OTTONI, Borgaruccio
OTTONI, Borgaruccio (Borgherutius de Mathelica). – Nacque probabilmente a Matelica (Macerata) sul finire del secolo XIII da Federico di Alberto. Non fu mai designato con il cognome Ottoni, coniato più tardi, nella prima età moderna, bensì con il patronimico oppure con l’indicazione del luogo di origine.
A Matelica, verso il 1320, Borgaruccio assunse un potere personale assimilabile a quello di un signore cittadino: non si conoscono però le tappe della sua ascesa e le forme di esercizio di quel potere. Riuscì ad affermarsi nelle aspre lotte fra gli schieramenti guelfo e ghibellino che imperversavano nella Marca di Ancona, militando nella parte ghibellina, per consolidare la propria egemonia su Matelica e per arginare l’espansionismo dei Da Varano di Camerino, fedeli al papa.
La sua preminenza su Matelica appare per la prima volta nel 1314, allorché il rettore della Marca anconitana Vitale Brost lo assunse come garante nella remissione dalla scomunica in cui era incorsa la città per essersi ribellata al papa. Nel 1318 egli figura tra i firmatari di una pace fra Matelica e Camerino al termine di annosi scontri. La sua affermazione all’interno della compagine ghibellina fu coronata dal conferimento, nell’aprile 1321, della carica di podestà di Arezzo, roccaforte del ghibellinismo in Toscana. Non è infondata l’ipotesi secondo cui il vescovo Guido Tarlati, che assunse ad Arezzo un potere signorile proprio nel luglio di quell’anno, abbia giocato un ruolo chiave nella designazione podestarile: sempre nel 1321, infatti, fu eletto a Matelica un podestà aretino, segno di mutua alleanza politica. Nel 1322 Borgaruccio fornì sostegno militare a Lippaccio Guzzolini, signore di Osimo, rinsaldando i legami con uno dei più rilevanti esponenti del ghibellinismo marchigiano.
Il suo potere personale su Matelica si consolidò in breve tempo: nell’aprile 1323 Giovanni XXII lo assolse, insieme al padre Federico e al figlio Ranuccio, dalla condanna pronunciata l’anno prima dal rettore provinciale delle Marca, Amelio di Lautrec per aver indotto la città a ribellarsi al pontefice. Durante la discesa in Italia di Ludovico IV il Bavaro, imperatore scomunicato e non riconosciuto dal papa, Borgaruccio e la città di Matelica aderirono strenuamente alla causa del sovrano. Nel giugno 1329, insieme ai capi del ghibellinismo marchigiano, prese parte, in rappresentanza di Matelica, a un’assemblea (parlamentum) tenuta a Osimo e presieduta da Giovanni di Chiarmonte, conte di Mohac, vicario dell’imperatore, e vi fu nominato membro di un consiglio di commissari, deputato all’organizzazione militare e alla ripartizione delle spese per la guerra contro il papa (gli altri membri furono espressi dalle altre città ghibelline marchigiane: Fabriano, Osimo, Fermo; Acquacotta, 1839, pp. 219-224 ). Matelica aderì pertanto all’antipapa designato dall’imperatore, Niccolò V. Nel settembre 1328 Borgaruccio ottenne da questi la dispensa per celebrare il matrimonio fra suo figlio Ranuccio e Daziela, figlia di Tommaso di Alberghetto Chiavelli, signore di Fabriano; le nozze volevano sancire l’alleanza tra i due signori ghibellini. Presto, però, le speranze di questi ultimi s’infransero con il fallimento della spedizione italiana di Ludovico IV e non restò loro che tornare all’obbedienza papale. Nel novembre 1332 Giovanni XXII accolse Matelica sotto la propria autorità: sembra che Borgaruccio, in questa fase, si fosse allontanato temporaneamente dalla città, come appare da un atto di procura a suo nome, stipulato dai fuoriusciti matelicesi nel 1336.
La sua azione politica è documentata di nuovo nel 1338, allorché il rettore della Marca Canhard de Sabalhano lo condannò al pagamento di 600 fiorini per aver consentito il rientro a Fabriano dei Chiavelli, banditi dal papa. Nel 1339 dominava ancora su Matelica, allorché venne a patti con il rettore della Marca Giovanni de Riparia: questi gli promise di far allontanare gli eserciti di Camerino e di San Severino, che minacciavano la sua città, in cambio della sottomissione al papa. Borgaruccio accettò la proposta e consegnò Matelica nelle mani del rettore.
Subito dopo, secondo alcune testimonianze fornite in un’inchiesta promossa dal rettore della Marca nel 1341 (Pirani, 2022, pp. 98 s.), scoppiò a Matelica una rivolta popolare contro il tiranno durante la quale egli trovò la morte insieme al figlio Federico.
L’altro figlio, Ranuccio, si rifugiò nel contado, nel castello di Rocchetta, su una vicina altura appenninica. Ranuccio tentò di rientrare in armi a Matelica ma fu immediatamente catturato e ucciso. Nonostante la rivolta popolare sia presentata nell’inchiesta del 1341 come una liberazione dal tiranno, non pare improbabile che lo stesso rettore provinciale ne abbia favorito le circostanze, così da ristabilire l’autorità papale su Matelica.
Borgaruccio morì dunque tra la fine del 1339 e l’inizio del 1340. Devono ritenersi prive di fondamento le attestazioni degli storiografi di età umanistica, fra i quali Biondo Flavio e Platina, secondo cui l’imperatore Ludovico IV gli avrebbe concesso il vicariato imperiale durante il suo soggiorno a Trento, nel 1342. L’anno indicato dagli storici è infatti successivo alla sua morte, né esistono attestazioni documentarie relative a un siffatto riconoscimento giuridico. Invero il Bavaro fu a Trento anche all’inizio della sua discesa in Italia, nel 1327.
A Matelica, subito dopo l’uccisione di Borgaruccio, furono promulgati ordinamenti popolari per arginare eventuali tentativi di instaurare nuovamente la dominazione signorile, come poi effettivamente avvenne. I suoi nipoti, Corrado e Guido, riuscirono ben presto a rientrare in città; nel 1343 Clemente VI deprecò il fatto che avessero ripreso il potere coloro che in passato avevano soggiogato tirannicamente Matelica contro l’autorità papale. Nel 1358 una riformanza comunale prescrisse che la carica di gonfaloniere, la più alta magistratura cittadina, dovesse spettare di diritto ai discendenti in linea maschile di Borgaruccio, definito nel testo «bone memorie nobilis vir» (Luzzatto, 1909, p. 279). Pertanto, diversamente da quanto accadde nella pluralità dei casi, ove i tiranni rimossi furono consegnati alla damnatio memoriae, a Matelica Borgaruccio svolse nella memoria locale il ruolo di fondatore della plurisecolare signoria della famiglia Ottoni.
Fonti e Bibl.: Matelica, Archivio storico comunale, pergg. 903, 927, 939, 1015; F. Biondo, Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii decades, Basileae 1559, p. 362; C. Acquacotta, Memorie di Matelica, Ancona 1838, pp. 114, 119, 124, 127, 131; Id., Lapidi e documenti alle memorie di Matelica, Ancona 1839, pp. 205, 209, 214, 225, 239, 241; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, II, Roma 1862, pp. 108, 110, 116 s.; L. Passerini, Ottoni di Matelica, in P. Litta, Famiglie celebri italiane, disp. 160, Milano 1868, tav. II: Ottoni, Borgaruccio; Jean XXII(1316-1334). Lettres communes, a cura di G. Mollat, X, Paris 1907, n. 54855; G. Luzzatto, Gli Statuti del Comune di Sant’Anatolia del 1324 e un frammento degli Statuti del Comune di Matelica del sec. XIV (1358?), Ancona 1909, p. 279; Annales Arretinorum maiores et minores(1192-1343), a cura di A. Bini - G. Grazzini, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., XXIV, 1, Città di Castello 1909, pp. 16, 21, 43; Gli archivi della storia d’Italia, a cura di G. Mazzatinti, VII, Rocca S. Casciano 1911, pp. 291, 296, 298, 309; Les Registres de Benôit XII (1334-1342). Lettres closes et patentes intéressant les pays autres que la France, a cura di J.M. Vidal, I, Paris 1913, n. 200; Platina, Liber de vita Christi ac omnium pontificium, a cura di G. Gaida, in Rerum Italicarum Scriptores, II ed., III, 1, Città di Castello 1915, p. 273; M. Berg, Der Italienzug Ludwigs des Bayern. Das Itinerar der Jahre 1327-1330, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LXVII (1987), in particolare pp. 145-156; L. Barbini, La signoria degli Ottoni, Matelica 1988, pp. 36-40, 42-44, 46-48; V. Villani, Signori e comuni nel Medioevo marchigiano: i conti di Buscareto, Ancona 1992, pp. 79, 81, 112, 128, 133, 139, 141, 142, 149; U. Paoli, La documentazione dell’Archivio segreto Vaticano sul Trecento fabrianese, in Il Trecento a Fabriano. Ambiente, società, istituzioni, a cura di G. Castagnari, Fabriano 2002, pp. 145 s.; F. Pirani, Tiranni e città nello Stato della Chiesa. «Informatio super statu provincie Marchie Anconitane» (1341), Fermo 2012, pp. 31, 34, 38, 41, 43 s., 69, 71, 85, 95, 98.