BISIACH, Giuseppe, detto Leandro
Nacque a Casale Monferrato il 16 giugno 1864 da Giovanni, valente tornitore in legno e avorio, il quale in seguito divenne per questa sua abilità collaboratore del figlio. La famiglia era originaria della Spagna (il bisnonno del B. aveva abitato per molti anni a Madrid; il nonno paterno trasferì la sua residenza a Trieste, mentre il padre era milanese). Il B. approfondì dapprima lo studio del violino, ma presto manifestò la sua predilezione per la liuteria, costruendo nel 1886 il suo primo strumento, un violino, che ottenne, nonostante l'inesperienza del giovane e la sua mancanza di scuola e di attrezzi specializzati, il lusinghiero apprezzamento degli esperti locali, come è riportato dall'Avvenire e dall'Elettore di Casale del 30 apr. 1886. Questo convinse il B. a trasferirsi a Milano, dove giunse nello stesso anno e fu per qualche tempo allievo di Riccardo Antoniazzi. Insieme con il maestro, divenuto intanto suo socio, fondò la ditta che ancora oggi porta il suo nome. Altri collaboratori gli furono Gaetano e Romeo Antoniazzi, padre e fratello di Riccardo, Gaetano Sgarabotto, Giuseppe Ornati, Luigi Montanari e, in seguito, i suoi quattro figli. L'abilità del B. come liutaio, restauratore e riparatore di strumenti antichi, non tardò a diffondersi anche all'estero, e una visita al suo laboratorio, definitivamente sistemato nel 1904 in piazza del Duomo, divenne in breve una sosta obbligata per quanti fra i più valenti artisti dell'epoca erano di passaggio a Milano. Questi gli affidarono spesso i loro preziosi strumenti classici, affinché egli ne facesse una copia da usare a scopo di studio. Dell'alto livello raggiunto dalla sua arte testimoniano i riconoscimenti tributati al B. in tutti i concorsi italiani e stranieri a cui egli prese parte.
Vinse infatti il primo premio nelle seguenti esposizioni: a Londra nel 1895 (gran diploma d'onore), ad Atlanta (Georgia) nello stesso anno (medaglia d'argento e diploma di eccellenza), a Torino nel 1898 (medaglia d'oro), a Parigi nel 1900 (medaglia d'argento), a Milano nel 1906 (gran premio) e a Bruxelles nel 1910 (unico grand prix per l'Italia). Gli fu anche conferita la medaglia d'oro al merito civile di prima classe dei capitani reggenti della Repubblica di San Marino.
Fra il 1890 e il 1900 il B. era divenuto fornitore e riparatore degli strumenti d'arco dei conservatori di Milano e di Pesaro e dell'istituto musicale di Bergamo. Sposatosi nel 1886 con Maria Vismara, ne ebbe sette figli, dei quali i quattro maschi Andrea (n. 16 dic. 1890-m. il 25 ag. 1967), Carlo (n. 9 marzo 1892-m. 23 apr. 1968), Giacomo (n. 28 dic. 1900) e Leandro iunior (n. 28 febbr. 1904) seguirono tutti le orme paterne, affermandosi nel campo liutario internazionale.
Nel 1900 il B. aveva acquistato a Venegono Superiore, sul Lago Maggiore, una villa che divenne un vero e proprio laboratorio estivo, ideale dal punto di vista climatico per quella delicata fase, nella costruzione degli strumenti, che si potrebbe definire "stagionatura in bianco" e che il B. prolungò per certi esemplari fino a trent'anni.
Assai attiva fu anche la partecipazione del B. alla vita musicale milanese (fu tra l'altro uno dei fondatori della Società del quartetto) e per oltre quarant'anni i vari complessi orchestrali della città lo ebbero spesso come violinista nei loro ranghi. Ebbe occasione di suonare, fra i primi violini, in una esecuzione delle Donne curiose di E. Usiglio, tenuta al Teatro dei Filodrammatici nel 1887, avendo a fianco M. E. Bossi fra i secondi e Toscanini fra i violoncelli.
La guerra del 1915-18 lo privò temporaneamente della maggior parte dei suoi collaboratori e nel 1916 egli si trasferì per qualche tempo a Siena, chiamatovi dal conte Chigi-Saracini ad impiantare un laboratorio di liuteria nel suo palazzo.
Ritornato alla vita normale, riprese la sua infaticabile attività, che durò fino alla morte, avvenuta a Venegono il 1º dic. 1945.
Varia e copiosissima fu la produzione del Bisiach. La sua derivazione dalla scuola cremonese (R. Antoniazzi proveniva a sua volta dalla scuola di E. Ceruti), alla quale si mantenne sempre fedele, ispirandosi costantemente ai modelli dei grandi classici, fu da lui sottolineata in tutte le etichette dei suoi strumenti. Questi, per l'accuratezza della costruzione, la scelta del legno, la particolare cura dedicata alla vernice (basata su formule cremonesi e venete) e il suono flessibile e vigoroso ad un tempo, godettero in breve della preferenza di concertisti e orchestrali ed ebbero larga diffusione anche all'estero.
Eccezionale fu inoltre l'esperienza del B. come perito e restauratore di strumenti classici. Fra quelli da lui restaurati figura una rarissima "violetta piccola" (soprano di viola da gamba) dall'inconsueto profilo ad angoli completamente arrotondati, costruita all'inizio del Cinquecento dal bresciano Zuan Maria della Corna e oggi appartenente alla collezione Hill di Londra. Il B. ne fece costruire una copia dal figlio Leandro iunior, conservata al Museo del comune di Milano.
Di notevole interesse fu la sua ideazione del cosiddetto "quartetto d'amore"; ispirandosi alla viola d'amore barocca, egli concepì e realizzò fra il 1900 e il 1903 un intero quartetto d'archi, formato cioè di due violini, viola e violoncello, che nel profilo ricordano la forma delle viole da gamba rinascimentali, armati però delle solite quattro corde accordate per quinte, e in più forniti di corde di risonanza, variabili da quattro a sei. Il quartetto, collaudato la sera del 25 apr. 1904 al conservatorio di Milano in un applauditissimo concerto, è oggi visibile al Museo degli strumenti musicali del comune di Milano, assieme ad un'altra viola d'amore dal B. espressamente costruita (come risulta dall'etichetta) per la "prima" della Madama Butterfly (1904). Puccini stesso gli espresse in una lettera del 16 genn. 1905 (originale in possesso degli eredi Bisiach; citata anche a p. 26 del Cat. del Museo degli strum. musicali del Comune di Milano) la sua soddisfazione per la magnifica resa dello strumento.
Nel 1914 l'editore Tito Ricordi commissionò invece al B. una "viola pomposa d'amore", strumento molto più grande della viola normale - da suonarsi perciò "a gamba" - e armato con dieci corde, di cui cinque di risonanza. Venne scelta personalmente da Zandonai e D'Annunzio nel laboratorio del B. per il primo atto della Francesca da Rimini.
Il Museo del Teatro alla Scala di Milano conserva infine una cetra, dal B. costruita per il Nerone di Boito, che testimonia come la sua attività spaziasse talvolta anche fuori dal campo degli strumenti ad arco.
Fonti e Bibl.: Notizie in Riv. tecnica ital., 16 ott. 1900, p. 6; Interessi cremonesi, 29 ott. 1900; Montevideo musicale, 10 dic. 1900; Revue Universelle des arts, 1900, pp. 36 s.; P. Hodgson, L. B., in The Strad…, aprile 1929, p. 687; B. Disertori,L. B. ideatore ed artefice d'un nuovo quartetto d'amore, in Riv. music. ital., XLVIII (1946), n. 1, pp. 184 s.; An., L. B., in The Strad…, maggio 1954, p. 6; Museo degli strumenti musicali. Comune di Milano. Catalogo, a cura di N. e F. Gallini, Milano 1963, pp. 19, 21, 25 s., 28, 52; E. Fronticelli,La famiglia B., in Boll. dell'Ass. naz. liuteria artistica ital., dicembre 1966, pp. 11; R. Vannes,Dict. universel des Luthiers, Bruxelles 1951, p. 32.