BALBANI, Camillo
Nacque ad Anversa da Tommaso, patrizio e mercante lucchese, e da Bianca di Giovanni Bernardini, il 25 ott. 1548. Trascorse la prima giovinezza nella città fiamminga, dove il padre diresse per un lungo periodo la filiale del complesso industriale e bancario che aveva la sua sede sociale a Lucca ed apparteneva ai discendenti di Francesco e Agostino Balbani.
Il B. aveva quindici anni, quando, assieme a tutta la famiglia, partì dalle Fiandre per venire a stabilirsi in patria. Fu avviato alla pratica degli affari prima nella ditta di Anversa, poi nella bottega d'arte serica e nella banca paterna di Lucca. Il padre volle presto iniziarlo all'arte delle relazioni diplomatiche: nel 1565 si fece accompagnare dal B. in una ambasciata alla corte della duchessa di Mantova per conto della Repubblica. Tra i numerosi figli di Tommaso Balbani, egli fu colui che più brillantemente unì all'abilità e all'audacia negli affari l'arte paterna della diplomazia.
Non sappiamo quanto a lungo il B. abbia soggiornato a Lucca dopo il suo arrivo nel 1563, né da quando egli sia entrato a collaborare con la succursale di Lione. Nel 1578 questa ditta aveva già mutato il nome di "Figli di Tommaso Balbani e C." in quello di "Camillo, Orazio Balbani e C.". Dal 1581 al 1585 assunse il solo nome di "Camillo Balbani e C.". Fin dal 1564 la società di Lione, comunemente designata dall'appellativo di "Balbani di Lione", constava dell'associazione dei tre fratelli Tommaso, Filippo e Matteo Balbani e dei figli dei primi due. Il B. servì nell'azienda accanto ad Orazio di Filippo Balbani e allo zio Matteo responsabile della direzione. La compagine lionese formava un'unità indipendente dalle altre società appartenenti ai Balbani (Anversa, Venezia, Lucca). Prima del 1580 si era impegnata nei prestiti alla corona francese. Nel 1581 tentava di ottenere l'appalto della dogana di Lione, per poter recuperare parte del danaro che non era stato ancora restituito. Queste operazioni erano fatte in comune con la compagnia di Parigi di Arrigo e Manfredi Balbani, alla quale pare fosse associato Orazio Balbani di Lione.
Fu a partire dal 1578 che la compagnia di Lione, in collaborazione con quella delle Fiandre, cominciò ad assumere un ruolo di primo piano nel campo dei prestiti alla monarchia spagnola. Questa divenne per un ventennio l'attività dominante della casa. Tra il 1578 e il 1584 la speculazione sugli asientos dei Paesi Bassi fu orchestrata e diretta nelle Fiandre da Tommaso Balbani, ma il pernio essenziale del sistema dei pagamenti fu rappresentato dalla ditta di Lione. Da questo punto di vista, l'esperienza lionese degli anni 1578-84 ebbe per il B. un'importanza determinante. Ogni grossa operazione di prestito richiedeva il concorso di numerose società. Accanto ai Balbani, che si riservavano ogni volta circa un terzo dell'asiento, i più grossi partecipanti furono Simon Ruiz e i Buonvisi di Lione. Il rischio dell'operazione cadeva sul primo terzo della somma, che andava versato subito dopo la firma del contratto con il governatore dei Paesi Bassi. Il resto della somma veniva pagato solo dopo che il consiglio delle finanze di Spagna aveva ratificato l'operazione ed aveva provveduto al rimborso. Simon Ruiz di Medina del Campo era incaricato delle operazioni di rimborso in Spagna, e della rimessa dei fondi a Lione. I Balbani di Lione provvedevano contemporaneamente alle operazioni di pagamento, che essi effettuavano direttamente quando le somme andavano versate nei territori di obbedienza spagnola che si trovavano vicini alla città: Savoia, Borgogna, Franca Contea.
Quando l'8 nov. 1584 Tommaso Balbani morì a Gand, il suo posto fu temporaneamente preso dal figlio Cristoforo, che già si trovava nei Paesi Bassi. Nell'aprile 1585 giunse nelle Fiandre il B. per prendere la direzione degli affari. Pochi mesi dopo il suo arrivo Alessandro Farnese rioccupava Anversa ed il B. trasferì nuovamente in quella città la sede della ditta fiamminga: a partire dal settembre 1585, infatti, la sua corrispondenza cominciò ad essere datata da Anversa. Nei primi mesi il B. si dedicò alla riorganizzazione dell'azienda ed alla chiusura dei conti relativi alle operazioni che erano rimaste aperte dopo la morte del padre. Nel gennaio 1586 comunicò a Simon Ruiz i nomi sotto i quali erano state riformate le ragioni sociali delle società dei B.: quelle di Lione e di Anversa si chiamarono "Camìllo, Cristoforo Balbani e C.". La firma di Matteo Balbani di Lione conservava un'autorità uguale a quella dei titolari. La ditta di Lucca e la rappresentanza alle fiere di Piacenza portavano i nomi di Francesco, fratello maggiore del B., e di Giulio di Filippo Balbani.
Nel 1584-85 non era stato possibile concludere asientos nei Paesi Bassi. Quando gli affari ripresero, il B. riuscì a negoziare uno dei primi prestiti: ai primi di ottobre del 1585 firmò un contratto per 25.000 scudi pagabili a Lione. In Spagna Simon Ruiz ne ottenne prontamente la ratifica e il rimborso nel dicembre seguente. Nel novembre 1585 il B. avvertì Simon Ruiz di aver preso parte ad un asiento la cui somma era pagabile parte in moneta e parte in tessuti destinati all'esercito. Fu questa la prima di una serie di speculazioni assai vantaggiose che il B. realizzò negli anni seguenti. Già Tommaso Balbani aveva pensato, prima di morire, ad un simile sistema. Il B. dette prova di genialità di affarista riuscendo a realizzare immensi benefici sul prezzo delle stoffe (tessuti correnti per l'esercito, ma anche tessuti fini ad uso della corte, con ogni probabilità provenienti dai laboratori lucchesi degli stessi Balbani). Egli evitava contemporaneamente, per la parte della somma corrisposta in natura, di correre i rischi cui erano esposti i pagamenti in oro (era in tale metallo che l'amministrazione spagnola esigeva i pagamenti), in un periodo in cui l'oro si faceva sempre più prezioso e più raro.
A partire dal marzo 1586 il B. mise a punto un nuovo sistema di speculazioni combinate col sistema dei pagamenti misti. Queste speculazioni sono state battezzate dalla storiografia recente come asientos di secondo grado, in quanto si innestano su asientos di Spagna. In questi anni i Genovesi conclusero in Spagna enormi asientos, impegnandosi a versare un terzo della somma nelle Fiandre e i due terzi in Italia. Il B., per conto suo, riuscì a far accettare al governatore dei Paesi Bassi degli anticipi di danaro, rimborsabili in Italia sulle somme messe colà a disposizione dell'amministrazione spagnola da parte degli "asientisti" genovesi. In questo modo il B. evitava le operazioni di rimborso in Spagna, più difficili e meno comode, e restringeva la circolazione degli effetti cambiari al triangolo Anversa-Lione-fiere di Piacenza, con l'appendice eccezionale delle fiere di Francoforte.
Il sistema funzionò con regolarità tra il 1586 e il 1587. Dopo la conclusione di ogni asiento di Spagna e dopo la notizia dell'arrivo delle prime provvisioni in Italia, il B. si affrettava a concluderne un altro per proprio conto. Egli concluse così quattro asientos nel 1586, del valore rispettivo di 12, 35, 60 e 80.000 scudi. Solo la seconda di queste operazioni diede luogo a qualche difficoltà per il rimborso in Italia. Il B. aveva firmato il contratto ai primi di maggio; in giugno arrivarono a Genova le galere cariche di reali d'argento. Quando i Balbani cercarono di farsi rimborsare, il capitano Diego de Mendoza, che aveva la responsabilità dei 600.000 scudi trasportati, rifiutò, asserendo di aver ordine di condurre il numerario direttamente in Fiandra. Le lettere di credito ritornarono allora protestate in Fiandra al Farnese, il quale a giro di posta confermò gli ordini di pagamento, ma il Mendoza rifiutò nuovamente di eseguirli. Il B., che dalla fine del mese di maggio si trovava a Lione, giunse a Genova ai primi di luglio. Vista la situazione bloccata, ripartì di nuovo per Lione e di lì per le Fiandre dove arrivò il 12 agosto. Frattanto era giunto a Genova l'ordine regio di pagare gli asientos del Farnese. Ma parte della somma era già stata spedita. Su quello che era rimasto a Genova i Balbani non riuscirono a farsi rimborsare per intero. Il 20 agosto il B. partì da Anversa per recarsi al campo del Farnese presso Berch con l'intenzione di valersi dell'incidente di Genova per negoziare col governatore una più grossa ordinazione di tessuti. L'anno seguente, a partire dall'aprile, il B. riuscì a concludere sette asientos per somme sempre più ingenti, di 60, 75, 50, 69, 90, 138, 212.000 scudi. Il B. ebbe sempre successo, malgrado le difficoltà di assicurare i pagamenti in oro a Lione, ragione che aveva indotto i Buonvisi ad astenersi prudentemente da queste operazioni. Anche Simon Ruiz, di fronte all'asiento concluso dal B. nel dicembre 1587 per una cifra altissima, si preoccupò e rifiutò di partecipare in proprio. Questa fu l'ultima operazione conclusa dal Balbani.
Nel 1587 il B. era stato quasi costantemente in viaggio tra Anversa, Bruxelles, Lione, Parigi, Rouen. Il 3 dicembre, di ritorno ad Anversa da un viaggio a Lione, fu colto da emorragia cerebrale e morì il giorno seguente. La sua morte improvvisa produsse una viva sensazione nel mondo degli affari. A dire del banchiere spagnolo Felipe Jorge, nessuno negoziava più abilmente del B., e nessuno era più di lui in favore presso Alessandro Farnese. Da parte sua il Ruiz dichiarava che l'associazione col B. era stata oltremodo fruttuosa e che il lucchese era l'uomo più "honrando y puntual" di tutta la sua nazione.
La morte del B. non provocò alcuna interruzione negli affari. La direzione fu immediatamente presa dai fratelli minori Cristoforo e Luigi, che poterono concludere in breve tempo due nuovi asientos. Alla fine di febbraio 1588 giunse ad Anversa il fratello maggiore Francesco (1546-1596), che prese le redini dell'impresa. Costuí aveva già diretto la ditta di Anversa tra il 1563 e il 1570 circa, ma, nonostante l'esperienza, egli diede prova - a giudizio dei Buonvisi - di non essere dotato delle qualità del fratello scomparso. Nel 1588 la società di Lione prese il nome di "Cristoforo Balbani e C.", e continuò ad essere diretta da Matteo Balbani con la collaborazione di Stefano (1551-1616) fu Guglielmo Balbani, marito di Laura di Tommaso Balbani; quella di Anversa, fino al 1598 almeno, il nome di "Redi di Camillo, Cristoforo Balbani e C."; oltre a Francesco, vi collaborarono i fratelli Cristoforo e Luigi e i cugini Federigo e Giulio di Filippo Balbani.
A partire dalla primavera del 1588 il sistema degli asientos di secondo grado non funzionò più, e i Balbani dovettero ritornare alle operazioni tradizionali con rimborso in Spagna. Francesco Balbani continuò a negoziare per somme altissime, che, tra il 1589 e il 1593, servirono a finanziare non solo la guerra contro la ribellione protestante nei Paesi Bassi, ma anche le operazioni della Lega contro Enrico IV. La casa di Lione era divenuta una banca della Lega. Nel 1593 i Balbani di Anversa negoziarono in Francia un asiento di 300.000 scudi con don Gomez Suarez de Figueroa duca di Feria, ministro di Filippo II e suo rappresentante a Parigi dal gennaio 1593. Matteo Balbani a Lione si era incaricato dell'organizzazione della posta ufficiale del re di Spagna. Alla vittoria di Enrico IV egli dovette tempestivamente rifugiarsi in Savoia. Nonostante la crisi della piazza di Lione, gli affari continuarono fino al 1596 nei Paesi Bassi, quando, nel novembre, lo stato spagnolo dichiarò la bancarotta. Non sappiamo in che misura i Balbani vi fossero coinvolti. La loro azienda continuava tuttavia ad essere attiva ad Anversa nel 1598.
Fonti e Bibl.: Genève, Bibl. pub. et univ., Libro dei dignissimi ricordi delle nostre famiglie, raccolti da V. Burlamacchi, Cronaca della famiglia Balbani, passim; Lucca, Bibl. Gov., ms. 1103, G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, Famiglia Balbani, ff. 37-40, 54, 57, 63-67, 74-76, 125; Paris, Bibl. Nat., Fonds Francais, ms. 3983, ff. 17, 28; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca dall'anno 1004 all'anno 1700, a cura di C. Minutoli, in Arch. stor. ital., s. 1, X (1847), documenti, p. 229; S. Bongi, Storia di Lucrezia Bonvisi lucchese raccontata sui documenti, Lucca 1864, pp. 73, 156; Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, a cura di S. Bongi, I, Lucca 1872, p. 77; II, ibid. 1888, p. 113; P. de l'Estoile, Mémoires-Journaux, a cura di G. Brunet, A. Champollion, E. Halphen, P. Lacroix, G. Read, ecc., V, Journal de Henri IV (1589-1593), Paris 1878, p. 328; VI, Journal de Henri IV (1593-1594), ibid. 1879, p. 297; E. Picot, Les italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1901-18, p. 128; H. Lapeyre, Simon Ruiz et les asientos de Philippe II, Paris 1953, pp. 16, 55-87, 120-128; Id., Une famille de marchands: les Ruiz, Paris 1955, pp. 145-147, 430-459; J. Delumeau, Vie économique et sociale de Rome dans la seconde moitié du XVIe siècle, I, Paris 1959, p. 60; V. Vasquez de Prada, Lettres marchandes d'Anvers, Paris s. d., I, p. 174; IV, pp. 208-222, 283 ss., 353 ss.