BONACCORSO di Cino
(o Buonaccorso)
Pittore fiorentino attivo intorno alla metà del Trecento. Al 1345 risalgono le note che testimoniano saldate al pittore "le dipinture del pellegrinaio nuovo" da poco terminate nell'ospedale della Misericordia e Dolce a Prato (Meoni, 1962; Meiss, 1971b). Queste sono da ravvisare, con ogni probabilità, nei cospicui brani affrescati scoperti in situ e staccati negli scorsi decenni (Procacci, 1967), tuttora conservati nello stesso ospedale, raffiguranti un Giudizio universale che pare sovrapponibile, nel suo schema compositivo e iconografico, all'affresco di analogo soggetto eseguito da Buonamico nel Camposanto di Pisa nel decennio precedente (Meiss, 1971a; Bellosi, 1974). L'affresco pratese, che ha costituito un utile terminus ante quem per la controversa datazione del Giudizio del Camposanto pisano, mostra tuttavia una profonda dipendenza stilistica da Maso e da Bernardo Daddi per quanto riguarda rispettivamente la sobria e linearistica definizione delle figure e la dolcezza del loro atteggiamento, sottolineata dalla scelta di una gamma cromatica particolarmente calda e delicata.Nel 1347 B. dovette lavorare a Pistoia, unitamente ad Alesso d'Andrea, come dimostrano i pagamenti ai due pittori (Ciampi, 1810), per gli affreschi della cappella di S. Iacopo in duomo, raffiguranti Storie di s. Iacopo e, sulla volta, Dio padre e apostoli. Le pitture furono coperte, già nella seconda metà del secolo, dagli affreschi di Niccolò di Tommaso, distrutti nel 1786. Alcuni resti, tuttavia, sono stati riportati alla luce nel Novecento e contestualmente attribuiti ad Alesso d'Andrea (Procacci, 1964) anche perché B. si era ritirato dall'impresa nel maggio 1347. Con la scoperta dell'affresco pratese e del documento relativo, i brani rinvenuti a Pistoia - quattro Virtù entro finte nicchie - sono stati invece convincentemente riconosciuti a B. (Meiss, 1971b), cosicché di Alesso d'Andrea, autore tra l'altro del perduto polittico di S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, del 1348 (Procacci, 1964; 1971), non è attualmente possibile indicare opere conservate. Alcuni lacerti pittorici provenienti dalla stessa cappella pistoiese di S. Iacopo e consistenti in teste di apostoli e di angeli (Quarrata, Coll. Baldi Papini), attribuiti alla fase decorativa operata da B. e Alesso d'Andrea (Procacci, 1971), sono stati, viceversa, per lo più riportati alla campagna di affreschi di Niccolò di Tommaso, al pari del vasto ciclo affrescato della cappella di S. Antonio del Tau, nella stessa città, da situarsi nell'ottavo decennio del secolo (Offner, 1927; 1953-1956; Gai, 1970; Boskovits, 1975; Carli, 1977).Alle opere legate al nome di B. sono stati avvicinati gli affreschi della parete sinistra della navata della chiesa di S. Francesco a Pistoia, con il Compianto sul Cristo morto e Storie di Eraclio (Boskovits, 1970; Meiss, 1971a, gli attribuisce il solo Compianto) o quelli della cappella Gatteschi, nella stessa chiesa (Boskovits, in Offner, 1989), già da tempo attribuiti rispettivamente a Maso e aiuti (Longhi, 1959) e alla scuola di Bernardo Daddi (Chiappelli, 1929-1930), i due riconosciuti poli intorno ai quali dovette ruotare l'educazione del pittore.L'influenza di Maso è particolarmente evidente in un'altra opera pratese di B., attribuitagli da Meiss (1971a): un monumento funebre dipinto a fresco nella cripta del duomo, simulante un'edicola contenente le figure del defunto giacente e di Maria e Giovanni Evangelista intercedenti presso Cristo.Nella stessa città anche la Crocifissione a fresco del Convitto Naz. Cicognini è stata riconosciuta a B. (Boskovits, 1970). La tavola con Crocifissione e storie della Passione (Roma, Mus. Vaticani, Pinacoteca), accostata al nome del pittore (Boskovits, 1970) e peraltro sicuramente assegnabile ad artista influenzato da Maso, appare non univocamente riconosciuta a B. dalla critica (Neri Lusanna, 1983), mentre è stato ritrattato il riferimento all'artista fiorentino (Fahy, 1969; 1971) di una tavola raffigurante la Madonna con il Bambino (Cleveland, Mus. of Art), più verosimilmente pertinente al Maestro di S. Lucchese (Boskovits, 1970; 1975).Opera tarda del pittore sarebbe un crocifisso (Fiesole, S. Maria Primerana), sinora ritenuto del tardo Trecento, ipotizzato risalente al 1360 ca. e a lui attribuito recentemente (Tartuferi, 1984). All'ambito di B. è stata ricondotta (Meiss, 1971a) una pala con Madonna con il Bambino e santi (Filadelfia, Pennsylvania Mus. of Fine Arts).Dal corpus delle opere che è possibile raccogliere intorno al nome di B. emerge la figura di un pittore di discreta capacità esecutiva, stilisticamente aggiornato e anzi antesignano, dal punto di vista iconografico, della diffusione di nuove e peculiari tipologie: è il caso, per es., delle Virtù di Pistoia e degli strumenti della Passione di Cristo nell'affresco della Crocifissione di Prato (Boskovits, 1970; Meiss, 1971a). Un limite risulterebbe tuttavia, qualora provata, la sua rinuncia a dipingere a Firenze - documentata città di origine del pittore - a favore dell'attività in centri satelliti: B., malgrado fosse iscritto alla Compagnia di s. Luca fin dal 1341 (Procacci, 1964), non sembra infatti mai essere stato immatricolato all'Arte dei medici e degli speziali (Procacci, 1971). La recente, preliminare attribuzione al pittore di affreschi nella chiesa fiorentina di S. Apollonia (Bacarelli Locoratolo, 1982) comprendenti il Martirio di s. Apollonia, S. Onofrio e S. Cristoforo, probabilmente del 1344, se confermata, sarebbe di particolare importanza per una migliore definizione della personalità dell'artista.
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