buono (bono)
Nel significato più ampio è attribuito a persona, o anche a cosa, concreta o astratta, per affermarne la conformità al bene morale, il possesso delle qualità della propria natura o che rispondono allo scopo cui la persona o la cosa è destinata.
Assai numerosi sono gli esempi di questo significato fondamentale dell'aggettivo, documentato in D. con 341 occorrenze: Vn XXII 2 con ciò sia cosa che... nulla sia sì intima amistade come da buon padre a buon figliuolo e da buon figliuolo a buon padre; Cv IV XXVII 5 impossibile è essere savio chi non è buono; If III 127 Quinci non passa mai anima buona; Pg XVIII 38 e 39 però che forse appar la sua matera / sempre esser buona, ma non ciascun segno / è buono, ancor che buona sia la cera; Pd XIX 86 La prima volontà, ch'è da sé buona; altri esempi in Vn XIII 2; Rime LXXVII 14 (con ironia), LXXXIII 123, XCVI 4; Cv I II 7 e 13, III 7, IV 11, XIII 3, III Amor che ne la mente 65, IV 5, VIII 21, XI 13, XII 9 (due volte), XV 13, IV II 8, VII 9 e 10., XII 6, XIII 14, XVII 7, XVIII 1, XIX 1, XXII 12, XXIII 7 (in un'integrazione che la Simonelli non accoglie), XXIV 9 e 12, XXV 4, 7 e 11, XXVII 2 (è detta buona etade, forse perché in essa è efficiente la disposizione al bene), 6 (due volte), 15 e 16, XXVIII 5, XXIX 7 (due volte); Pg X 107, XI 33, XVI 106, XVIII 15, XIX 143, XXVIII 92, Pd VI 113, VIII 144, IX 63, XX 56, XXII 86, XXIII 75, XXIV 63; Fiore LV 2, LXXXVII 5, XCVI 14, CVI 14, CXV 13, CXXXI 2, CCXXVIII 1, 5 e 8.
Talvolta è abbinato ad altri aggettivi indicanti qualità lodevoli affini, quasi a formare endiadi: mirando costei... ogni viziato tornerà diritto e buono (Cv III XV 14); buona e vera religione (IV XXVIII 9); cara e buona imagine paterna (If XV 83); La mia sorella, che tra bella e buona / non so qual fosse più (Pg XXIV 13); quel valletto, ch'è si buon e saggio (Fiore XIV 6; cfr. anche LXI 12); oppure si contrappone a qualificazioni negative e detestabili: semo detti da loro [dalle nostre operazioni] buoni e rei (Cv IV IX 7); potrà essere detto quelli obediente che crederà li malvagi comandamenti, come quelli che crederà li buoni? (IV XXIV 13); così od'io che solea far la lancia / d'Achille e del suo padre esser cagione / prima di trista e poi di buona mancia (If XXXI 6); buoni e rei amori accoglie e viglia (Pg XVIII 66); O buon principio, / a che vil fine convien che tu caschi! (Pd XXVII 59); altre volte è preceduto da avverbio di negazione, a indicare la qualità contraria: non buona è la signoria d'Amore (Vn XIII 3); chi biasima se medesimo appruova sé conoscere lo suo difetto, appruova sé non essere buono (Cv I II 6); oppinione non buona (III I 6); la sembianza lor [dei demoni] ch'era non buona (If XXI 99).
In più casi il concetto generico si precisa nelle accezioni più ristrette di " giusto ", " retto ", " santo ": questi vizii si fuggono e si vincono per buona consuetudine (Cv III VIII 17); E però è più laudabile l'uomo che dirizza sé e regge sé mal naturato contra l'impeto de la natura, che colui che ben naturato si sostiene in buono reggimento (III VIII 19); la vergogna... è massimamente necessaria al buono fondamento de la nostra vita (IV XXV 3); Tuo vero dir m'incora / bona umiltà (Pg XI 119); la buona / essenza, d'ogne ben frutto e radice (XVII 134); al mondo fu rivolta / contra suo grado e contra buona usanza (Pd III 116); tutti suoi voleri e atti buoni / sono (XIX 73); non sai tu che 'l cielo è tutto santo, / e ciò che ci si fa vien da buon zelo? (XXII 9); analogamente in Cv II XIII 25, III VIII 16 e 18, XI 14, IV XIX 8, XXI 13 (nella '21: se questo [seme] non è buono, culto, ecc.; Busnelli e Simonelli leggono bene culto) e 14, XXVII 9, Pg XXIX 23, Fiore LXXV 11, Detto 151.
Altre volte il significato generico comporta accezioni particolari, che esaltano o attenuano, attraverso svariate gradazioni, la qualità espressa dall'aggettivo b., a seconda che abbia uso assoluto, pregnante, o funzione più blanda, fino a essere epiteto puramente esornativo. Come avviene di frequente nella lingua antica, in particolare se riferito a personaggio storico, ha valore elativo, ed esprime riconoscimento e valutazione ammirativa delle virtù, della potenza, dell'abilità, della competenza, col significato quindi di " eccellente ", " forte ", " valoroso ", " valente ", " capace ", " abile " (in diretta contrapposizione a ‛ cattivo ' nel significato di " vile ", " ignavo ", " inetto "); con questo valore si trova sempre anteposto al sostantivo: Orazio ditele [le parole] quasi recitando lo modo del buono Omero (Vn XXV 9); O buono Appollo, a l'ultimo lavoro / fammi del tuo valor sì fatto vaso, / come dimandi a dar l'amato alloro (Pd I 13); il buono frate Tommaso d'Aquino (Cv IV XXX 3); vissi a Roma sotto 'l buono Augusto (If I 71); lo 'mperio del buon Barbarossa (Pg XVIII 119); E monna Vanna e monna Lagia poi / ... con noi ponesse il buono incantatore (Rime LII 11); vidi il buono accoglitor del quale, / Dïascoride dico (If IV 139); come a buon cantor buon citarista / fa seguitar lo guizzo de la corda (Pd XX 142); vergogna mi fé le sue minacce / che innanzi a buon segnor fa servo forte (If XVII 90); Ma a buono intenditore basti essere posto qui come Ovidio lo pone (Cv IV XXVII 19); Ancora era quel popol di lontano / ... quanto un buon gittator trarria con mano (Pg III 69); qui farem punto, come buon sartore / che com'elli ha del panno fa la gonna (Pd XXXII 140); e te dee ricordar, se ben t'adocchio, / com'io fui di natura buona scimia (If XXIX 139); altri 41 esempi in Rime L 17, Cv I XI 13, IV XI 14 (tre volte), XII 19, XXVI 6 (due volte), XXVIII 3 e 12, XXX 2 (due volte); If XIV 57 (dove è in funzione di vocativo: chiamando " Buon Vulcano, aiuta, aiuta! "), XVI 37, XXII 52, XXVIII 116, Pg VI 18, IX 137, XIV 97, XVI 124 e 138, XX 25, XXI 82, XXVII 19, Pd XXIII 132, XXIV 52; Fiore XVI 12, XXVII 4, LXXIII 1, LXXXVIII 13, XCV 1 e 2, CX 9, CXII 5, CXIX 5, CXX 1, CXXXVIII 4, CXLIX 1, CLXXXIX 10, CCXI 1, CCXXXI 9.
Ma dove si nomina Virgilio, chiamato di preferenza buon maestro (ben 12 volte: If IV 31 e 85, VII 115, VIII 67, XIII 16, XVIII 82, XIX 43, XXI 58, XXIX 100, Pg XIII 37, XIX 34, XXVI 2; due volte è detto buon duca, in If X 19 e XII 83, mentre una volta sola l'aggettivo è unito direttamente al nome proprio, in Pg XXIX 56), nell'aggettivo, che potrebbe a tutta prima sembrare esornativo, o addirittura banale, D. assomma l'alta stima verso il poeta, la fiducia nella guida e l'affezione al padre spirituale; analogo sentimento esprime l'aggettivo come attributo di Sordello (Pg VII 52) e di Costanza (III 143).
Accezioni che si sviluppano direttamente dalle precedenti, con varietà derivanti dall'oggetto, concreto o astratto, cui l'aggettivo si riferisce: " che tende, che è diretto al bene ", in quanto più utile o favorevole o desiderabile, in senso sia spirituale sia fisico: E acciò che misericordia è madre di beneficio, sempre liberalmente coloro che sanno porgono de la loro buona ricchezza a li veri poveri (Cv I I 9); " lodevole ": tanto buono ardire al cor mi corse (If II 131); " valido ", " efficace ", " che sortisce l'effetto desiderato ": se tal decreto / più corto per buon prieghi non diventa (Pg III 141); io 'ndugiai al fine i buon sospiri (IV 132); Quand'i' udi' Ragion che 'l su' consiglio / mi dava buon e fin (Fiore XXXVI 2; cfr. inoltre Pg V 87, XI 130, XXIII 81; Fiore XXXVII 14, CXCVIII 4); " pregevole ": come dimostra 'l vostro buon trovare [scrivere poesie], Rime LXII 11; se questa mia matera [poetica] è bona, / come ciascun ragiona (LXXXIII 74); " piacevole ", " gradevole ": questo... darà diletto buono a udire (Cv I II 17); " atto ", " capace ": un ronzino corsiere, / ch'era buon da cacciagione (Fiore CCXVII 2). Di persone e di cose, " leale ", " fidato ": Com'era gito il fatto ebbi contato / ... al buono Amico, che non fu di Puglia (Fiore XLIX 3: al tempo di D. i Pugliesi erano considerati sleali, per aver tradito Manfredi alla battaglia di Benevento: cfr. If XXVIII 16-17); Detto 468; " sicuro ": se quel mal tempo prima non passava / che dal buon porto mi facea lungiare (Fiore XXXIII 8); cfr. anche Detto 115.
Con riguardo al valore intrinseco, equivale a " nobile ", " ragguardevole ", " onorato ", se detto della stirpe o della fama, come in Cv IV XXIX 4 chi dicerà... nobile per la buona generazione quelli che de la buona generazione degno non è?; XXIX 6 la statua sempre afferma la buona oppinione in quelli che hanno udito la buona fama di colui cui è la statua; Pd XVI 123 già era / buon cittadino Giuda e Infangato, cioè rivestivano cariche pubbliche; Fiore XVIII 6 egli è giovane, bello e avvenante, / cortese, franco e pro' di buona fama.
Riferito all'atteggiamento, alla disposizione d'animo verso altri, viene a essere sinonimo di " ben disposto ", " benevolo ", " favorevole ": s'ella è ingiuria, induca lo fattore a buona misericordia con le dolci parole (Cv II VI 4); riluce in essa [virtude] le buone disposizioni da la natura date (IV XIX 5); intendo narrare come la bontà e la vertù de la sua anima è a li altri buona e utile (III VII 14); Or gli ne manda alcuna buona 'nsegna (Fiore XVIII 13); ,Quand'i' udi' quel buon risposto fino / che la gentil rispuose (CCXXVIII 1; cfr. CXLIII 5; Cv I III 7, IV Le dolci rime 9, Detto 283); " cortese ", " affabile ": la buona sembianza / ch'io veggio e noto in tutti li ardor vostri (Pd XXII 53); " facile ", " agevole ": ella [l'anima] benedice lo cammino che ha fatto, però che è stato diritto e buono e sanza amaritudine di tempesta (Cv IV XXVIII 2); se stella bona o miglior cosa / m'ha dato 'l ben (If XXVI 23); e " propizio ", " favorevole ": ragionando andavam forte / sì come nave pinta da buon vento (Pg XXIV 3); Così a sé e a noi buona ramogna / quell'ombre orando (XI 25), se l'espressione dev'essere veramente intesa, come dai più, un augurio di buon viaggio.
Più volte, sempre nel Convivio, si trova unito al vocabolo ‛ natura ', a indicare la disposizione privilegiata avuta in sorte da taluni: Certo e manifesto esser dee, rimembrando la vita di costoro e de li altri divini cittadini, non sanza alcuna luce de la divina bontade, aggiunta sopra la loro buona natura, essere tante mirabili operazioni state (IV V 17); coloro dirizzare intendo ne' quali alcuno lumetto di ragione per buona loro natura vive ancora (VII 4); la nostra buona e diritta natura ragionevolmente procede in noi (XXIV 8); e questo [l'essere ‛ temperati e forti '] fa e dimostra la buona natura (XXVI 9; cfr. anche III VII 13, IV XXIV 10 e 11, XXV 1 e 3, XXVII 2).
Detto del cuore, ne mette in rilievo le doti di magnanimità e purezza: per accostarsi al tu' coraggio bono (Rime LXIII 11); 'l salvamento vien del buon coraggio (Fiore XCVI 9); cfr. anche CXXXV 12.
Unito ai sostantivi ‛ ragione ', ‛ speranza ' e simili, vale " ben fondato ", " sensato ", " ragionevole ": le saprà contar mia ragion bona (Vn XII 14 37); di ciò che dicono seguitano quattro grandissimi inconvenienti, sì che buona ragione esser non può (Cv IV XIV 6); lo figlio del valente uomo dee procurare di rendere al padre buona testimonianza (XXIX 7); lo spirito lasso / conforta e ciba di speranza buona (If VIII 107); e di buona speranza il mi notrico (Fiore III 13; cfr. anche 114, dove è sostantivato, e XXXV 4).
Riferito a condizioni psichiche o fisiche, equivale a " che ha qualità, pregio ", o ne indica in genere lo stato soddisfacente: tornai nel primo buono stato de la vista (Cv III IX 16); la buona disposizione, cioè la sanitade, getta sopra quelle [le membra] uno colore dolce a riguardare (IV XXV 12); Conviensi adunque essere prudente, cioè savio: e a ciò essere si richiede buona memoria de le vedute cose, buona conoscenza de le presenti e buona provedenza de le future (XXVII 5).
In contrapposizione implicita a ‛ cattivo ', esprime spesso genericamente giudizio positivo su cose, anche concrete e materiali, sia in sé stesse, sia per il risultato che se ne otterrà: Ma tanto più maligno e più silvestro / si fa 'l terren col mal seme e non cólto, / quant'elli ha più di buon vigor terrestro (Pg XXX 120), e, in senso figurato: Oh buone biade, e buona e ammirabile sementa (Cv IV XXI 12); volgi la mente a me, e prenderai / alcun buon frutto di nostra dimora (Pg XVII 90); Io fui radice de la mala pianta / che la terra cristiana tutta aduggia, / si che buon frutto rado se ne schianta (XX 45); di maltolletto vuo' far buon lavoro, cioè opere di carità (Pd V 33); qual segue lui, com'el comanda, / discerner puoi che buone merce carca (XI 123); tu intrasti povero e digiuno / in campo, a seminar la buona pianta (XXIV 110); molta di buon'erba n'è po' nata (Fiore CCXXX 14).
Una sola volta è riferito a capi di vestiario, per indicare che sono in b. stato (o che si indossano solo in certe occasioni: alla festa?): Detto 321 quella [la Povertà] convien t'appanni [il significato è incerto: il Parodi intenderebbe " stare ai panni ", " prender per i panni "] e che ti tragga panni e le tue buone calze.
È detto anche del cibo, con particolare frequenza nel Fiore, e ha il valore di " gradito al gusto ", " sostanzioso ": una volpe / che d'ogne pasto buon parea digiuna (Pg XXXII 120); Di buoni morselli i' si m'empio la pancia, / e, se si truova al mondo di buon vino (Fiore cv 1 e 2; cfr. anche LXII 3, CIV 14, CXXI 7); La buona anguilla non è già peggiore; / alose o tinche o buoni storioni (CXXV 5 e 6); è riferito all'olfatto, in Pg XXII 132 un alber... / con pomi a odorar soavi e buoni.
Stabilendo con il comparativo e il superlativo una gradazione nella bontà, con l'uno o con l'altro dei significati precedenti: lo processo de la sua vita... fu di [non] buono in buono, e di buono in migliore, e di migliore in ottimo (Cv I II 14); la complessione del seme puote essere migliore e men buona, e la disposizione del seminante puote essere migliore e men buona, e la disposizione del Cielo a questo effetto puote essere buona, migliore e ottima (IV XXI 7; altri esempi in I XI 20, IV XVII 9 e 11, XIX 10).
Spesso l'unione tra l'aggettivo b. e il sostantivo forma un nesso molto stretto, come nelle locuzioni ‛ a (di, in) b. fede ' (Vv XIV 7, Cv III XIV 14, Fiore LXXVI 4, CXXXV 8, CCXXVII 4), ‛ b. voglia ', ‛ b. volontà (volontade) ', ‛ b. volere ' (Rime XCI 13, Cv III I 8, If XVI 50, Pg XII 124, XVIII 96, Pd IV 19, XX 107, XXVIII 113), ‛ di b. voglia ' (Pg IX 106), ‛ b. fine ' (Cv I V 4), ‛ venire a b. capo ' (Fiore CLXI 2), ‛ essere a b. punto ' (Pg IX 47), ‛ in b. stato ' (Fiore XXXV 10), ‛ con b. pace ' (Cv I III 4), ‛ b. gioco ' (Fiore LXIX 8), ‛ in b. veritate ' (Fiore CXVI 3), dove si avverte sensibilmente il valore pleonastico dell'aggettivo.
Ben testimoniato è il costrutto copulativo ‛ è b. ', tipico della lingua antica, equivalente a ‛ è bene ', ‛ è opportuno ', è conveniente ', ‛ è utile, necessario ': forse non è bon sanza lui [Amore] gire (Vn XII 11 10); allora è buono ragionare lo bene, quando esso è ascoltato (Cv IV XXVII 16); Saper d'alcuno è buono; / de li altri fia laudabile tacerci (If XV 103); qui è buono con l'ali e coi remi, / quantunque può, ciascun pinger sua barca (Pg XII 5); per che di provedenza è buon ch'io m'armi (Pd XVII 109); Buon accontar fa l'uom ch'abbia danari, / ma' ched e' sia chi ben pelar li caccia: / con quel cotal fa buon intrar in caccia (Fiore CLIX 1 e 3); inoltre Vn XXV 3, Cv IV I 10, If XII 27, Pg VII 45, XII 14, XIII 93, XIV 56, XXXIII 30.
Esempi dell'uso sostantivato, sempre riferito a persona e spesso in antitesi con ‛ malvagio ', sono presenti in Rime XCI 91 'l buon col buon sempre camera tene, e XCI 101 'l buon col buon non prende guerra, che arieggiano a proverbio; Cv IV XI 9 più volte a li malvagi che a li buoni pervengono li retaggi, legati e caduti; If XIX 105 la vostra avarizia il mondo attrista, / calcando i buoni e sollevando i pravi; Pg XXI 24 ben vedrai che coi buon convien ch'e' regni; e ancora Rime LXXXIII 22 e 26, CIV 80, Cv IV I 7, VII 5, XI 8, 10 (due volte) e 11 (tre volte), XXIX 6 e 11, Pg XVI 120, Fiore XCII 12 e, con costrutto speciale, CCII 14 così avvenne al buon di ser Durante.