Nacque il 6 gennaio 1777 a Lequio Berria di Alba (Piemonte) da Giovanni Raffaele e Anna Maria Boffa. Non ancora ventenne sposò Maria Margherita Destefanis, con la quale ebbe presto due figli. Benché alcune biografie riportino che appena dodicenne, come dilettante ed appassionato di violino, si fosse recato a Cremona da Lorenzo Storioni per imparare l'arte della liuteria, bisogna oggi ammettere la non storicità di dette affermazioni, essendo molto probabile che i primi biografi del Pressenda, raggiunta una chiara fama, cercassero di nobilitare le sue umili origini per dar ragione del suo successo e accreditarlo presso quella che già allora era riconosciuta come la più famosa scuola di liuteria. La giovane famiglia, in seguito alla scomparsa di Giovanni Raffaele, si trasferì a Carmagnola, dove un nuovo lutto segnò la loro non certo agiata esistenza: la morte nel 1808 del secondogenito Filippo (il primogenito era già deceduto intorno al 1798).
Di fatto, in quegli anni, Giovanni Francesco era annoverato nei registri agricoli e nessuna evidenza storica ha finora provato che si fosse già interessato concretamente di liuteria prima di aver compiuto 40 anni.
Invece dal 1819 esiste testimonianza che il Pressenda si trovava a Torino impiegato presso il laboratorio di strumenti musicali di Lété-Pillement. Dunque se in gioventù aveva avuto contatti col violino poteva essere stato per tramite di suo padre (come suonatore), che per tutta la vita è stato poi insolitamente ricordato nelle sue etichette con particolare rispetto. Quando il laboratorio cessò la sua attività, in seguito alla morte del titolare, Giovanni Francesco si mise in proprio ed iniziò anche un'attività commerciale articolata che non comprendeva soltanto la realizzazione di strumenti ad arco e che, con ogni probabilità, coinvolgeva anche soci o collaboratori in Contrada del Teatro d'Angennes n. 30, in casa Garrone, sempre a Torino.
Verso la metà degli anni Venti aveva già sviluppato uno stile personale e di successo, per cui, quando nel 1829 volle partecipare alla Esposizione delle arti e dell'Industria di Torino, gli fu facile conseguire i primi pubblici riconoscimenti, come pure nella successiva edizione del 1832. Ma fu nel 1838, alla terza edizione della esposizione torinese, che Pressenda raccolse le maggiori soddisfazioni, ricevendo una medaglia d'argento ed una menzione particolare che lo appellava 'erede della perizia degli antichi Cremonesi nella fabbricazione degli strumenti ad arco…'.
Tre anni prima di compiere settant'anni, nel 1844, partecipò pure alla edizione seguente di quello che era diventato un appuntamento abituale e che aveva confermato negli anni il suo successo professionale. Fu in questa occasione che la giuria diede corso alle voci secondo le quali il liutaio era stato a Cremona ad imparare la sua arte, in modo da giustificare e accreditare la fama di erede di tale tradizione ch'egli aveva fino a quel momento così sapientemente costruito. Questa tesi è stata portata avanti anche dai primi biografi del Pressenda, come Gioffredo Benedetto Rinaldi. Per avvalorare la chiara svolta 'italiana' dello stile da lui acquisito non si esclude neppure ch'egli, fin dai suoi esordi, abbia potuto essere stato influenzato dalla significativa presenza in città degli eredi della famiglia Guadagnini e da quella di Alessandro D'Espine.
All’età di 73 anni, nel 1850, partecipò per l'ultima volta alla Esposizione di Torino, ove ricevette una medaglia d'argento dorato che segnò la degna conclusione della sua carriera. Rimasto vedovo poco dopo, si ammalò gravemente e morì settantasettenne nel 1854. Pressenda, durante l'arco della sua attività, ebbe alcuni collaboratori ed allievi, tra i quali spiccano i nomi di Giuseppe Rocca, suo compaesano, che lo frequentò a partire dalla fine del 1834, Joseph Calot, tra il 1821 ed il 1830, con ogni probabilità Leopold Noiriel, e Pierre Pacherel, la cui presenza in bottega fu particolarmente utile ed evidente verso la fine della sua vita. Complessivamente dal suo laboratorio uscirono più violini che viole e violoncelli. Tra i musicisti che ebbero rapporti con Pressenda, e che sicuramente lo accompagnarono nella maturazione delle sue scelte stilistiche, figurano diversi allievi della scuola di Gaetano Pugnani: Luigi A. Molino, Giovanni Battista Polledro, Giuseppe Ghebart e Francesco Bianchi. Successivamente fu poi il violinista August Wilhelmj che contribuì grandemente a consolidare la fama del Pressenda dopo la sua scomparsa. Dominante per tutto il periodo della sua carriera artistica fu l'adozione di un modello personale - definito come 'modello Pressenda'- che ebbe molto successo subito dopo la sua morte. Questo, insieme all'uso di una particolare vernice ad olio, che negli anni sviluppava un caratteristico craquelè, conferirono ai suoi strumenti una spiccata personalità, squisitamente italiana, che ancor oggi è riconosciuta nella fascia alta di classicità dal mercato internazionale.
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