MOMBRIZIO, Bonino
MOMBRIZIO (Montebretto), Bonino. – Nacque a Milano (secondo Bossi, seguito dai repertori successivi) nel 1424 da Bartolomeo (Bertola, Bartolo). Pare essere stato l’ultimo rappresentante di una nobile famiglia di origine romagnola. I dati su di lui sono pochi e disorganici. L’unico elemento sicuro riguarda gli studi universitari a Ferrara, nel periodo di attività didattica di Guarino Veronese (1436-50). Il M. è registrato fra i numerosi illustri discepoli «esterni»: personalità diverse, non strettamente coeve, da Flavio Biondo a Pietro Bembo, da Nicolò Copernico a Ludovico Castelvetro, da Pier Candido Decembrio ad Aldo Manuzio, a Iacopo Sadoleto. Non è chiara l’esatta natura dei suoi studi: humanae litterae, ma forse anche medicina e diritto. La fisionomia intellettuale del M. è senz’altro quella di un umanista, pur se non di primissimo piano. Dal soggiorno ferrarese pare aver conservato persistenti legami con la corte estense.
Il M. trascorse a Milano gli anni della maturità umana e intellettuale, ampiamente documentati per il periodo 1458-78. Secondo la storiografia settecentesca la sua attività sarebbe stata strettamente letteraria: successore di Francesco Filelfo come professore di lettere latine e greche in publico gymnasio, autore di numerose opere, manoscritte e a stampa.
Cultore delle muse, ne avrebbe ricavato solitudine e dignitosa povertà; l’immagine del poeta idealista e sfortunato è stata tramandata dallo stesso M. (valga come esempio il suo dialogo con la Musa) e, accolta senza riserve dai repertori, è passata nei lavori successivi fino all’avallo di E. Garin. Le ricerche sui titolari di uffici nella Milano sforzesca hanno però messo a disposizione elementi del tutto nuovi: il M. risulta regolarmente stipendiato, dal 1458, come contrascriptor ad trafigum salis e dal 1470 circa migliorò la sua posizione, e il relativo salario, divenendo uno dei Cancellarii entratarum extraordinariarum. Le ricerche di A. Ganda (2000) hanno poi attribuito al M. un posto di primo piano ai primordi dell’editoria milanese, nel ruolo di imprenditore estremamente attento al proprio tornaconto economico (fino a mandare in carcere i soci insolventi). Dai documenti dell’Archivio di Stato di Milano emerge d’altra parte chiaramente come lo scapolo solitario della tradizione avesse in realtà numerosa famiglia (quattro figlie).
Rimangono confermati i rapporti intellettuali, umani, a volte di clientela. Emerge in particolare la comunanza di orizzonti culturali con Pier Candido Decembrio, a partire probabilmente dagli studi ferraresi. Stretti appaiono i legami con gli Sforza; gli scritti di circostanza per la famiglia principesca coprono tutto l’arco dell’attività letteraria del M., da un primo epitalamio per Tristano Sforza nel 1455 alla Threnodia per l’uccisione di Galeazzo Maria nel 1476.
La personalità del M. appare più complessa e meno lineare di come ce l’ha consegnata la tradizione, alimentata dallo stesso autore. Ciò non cambia il significato della sua opera, che resta nel solco più classico della cultura umanistica del tempo, per la molteplicità dei temi trattati, la scrittura fluida se non originale, il culto del libro usato anche come dono propiziatorio, la disponibilità al ruolo di amanuense.
Gli interessi del M. appaiono molto vari, o forse varie furono le opportunità che gli si presentarono di toccare temi disparati: storici, filologici, medici, religiosi; difficile quindi una classificazione. La sua mano è solitamente evidenziata da qualche verso di presentazione-dedica. Resta a volte opinabile il ruolo, se di autore o solo di curatore-editore. Alcuni testi rimangono manoscritti. Il suo spazio più significativo è nella storia dell’agiografia.
Il M. curò prima del 1465 la traduzione latina della Grammatica greca di C. Lascaris, testimoniata nel manoscritto N.264 sup. della Biblioteca Ambrosiana di Milano, con dedica a Ippolita Sforza, sorella di Galeazzo Maria, educata alle humanae litterae. In apertura un dialogo con la Musa, il cui senso è ben chiaro dall’attacco: «Quid mihi sollicitis perdo quae tempora chartis / Musaque quia pauper Musaque fio senex».
Senza esplicito destinatario, sempre in Ambrosiana (A.137 sup.), trascrisse Vitruvio, De architectura. Passando a testi originali, ancora in Ambrosiana (G.113 inf.) è conservata un’altra opera dedicata a una donna della famiglia dominante, Bona di Savoia: Momidos, sui vizi delle donne. Altri codici autografi finirono a Parigi, nel contesto del trasporto della biblioteca ducale, preda di guerra di Luigi XII: alla Bibliothèque nationale troviamo così un De varietate fortunae per Galeazzo Maria Sforza (Fonds lat., 8131). Ancora un testimone in Ambrosiana (C.42 sup.) e uno alla Bibliothèque nationale (Fonds lat., 8377) per l’epitalamio in onore di Tristano Sforza. La sorte dei codici, specie se preziosi, non è stata poi sempre lineare. Un altro lavoro del M., riccamente miniato (Bucolica), dono di pregio per Galeazzo Maria Sforza, chiaramente sottratto a fini di lucro, è attualmente conservato a Coburg, Landesbibliothek (S.IV.2 46.)
L’attività editoriale del M. – come autore, editore, «presentatore» coi suoi distici – è testimoniata dalla cura del Chronicon di Eusebio, tradotto da Girolamo e continuato da Prospero d’Aquitania e Matteo Palmieri, stampato a Milano presso Filippo da Lavagna (Indice generale degli incunaboli [=IGI], 3752 con datazione congetturale 1474-76). Una edizione di successo, di cui in Gesamtkatalog der Wiegendrucke [=GW], 9432 sono indicate una settantina di copie ancora disponibili. Le ricerche di Ganda (2006, pp. 88-90) introducono elementi per anticiparla al 1468; diverrebbe così, oltre che prima edizione curata dal M., presente anche con tre suoi epigrammi, il primo esempio di stampa milanese.
Al 1474 risalgono il De mirabilibus mundi di Solino, con distici di dedica del M. al futuro vescovo di Como e cardinale Antonio Trivulzio, stampato a Milano presso Giovanni Bono (IGI, 9086, datato presuntivamente 1475 circa), e la Summula logicae di Paolo Nicoletti (Paolo Veneto) stampata a Milano presso Christoph Valdarfer il 14 dic. 1474 (IGI, 7349). Lo stesso anno, sempre a Milano, uscì l’opera forse più diffusa tra quelle originali del M.: il poema in esametri De dominica passione, dedicato a Sisto IV, che circolò parallelamente manoscritto (Kristeller) e a stampa (Antonio Zarotto [1474]; IGI, 6689 cita 14 esemplari, altri due sono presenti nella Biblioteca Vaticana). Sempre nel 1474 uscì a Ferrara, presso André Belfort, la traduzione latina del M. della Theogonia di Esiodo dedicata da advena a Borso d’Este (IGI, 4725; GW, 12404).
Considerando solo le edizioni di sicura attribuzione, seguono la Thebais di Stazio, Milano, s.n.t., 1476-77, dedicata dal M. al segretario ducale Bartolomeo Calco (IGI, 9156), e il Vocabularium di Papia, con un’epistola del M. al lettore, stampato a Milano da Domenico Giliberti (Domenico da Vespolate) il 12 dic. 1476 (IGI, 7204). Il 12 luglio 1475 Domenico da Vespolate si accordò col M. per stampare 425 esemplari del De octo partibus orationis, di Prisciano (Ganda, 2000, p. 746; IGI, 8047 attribuito alla «tipografia del Servius»). Il 24 febbr. 1476 il M. acquisì da Domenico da Vespolate, suo debitore, una parte degli utili della futura vendita degli esemplari del Filocolo di Boccaccio che Domenico finì di stampare a Milano il 14 giugno 1476 con la presentazione del M. (ibid., p. 747; IGI, 1786; GW, 4464). Meno chiaro il ruolo del M. nel Testamento preservativo e curativo per defensione dell’umana generazione dal morbo pestilenziale, Milano, Antonio Zarotto (IGI, 9487: prima del 29 ag. 1477); il M. è senz’altro autore dei tre distici iniziali al lettore, una autopresentazione del libretto, non dell’autore. L’attribuzione è invece data per scontata da Di Giovanni. Si tratterebbe dell’unico testo in volgare di cui il M. si sia occupato, insieme con la Vita di Caterina d’Alessandria.
La Threnodia in occasione dell’uccisione di Galeazzo M. Sforza (26 dic. 1476) circolò manoscritta e fu stampata postuma a Milano, nel 1504. L’editore Alessandro Minuziano vi riprende il topos della poca fortuna dell’autore, immeritatamente dimenticato a pochi anni dalla morte.
Le tre vite di santi in versi, due in latino e una in volgare, possono essere considerate elemento di raccordo tra il resto della produzione del M. e il Sanctuarium: la Vita Hieronymi, in 1080 esametri (Bibliotheca hagiographica latina, Novum supplementum, n. 3877b: Vita metrica auctore Bonino Mombritio) è testimoniata nel ms. Vat. lat. 3722 della Biblioteca apostolica Vaticana, probabilmente autografa e con dedica a Sisto IV, ma anche in altri esemplari (Kristeller). Analoga struttura ha la Vita Ioannis evangelistae, dedicata a Giovanni Borromeo, di cui si conosce solo l’esemplare Ambrosiano (F 207 inf.). La Vita di Caterina d’Alessandria è l’unico scritto certo del M. in volgare. Costituisce uno degli ultimi esempi di componimento in terzine dantesche, nel periodo in cui si va affermando l’ottava. Il codice, riccamente miniato, era stato verosimilmente donato a Bianca Maria Visconti Sforza, effigiata in ginocchio ai piedi della santa. Per passaggi di famiglia era giunto nei Paesi Bassi, ed è conservato a Bruxelles, Bibliothèque royale, Mss., 10975 (la Biblioteca agiografica italiana propone la datazione al 1450-66). L’opera è stata pubblicata a Gembloux nel 1943 (B. Mombrizio, La legende de Sainte Catherine d’Alexandrie, poème italien du XVe siècle publié pour la première fois d’après le manuscrit unique de la Bibliothèque Royale de Belgique, a cura di A. Bayot - P. Groult).
Il Sanctuarium seu Vitae sanctorum si presenta come una raccolta di testi trascritti con la massima fedeltà, utilizzabili quindi come fonti quando gli originali non siano immediatamente disponibili; fu stampato a Milano (IGI, 6690: «tip. del Mombritius») prima del 14 sett. 1478, data di una nota di acquisto individuata da Foffano alla c. 358v del secondo volume dell’esemplare posseduto dalla Biblioteca dell’Università Cattolica di Milano.
«Boninus Mombritius Mediolanensis duo ingentia volumina edidit, quibus acta Sanctorum complexus est, ut ea in manuscriptis codicibus reperit, ita fideliter, ut ne menda quidem scriptionis correxerit, quae minus iucundam lectionem reddere solent»: il riconoscimento dei Bollandisti (Acta sanctorum) ha segnato la successiva fortuna del M., facendone un riferimento obbligato, almeno per gli studiosi di agiografia. Si tratta dell’impegno più importante, che conclude tutta la produzione. L’opera è dedicata al potentissimo segretario ducale Cicco Simonetta, che cadde in disgrazia poco dopo la pubblicazione, fu rimosso dalla carica il 13 sett. 1479 e, dopo più di un anno in prigione, fu decapitato a fine ottobre 1480.
Colpiscono il respiro dell’opera e la coerenza della costruzione: sono presenti 334 vitae, molte di più le figure trattate, fra voci collettive (quasi 100) e rinvii interni (oltre 130). Seguono l’indirizzo conclusivo a Cicco Simonetta e la biografia di s. Monica. La lunghezza delle singole voci va da poche righe a 75 pagine. La trattazione segue l’ordine alfabetico (l’ipotesi di una prima redazione per circulum anni rimane tutta da verificare). Un ordine poco usato in agiografia, ma con un illustre precedente proprio milanese, di due secoli prima: il Liber sanctorum Mediolani, di Goffredo da Bussero. Il Liber ha una sua omogenea sinteticità e una maggiore attenzione al territorio; è un unicum per la serie di vescovi milanesi ma anche per monaci ed eremiti, ricordati in rapporto ai luoghi di culto. L’affinità di contenuti è in ogni caso significativa: oltre la metà delle voci del M. (185) sono già presenti nel Liber. La sfasatura cronologica ha scarso rilievo: troviamo nel Liber figure come Antonio da Padova e Pietro martire; gli unici inserimenti successivi del M. sono Caterina da Siena e Nicola da Tolentino. Si può insomma considerare il Sanctuarium come la ripresa, secondo la cultura e la mentalità del tempo, di un progetto di santorale ambrosiano, non strettamente legato a commemorazioni liturgiche o a specifici luoghi di culto. I due terzi delle figure trattate dal M. sono martiri dei primi secoli cristiani, ma sono presenti anche l’inquisitore domenicano Pietro e l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. L’esemplarità della Passio è rafforzata dal fatto che il martire è papa, vescovo, monaco, vergine. Quest’ultimo carattere domina la santità femminile, con poche eccezioni di madri, vedove, peccatrici redente. Quella femminile è una presenza minoritaria: 48 figure autonome, 21 all’interno di gruppi familiari o amicali. La vicenda del santo è inquadrata dalle essenziali coordinate spazio-temporali: il papa o l’imperatore regnanti, i luoghi in cui si è consumata la vita e, ancor più, la morte. Oltre 300 voci riguardano i primi secoli cristiani. Appena 9 sono i vescovi e abati dei secoli VII-X. Poco più numerose le presenze successive all’anno 1000, da Bernardo di Chiaravalle a Luigi IX, a Francesco, Domenico, Chiara, ai già ricordati Nicola da Tolentino e Caterina da Siena. Quando ha a disposizione una biografia di solida tradizione, il M. la ingloba: Atanasio per Antonio, Sulpicio Severo per Martino fino a Pietro da Monteriggioni per Nicola da Tolentino. Sono 56 i casi di autori noti, solo in parte esplicitamente citati. Largamente usate le legendae novae: in 73 casi lo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais, in 21 la Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Rimangono 183 casi di biografie di prima mano, riprodotte da codici di problematica identificazione.
Difficile capire quali siano stati i criteri di scelta. Le possibili fonti sono da ricercare in primo luogo a Milano, o comunque in Lombardia, non dimenticando le accennate vicissitudini della biblioteca ducale, trasportata da Pavia in Francia per volere di Luigi XII, con le inevitabili dispersioni legate a trasferimenti del genere. Ancora, non sappiamo se il M. abbia lavorato da solo o se abbia avuto dei collaboratori. Pure alcune biografie «d’autore» provengono da codici di non immediata disponibilità; anche in questi casi il Sanctuarium è stato utilizzato come fonte, almeno fino agli Acta sanctorum (valgano come esempi Nicola da Tolentino e Caterina da Siena). Resta in primo piano il ruolo giocato, per le biografie anonime, da codici perduti o comunque difficilmente identificabili. Gli obiettivi dell’autore rimangono tutti da valutare. Frazier (p. 100) intitola il capitolo dedicato al Sanctuarium «The last medieval legendary», collocandone la stesura nella difficile situazione di Milano dopo l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza. I Bollandisti, recensendola, affermano: «Bien qu’il n’existe pas une hagiographie humanistique» (Lequeux). Eppure questa silloge di fonti non pare così casuale. Il M. fra l’altro vive in un periodo precedente alla Riforma; a differenza di L. Lippomano, G. Witzel, L. Surio, egli non deve misurarsi con le polemiche sulla valenza teologica del culto dei santi, e può permettersi di scegliere secondo suoi criteri. L’opera lascia a tutt’oggi molti problemi aperti sui suoi intenti. La valutazione degli Acta sanctorum ha trovato conferma negli eruditi settecenteschi.
Agli inizi del Novecento i benedettini di Solesmes hanno deciso di rendere più accessibile il Sanctuarium attraverso una nuova edizione, che ha però subito un cambio di curatore in corso d’opera: ne è risultata non un’edizione critica, ma uno strumento comunque prezioso: Boninus Mombritius, Sanctuarium seu Vitae sanctorum, novam hanc editionem curaverunt duo monachi Solesmenses, I-II, Parisiis 1910 (rist. anast. Hildesheim 1979). La Praefatio (pp. VII-XXIX) inquadra in modo accurato il valore dell’opera, i problemi interpretativi connessi, le conoscenze sull’autore e sul resto della sua produzione. Al termine di ogni volume, Correctiones, variae lectiones et notae (I, pp. 615-684, II pp. 657-758) riprendono la quasi totalità delle singole voci, indicando le fonti possibili e registrando le varianti. In coda all'opera un prezioso Index personarum locorum et rerum principalium. Il materiale preparatorio di questa edizione è conservato presso la Biblioteca dell’abbazia di Saint-Pierre di Solesmes (Jb/2-42).
Il M. morì sicuramente a Milano. Il 22 dic. 1478 risulta gravemente infermo. Il suo testamento è datato due giorni più tardi.
Sassi colloca la morte nel 1482, anno al quale fa risalire la chiamata a Milano di Giorgio Merlani (Giorgio Merula) per l’insegnamento già attribuito al Mombrizio. Secondo tale ipotesi il M. avrebbe assistito all’esecuzione capitale di Simonetta e potrebbe essere autore di un carme composto per la circostanza, edito da A.G. Spinelli. Eis propone il 1500, senza però offrire alcun documento giustificativo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Autografi, 144, filza 28, 1; 3; Notarile, Atti, b. 863 (24. dic. 1478, notaio Tommaso Giussani); D. Bossi, Chronica, Mediolani 1492, ad annum 1424; P. Morigia, Historia dell’antichità di Milano, Venetia 1592, p. 708; Acta sanctorum ianuarii, I, Praefatio generalis ad abbatem Laetiensem, Antverpiae 1643, p. XXI; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii …, Ferrariae 1735, parte 2a, libro III, p. 298; G.A. Sassi, Historia literario-typographica Mediolanensis, in F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium …, I, Mediolani 1745, coll. CXLVI-CLIII; A.G. Spinelli, Carme in morte di Cicco Simonetta, in Archivio storico lombardo, XII (1885), pp. 514-527; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 81, 130; A. Di Giovanni, Una ignota opera sulla peste del medico umanista B. M. (secolo XV), Genova 1963; G. Eis, Die Quellen für das Sanctuarium des Mailander Humanisten Boninus Mombritius, Berlin 1933 (severa recensione di H. Delehaye, in Analecta Bollandiana, LIII [1935], pp. 421 s.); E. Garin, La cultura milanese nella seconda metà del XV secolo, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, p. 571; B. de Gaiffier, Deux passionnaires de Morimondo, in Analecta Bollandiana, LXXXIII (1965), pp. 142-156; E. Pellegrin, La bibliothèque des Visconti et des Sforza ducs de Milan, au XVe siècle, Paris 1955, pp. 331 s., 349 s.; I. Hubay, Die Handschriften der Landesbibliothek Coburg, Coburg 1962, p. 16; E. Pellegrin, La bibliothèque … Supplément avec 175 planches, Florence 1969, pp. 44 s.; G. Philippart, Les légendiers latins et autres manuscrits hagiographiques, Turnhout 1977, pp. 44, 129 n. 83; T. Foffano, Per la data dell’edizione del «Sanctuarium» di B. M., in Italia medioevale e umanistica, XXII (1979), pp. 509-511; B. de Gaiffier, Au sujet des sources du «Sanctuarium» de Mombritius, in Mittellateinisches Jahrbuch, XIV (1979), pp. 278-281; E. Sandal, Editori e tipografi a Milano nel Cinquecento, II, Baden Baden 1978, n. 17; A. Tissoni Benvenuti, Schede per una storia della poesia pastorale nel secolo XV: la scuola guariniana a Ferrara, in In ricordo di Cesare Angelini, Studi di letteratura e filologia, Milano 1979, pp. 103, 109, 123-126; M. Ferrari, Tra i «latini scriptores» di Pier Candido Decembrio e biblioteche umanistiche milanesi: codici di Vitruvio e Quintiliano, in Vestigia. Studi in onore di G. Billanovich, Roma 1984, I, pp. 259 s.; A. Ganda, I primordi della tipografia milanese. Antonio Zarotto da Parma, Firenze 1984, pp. 135, 144; Id., Il «tipografo del Servius H 14708» ha un nome: Domenico Giliberti da Vespolate, in La Bibliofilia, LXXXVII (1985), pp. 230 s., 236, 258; R. Aigrain, L’hagiographie: ses sources, ses méthodes, son histoire, reproduction inchangée de l’édition originale de 1953 avec un complément bibliographique par R. Godding, Bruxelles 2000, pp. 325, 478; A. Ganda, Giliberti, Domenico (Domenico da Vespolate), in Diz. biogr. degli Italiani, LIV, Roma 2000, pp. 746 s.; S. Spanò Martinelli, B. M. e gli albori della scienza agiografica, in Erudizione e devozione. Le raccolte di Vite di santi in età moderna e contemporanea, a cura di G. Luongo, Roma 2000, pp. 3-18; Biblioteca agiografica italiana, a cura di J. Dalarun et al., Tavernuzze 2003, II, s.v. Caterina, n. 22; D. Gionta, Tra Filelfo e Pier Candido Decembrio, in I Decembrio e la tradizione della Repubblica di Platone tra Medioevo e Umanesimo. Atti del convegno, Pavia-Vigevano … 2000, Milano 2004, passim; A. Frazier, Possible lives …, New York 2004, pp. 100-167 (rec. di X. Lequeux, in Analecta Bollandiana, CXXIV [2006], p. 424); A. Ganda, Filippo Cavagni da Lavagna editore, tipografo, commerciante a Milano nel Quattrocento, Firenze 2006, pp. 88, 106, 108, 110; S. Spanò Martinelli, Un umanista agiografo nella Milano sforzesca: B. M., in Dai cantieri della storia. Liber amicorum per Paolo Prodi, Bologna 2007, pp. 311-316; Dictionnaire de spiritualité, X, col. 1522; P.O. Kristeller, Iter italicum, VI, A cumulative index, s.v. Mombritius, Boninus; Lexicon für Theologie und Kirche, VII, col. 385; Bibliotheca hagiographica Latina, Novum Supplementum, n. 3877b; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VII, p. 614; L. Hain, Repertorium bibliographicum, nn. *3315, 6716, 8541, *11544, 12378, 12500, *13354, *14873=14875, 14990; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, nn. 1796, 3752, 4725, 6690, 7204, 7349, 8047, 9086, 9156, 9487; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, nn. 4464, 9432, 12404.