GRATAROLO (Grattarolo), Bongianni
Nacque a Salò intorno al 1530, stando all'ipotesi formulata dallo Zaniboni. Con il titolo di socio protettore, fece parte della locale accademia letteraria, indifferentemente detta Unanime o Concorde. Noto soprattutto come poeta tragico e cultore dei classici, il G. fu autore di un compendio di memorie benacensi, la Historia della Riviera di Salò, dedicato al provveditore di Salò, Orsatto Giustinian, e diviso in tre libri, che raccolgono, oltre a notizie storiche, anche leggende di carattere locale. Redatta intorno al 1587, l'opera fu pubblicata dal fratello del G., Agostino, a Brescia per i tipi di V. Sabbio, nel 1599 (ed. anast., Salò 1978).
La Historia fornisce alcune informazioni relative alle numerose attività del G., che fu anche pittore. Gabriele Emo, provveditore e capitano della Riviera negli anni 1562-63, gli commissionò la decorazione di una delle logge del palazzo governativo a Salò e il Comune gli diede l'incarico di effettuare il disegno di una medaglia d'oro destinata al rettore Niccolò Quirini. Oltre una produzione in rima (sonetti di ispirazione petrarchesca oggi introvabili) e una commedia, la Castruccia, pure questa andata perduta, che fu recitata a Salò in una data imprecisata nel palazzo del provveditore della Repubblica, il G. compose tre tragedie in endecasillabi sciolti. Agli anni giovanili risale l'Altea (Venezia, F. Marcolini, 1556), in versi sdruccioli, sul mito di Meleagro tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.
L'opera è incentrata sulla figura di Altea, che, rispetto agli altri personaggi del dramma, ha una fisionomia del tutto autonoma. A guidare le singole azioni che compongono la trama (la caccia al cinghiale, le cui spoglie sono donate da Meleagro, figlio di Altea, ad Atalanta; l'offesa dei fratelli di Altea; la morte di Meleagro ucciso dalla madre; infine il suicidio collettivo dei protagonisti della vicenda) sono tre passioni per eccellenza tragiche, ovvero l'ira, la vendetta, l'invidia, che porteranno alla catastrofe finale.
Seconda tragedia del G. è l'Astianatte, frutto di una contaminazione fra le Troiane di Euripide e l'omonima opera senecana (Venezia, A. Salicato, 1581, 1589; poi nel Teatro italiano, o scelta di XII tragedie per uso della scena, a cura di S. Maffei, II, Verona 1723).
è la tragedia più significativa del G.; se complessivamente risente della suggestione di Seneca, essa si allontana dai toni enfatici del modello latino per aderire alla maggiore semplicità della versione euripidea. La scena si svolge interamente davanti alla tomba di Ettore, sullo sfondo c'è Ilio ormai occupata dall'invasore greco. Giunone, ancora adirata con i Troiani, pretende che una vittima le venga immolata, prima di consentire alla partenza dell'esercito acheo: quella vittima è Astianatte, figlio di Ettore. Il terribile evento viene preannunciato in sogno ad Andromaca che, spaventata, nasconde il figlio presso la tomba dell'eroe troiano. Sopraggiunge Ulisse, il quale scopre l'inganno e toglie Astianatte alla madre, destinando il fanciullo a una morte sicura. Tuttavia, con un gesto coraggioso, degno della stirpe da cui proviene, Astianatte si getta da una rupe per sfuggire al ferro dei suoi nemici. La tragedia si conclude con il racconto del sacrificio, di cui il nunzio riferisce ad Andromaca, distrutta dal dolore.
Ultima tragedia del G. è la Polissena (Venezia, A. Salicato, 1589; Brescia 1728).
Ancora una volta, i protagonisti della tragedia sono una madre e una figlia destinata a soccombere. Come l'Astianatte, l'argomento della Polissena è tratto da una tragedia di Seneca, le Troades. L'ombra di Achille pretende dai Greci il sacrificio della fanciulla troiana, che tuttavia sarà tratta al campo acheo con l'inganno. La madre Ecuba viene infatti indotta a credere che Polissena è destinata alle nozze con Pirro, ma Elena svela il tranello e annuncia la prossima morte alla donna. Con dignità e generosità senza pari, Polissena si avvia al martirio, che viene descritto nell'ultima scena con dovizia di particolari.
In uno scritto intitolato Imperfezione della Commedia. La difesa di Dante contra l'oppositioni del Castravilla, trasmesso dal ms. Vat. lat. 6528 con una dedica a Giacomo Scuttellari, il G. prese le difese di Dante contro gli attacchi formulati sotto lo pseudonimo di Ridolfo Castravilla da un letterato presumibilmente senese nel Discorso nel quale si mostra l'imperfettione della "Commedia", diffuso manoscritto a partire dal 1572. Al Castravilla il G. rimprovera di fondare troppo spesso le sue argomentazioni sull'autorità di Aristotele. Secondo il Brunati, il G. compose un'altra tragedia, intitolata Argeste, andata evidentemente perduta. Un sonetto a firma del G. compare, infine, tra gli Elogi storici di alcuni personaggi della famiglia Castigliona, raccolti da A. Beffa Negrini (Mantova, F. Osanna, 1606, c. 185); versi latini sono nel manoscritto Magl. VII.1381, c. 98v della Biblioteca nazionale di Firenze. Giuseppe Milio detto il Voltolina, anche lui originario di Salò, gli dedicò il suo Hercules Benacensis (Brescia 1575), poemetto in esametri in cui si narra delle avventure di Ercole sulle rive del Benaco. Al G. è poi indirizzata la lettera latina fìrmata con lo pseudonimo di Eufrasto - nome sotto il quale si cela un medico benacense - e premessa al poemetto didascalico in esametri del Voltolina De hortorum cultura (ibid. 1574), nel quale l'autore menziona un piccolo podere di proprietà del G. che era spesso luogo di amene riunioni per gli intellettuali della Riviera.
Il G. morì probabilmente nel 1599 o poco prima: lo si evince dalla dedicatoria alla Historia che dà come recente la morte dell'autore.
Fonti e Bibl.: L. Cozzando, Libraria bresciana, Brescia 1694, pp. 105 s.; Salò e la sua Riviera descritta da Silvan Cattaneo e da B. G., Venezia 1745; V. Peroni, Biblioteca bresciana, Brescia 1818-23, p. 133; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, p. 196; G. Brunati, Dizionarietto degli uomini illustri della Riviera di Salò, Milano 1837, pp. 80 s.; F. Zaniboni, B. G. da Salò, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1900, pp. 68-98; F. Neri, La tragedia italiana del Cinquecento, Firenze 1904, pp. 96 s.; E. Bertana, La tragedia, Milano s.d. [ma 1906], pp. 89 s.; L. Bianchi, Due accademici salodiani del Cinquecento: B. G., Giuseppe Milio Voltolina, Brescia 1927, pp. 5-43; S. Casali, Gli annali della tipografia veneziana di Francesco Marcolini, a cura di A. Gerace, Bologna 1953, pp. 269 s.; B. Weinberg, A history of literary criticism in the Italian Renaissance, Chicago 1961, pp. 527 s., 841 s.; Enc. dantesca, III, p. 269.