ma l'inizio dell'incanutimento parrebbe essere differente. La barba dei Giapponesi diventa grigia verso i cinquant'anni; negli Aymará (Indiani del Perù) sembra non si riscontrino capelli né grigi né bianchi; gl'Indiani incanutiscono molto di rado. Hildén osservò casi di leggiero incanutimento fra gl'indigeni dell'Altai. Non ci son regole per il progressivo incanutire dei singoli distretti del capo. Fra le scimmie antropomorfe fu osservato sporadicamente l'incanutimento; il quale è cognito nei nostri animali domestici.
Oltre il sopraccennato pigmento granuloso dello strato corticale, fu accertato anche un pigmento diffuso rosso pallido nei capelli biondi degli Europei, nel pelo genitale fulvo e nei capelli albinotici giallo-bianchicci (Nuova Guinea, Africa) e da Saller anche nei capelli fulvi degli abitanti delle isole Malesi. In questi ultimi casi la diffusa materia colorante passava dal midollo del capello nello strato corticale; i capelli mostravano anche all'esterno una forte tonalità rossa.
Per il carattere del colore dei capelli sono d'importanza il colore particolare, la quantità e la distribuzione dei granuli di pigmento, rispettivamente la presenza e la tonalità del pigmento diffuso. Ma proprio su questi punti siamo ancora completamente all'oscuro; cognito è solo, in generale, che razze di colore molto scuro (Negri, Mongoli) hanno nei capelli uno strato corticale pervaso di pigmenti e un midollo colorato, mentre nell'Europeo persino lo strato corticale stesso non contiene che poca materia colorante (fig. 3). Importante è inoltre la disposizione dei granuli nello strato corticale, più spessa o più rada, la grossezza e colorazione del midollo, come pure la struttura dell'epidermicula (liscia o ruvida). L'esame macroscopico del colore dei capelli si attiene ora alla tabella composta da Eugenio Fischer (Berlino), la quale ha sostituito con certi raggruppamenti fissi e relative numerazioni le denominazioni malsicure degli autori precedenti. Questa tabella distingue 27 campioni, ricavati da filamenti di cellulosa colorati, e stabilisce nel loro insieme due serie: la serie bruna-gialla e la grigia-nera. La serie bruna-gialla digrada dal nero fino al biondo-canapa più chiaro ed è caratterizzata dalla presenza d'un tono rossiccio, il quale, senza influenzare minimamente il grado di chiarezza, modifica ogni colore. In contrapposto, la serie grigia-nera che va dal biondo-bianco fino al nero-blù manca di questo tono rossiccio: i colori dànno tutti sul grigio. Oltre le serie menzionate si hanno ancora tre campioni per il rosso. La numerazione comincia col rosso (nn. 1-3), poi viene la serie bruna-gialla (nn. 4-20) e finalmente la nera-grigia (nn. 21-27). Nei nn. 20 e 21 s'incontrano le sfumature più chiare delle due serie, da qui incomincia in entrambe le direzioni un progressivo incupimento di colorazione. Il limite fra bruno e biondo sta al n. 8; il colore corrisponde alla ciocca di Ammon: (antropologo tedesco che fissò con un certo colore il limite fra bruno e biondo), e con questo mezzo viene fissato unitariamente il concetto del biondo nell'Europa settentrionale e meridionale (dal n. 9 al 20). Il Fischer s'è visto indotto alla composizione del gruppo nero-grigio (nn. 21-27) a motivo dei numerosi campioni di capelli inviatigli dall'Europa orientale, i quali si distinguevano da tutti gli altri per la mancanza della tonalità rossiccia. In realtà, i capelli umani si possono suddividere, secondo il loro colore, in due grandi gruppi: il primo con tonalità rossiccia; Europei, Indi, Negri, Melanesi, Australiani; il secondo mancante di tale tonalità, senza che però il grado di chiarezza della colorazione ne sia alterato (Mongoli, Mongoloidi). Che questo fenomeno dipenda dalla presenza o assenza del pigmento rossiccio diffuso, non può venir precisato fino a tanto che non vengano intraprese ricerche esatte. Risulta in ogni caso che v'influiscono particolari disposizioni ereditarie dal fatto che sul cuoio capelluto dello stesso individuo si possono incontrare capelli di entrambi i gruppi. È notorio che la barba anche in individui di razze molto scure contiene quasi sempre peli di differente colore; la barba rossa fu osservata anche in individui della serie nera-grigia. Bunak e Sobolewa hanno portato per mezzo delle loro ricerche spettrofotometriche un huon contributo: essi stabilirono una serie bruna, rossa e grigia (cinerina), di cui ognuna è essenzialmente diversa nella sua composizione cromatica, dall'altra.
I capelli fulvi vengono ritenuti un fenomeno per sé stante e il rutilismo viene derivato da una speciale disposizione ereditabile (Davenport, Martin, Saller). Nei capelli fulvi il pigmento granulare è colorato più o meno fortemente di rosso; vi è presente il pigmento diffuso pure rosso, e anche il midollo può essere del medesimo colore. L'apparizione dei capelli fulvi non è limitata solo all'Europa, per quanto vi sia più frequente. Le seguenti percentuali dànno l'indice di frequenza: Bulgari 0,08%; Svizzeri 0,4-1,5%; Francesi o,72%; Italiani 0,58-0,69; Belgi o,89%; Spagnoli 0,81%; Alsaziani 1,19%; Tedeschi (Baden) 1,7%; Olandesi 2,5%; Svedesi 3,3%; Scozzesi 7-11%; Ebrei (Olanda) 3,4%; Ebrei (Ucraina galiz.) 4,3%; Ebrei (Polonia, femmine) 5,6%; Ebrei (Africa settentr.) 6%; Giapponesi 0,15%. Come si vede, la percentuale degl'individui dai capelli fulvi è assolutamente minima e si mantiene dovunque press'a poco negli stessi limiti. Le eccezioni in Scozia e fra gli Ebrei si possono ben spiegare come conseguenza di unioni nell'interno del gruppo. Sono stati osservati dei casi di capelli fulvi anche tra i Negri, ma di estrema rarità. Si deve giudicare come eccezionale il presentarsi di frequenti capigliature fulve fra i popoli di capelli scuri, come avviene fra certe stirpi indiane dell'America Meridionale a Hawaii, alle Isole Marchesi, alla Nuova Bretagna e Nuova Guinea. Razze fulve non esistono, né il rutilismo è legato a uno speciale colore degli occhi; è però, per lo più, congiunto con anomalie di formazione del pigmento della pelle. Perciò appunto si osservano in tali individui alterazioni per esposizione ai raggi solari, come conseguenza dell'insufficiente protezione pigmentaria.
Le nostre cognizioni circa la distribuzione dei colori dei capelli fra le razze del mondo sono molto scarse. Le popolazioni dell'Artide come quelle dei Tropici hanno capigliature nere: rapporti con l'irradiamento - raggi riflessi dai ghiacci, sole dei Tropici - non sono ricusabili. Solo una minoranza degli uomini non è nero-bruna e nera: questa è formata dai bruni dell'Europa meridionale e centrale e dai biondi del Settentrione. Il biondo con una punta di rossiccio si riscontra più di frequente nell'Europa settentrionale, il biondo che ne è privo nell'Europa orientale. Emigrazioni di biondi da queste regioni, in tempi storici, hanno portato alla formazione d'isole chiare in mezzo a popolazioni di capigliatura scura (p. es. nel Caucaso). L'origine dei biondi dell'Africa settentrionale, specie fra i Berberi, è ancora oscura. L'albinismo si osserva sporadicamente anche fra razze fortemente pigmentate.
Ecco le varie colorazioni di capelli fra alcuni gruppi:
La tabella seguente dimostra la diminuzione degl'individui a capelli chiari e l'aumento di quelli a capelli scuri dal nord al sud dell'Europa:
Quest'altra tabella confronta rilievi su soldati dell'Europa settentrionale, meridionale e centrale:
Il colore della capigliatura non è uniforme su tutta la testa: i capelli sulla fronte e alle tempie sono spesso più chiari. La barba è per lo più di varî colori. Fra il colore della capigliatura e della pelosità del corpo possono sussistere differenze d'intensità. L'apparizione d'una ciocca bianca o di una più vasta zona bianca in mezzo alla capigliatura scura della testa, si chiama macchia e dipende da un albinismo parziale. Il progressivo oscuramento dei capelli viene osservato presso tutte le razze. Secondo Belz, i bambini giapponesi hanno capelli molto più chiari degli adulti; fra bambini sotto i quattr'anni non si riscontrano, in genere, capelli neri. Presso gl'Indiani Xingú (America Meridionale) i capelli dei bambini incupiscono da bruno-scuri a neri. La rapidità di questo progressivo oscuramento è varia, a seconda si tratti d'individui più o meno pigmentati. Di conseguenza c'è un divario anche per questo aspetto fra l'Europa centrale e occidentale, come dimostra la seguente tabella in rapporto alla diminuzione (−) della capigliatura bionda e all'aumento (+) della bruna e nera, in Alsaziani e Volinî (Russia) di età dai 41 ai 60 anni, in confronto di bambini delle stesse regioni d'età da anni 1 a 10:
L'Alsaziano propende verso il bruno più del Volinio, questi verso il nero più fortemente dell'Alsaziano. Fra i ragazzi alsaziani fino ai 10 anni non esistono individui di capigliatura nera, fra i ragazzi Volinî il 4%. La maggior parte dei biondi tende verso il bruno, probabilmente anche verso il nero. Solo il biondo molto chiaro, dopo il 40° anno d'età, non diventa più scuro. Il bruno diventa nero, ma può anche passare direttamente al grigio e al bianco. Dopo il 40° anno d'età non avvengono più mutamenti essenziali nel colore dei capelli, sicché il definitivo colore della capigliatura, il colore permanente d'un gruppo umano, si usa stabilire con l'esame d'individui d'oltre quarant'anni. Il numero dei biondi permanenti è dovunque minore in confronto ai bruni permanenti. Per esempio, presso gli Alsaziani, di capigliatura relativamente chiara, si contano 16,5% di biondi permanenti di fronte a 70% di bruni permanenti; presso i Volinî di capigliatura scura si trova solo l'8,5% di biondi permanenti contro 68,5% di bruni permanenti. I capelli dei biondi permanenti diventano con l'età grigi e bianchi senza la gradazione nera intermedia. L'oscurarsi del biondo-grigio, cioè del biondo senza punta rossiccia, è stato pure dimostrato. La donna scurisce con minor rapidità e intensità dell'uomo.
Le osservazioni sull'ereditarietà del colore dei capelli si limitano in generale al quadro macroscopico. Negl'incroci dominano i gradi più elevati di pigmentazione sui gradi minori. Il biondo retrocede quindi di fronte al bruno e al nero numericamente: è cioè recessivo. È fuori dubbio che il colore dei capelli si trasmetta secondo le leggi di Mendel. I tentativi di mettere in relazione i fenomeni esterni del colore dei capelli con fattori ereditarî sono numerosi: essi tengono conto da un lato della struttura istologica e del chimismo individuale, dall'altro delle molte sfumature. Alla base del raggruppamento dei colori intrapreso dal von Plate stanno due fattori ereditarî per il colore: uno per il giallo, l'altro per il bruno. A questi s'aggiungono tre fattori che rafforzano il colore basale, i cosiddetti fattori d'intensità: ciò in considerazione alle molte gradazioni di colorito. I Davenport presentano un'analisi ereditaria che prende in considerazione il quadro macroscopico - cioè la presenza di una serie nera e fulva - e il chimismo (presenza di melanina e lipocromo). Il Fischer ammette, all'infuori d'un fattore per la formazione di materia colorante in generale, parecchi fattori omomeri (v. eredità), che si sommano nei loro effetti per la colorazione bruna, parecchi fattori ugualmente omomeri per l'influenza dei colori della serie nero-grigia, e uno o più fattori per il fulvo. I fattori del bruno corrispondono al pigmento corticale granuloso, quelli del fulvo al pigmento diffuso. Il Fischer pensa anche che i pigmenti dei capelli delle razze potrebbero essere qualitativamente differenti uno dall'altro. Lo Scheidt preferisce ammettere lo stesso pigmento, ma di densità differente, immagazzinato nel capello, contraddistinto da una struttura variabile di corteccia e di epidermicula. Il fenomeno dell'oscurarsi dei capelli è stato messo in relazione con gl'incroci di razza; difatti si può seguirlo bene nei prodotti di genitori con capigliatura chiara e scura. Si ammise anche che le disposizioni per una pigmentazione più scura si rendono più forti nell'età avanzata. Tuttavia oggi si propende a riferire l'oscurarsi dei capelli al fatto che i fattori dell'intensità acquistano forza soltanto più tardi sotto l'influenza di certi ormoni. Anche il retrocedere numerico degl'individui fulvi in età maggiore di fronte ai più giovani viene affermato dalle ricerche di Hildén fra gl'indigeni dell'Altai, e confermato dalle osservazioni del Rodenwaldt sugl'individui fulvi dell'Arcipelago Malese. Secondo il Saller il fulvo si comporta recessivamente di fronte al bruno: rispetto all'oscurarsi della capigliatura fulvo-cupa sarebbero da ammettere fattori d'intensità.
Le condizioni estremamente complicate che conducono alla formazione dei colori dei capelli nel genere umano, rendono necessarie ulteriori precise ricerche istologiche, chimiche e fotometriche.
Bibl.: R. Martin, in Lehrbuch der Anthropologie, Jena 1928; F. Pinkus, Die normale Anatomie der Haut, in Handbuch der Geschlechtskrankheiten, I, Berlino 1927; G. Fritsch, Das Haupthaar und seine Bildungsstätte bei den Rassen des Menschen, Berlino 1912; id., Die menschliche Haupthaaranlage, weitere Beobachtungen, Berlino 1915.