Bhutan
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(VI, p. 854; App. III, i, p. 230; IV, i, p. 258; V, i, p. 351)
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Popolazione
Secondo una stima del 1997 la popolazione era di 1.862.000 ab. (ma stime dell'ONU attribuivano al paese oltre due milioni di ab. nel 1998), con un incremento dell'80% rispetto a circa trent'anni prima, quando (1969) si tenne il primo censimento ufficiale. Dei due principali gruppi etnici, l'uno, di origine indiana, risiede nella zona temperata, l'altro, più numeroso, di origine tibetana, abita per lo più nelle terre alte e fredde; infine, immigrazioni più recenti hanno portato nel paese consistenti gruppi di Nepalesi, che vivono soprattutto nelle regioni meridionali e che hanno dato luogo alla formazione di una cospicua minoranza (30÷35% della popolazione totale) e a conseguenti tensioni politiche (v. oltre: Storia).
Le condizioni sociali sono molto depresse: gli analfabeti costituiscono il 58% della popolazione complessiva (1995), la speranza di vita alla nascita è di 51 anni per i maschi e di 54 anni per le femmine (1996) e, malgrado in campo sanitario siano stati compiuti notevoli progressi, rimangono ancora molto elevata la mortalità infantile (70,7‰ nel 1994) e diffuse gravi malattie, quali la tubercolosi.
Scarsissima (6% nel 1995) è la popolazione urbana e si può dire che manchino città vere e proprie. La capitale (Thimphu, 30.000 ab. nel 1993) svolge esclusivamente un ruolo religioso e modeste funzioni amministrative.
Condizioni economiche
Nonostante il notevole incremento del reddito medio pro capite registrato tra il 1985 e il 1995 (+4% annuo), il B. rimane un paese economicamente molto arretrato e, ancor oggi, fortemente dipendente dall'estero (dall'India innanzi tutto).
La principale attività economica è sempre l'agricoltura e, secondo stime della FAO, oltre il 90% della popolazione attiva è occupato nel settore primario, che però contribuisce solo per il 38,2% alla formazione del PIL. Inoltre le colture hanno un rendimento assai scarso: così il mais, diffuso su 771.000 ha, mostra un rendimento pari a 867 kg/ha contro una media asiatica di 3728 kg/ha; il riso, coltivato sul 22% dell'arativo, ha un rendimento di 1667 kg/ha contro una media asiatica di 3802 kg/ha. Le foreste (63% della superficie territoriale) consentono una discreta produzione di legname (1.398.000 m³ nel 1994), in gran parte esportata in India.
Nel corso degli ultimi decenni il settore industriale non ha fatto molti progressi; esso rimane sostanzialmente legato alla produzione di energia elettrica (1682 milioni di kWh nel 1994). Nel 1988 l'entrata in funzione della centrale di Chukha (con una capacità di circa 338 MW) ha fatto aumentare la produzione idroelettrica del paese, permettendo l'esportazione di energia verso l'India, che rimane il principale partner commerciale, malgrado i tentativi del B. di uscire dalla sua orbita economica.
bibliografia
R.C. Dogra, Bhutan, Oxford-Santa Barbara (Calif.) 1990; Nepal and Bhutan: country studies, ed. A.M. Savada, Washington 1993; S. Priesner, Bhutan in 1997: striving for stability, in Asian survey, 1998, 2, pp. 155-60.
Storia
di Luisa Azzolini
La politica governativa indirizzata, fin dagli anni Ottanta, alla tutela e al rafforzamento dell'identità nazionale bhutanese, privilegiando le tradizioni culturali tibetane legate alla religione buddhista, continuò a pregiudicare i rapporti con la consistente minoranza nepalese e induista residente nelle province meridionali del paese e a influenzare, di conseguenza, le relazioni con il Nepal. A partire dal 1990 le città e i villaggi al confine con il Nepal furono interessati da una serie di manifestazioni popolari per l'avvio di riforme democratiche, che garantissero alla minoranza nepalese una più ampia rappresentanza in seno all'Assemblea nazionale.
Le agitazioni, promosse dal Partito popolare del B. (non riconosciuto legalmente, come ogni altra formazione) e represse con energia dalla monarchia di Jigme Singye Wangchuk, continuarono negli anni successivi, insieme con l'esodo di migliaia di abitanti delle regioni meridionali verso il Nepal, dove vennero allestiti dei campi profughi, in attesa di un accordo con il governo bhutanese che consentisse il loro rimpatrio. Il governo di Thimpu, tuttavia, non riaprì le frontiere agli esuli, le cui file si andavano nel frattempo ingrossando di Nepalesi espulsi dagli stati orientali dell'India (dove, fra il 1987 e il 1990, era emerso il Fronte nazionale di liberazione Gurkha, che ambiva alla creazione di uno stato autonomo per i Nepalesi residenti nel Darjiling indiano), e contemporaneamente denunciò il clima di intimidazione che regnava nel Sud del B. nei confronti di quanti si dissociavano dalla posizione espressa dal Partito popolare.
Un accordo, avvenuto nel 1993 fra i ministri degli Interni bhutanese e nepalese sulla distinzione fra diverse categorie di profughi, non raggiunse effetti pratici. Infatti il governo nepalese continuò a insistere per la riammissione in B. di tutti i profughi (che nel 1997 avevano toccato la cifra approssimativa di 90.000), mentre il governo bhutanese, al fine di controllare l'immigrazione illegale nepalese, si dimostrò disponibile ad accogliere solo quanti potevano effettivamente dirsi cittadini bhutanesi.
La questione non trovò soluzione nemmeno negli anni successivi, nonostante avesse assunto rilievo internazionale attraverso l'azione della Croce Rossa e di Amnesty International. Nel 1994 il B. denunciò azioni terroristiche nelle città di confine a opera di Nepalesi addestrati nei campi profughi. Nell'estate 1998 il re Jigme Singye Wangchuk promulgò alcune importanti riforme tese a limitare i poteri politici della monarchia, rinunciando al suo diritto di nomina del Consiglio dei ministri.
bibliografia
Bhutan. Perspectives on conflict and dissent, ed. M. Hutt, Gartmore 1994; D.N.S. Dhakal, Ch. Strawn, Bhutan. A movement in exile, Jaipur 1994; Bhutan. Society and polity, ed. Ramakan, R.C. Misra, New Delhi 1996.