SANTUCCI, Vincenzo
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 90 (2017)
Nacque il 18 febbraio 1796 a Gorga, borgo situato nel Lazio meridionale, appartenente alla diocesi di Anagni. I genitori, Ascenso Santucci e Clorinda Mazzetti, appartenevano alla piccola nobiltà del territorio lepino. Dopo aver iniziato gli studi nel seminario vescovile di Anagni, nel 1809 fu ammesso al Collegio Pamphilj di Roma. Ordinato diacono il 20 aprile 1819 e sacerdote in data imprecisata (probabilmente nella sua diocesi di Anagni), nel 1819 conseguì il dottorato in Storia ecclesiastica presso il Collegio romano.
A detta di Vincenzo Tizzani (persona a lui vicina), il giovane Santucci studiò per la Curia romana e Leone XII i testi di Lamennais, comprendendo che le sue tesi avrebbero potuto portare agli stessi pericolosi errori che avevano fatto nascere la Rivoluzione (Tizzani, 1856, in Tizzani 2005, p. 905; Archivio Apostolico Vaticano, Spogli di Curia, Spoglio di Leone XIII, busta 13, fasc. 72). Sui motivi del suo reclutamento in Curia si conosce poco. Di fatto il suo ingresso fu favorito dall’erudito cardinale Giacinto Placido Zurla, di cui divenne segretario, assistendolo anche nei conclavi che elessero Pio VIII e Gregorio XVI. Fu proprio il contatto con quest’ultimo a determinare l’ascesa curiale di Santucci, nominato archivista nella congregazione de Propaganda Fide ( 30 settembre 1829). Il 9 aprile 1832 divenne prelato domestico e minutante in Segreteria di Stato; dal maggio 1842 resse l’ufficio di sostituto di quest’ultima, divenendone titolare il 26 febbraio 1844, dopo la nomina come protonotario apostolico non partecipante nel 1843. I successivi avanzamenti di carriera del Santucci si determinarono in un periodo di grandi mutamenti della Segreteria, promossi prima da Gregorio XVI e nuovamente da Pio IX, sempre connotati da una certa precarietà strutturale: il 21 settembre 1846 fu nominato sostituto ad interim della seconda sezione e il 24 luglio 1847 passò a dirigere con la stessa qualifica interinale la prima sezione, creata dopo la riforma amministrativa di Pio IX. Così avvenne anche nel marzo 1848, quando, una volta riunite le due sezioni della Segreteria di Stato, fu chiamato a proseguire il suo servizio in attesa del nuovo sostituto, mons. Gaetano Bedini. Contestualmente divenne consultore del S. Uffizio (7 luglio 1848). La corrispondenza conservata nel fondo Spogli dei cardinali fa emergere un temperamento spiccatamente intellettuale, dotato di abilità diplomatica, ma poco incline a incarichi con responsabilità amministrativa, probabilmente a causa dei problemi legati alla precaria salute e alla complessa situazione della Segreteria di Stato.
L’11 luglio 1850 fu nominato segretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, in un periodo di forte ascesa del dicastero nella gestione degli affari. Per nove mesi, assieme al nuovo incarico, egli conservò il ruolo di sostituto, segno della crescente simbiosi tra i due uffici. Anche stavolta la nomina lo raggiunse in un momento cruciale per la S. Sede, all’indomani del rientro del pontefice a Roma, dopo un esilio forzato di diciassette mesi. Santucci aveva partecipato al processo decisionale relativo al rientro nella capitale, fornendo un parere in cui evidenziava la necessità di attuare alcune improrogabili decisioni ritenendo che fosse meglio «attivare al più presto il ritorno ma con la preparazione delle cose da farsi» (Spogli Curia, Santucci card. Vincenzo, B. 1A).
L’11 maggio 1850 venne nominato Plenipotenziario per il riordinamento degli affari ecclesiastici negli Stati sardi, proprio mentre si inaspriva la politica di secolarizzazione attuata dal governo sabaudo. Lo sforzo diplomatico di Santucci riuscì a guadagnare un parziale consenso su alcuni punti, che avrebbero formato un documento diplomatico separato, da pubblicarsi contemporaneamente agli articoli del trattato. Di fronte alle resistenze del governo, Santucci aveva sottolineato come il vero problema, che di fatto fece naufragare ogni trattativa, riguardasse le opposte concezioni sulla natura dei rapporti tra Stato e Chiesa.
La carriera di Santucci raggiunse il suo apice con la nomina cardinalizia, avvenuta nel Concistoro del 7 marzo 1853. Il 10 marzo ricevette la berretta e il titolo diaconale dei Ss. Vito e Modesto, che tenne fino al 23 giugno 1854, quando optò per S. Maria ad Martyres. Con la nomina divenne membro delle congregazioni del Concilio, dell’Esame dei vescovi, degli Affari ecclesiastici straordinari e dello Stato dei religiosi (10 marzo 1853) e dell’Indice (13 gennaio 1857). Fu nominato prefetto della congregazione degli Studi (14 novembre 1856), incarico che conservò fino alla sua morte. Contestualmente ricoprì il ruolo di presidente dell’Accademia teologica (23 giugno 1854), dopo esserne stato per anni segretario, e censore onorario dell’Accademia di Religione cattolica (1853). Santucci fu un perno significativo della cultura ecclesiastica romana, coerentemente ai suoi precedenti legami con Zurla.
Uno dei tratti caratteristici di Santucci era dato dalla notevole capacità di coordinamento e confronto, confermata anche nella gestione delle sessioni della congregazione degli Studi, nelle quali fu in grado di animare veri e propri dibattiti. Nel febbraio 1858 fu incaricato di revisionare la bozza di Concordato con l’Austria. Inoltre partecipò, in qualità di membro, ad alcune importanti commissioni cardinalizie come quella sulle finanze (1853) e sul dogma dell’Immacolata Concezione. Riguardo a quest’ultima, sembra che il suo contributo sia stato abbastanza marginale.
Un lavoro certamente più rilevante egli lo ebbe nella commissione di preparazione del Sillabo, da lui presieduta. Santucci subentrava al cardinale Raffaele Fornari, al quale era legato da antica amicizia, accusato di favorire le spinte per una condanna delle tesi di Antonio Rosmini. L’esigua eredità lasciata da quel gruppo di teologi, che contava tra i suoi membri i gesuiti Giovanni Perrone, Carlo Passaglia e Clemens Schrader, spinse il papa ad affidare a Santucci il difficile incarico, che svolse sin dall’inizio con molta libertà, inserendo tra i consultori personaggi di fiducia, tra cui l’arcivescovo di Nibisi, il già citato Vincenzo Tizzani. Proprio quest’ultimo, tratteggiando un breve profilo del porporato chiamato a dirigere la commissione, affermava che «non potea dunque farsi scelta migliore. A lui eran noti gli intrighi contro il Rosmini, ma prudente sapea tacere. Era il Santucci uno di quei rari uomini che non piaggiano mai i sovrani e richiesti del loro pensare, dicono francamente ciò che sentono» (Tizzani, 1856, in Tizzani 2005, p. 905). Nel febbraio 1859 egli promosse un metodo di lavoro nuovo che avrebbe previsto un approfondimento teologico delle tesi erronee, risalendo «sinteticamente alla più alta origine» degli errori, posti in antitesi alle verità di fede. Si può quindi supporre che le glosse al testo del nucleo originale del Sillabo (Spogli Curia, Santucci card. Vincenzo, Busta 2C) fossero proprio del Santucci. Ma la profonda preparazione teologica del cardinale non servì ad accelerare i lavori bensì a frenarli, anche a motivo dello scarso impegno del segretario Luca Pacifici e del gruppo dei gesuiti. La composizione di questa commissione aiuta a comprendere l’importanza avuta da due personaggi legati al cardinale, ovvero i citati Carlo Passaglia e Vincenzo Tizzani. Al rapporto col primo è legato un giudizio della storiografia circa il coinvolgimento del cardinale Santucci nella missione svolta da Diomede Pantaleoni, fiduciario di Cavour a Roma alla fine del 1860, al fine di trovare una base di conciliazione tra il Piemonte e la S. Sede. La vicinanza con Passaglia spinse ad accreditare Santucci come possibile figura di mediazione per la risoluzione della Questione romana, assieme a un altro esponente di spicco della Curia, mons. Alessandro Franchi, entrambi accomunati da posizioni di moderazione politica e vicini alla causa nazionale. Di fatto tale interpretazione non trova un concreto riscontro documentale, mentre più probanti sono le testimonianze che dimostrano una posizione molto più equilibrata. In un testo reperito nel fondo Spogli si trova un appunto redatto negli anni di lavoro presso la Segreteria di Stato, riconducibile direttamente a Santucci, in cui si affronta il tema dell’efficacia delle riforme nello Stato Pontificio. Tale testo assume notevole importanza perché, secondo la storiografia (Weber) egli avrebbe progressivamente assunto un atteggiamento più aperturista rispetto alle prerogative temporali del pontefice, influenzato dal pensiero passagliano, secondo cui andava superato il principio dell’indispensabilità assoluta di tutte le province dello Stato in favore di una visione più limitata della sovranità pontificia. Santucci presenta lo Stato Pontificio come prototipo e ispiratore delle istituzioni politiche moderne, rigettando l’accusa secondo cui l’indole clericale del governo fosse la causa dei difetti governativi e del malcontento dei sudditi che ne conseguiva. In ogni caso appare rilevante far notare che Santucci ebbe modo di condizionare il posizionamento di Roma di fronte alla modernità. Sembra che vi sia un filo rosso, costituito in questo caso anche dall’azione e dal pensiero di Santucci, nel Papato ottocentesco, che parte dalla questione primordiale di Lamennais per giungere al Syllabus.
Più che un’influenza delle idee di Passaglia su Santucci si può affermare che vi fu una tutela del cardinale nei confronti del gesuita lucchese, accresciuta dopo l’uscita dalla Compagnia di Gesù e certamente caldeggiata da Pio IX. Significative tracce documentali testimoniano come, fin dal dicembre 1857, dopo che Passaglia era stato esonerato dall’insegnamento, Pio IX avesse incaricato il prefetto della congregazione degli Studi di trovare una cattedra per Passaglia presso La Sapienza.
Un incarico prettamente ecclesiale sotto Pio IX fu quello di visitatore apostolico della congregazione dei Ministri degli Infermi per lo Stato Pontificio (ottobre 1853-1856). Sotto la sua supervisione vennero riformate le costituzioni ed elaborato un metodo per garantire un’elezione condivisa del padre generale, «prendendo una via di mezza fra la nomina fatta assolutamente per Breve Pontificio, e quella rilasciata alla votazione dei religiosi» (Spogli Curia, Santucci card. Vincenzo, B. 2C).
Santucci morì il 19 agosto 1861 a Rocca di Papa e venne sepolto nella basilica di S. Giovanni in Laterano.
FONTI E BIBL.: Archivio Apostolico Vaticano, Segreteria di Stato, Spogli Curia, Santucci card. Vincenzo, B. 1A; B. 1B fasc. G; B. 2C; ibid., Interni; ibid., Archivio Concistoriale, Concistori, 105; Archivio storico della II sezione della Segreteria di Stato, Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, Sessioni e Stati, in particolare Stati Ecclesiastici, I per., Pos. 802, fasc. 283, Regno di Sardegna, I per., Pos. 229, fasc. 101, Regno di Sardegna, I per., Pos. 252, fasc. 113-114; Archivio storico del Vicariato di Roma, Fondo Sacre Ordinazioni, 42, degli anni 1807-1824, pp. 246-247 e Secretaria Vicariatus Urbis, Ordinationes anni 1819, pars secunda.
V. Modena, Vincentii Santucci S.R.E diaconi cardinalis sacri consilii studiis moderandis praefecti laudatio funebris habita in templo romani archigymnasii, Roma 1861; F. Salata, Per la storia diplomatica della Questione Romana, Milano 1929, pp. 57-59, 72-75; G. De Marchi, Le nunziature apostoliche dal 1800 al 1956, Roma 1956, pp. 21, 30; C. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehntendes Kirchenstaates: Elite-Rekrutierung, Karriere-Muster u. soziale Zusammensetzung d. kurialen Führungsschicht zur Zeit Pius’ IX. (1846-1878), Stuttgart 1978, II, pp. 515-516, 536, 538, 566, 575, 581, 587, 606, 617; L. Pásztor, La riforma della Segreteria di Stato di Gregorio XVI. Contributo alla storia delle riforme nello Stato Pontificio, in La Bibliofilia, LX (1958), pp. 285-305; F. Gasnault, La Congrégation des Études de 1824 à 1870, in Archivum Historiae Pontificiae, XXII (1984), pp. 164, 204; L. Pásztor, La Segreteria di Stato e il suo archivio 1814-1833, II, Stuttgart 1984; G.M. Croce, Una fonte importante per la storia del pontificato di Pio IX e del Concilio Vaticano I: i manoscritti inediti di Vincenzo Tizzani, in Archivum Historiae Pontificiae, XXIII (1985), pp. 217-345; V. Tizzani, Effemeridi Romane, vol. I, 1828-1860, a cura di G.M. Croce, Roma 2005; Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation, 1814-1917, hrsg. H. Wolf, Paderborn 2005, pp. 1314-1316; Pio IX e la Questione Romana. Atti del Convegno sul cardinale Vincenzo Santucci (1796-1861), a cura di O. Ebrahime, Crotone 2011.