BORGHESE, Borghese
Figlio di Agostino e di Agnese Ugurgieri, nacque a Siena nella prima metà del secolo XV e studiò legge, come il fratello Galgano, forse nella stessa Siena; ivi, secondo l'obituario di S. Domenico, insegnò per trentaquattro anni. Si sposò tre volte: con Ieronima Orsini, degli Orsini di Bomarzo, con Giovanna Bandini, figlia di Bartolo di Tura, con Margarita Saracini, nipote di Ieronima Orsini.
Secondo l'Ugurgieri (I, p. 442), fu oratore residente in Roma dal gennaio 1463, quando fu inviato presso Pio II con l'incarico di invitarlo a trascorrere a Siena i mesi estivi: la Repubblica intendeva con questo invito riavvicinarsi al pontefice dopo la tensione che si era creata l'anno precedente in seguito alla richiesta di Pio II di una maggiore partecipazione del monte dei Gentiluomini, al quale i Piccolomini appartenevano, al governo della città, richiesta che Siena aveva respinto.
Fu ambasciatore presso Paolo II nel 1466, quando l'accusa sporta dal conte di Pitigliano, Ildebrandino Orsini, contro la Repubblica di aver fatto uccidere suo figlio, rischiava di rompere la tregua appena faticosamente raggiunta. In quell'occasione la Repubblica gli affidò anche il compito di intervenire presso il pontefice per risolvere una controversia sorta tra il Comune di Siena e la Curia arcivescovile per l'uccisione, da parte del podestà locale, di un ebreo di Lucignano, accusato di vilipendio alla religione cristiana. Nell'aprile di quello stesso anno sostituì Leonardo Benvoglienti come ambasciatore della Repubblica per la questione degli oneri dovuti da Siena al pontefice per l'abbazia di S. Anastasio; nel luglio venne incaricato di interessare il pontefice al disagio grave da cui Siena era colpita per la lotta tra clero secolare e ordini mendicanti nella cura d'anime.
Capitano del popolo e gonfaloniere dal 1º marzo al 30 apr. 1468, fu eletto oratore presso Paolo II il 26 sett. 1470 per la progettata crociata contro i Turchi; ma rifiutò l'incarico e fu sostituito da Goro Loli. A Roma ancora una volta nel 1478 si occupò per conto della Repubblica di risolvere alcune questioni che erano sorte tra Siena e i castelli del contado (Sigismundo Tizio).
Capitano del popolo e gonfaloniere dal 1º luglio al 30 ag. 1478; commissario generale nella guerra contro Firenze condotta a fianco del papa e del re di Napoli, il B. riportò varie vittorie tra cui quella di Poggio Imperiale, in seguito alla quale fu fatto cavaliere dal duca di Calabria. Nel 1480 fu tra gli ambasciatori mandati a incontrarsi presso Buonconvento con Alfonso d'Aragona, che aspirava a diventare signore di Siena e con il suo appoggio riuscì, insieme con i capi del monte dei Nove, a far rientrare in città i fuorusciti del 1456, allontanati per sospetti d'intesa con il duca di Calabria, e ad escludere dal governo i Riformatori (G. Prunai-S. De Colli).
Chiamato a far parte della Balia nel giugno 1482, quando erano in corso moti di piazza contro il regime (Cantoni), cercò di riprendere in mano la situazione ricorrendo alle armi. Sconfitti i Nove nelle lotte cittadine, riuscì tuttavia ad essere rieletto di Balia il 6 ag. 1482. Il B. credette di poter arginare gli scontenti degli esclusi dal governo cittadino, suggerendo, con successo, nella seduta del 26 genn. 1483, la creazione di una Balia con forte prevalenza popolare. La riforma, però, non dovette aver l'esito che egli sperava se nel febbraio i Nove furono allontanati dal governo e dalla città. Non sappiamo che parte ebbe il B. nella restaurazione del potere dei Nove, dopo il richiamo seguito nel 1487, ma certo, nonostante la sua tarda età, dovette essere di gran sollievo, a giudicare dall'accanimento contro di lui dei fuorusciti, cacciati da Siena al ritorno dei Nove, che posero sulla sua testa, come su quella di Leonardo Bellanti, di Pandolfo Petrucci e di Neri Placidi, una taglia di 200 ducati, come risulta da una lettera del 22 ott. 1488 di Brettoldo Foscherani alla Balia (la lettera è citata da U. G. Mondolfo, Pandolfo Petrucci signore di Siena, Siena 1899, p. 13).
Il B. morì il 23 sett. 1490 e per i suoi funerali la Repubblica spese 200 fiorini; il suo corpo venne sepolto nella chiesa di S. Domenico.
Secondo Sigismondo Tizio, il suo nome fu imposto da Niccolò Borghese a suo nipote, figlio di Pandolfo Petrucci, nato subitodopo (il passo di Sigismondo Tizio è citato in Pecci, pp. 76-77 n.c.). L'Allegretti, quasi a conclusione dei suoi Diarii, traccia un ritratto vivace e polemico del B., "huomo di gran cervello e governo", sottolineando quali erano state le linee direttrici della politica cittadina del "primo del Monte dei Nove e di tutta la città": allontanare dal potere gli appartenenti agli altri monti, farsi eleggere nella Balia e disporre del comando dei provvisionati, corpo scelto di uomini pagati dal Comune per la difesa della città.
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vaticana, Arig. G. I. 35: Sigismundi Titii Historiarum Senensium libri quattuor, c. 58r; A. Allegretti, Diarii delle cose sanesi del suo tempo, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll. 792, 793, 795, 811, 858-859; C. Cantoni, Cronaca senese, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XV, 6, a cura di A. Risini e F. Iacometti, p. 896; O. Malavolti, Historia de' fatti e guerre de' Sanesi,così esterne,come civili, Venetia 1599, III, pp. 67, 75-76, 77; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, pp. 442 s.; II, p. 50; G. A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena, I, Siena 1755, pp. 76-77; N. Borghese, Vita di santa Caterina da Siena... aggiuntovi l'elenco degli uomini illustri dell'eccellentissima casa Borghese, a cura di R. Luttazi, Roma s.d. (ma 1869), pp. 148-150; L. Zdekauer, Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano 1894, pp. 117; M. Mengozzi, Il pontefice Paolo II ed i Senesi, in Bullettino senese di storia patria, XXI (1914), pp. 267-275, pp. 474-478; XXII (1915), pp. 278-284; XXIV (1917), pp. 105-109, 113, 114; XXV (1918), p. 37; G. Cecchini, Archivi del Concistoro del Comune di Siena, Roma 1952, p. 106 n. 509; G. Borghezio, I Borghese, Roma 1954, pp. 9-10; G. Prunai-S. De Colli, La Balia dagli inizi del XIII sec., in Bull. senese di st. patria, s. 3, LXV (1958), p. 64; V. Spreti, Encicl. storico-nobiliare, II, p. 131.