BORGARUCCI
Famiglia distintasi nel sec. XVI con vari personaggi, originaria di Canziano in Umbria, già castello di Gubbio, ma appartenente al ducato d'Urbino. Negli anni fra il 1520 e il 1540 vi nacquero da Carlo, di ignota professione, i fratelli Bernardino, Giulio, Prospero e Borgaruccio. Al primo, che era dottore di leggi, Prospero dedicò nel 1565 il suo trattatello De peste; si trovava allora in Inghilterra presso il fratello Giulio, né può dirsi se egli sia identificabile con quel Bernardino (di Ancona?) che nel 1543 professava diritto civile nell'università di Padova, oppure se si tratti di un omonimo zio. Un secolo più tardi un altro Bernardino, giurista anch'egli e avvocato curiale, visse a Canziano fino verso la metà del sec. XVII, lasciando varie scritture inedite e sparsi componimenti encomiastici.
Giulio, medico, è la figura di maggiore spicco. Dicendosi di patria "Cantianensis", firmò nel 1550 sei versi latini in lode del De christiana religione del domenicano Gabriele Antonini e in odio a Lutero (Bibl. Ap. Vat., Urbin. lat. 578, c. 61), ma dovette in realtà simpatizzare per le idee della Riforma, se, emigrato in Inghilterra, aderì alla Chiesa italiana degli esuli, di chiara ispirazione calvinista. Trapiantato a Londra, vi godette largo successo professionale e cospicui guadagni quale medico della più distinta nobiltà, annoverando fra i suoi pazienti non solo lords come Cobham e Mountjoy, ma William Cecil, il più fidato consigliere della regina Elisabetta, e addirittura il favorito Robert Dudley, diventando medico di corte e ottenendo largo successo durante l'epidemia del 1563-64 col curare gli appestati mediante il salasso. Il 29 marzo 1562 venne naturalizzato, dietro esborso della rilevante somma di 10 sterline, che sembra testimoniare la sua floridezza economica. Il 29 maggio 1566 lord Mountjoy ringraziava il Cecil per avergli mandato "doctor Julio" a curarlo. Non molto più tardi, e comunque prima del 1570, soggiornò qualche tempo nei Paesi Bassi e, al ritorno, un altro esule italiano, il capitano Vincenzo Sassetti, lo accusò di aver frequentato la messa con gran devozione, tanto da farlo sospendere dalla frequenza della santa cena. Ma il 4 sett. 1573 venne riconciliato e riaccolto, dopo aver accusato di calunnia il Sassetti, un avventuriero "di nisciuna religione", e dopo aver ribadito che aveva "di lungo tempo rinunziato alla messa e a tutto il papato" e che voleva "vivere e morire nella confessione della vera e cristiana religione". A Londra, in epoca compresa tra il tardo 1569 e i primi del '72, lo ricorda Pietro Bizzarri in colloquio con un testimone oculare della morte del celebre Andrea Vesalio. Nei suoi ultimi anni Giulio sostenne una lunga causa davanti al tribunale dei "doctors Commons" e ne riuscì alla fine soccombente; si ignora la materia della vertenza, nonché l'anno della sua morte.
Prospero, nato a Canziano verso il 1540, seguì le orme e i consigli del fratello maggiore Giulio, dedicandosi poco prima del 1560 allo studio della medicina. Nella dedica ai fratelli Bernardino e Giullo del suo De peste (Venezia 1565), che è del 4 dic. 1564, egli ricorda appunto i lunghi studi (p. 5), il vecchio padre (p. 8), la sudditanza al duca d'Urbino (p. 27). La sua carriera era stata precocissima, perché sin dal 17 genn. 1564 era stato nominato professore di anatomia nell'università di Padova, succedendo a Francesco da Lendinara; un mese dopo, il 20 febbraio, dedicava ad Alfonso I d'Este la sua prima opera a stampa (Della contemplazione anatomica sopra tutte le parti del corpo umano libri V, Venezia 1564), un tomo di oltre 500 pagine, nel quale non si peritava di polemizzare qua e là col Valverde e col Vesalio, ma che per il dettato in volgare, la semplicità espositiva, la chiarezza, si presentava come un manuale elementare per studenti. Tutti gli altri lavori del B. terranno fede a questo carattere divulgativo, che doveva anche essere ispirato dal desiderio di trarre guadagno da una diffusione non ristretta agli uomini di scienza. In omaggio alla sua fama precoce, il 15 sett. 1565 lo speziale e botanico veronese Francesco Calzolari gli dedicò il suo Viaggio di Montebaldo (Venezia 1566); subito dopo, il 29 novembre, il B. offerse al conte Girolamo Capodilista, "signore sopra la sanità" nel Consiglio di Padova, un adattamento italiano del suo recente De peste (Trattato di peste, Venezia 1565).
L'opuscolo offre qualche ricordo autobiografico, rammenta le torme di lupi affamati e i primi sintomi di pestilenza nel territorio d'Urbino, non senza un cenno devoto al suo duca (pp. 29 s.); gli studi compiuti sotto "Bernardino Paterno, mio precettore fidelissimo" (p. 42), cioè il celebrato medico di Salò che professò nell'università di Padova e morì nel 1592;infine le "molte occupazioni, i lunghi e continui viaggi a' quali sono stato quattro o cinque anni sogetto" (dedica), un soggiorno "per più mesi" a Parigi (pp. 35, 44), dove ebbe compagno di studi un Francesco Guidani di Lecce (p. 110), ascoltò le lezioni di Jacques Charpentier e del "divino precettore monsieur Giovanni Fabbro parigino" (forse Jean Lefèbvre, p. 89) e assistette "due anni fa" (1562)ad una singolare terapia mediante un gallo spennato vivo, eseguita su una povera donna o all'incontro di un Collegio chiamato de' Lombardi, (p. 79). In quegli anni non s'era risparmiato, a suo dire (p. 95), viaggi, disagi, lunghe attese, al fine di poter incontrare i medici più insigni; s'era anche spinto sino a Londra, in visita al fratello maggiore, e da lui aveva imparato i vantaggi derivanti dal portar sempre con sé, in tempo di sospetti di peste, un "pomo" di sostanze odorifere; più tardi il morbo imperversò per quasi un anno (p. 105) e nel 1564giunse a mietere a Londra mille morti la settimana (p. 36).
Due anni dopo, nella raccolta di Luigi Luisini (De morbo Gallico, II, Venetiis 1567), il B. pubblicò una Methodus de morbo Gallico, sostenendo l'origine americana del contagio e raccomandando un uso cauto dei rimedi mercuriali, perché nocivi alla virilità (la dedica al matematico urbinate Francesco Maria Del Monte è del 5 apr. 1567). Lo stesso anno il B. fece stampare nell'officina di V. Valgrisi le quasi mille pagine in-4º del suo ricettario e manuale di tecnica farmaceutica La fabrica degli spetiali, cui premise da Padova, il 1º maggio, una dedica a Caterina de' Medici regina di Francia, manifestando il desiderio di farsi conoscere da quella sovrana. Inrealtà, stava cercando un nuovo impiego, perché l'università di Padova lo aveva congedato per scarsa capacità. Scrive il De Renzi che nello stesso 1567 fu chiamato a Parigi con ufficio di medico del re, ma che vi ebbe scarso successo e, dopo un anno appena, dovette tornare a Padova, portando seco un manoscritto dell'inedita Chirurgia magna del Vesalio, il grande maestro di anatomia che era morto in circostanze oscure nel 1564 durante il ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta (in realtà il trattato era di origine spuria, perché non era certo stato composto dal Vesalio, e raccoglieva semmai gli appunti di qualche oscuro uditore delle sue lezioni). Nel dare in luce l'opera (Venezia 1568), il B. si definiva "filosofo e medico regio"; la dedica (Padova, 3 ott. 1568) è indirizzata al botanico Giacomo Antonio Cortusi. Da questo momento la sua fin troppo vivace attività di pubblicista si arresta; un suo trattato di pediatria (De morbis puerorum curandis libri IV) è andato perduto e lo stesso accadde a un suo manuale di terapia (Empirica rationalis,hoc est de medendis humani corporis morbis a centum et ultra authoribus Graecis,Arabis et Latinis selecta). In fronte a quest'ultimo, stando al Lipenius (p. 149), egli si dichiarava "Medicus ducatus Styriae", segno che era ormai ai servigi del duca Carlo d'Asburgo, con residenza a Graz. Un suo omonimo nipote (1630-1656) è detto abate, nobile e romano dalla lapide che ricorda il suo sepolcro in S. Salvatore delle Coppelle a Roma.
Borgaruccio, fratello minore dei precedenti, coltivò le umane lettere e lavorò a lungo in Venezia, almeno tra il 1565 e il 1589, quale traduttore dal latino, revisore e manipolatore editoriale, al servizio di numerosi tipografi, probabilmente senza stringere con nessuno di essi rapporti di diretta dipendenza. Tra versioni, castigationes, aggiornamenti, ecc. i volumi da lui curati toccano la ventina e spaziano dalla filologia classica alle scienze naturali, dagli scritti divozionali al diritto, senza tralasciare la grammatica e le belle lettere; di farina sua pubblicò solo un poemetto popolaresco L'afflizione di Venezia,nella quale si ragiona di tutti gli accidenti occorsi l'anno 1576 per cagion di peste (Firenze 1578).
Le opere tradotte o curate dal B., tutte impresse a Venezia sono: M. T. Cicerone, Sententiae insigniores (1565); G. Falloppia (pseud.), Secreti diversi e miracolosi (1565); L. Bigi, Domenicale (1568); Tommaso da Kempis, Opera spirituale (1568); P. e L. Rossettini, Compendio di tutta la cirugia (1568); Giovanni Aquilano, Prediche (1569); G. F. Ferrari, Le rime burlesche (1570); N. de Voerda, Enarrationes in IV libros Institutionum imperialium (1570); N. Perotti, Utilissima rudimenta grammatices (1579); L. Alberti, Descrizione di tutta Italia (1581); M. T. Cicerone, Lettere famigliari (1582); G. da Orta, Dell'istoria dei semplici aromati (1582); F. Alunno, La fabrica del mondo (1584); R. de' Passeggeri, Summa notariatus (1584); S. Boezio, Dialectica (1585); P. Ovidio, Epistolae (1585); F. Visdomini, Omelie (1585); M. T. Cicerone, Rhetorica ad Herennium (1586); D. Cavalca, Specchio di croce (1589); M. T. Cicerone, Familiarium epistolarum libri XVI (1589).
Antonio, nativo di Canziano e certo parente dei precedenti, studiò sotto Orazio Pascuzzi ed ebbe fama di buon grammatico: in fronte alla Instruzione grammaticale del maestro (Fano 1593) si legge un suo epigramma. Tuttavia, tra il 1590 e il 1601 almeno, lavorò come libraio in Pesaro, importando libri da Bologna, Venezia e Francoforte e curando acquisti e legature per la biblioteca ducale (sette sue lettere a Pesaro, Bibl. Oliveriana, cod. 1526 bis, n. XXIII; cod. 1594, n. VI). Utilizzando i diari di Angelo Massarelli e varie fonti, compilò una raccolta di conclavi da Niccolò V a Pio V (Roma, Bibl. Ap. Vaticana, Urbin. lat. 846).
Altri membri del casato (che dal sigillo di Antonio par che recasse sullo scudo un torrione a due piani) trascurarono del tutto le lettere per gli affari: un terzo Bernardino appare nel 1587 a Venezia in veste di agente mercantile, impegnato in speculazioni sui grani (Pesaro, Bibl. Oliveriana, cod. 375, vol. XX, c. 16); un Girolamo vive nel 1629 a Pesaro in qualità di contabile dell'ufficio delle bollette e pagatore delle guardie (ibid., vol. XXXIII).
Fonti e Bibl.: Su Bernardino seniore: P. Borgarucci, De peste, Venetiis 1565, dedica; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, II, p. 189. Sull'omonimo iuniore: L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 69; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1762; F. Vecchietti-T. Moro, Biblioteca Picena, III, Osimo 1793, p. 35.
Su Giulio: P. Borgarucci, Della contemplazione anatomica, Venezia 1564; Id., De peste, Venetiis 1565, dedica; Id., Trattato di peste, Venezia 1565, p. 59; P. Bizzarri, Pannonicum bellum, Basileae 1573, p. 285 (la più ridotta stesura italiana: Historia della guerra d'Ungheria, Lione 1568, non menziona il B.); T. Mac Crie, History of the progress and suppression of the Reformation in Spain..., Edinburgh 1829, p. 366; J. S. Burn, The history of the French,Walloon,Dutch and other foreign protestant refugees settled in England, London 1846, p. 229 (ricorda il tardo processo in cui il B. ebbe parte, ma ne tace la fonte; nessuna traccia nella raccolta di atti della Court of Arches in Lambeth Palace a Londra); Calendar of State Papers (Domestic series 1547-1580), a cura di R. Lemon, London 1856, p. 272; W. Page, Letters of denization and Acts of naturalization for aliens in England, Lymington 1893, p. 26; L. Einstein, The Italian Renaissance in England, New York 1902, pp. 189, 212; Calendar...,Patent Rolls,Eliz., II, London 1948, p. 460; L. Firpo, La Chiesa italiana di Londra nel Cinquecento e i suoi rapporti con Ginevra, in Ginevra e l'Italia, Firenze 1959, pp. 373 s.
Su Prospero: Pesaro, Bibl. Oliveriana, cod. 1063: D. Bonamini, Uomini illustri di Pesaro, I, sub voce; Ibid., cod. 1068. Id., Medici pesaresi, c. 15; F. Calzolari, Viaggio di Montebaldo, Venezia 1566 (dedica); T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia 1587, p. 191; I. F. Tomasini, Gymnasium Patavinum, Utini 1654, pp. 76, 302; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae 1658, p. 232; M. Lipenius, Bibliotheca realis medica, Francofurti a. M. 1679, pp. 149, 190, 337; J.-J. Manget, Bibliotheca scriptorum medicorum, I, Genevae 1731, p. 371; S. Maffei, rec. di G. Fontanini, Della eloquenza italiana, Roma 1736, in Osservazioni letterarie, II (1738), p. 145; P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, I, Basle 1752, pp. 613 s.; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, II, Patavii 1757, p. 387; G. B. Audiffredi, Bibliothecae Casanatensis catalogus, I, Romae 1761, p. 761; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1717 s.; F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, III, Osimo 1793, pp. 32-35; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, pp. 172, 464, 600, 612, 624; A. Dechambre, Dictionnaire encyclopédique des sciences médicales, X, Paris 1869, p. 65; E. Narducci, Giunte all'opera. "Gli Scrittori d'Italia"..., Roma 1884, pp. 100 s.; G. Natalucci, Medici insigni italiani nati nelle Marche, Falerone 1934, p. 194; H. W. Cushing, Abiobibliography of A. Vesalius, New York 1943, pp. 216 s.
Su Prospero iuniore: V. Forcella, Le iscrizioni delle Chiese... di Roma, VIII, Roma 1876, p. 504, n. 1170.
Su Borgaruccio: Raccolta d'opuscoli scientifici..., a cura di A. Calogerà, XXXII, Venezia 1745, p. 447; G. Fontanini-A. Zeno, Biblioteca dell'eloquenza italiana, II, Venezia 1753, p. 478; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1716 s.; N. F. Haym, Biblioteca italiana, IV, Milano 1803, pp. 9, 207, 284; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII, Firenze 1843, p. 303; L. De Angelis, Biografia degli scrittori senesi, I, Siena 1824, p. 303 (crede il B. nativo di Siena); S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, pp. 584, 727 s. (confonde Borgaruccio con Prospero); E. Narducci, Giunte all'opera. "Gli Scrittori d'Italia"..., Roma 1884, p. 100; F. Zambrini, Le opere volgari a stampa..., Bologna 1884, col. 247.
Su Antonio: Pesaro, Bibl. Oliveriana, cod. 965: C. E. Montani, Illustri Pesaresi, c. 30; Ibid., cod. 1063: D. Bonamini, Uomini illustri di Pesaro, I, sub voce.