CANTINA (derivato dal gr. κάνϑος "angolo"; fr. cave; sp. cantina; ted. Keller; ingl. cellar)
Se per cantina comunemente si suole intendere un locale in parte o in tutto sotterraneo destinato alla conservazione del vino, in senso più lato con questa voce si debbono invece comprendere tutti i locali destinati all'esercizio dell'industria enologica. Naturalmente però ogni singolo locale viene a sua volta distinto con nomi speciali: così tinaia, cantina d'elaborazione, cantina d'invecchiamento, bottiglieria, ecc.
Per una razionale preparazione ed elaborazione del vino è indispensabile che detti locali rispondano a determinate condizioni in fatto di ubicazione, distribuzione e cubatura.
Anzitutto, dovendo costruire uno stabilimento enologico, occorre ben determinare il punto dove esso dovrà sorgere. In qualunque caso, dovrà costruirsi presso una buona via di comunicazione, per rendere più rapidi e più economici i trasporti delle materie prime e di quelle elaborate. Trattandosi di stabilimenti destinati a lavorare grandi quantità di vini, che si rinnovano continuamente, sarà molto utile l'immediata vicinanza a una stazione ferroviaria, meglio ancora se lo stabilimento sarà a questa collegata da apposito binario di raccordo. V'è chi teme che il passaggio dei treni possa portare vibrazioni nel suolo, e conseguentemente nei locali adibiti a cantina, nocive alla regolare elaborazione e alla buona conservazione del vino. Ma il pericolo può facilmente essere evitato, in un grande stabilimento, disponendo i locali più specialmente destinati a conservare i vini nella parte del fabbricato più lontana dai binarî ferroviarî.
Quando una cantina sia destinata a vinificare le uve prodotte da un'azienda viticola, sarà preferibile, a parità di altre condizioni, costruirla nel centro dell'azienda, determinato in base alla produttività di uva dei singoli appezzamenti, potendosi in questo modo rendere minore il costo del trasporto della materia prima.
In qualunque caso, bisognerà evitare, per quanto è possibile, di costruire stabilimenti enologici in località molto umide, o soggette a gravi infiltrazioni nel sottosuolo, o vicine ad altri stabilimenti dai quali emanino odori molto pronunciati, o a depositi di sostanze maleolenti, potendo il vino assorbire tali odori estranei.
Un'importanza grandissima ha, per il vino, la temperatura dei varî locali della cantina, e perciò nel costruire uno stabilimento enologico, bisogna sempre tener massimo conto delle esigenze che, in fatto di temperatura, ha, nelle varie sue fasi, il prodotto che vi si deve elaborare, cercando di trarre profitto da una bene studiata distribuzione dei locali stessi per raggiungere più facilmente le condizioni volute.
È soprattutto importante avere una temperatura appropriata nei locali essenziali (che abbiamo nominati più sopra). Gli altri, secondarî, potranno spesso essere sfruttati per migliorare le condizioni di temperatura dei precedenti.
Per quanto riguarda la tinaia, locale destinato alla fermentazione tumultuosa dell'uva pigiata, essa dovrebbe presentare una temperatura variabile dai 15° ai 20° per offrire le condizioni migliori per una buona fermentazione. È bene che sia posta a pianterreno, munita di numerose finestre e di aperture presso il pavimento, per rinnovare più facilmente l'aria del locale, che va rapidamente viziandosi per lo svolgimento dell'anidride carbonica dai recipienti in fermentazione; e che sia fornita d'un pavimento impermeabile (meglio se in cemento). Nei climi freddi è bene che questo locale sia esposto a Sud, o a Sud-ovest, mentre nei climi caldi è meglio esporlo a Nord o Nord-est; anzi, in tali climi (come in Puglia, Tunisia, Algeria) la fermentazione spesso si fa avvenire o sotto semplici tettoie (fig. 1) o addirittura all'aperto.
Poiché la tinaia è un locale che serve per un periodo molto breve dell'anno, sarà opportuno cercare di ridurre al minimo possibile le sue dimensioni, sia adottando recipienti relativamente grandi, sia meglio utilizzando lo spazio, sia cercando di far succedere diversi turni di fermentazione nella stessa stagione, sia adottando, almeno in parte, recipienti che, oltre alla fermentazione, servano anche alla conservazione del vino.
I recipienti tipici per la fermentazione sono i tini di legno, dalla forma di un tronco di cono diritto, aperti superiormente e muniti d'uno sportello inferiormente. Dato che in essi la materia prima deve rimanere brevissimo tempo (da 3 a 15 giorni), non occorre scegliere un legname molto costoso, come il rovere; può bastare anche il castagno, il larice, l'abete.
Volendo avere dei recipienti a doppia funzione - fermentazione dell'uva, conservazione del vino - si possono usare i cosiddetti tinibotti, che differiscono dai precedenti soltanto per essere chiusi superiormente da un coperchio a chiusura ermetica, nel quale è praticato uno sportello eguale a quello inferiore (fig. 2). Migliori dei tini-botti, almeno nei riguardi della conservazione del vino, sono le botti-tini: così chiamate perché sono botti comuni da cantina, però munite di due sportelli: uno nel fondo anteriore, uno nella parte superiore, in corrispondenza del cocchiume. Dovendo servire a conservare il vino anche per varî mesi, è necessario che siano costruite con legname di qualità migliore di quello dei semplici tini.
Infine, per la fermentazione si possono adottare anche recipienti in muratura, di cui si usano tipi diversi. Caratteristici dell'Italia meridionale sono i cosiddetti palmenti: vasche di mattoni o di pietra, molto larghe e poco fonde, completamente aperte superiormente (fig. 3). Più frequente è oggi, un po' dappertutto, l'uso di vasche di cemento armato, con o senza rivestimento di piastrelle di vetro. Esse, quando siano chiuse superiormente, possono servire assai bene anche per la conservazione del vino. Hanno il grande vantaggio di costar meno dei recipienti di legno (quando abbiano una capacità non inferiore ai 100 ettolitri), e di occupare uno spazio notevolmente minore, oltre che di essere di più facile manutenzione (fig. 4).
Dopo la svinatura, il vino passa alla cantina di elaborazione, locale che non manca mai neppure presso i più modesti produttori; così chiamato, perché in esso il vino entra grezzo, e subisce una serie di operazioni che lo rendono atto al consumo.
La cantina d'elaborazione deve essere costruita in modo da poterne facilmente regolare la temperatura, che deve variare a volontà, a seconda dei momenti. Così deve poter essere abbastanza elevata alla fine dell'autunno, appena vi si porta il vino nuovo, il quale molto spesso deve ancora completare la sua fermentazione; deve potersi raffreddare fortemente subito dopo, non appena tale fermentazione è finita; deve mantenersi moderatamente fresca durante la stagione primaverile-estiva. Per raggiungere più facilmente questo intento, tale cantina si costruisce, quando è possibile, seminterrata, con un'esposizione intermedia (di nord-est o di nord-ovest). Se non è possibile, per le infiltrazioni del sottosuolo, costruirla almeno in parte sotterra, si cerca di ripararla da qualche lato con altri locali dall'influenza della temperatura esterna.
Questo locale dovrà avere finestre non molto grandi e perfettamente chiudibili; pavimento impermeabile come la tinaia, e una vòlta di mattoni o un solaio di cemento armato per proteggerla meglio dagli sbalzi di temperatura (solo trattandosi di vini molto alcoolici si può fare a meno di tali misure di precauzione).
Le dimensioni della cantina d'elaborazione sono dipendenti dalla quantità complessiva di vino che vi si deve collocare, e dalla capacità dei recipienti che vi si vogliono adottare. Nella maggior parte essi sono botti di legno, disposte su due file, separate da una corsia (fig. 5). Per ragioni d'economia si cerca di preferire botti di grande capacità, a sezione rotonda o ellittica (quest'ultime più adatte per sfruttare l'altezza dei locali). Queste botti, dovendo contenere il vino normalmente per molti mesi, è bene siano costruite con legname di ottima qualità: migliore di tutti il rovere, bene stagionato, con doghe a spacco o a sega dietro fibra.
Anche per le cantine d'elaborazione vanno però molto diffondendosi oggi le vasche di cemento armato, che consentono economia di costruzione e di spazio, e che riducono notevolmente il calo del vino per evaporazione.
Dopo il primo anno di vita i vini che sono destinati a divenire superiori e ad essere posti più tardi in bottiglia, passano nella cantina d'invecchiamento.
Questo è un locale che deve rispondere soprattutto alla condizione di poter conservare una temperatura quasi costante in tutte le stagioni: temperatura che dovrebbe aggirarsi sui 12°. Anche una temperatura più bassa potrebbe essere adatta, specialmente per ottenere vini di grande finezza: ma l'invecchiamento si prolungherebbe di troppo. Una temperatura più alta, al contrario, l'affretterebbe, ma a scapito della finezza.
Per ottenere tale costanza di temperatura, il meglio si è costruire la cantina d'invecchiamento del tutto sotterranea, priva o quasi di finestre o d'altre aperture comunicanti con l'esterno. Non sempre però la cosa è possibile, dato che alcuni terreni vanno soggetti a infiltrazioni gravi; in questi casi bisogna cercare di raggiungere egualmente l'intento con altri mezzi, fra i quali particolarmente indicati i muri doppî o con intercapedini; i rivestimenti con materiali isolanti (ottime le mattonelle di detriti di sughero), o, meglio ancora, riparare la cantina d'invecchiamento con altri locali che la proteggano dalle influenze esterne.
Questa cantina deve essere arredata con botti di legno, possibilmente di piccole dimensioni, con doghe non verniciate, essendo indispensabile per l'invecchiamento del vino che questo sia messo in recipienti porosi, che consentano l'accesso dell'ossigeno dell'aria. Non sono quindi assolutamente adatti a questo ufficio le vasche di cemento o i recipienti comunque impermeabili. Per meglio utilizzare lo spazio, quando si usino fusti di piccola capacità, questi vengono disposti in più piani sovrapposti, come avviene comunemente nelle cantine del Bordolese e della Borgogna.
Talvolta le cantine d'invecchiamento sono vere grotte scavate nella roccia, anche a molti metri di profondità; e in più d'un caso si trovano anche distribuite in varî piani sovrapposti.
Naturalmente, soprattutto in questi ultimi casi, è indispensabile pensare a una conveniente ventilazione di questi locali, dato che non si può contare sulle finestre per disperdere l'eccesso di umidità che facilmente in essi si viene a trovare. Servono a tale scopo speciali camini praticati nello spessore dei muri, di cui alcuni si aprono presso la vòlta della cantina e terminano al di sopra dei tetti, e servono a portar via l'aria umida (camini di tiraggio); mentre altri, che s'aprono all'esterno presso il suolo, terminano in prossimità del pavimento della cantina, e servono a immettervi aria asciutta (canne d'immissione).
Allorquando i vini hanno subito un giusto invecchiamento, debbono essere posti in bottiglia. Il locale destinato alla conservazione delle bottiglie si chiama bottiglieria. Anch'esso deve presentare gli stessi requisiti della cantina d'invecchiamento: avere cioè temperatura costante e piuttosto bassa. È bene inoltre che sia oscuro e che non sia umido. Dovrà essere arredato con scaffali semplici ma robusti, divisi in numerosi scompartimenti capaci d'un numero eguale di bottiglie per facilitare i controlli; le bottiglie è sempre bene conservarle coricate orizzontalmente.
Attorno a questo gruppo di locali essenziali, dovranno essere razionalmente distribuiti quelli secondarî. Da ricordare fra quelli d'uso più frequente:
Locale di pigiatura e torchiatura, che spesso può ridursi a una semplice tettoia posta davanti alla tinaia. Non di rado, però, la pigiatura si effettua a un piano superiore alla tinaia, innalzandovi le uve con elevatori o altri mezzi meccanici. A lor volta, le uve pigiate vengono allora condotte, per semplice gravità, con appositi canali nei tini di fermentazione, o, nel caso di fermentazione in bianco (con esclusione delle vinacce), il mosto vien portato mediante tubature alle botti e le vinacce per mezzo di canali ai torchi. Più d'un moderno stabilimento enologico ha oggi grandiose installazioni di tal genere (fig. 6).
Depositi di macchine, attrezzi, recipienti vuoti. - Altri locali, questi, che in uno stabilimento di qualche importanza non possono mai mancare. Si trae profitto, per essi, dello spazio che rimane disponibile dopo avere fissati i locali principali; spesso ci si serve di essi per migliorare le condizioni di questi ultimi (per proteggerli cioè dall'influenza dell'ambiente esterno). Per deposito di bottiglie vuote, imballaggi leggieri, ecc., servono anche locali sotto tetto.
Locali per le industrie secondarie. - Molto di frequente negli stabilimenti enologici si provvede anche a sfruttare i residui della vinificazione (specialmente le vinacce e i vinaccioli). Occorre allora pensare a un locale da adibire a distilleria, a un altro per l'estrazione del cremore, a un altro per l'estrazione dell'olio di vinaccioli, oltre a depositi per le vinacce (per lo più costituiti da vasche di cemento, in parte o del tutto interrate), a depositi per i distillati, ecc.
Quando si faccia un lavoro notevole d'imbottigliamento dei vini, si renderanno necessarî altri locali destinati alla lavatura delle bottiglie, al riempimento, alla tappatura, alla confezione, all'imballaggio delle bottiglie stesse, ecc. Infine occorreranno locali per ufficio, laboratorio enochimico, ecc.
Un problema di grande importanza per le cantine moderne, soprattutto per quelle che debbono lavorare grandi masse di vino, è quello dei movimenti, ai quali continuamente debbono essere sottoposti tanto la materia prima quanto i recipienti in cui essa è contenuta (fusti, damigiane, bottiglie), nonché le varie macchine e attrezzi. Per i movimenti di solidi in senso orizzontale, servono bene semplici carrelli, spesso muniti di ruote cerchiate di gomma, e non di rado scorrevoli su piccoli binarî. Per i movimenti in senso verticale, s'usano montacarichi, o ascensori, di potenzialità adeguata all'importanza dello stabilimento. Per i movimenti dei liquidi, e specialmente del vino, sono d'uso generale oggi le pompe, con i relativi tubi. Questi ultimi sono tutti di gomma per le piccole e medie cantine; ma nei grandi stabilimenti ai tubi mobili di gomma si sostituiscono quasi completamente le tubature fisse in metallo (rame stagnato). L'importanza che tali movimenti hanno acquistato nelle cantine moderne è tale che, soprattutto nella grande industria enologica, ne sono stati profondamente modificati i criterî costruttivi delle cantine.
Oggi un grande stabilimento destinato alla lavorazione d'ingenti masse di vino da pasto può quasi essere paragonato teoricamente a una torre. Nel sottosuolo di essa trovano posto grandi cisterne, destinate a depositi di riserva della materia prima. Alla sommità della torre si costruiranno invece delle vasche destinate ad alimentare il lavoro dello stabilimento. Quando i vini grezzi arrivano alla cantina, discendono nelle cisterne per semplice forza di gravità. Al momento necessario, una pompa li aspirerà per mandarli alle vasche superiori. Di lassù, il vino discenderà per successivi salti e per semplice gravità ai varî piani sottostanti, in ciascuno dei quali verrà sottoposto a una determinata lavorazione, finché arriverà al pianterreno, dove si trovano i locali per la conservazione, e, occorrendo, l'invecchiamento (quest'ultimo oggi viene spesso praticato, per i vini di minor finezza, con mezzi rapidi, che ne abbreviano notevolmente la durata). Di qui, al momento opportuno, il vino passerà ai locali di spedizione. È possibile così raggiungere una notevole economia (sia per minor lavoro sia per minori cali) in tutti i movimenti ai quali il vino deve essere sottoposto in cantina, e ciò perché si farà compiere ad esso un percorso sempre in un'unica direzione (fig. 7).
Per ovvie ragioni di praticità, nella maggior parte dei casi si cerca di realizzare quest'intento rinunciando in gran parte a sfruttare la forza di gravità: vale a dire, invece di compiere un percorso dall'alto in basso, il vino ne compirà uno in senso orizzontale, disponendo i varî locali in un solo piano anziché in varî sovrapposti, sempre però cercando di rispettare la successione sovrindicata. In qualunque caso, per l'applicazione di questo sistema di distribuzione pressoché automatica del vino da un locale all'altro di uno stabilimento, oltre a una rete di tubature fisse, ci si serve di appositi quadri di comando, che permettono di regolare e dirigere tutti i movimenti del vino da un estremo all'altro dello stabilimento. Nella parte posteriore d'uno di tali quadri arrivano tutti i tubi, che mettono in comunicazione le diverse cisterne o vasche d'un piano o di più piani, nonché le pompe, i filtri e le altre macchine principali della cantina. Sulla parte anteriore del quadro vi sono varî dischi, che portano nel centro un asse sul quale si può innestare una chiave, mentre la corona del disco è divisa in varî segmenti, cui corrispondono altrettante vie di comunicazione (per l'aspirazione, il carico, la filtrazione, nonché per i varî pianî dello stabilimento). Con uno di tali quadri munito, per esempio, di sei di questi dischi sono possibili cinquanta combinazioni diverse, sicché un solo operaio può regolare tutti i movimenti d'una cantina anche se questa è molto complessa.
La tendenza della moderna industria enologica è precisamente quella di ridurre al minimo l'impiego di operai, ciò che consente di realizzare notevoli economie, non solo di mano d'opera, ma anche di materia prima. E di questa tendenza si deve sempre tenere conto nel progettare e costruire nuove cantine.
Bibl.: G. B. Cerletti, Costruz. enotecniche e vasi vinari, Roma 1885; G. Mina, Le costruz. enotecniche, Milano 1892; S. Mondini, Costruz. enotecniche, Milano 1910; P. Ferrouillat e M. Charvet, Les celliers, construction et matériel vinicole, Montpellier; R. Bruent, Les batiments vinaires, Parigi 1926.
La cantina nelle case d'abitazione. - Nelle case d'abitazione la cantina serve solo a conservare il vino necessario all'uso corrente, o altre provviste; non è perciò necessario che essa abbia tutte le qualità indispensabili alle cantine degli stabilimenti enologici. Essa si limita a uno o più locali dei seminterrati, e le qualità che si richiedono si riducono a un'illuminazione sufficiente e alla difesa dalla umidità. L'illuminazione è ottenuta mediante finestre basse che si aprono al livello del terreno circostante, quando l'altezza del locale superi a sufficienza tale livello; altrimenti si ricorre a feritoie orizzontali che si dispongono sotto le aperture del piano terreno, o a lucernarî nei marciapiedi e nei cortili; nel qual caso però la luce è scarsa e obliqua.
Per la difesa contro l'umidità si usano varie disposizioni. Le pareti verticali si proteggono o rivestendole esternamente di asfalto, o, meglio, costruendo al di fuori di esse un'intercapedine consistente in uno stretto corridoio dell'altezza delle pareti stesse. Tale intercapedine serve a evitare il contatto fra i muri e la terra circostante, e può assumere forme e dimensioni diverse: talvolta è aperta in alto costituendo quasi un piccolo fossato nel quale si aprono le finestre dei seminterrati, ma più spesso è interamente chiusa e in questo caso si deve provvedere alla sua aereazione mediante condotti di comunicazione con l'esterno, aprentisi a una certa altezza da terra. Contro l'umidità che potrebbe salire nei muri attraverso le fondazioni, si dispone al disopra di queste ultime uno strato abbastanza spesso (mm. 8-16) di asfalto. Per isolare il pavimento si colloca al disotto di esso uno strato di pietrame, o meglio, si costruisce un vespaio. Questo consiste in una serie di volticelle in muratura portate da muretti pure in muratura che poggiano sul terreno. I vani vuoti compresi fra le volticelle, i muretti di sostegno e il terreno sono in comunicazione fra loro e con l'esterno, mediante canne d'aereazione, in modo da essere, per quanto è possibile, ben ventilati e asciutti.