CANTARIDE (dal gr. κανϑαρίς "cantaride"; lat. scient. Lytta Fabr.; fr. cantharide; sp. cantárida; ted. Blasenkafer, hispanische Fliege; ingl. spanish-fly)
Genere di Coleotteri (v.), della famiglia Vesicantia o Meloidi, ben noti per le proprietà irritanti e afrodisiache dei prodotti che se ne ricavano. La Lytta vesicatoria L. è di colore verde metallico con riflessi dorati; le elitre sono finemente punteggiate e striate, le antenne e le zampe più scure. È lunga 15-20 mm. È comune in tutta Europa, e vive sul frassino, sul sambuco, sull'acero, sul pioppo e su altri alberi delle famiglie delle Oleacee e delle Caprifoliacee, di cui rode le foglie. Le larve sono probabilmente parassite di un'apide. Il corpo degli adulti, disseccato e polverizzato, fornisce la droga. Oltre alla cantaride, altri insetti della stessa famiglia, particolarmente dei generi Meloë L. e Mylabris Fabr., contengono principî dotati di azione vescicatoria, molto simili o identici a quello della cantaride. Queste sostanze sono contenute nel liquido circolante e nelle parti molli, che ne sono bagnate, e non, come un tempo si credeva, nello scheletro chitinoso.
Il principio attivo cristallino della cantaride è la cantaridina (C10 H12 O4), anidride dell'acido cantaridico, che comhinandosi con gli acidi dà facilmente sali solubili.
Le proprietà irritanti e vescicatorie della cantaride erano già note da gran tempo; Ippocrate stesso ne raccomanda l'uso nell'idrope e nell'amenorrea, ma si deve a Nicandro, medico di Nerone, la descrizione precisa dei sintomi d'intossicazione da cantaride.
La cantaride è stata proposta per via interna contro l'impotenza; ma il suo uso è assai pericoloso, perché agisce per un riflesso che ha il suo punto di partenza nell'irritazione prodotta da questo farmaco sulla mucosa uretrale al momento della sua eliminazione, e spesso le dosi efficaci sono nocive al rene attraverso il quale la cantaride deve passare per essere eliminata.
L'uso terapeutico più comune consiste nell'applicazione della polvere di cantaride sulla pelle in forma di vescicante cantaridato. In farmacologia si conosce l'empiastro di cantaridi, l'epispastico dolce (mosche di Milano), il collodio cantaridato, l'olio cantaridato, la pomata di cantaridi, la tintura di cantaridi.
Tossicologia. - L'avvelenamento da cantaride è meno frequente di un tempo, quando largo era l'uso delle cantaridi quale afrodisiaco. La dose letale è di gr. 1,5-3 di polvere, pari a gr. 0,007-0,014 di cantaridina Applicata sulla cute sotto forma di vescicatorio, tintura, collodio cantaridato, provoca, se in concentrazione eccessiva, un processo infiammatorio che interessa anche il derma, con formazione di vescico-pustole e riassorbimento della cantaridina. La polvere, ingerita, determina irritazione della mucosa digerente, salivazione, vomito, diarrea, espressione dell'iperemia infiammatoria diffusa. Oltre che di gastroenterite, la cantaridina è causa di nefrite emorragica, e d'irritazione estesa a tutte le vie urinarie, con tenesmo vescicale, erezioni prolungate e dolorose, stranguria. Il malato è dispnoico, incosciente, e ha convulsioni cloniche; la paralisi respiratoria che precede l'arresto del cuore è la causa mortis. Talora invece la morte tarda avviene in seguito alla grave nefrite e all'uremia. La terapia consiste nello svuotamento e lavaggio gastrico, nella cura della gastroenterite (ricorrendo anche agli oppiacei) e della nefrite. I sedativi e i bagni caldi possono riuscire utili. Evitare la somministrazione di olio di ricino, di olio di oliva e di grassi in generale.