BRICHIERI COLOMBI, Giovanni Domenico
Nacque il 17 febbr. 1716 a Finale Ligure, primogenito degli otto figli di Giovanni Bernardo e di Maria Teresa Ceresola.
GiovanniBernardo, giureconsulto di nobili origini che per primo unì al cognome di Brichieri quello di Colombi, si distinse nella difesa degli antichi privilegi del marchesato di Finale (nel quale rivestì le principali cariche pubbliche battendosi contro le pretese del clero), anche dopo che questo fu venduto (1713) dall'imperatore Carlo VI alla Repubblica di Genova; nel 1724-25 sostenne con esito felice, a favore della Repubblica, la controversia dei confini scoppiata tra questa e il Regno di Sardegna. Quindi, per difendere gli interessi di Finale, lesi dall'istituzione del porto franco di Genova, nel 1729 fu inviato come oratore del marchesato a Vienna, ove si trattenne per molti anni e divenne, all'interno del ministero italico dell'Impero, ascoltato esperto di diritto feudale. A questa attività affiancò un appassionato interesse storico-erudito che ebbe il suo culmine nella pubblicazione delle Tabulae genealogicae gentis Carrettensis,marchionum Savonae,Finarii,Clavexanae... (Vindobonae 1741). Dopo il trattato di Worms (13 sett. 1743), in cui Maria Teresa vendette a Carlo Emanuele III di Savoia i diritti che potevano competerle sul marchesato, e il passaggio di Genova al fronte antiaustriaco (1745), Giovanni Bernardo Brichieri perse ogni mativo per curare a Vienna gli interessi del Finale e nell'ottobre 1746 fu nominato da Francesco Stefano auditore fiscale in Toscana. Morì a Firenze il 29 nov. 1753.
Lasciata la Liguria nel 1732, quando la famiglia si trasferì a Vienna, il B., dopo i tradizionali studi letterari intrapresi in patria sotto la guida dei barnabiti, seguì i corsi di filosofia nel seminario gesuita di Gorizia (1732-34), trascorrendo poi nella capitale imperiale dodici anni (1734-46) dedicati agli studi e alla vana ricerca di un "nicchio", di un posticino (come confessava in una lettera a Muratori del 3 nov. 1739), fosse una cattedra universitaria o una carica politica. Il periodo agitato che contraddistinse la fine del regno di Carlo VI e l'inizio di quello di Maria Teresa (guerra di successione austriaca) non sembra abbia attirato la passione del giovane, che si limitò a fornire notizie di avvenimenti bellici e politici al più curioso Muratori. Accanto agli studi di matematica sotto la guida del matematico e astronomo cesareo G. G. Marinoni (di cui fu anche collaboratore: vedi la lettera 19 ag. 1741 al Muratori), centro della sua vita fu la Biblioteca Cesarea, ricca di testi per ricerche antiquarie e giuridiche alle quali fu avviato, rispettivamente, dal gesuita Carlo Granelli e dal padre. Assistito da una buona conoscenza del greco (che gli permise di confrontare e correggere la lezione di codici delle Orazioni di Demostene e di opere di Plutarco), l'attività erudita e lo studio del diritto greco e romano (arricchito dalla dimestichezza con la tradizione giuridica tedesca di Pufendorf e Thomasius) divennero sua occupazione principale facendone il "dottissimo amico" del Muratori. A questo egli inviò nel 1738 una Dissertatio historico-iuridica sull'usucapione appena pubblicata a Vienna, e favorevolmente recensita dalle Novelle letterarie del Lami, I (1740), col. 759, e l'anno seguente una Dissertatio iuridica de iustitia et iure su Ulpiano (Lipsiae 1739), iniziando un'intensa corrispondenza epistolare col Muratori, che rimase ammirato dell'erudizione del giovane che "si stende ben largo entrando nella filosofia morale, nella mitologia, nella storia, nelle medaglie, colla giunta ancora della lingua greca" (Muratori al B., 4 nov. 1739): qualità di cui il B. si servi nell'aiutare il padre nella pubblicazione delle Tabulae genealogicae dei marchesi Del Carretto, per inviare numerose iscrizioni antiche al Muratori, che le pubblicò ricordando il contributo dell'"amico" (Novus Thesaurus Veterum Inscriptionum, Mediolani 1742, IV, p. 1976; nel tomo I della Liturgia Romano-Antiqua ilMuratori utilizzò anche notizie sopra un manoscritto viennese del Sacramentario Gregoriano fornitegli dal B.), e per pubblicare due opuscoli filologici (Compendiosa notizia de' sermoni inediti di Sant'Efraimo ed Epistolaris Dissertatio) nella rinomata Raccolta del Calogerà (XXXVII, Venezia 1747, pp. 133-46 e 197-223).
Ma la maggior parte delle sue ricerche, di notevole impegno soprattutto nella raccolta e analisi critica di fonti giuridiche (come quella relativa al Codice Teodosiano), sono rimaste inedite, e la sua profonda conoscenza del diritto, che gli varrà in seguito la carica di auditore fiscale in Toscana, non ebbe alcun pubblico riconoscimento in campo scientifico: principale collaboratore del Muratori nella redazione del De' difetti della giurisprudenza, non vide neppur ricordato il suo nome nella notissima opera pubblicata a Venezia nel 1742.
Il B. fu il primo dei corrispondenti cui il Muratori comunicò l'idea di scrivere i Difetti... (lettera del 4 nov. 1739, in cui rimprovera al B. di non aver criticato, nella Dissertatio iuridica, la definizione di Ulpiano "iurisprudentia est divinarum atque humanarum rerum notitia, iusti atque iniusti scientia"); il B. lo incoraggiò per "l'utile che ne ricaverebbe l'Arte più necessaria di tutte alla Repubblica", fornendogli, a sua richiesta, notizie sulla giurisprudenza accursiana e tedesca, poiché "in Germania, più che altrove s'è gridato contro la giurisprudenza antica e moderna" (lettere del 18 nov. 1739, e 10 ag. 1741). Il Muratori, utilizzando le indicazioni di testi giuridici ma non i consigli dell'amico, gli prospettò la possibilità di esprimere le sue osservazioni curando una traduzione latina annotata, che avrebbe diffuso l'opera in Germania (4 nov. 1741), e le note, a una seconda edizione italiana (16 sett. 1743), per la quale preparò, dietro suggerimento del B., alcune correzioni e varianti formali. Ma quest'ultima uscì a Trento a insaputa di entrambi, e la traduzione latina (cui pur il B., sostenitore dell'uso della lingua dei dotti, teneva) cadde nel nulla (restano solo delle Riflessioni manoscritte sui Difetti).
A ciò contribuì, oltre ai nuovi incarichi assunti dal R. a Firenze nel 1746, la sua scarsa adesione alle tesi muratoriane, che pur si era proposto di difendere dai critici (lettere del 9 gennaio e 23 nov. 1743, 12 febbr. 1744). Il suo contributo ai Difetti si limitò all'indicazione di fonti (soprattutto a sostegno della critica contro Accursio) e a spingere l'autore ad attenuare leggermente, nel testo a stampa, le punte più aspre contro le leggi e i loro interpreti, e contro il latino. Il B., uomo di legge attento a fondare ogni affermazione sull'"autorità", non comprendeva quello che chiamava lo "spirito bernesco" dell'opera di Muratori (lettera del 29 giugno '43), satira di sapore preilluministico il cui autore, estraneo al mondo del diritto e avverso al formalismo giuridico, si rivolgeva in italiano (senza preoccuparsi di eccessive citazioni) ai letterati non giuristi di professione, per prospettare loro un'opera di radicale riforma.
Al Muratori, che vuole "sminuire la superfluità delle leggi" per "popolarizzare" il diritto, il B. oppone la necessità di migliorarne l'interpretazione mediante un corpo di giuristi meglio preparati e selezionati da studi più severi. Egli èpiù cauto e conservatore perché fiducioso nell'opera chiarificatrice dell'interpretazione (rinnovata dai principi del diritto naturale), mentre il Muratori vuole distruggerla come fonte di incertezza, per affidare la correzione dei "difetti" non ai giuristi, ma all'azione drastica dei sovrani, ai quali avrebbe dovuto dare l'esempio Benedetto XIV cui lo scritto del 1742 è dedicato. Difensore del Muratori dalle critiche di Querini, Cirillo e Rapolla non sarà il B., ma il Lami delle Novelle letterarie e dell'ambiente preilluminista e riformatore toscano in cui il B. si troverà sostanzialmente isolato.
Nel novembre 1746 si trasferì a Firenze con il padre e, come tanti funzionari lorenesi della reggenza formatisi a Vienna, trovò finalmente quel "nicchio" cui aspirava da tempo, impiegandosi nella segreteria di Stato con la provvisione. annua di 2.100 lire. Nel lungo periodo fiorentino (sul quale siamo meno documentati) la sua attività erudita cessò.quasi del tutto: non fu pubblicata la sua edizione degli Annales in historiam finariensis belli di G. M. Filelfo, prevista (Novelle letterarie, IX[1748], col. 178) per il tomo II degli Additamenta di G. M. Tartini ai Rerum Italicarum Scriptores (uscito a Firenze nel 1770); nei suoi rapporti con A. M. Bandini si limitò a far da tramite tra questo e il Marinoni, e senza esito sembra siano rimaste le sue proposte di collaborazione alle Novelle letterarie del Lami (Firenze, Bibl. Riccardiana, Carte Lami, 3711, lettere del B. al Lami del 7 sett. 1752 e 10 giugno 1767), con il quale pur mantenne, almeno inizialmente, buoni rapporti (ibid., 3809, alle date 15 agosto, 19 e 20 nov. 1747, 8 aprile, 17, 18, 25 e 26 ag. 1748, 20 luglio 1749).
Assorbito dal nuovo impiego, il B. fece parte in qualità di segretario della deputazione per il nuovo codice istituita nel 1747 sotto la direzione di Pompeo Neri; nel 1751 sostituì il padre infermo nella carica di auditore fiscale, che assunse in prima persona dopo la sua morte (1753), esercitandola fino al 1784, quando fu soppressa e sostituita, per gli affari criminali, da quella di presidente del Buon Governo. Il 6 apr. 1784 raggiunse il culmine della carriera con la nomina a presidente della R. Consulta, con assegno annuo di 6.900 lire.
Se si eccettua una sua difesa del 1757 della nuova legge sui fedecommessi (Decisio... in causa fiorentina seu pistorien. fideicommissorum diei 28Sept. 1757, Florentiae 1761), non resta traccia di un'attiva partecipazione di questo alto funzionario all'opera riformatrice intrapresa dalla reggenza e accelerata dopo il 1765 da Pietro Leopoldo. Giudicato dal principe illuminato "buon uomo, onesto, di talento mediocre, sincero, di prattica sufficiente negli affari, zelo e buona volontà, ...ma delle volte è piccolo, e si lascia troppo facilmente governare da certe persone che lo lusingano" (Arch. di Stato di Firenze, Segr. Gab., filza 124, p. 305), la sua persona si identificò con la carica rivestita. L'auditore fiscale (fin dal tempo di Cosimo I un "legale" forestiero, non legato agli interessi locali) aveva ampia facoltà di controllo sui rami più delicati dell'amministrazione statale, come capo supremo di tutti i tribunali criminali del granducato e del tribunale del Fisco, membro della Consulta e del Consiglio di stato; sotto la reggenza, con la legge sulla stampa del 28 marzo 1743, si attribuì ampi poteri di censura, ma soprattutto Pietro Leopoldo ne fece il principale strumento del suo governo assolutistico: l'auditore fiscale "deve sapere tutto, invigilare alle trasgressioni e condotta di tutti gli impiegati per rendere minuto conto di tutto al Sovrano, avendo un'autorità illimitata, ed essendo considerato per l'uomo del Principe a cui solo è responsabile" (ibid., pp. 303-304). Di questi compiti il B. fu fedele esecutore, attirandosi l'odio di quanti videro in lui e nella sua carica il simbolo dell'assolutismo. Sostenitori delle riforme leopoldine come G. B. Nelli (di cui ci è conservata una velenosa orazione contro il B.), e loro detrattori come F. Becattini, concordano nell'accusarlo di aver moltiplicato spie e sbirri, tanto da provocare contro questi ultimi il tumulto dei militari (trascurati dal governo leopoldino) scoppiato a Firenze il 9 maggio 1774. Con questa triste fama, testimoniata da G. Bencivenni Pelli, che fu suo collaboratore nella Pratica segreta (in cui l'auditore fiscale interveniva per gli affari criminali del Pistoiese), e, fuori della Toscana, da B. Tanucci, il B. morì il 28 febbr. 1787, senza che le gazzette del tempo ne facessero cenno.
Fonti e Bibl.: Sul padre del B. vedi G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2089-91; G. B. Spotorno, Storia letter.della Liguria, V, Genova 1858, pp. 117 s. Per generiche notizie biogr. sul B. sono ancora necessari Mazzuchelli, cit., pp. 2087-89 (fino al 1756, basato su notizie fornite da L. Mehus e G. Bianchi: vedi M. Rosa, Per la storia dell'erudiz.toscana del '700:profilo di L. Mehus in Annalidella scuola speciale per archivisti e bibliotecaridell'univ. di Roma, II [1962], p. 67 n.); A. Lombardi, Storia della lett. ital. nel sec. XVIII, Modena 1828, II, pp. 331-33; A. Brichieri Colombi, Mem. della famiglia Brichieri-Colombi, Firenze 1883; D. Catellacci, Lettere di L. A. Muratori aD. B. C., Firenze 1886. Centoquindici lettere del Muratori al B. (conservate a Firenze nella Bibl. Riccardiana) sono pubblicate, oltre che dal Catellacci, in L. A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, IX-XII, Modena 1907-1911, ad Indicem. Lettere del B. nella Bibl. Estense di Modena, Arch. Soli Muratori, 56, 28 (centocinquantasei lettere al Muratori, parzialmente utilizzate da C. Pecorella, Studi sul Settecento giuridico, I, L. A. Muratori e i difetti della giurisprudenza, Milano 1964, ad Indicem);nella Bibl. Marucelliana di Firenze, B. I. 27 VIII. 16 e B. II. 27. 10 (ventuno lettere ad A. M. Bandini, 1748-51 e 1770), B. VII. 6 (una lettera ad A. F. Gori, del quale è forse un riassunto della Dissertatio historico-iuridica, nella Bibl. Marucelliana, A. 186. 16, cc. 172r-176r); nella Bibl. Riccardiana, Carte Lami 3711 (sette lettere a Lami, 1748-67). Carte e lettere familiari nella Bibl. Riccardiana, Palagi, ff. 281 e 417. Notizie e giudizi contemporanei: Novelle letterarie di Firenze, I (1740), col. 759; IX (1748), Col. 178; F. Soli Muratori, Vitadel proposto L. A. Muratori Venezia 1756, p. 126; E. Viviani Della Robbia, B. Tanucci ed ilsuo più importante carteggio, II, Firenze 1942, p. 488; Firenze, Bibl. Naz. Centr., N.A. 1050, G. Bencivenni Pelli, Efemeridi, s. 2, XV (1787), pp. 2782rv; Ibid., ms. II-152, G. B. Nelli, cc. 131-52; [F. Becattini], Vita pubblica e Privata di Pietro Leopoldo..., Filadelfia [Milano] 1796, passim. Per i suoi rapporti con il Muratori: oltre allo studio citato del Pecorella, F. Venturi, Settecento riformatore, Torino 1969, pp. 155, 161, 168, 170. Sul B. auditore fiscale (per l'importanza della carica istituita in periodo mediceo vedi A. Anzilotti, La costituzione interna dello Stato Fiorentino sotto il duca Cosimo I de' Medici, Firenze 1910, pp. 132 ss.) la ricerca è ancora da fare in Arch. di Stato di Firenze, nei fondi degli uffici cui partecipava, e in Reggenza, ff. 664, 757-62, 771; Segr. Gab., f. 124; scarsi accenni in Pietro Leopoldo, Relazioni sul governo della Toscana, a cura di A. Salvestrini, Firenze 1969, I, p. 73; A. Zobi, Storia civile della Toscana, II, Firenze 1850, pp. 200, 260 e passim; P. Berselli Ambri, L'opera di Montesquieu nel Settecento italiano, Firenze 1960, p. 87; A. Wandruszka, Pietro Leopoldo, Firenze 1968, pp. 264, 320, 342; F. Diaz, F. M. Gianni, Milano-Napoli 1966, p. 22; C. Capra, G. Ristori, Firenze 1968, p. 40.