BERNARDO (Bernardo di ser Pistorio)
Medico e occasionale rimatore, vissuto probabilmente tra gli ultimi decenni del Trecento e i primi del Quattrocento, come possono dimostrare le scarse testimonianze della sua corrispondenza in versi con Franco Sacchetti e con Lorenzo Benci, padre quest'ultimo del più noto poeta, Tommaso, partecipe a sua volta dell'ambiente fiorentino legato al Ficino. Fu anche uomo politico e probabilmente priore in Firenze, come suggerisce un sonetto di Franco Sacchetti, datato 1386, diretto a due medici, uno dei quali è appunto Bernardo.
In questo sonetto il Sacchetti si lamenta che i medici si dedichino alla vita politica. B. risponde pacatamente che gli basterà richiamarsi alle "sentenze sane / che piacquono a gli antichi", secondo le quali le leggi ed il "civile ammaestramento" sono derivati in ogni tempo dal "filosofico ornamento".
Chiarisce la posizione politica di B. un altro sonetto, diretto anche questo a Franco Sacchetti: in esso viene dichiarata esplicitamente la fede guelfa del medico rimatore.
Egli vede, quasi come in visione, che ogni simbolo del potere terreno deve essere sottomesso al sommo pastore. Franco Sacchetti risponde lamentando che tutti siano intesi al proprio interesse particolare e trascurino il proprio gonfalone.
In un altro sonetto B. si congratula con il Sacchetti per il suo terzo matrimonio, segno della buona sorte che ha guidato in vita l'amico.
Da buon consigliere B. rivolge al Sacchetti un invito alla moderazione, perché il cibo che si prende, oltre quello che è consentito, "è sempre mai cagion di gran difetto", e conviene sapersi frenare nei propri appetiti. Il Sacchetti riconosce la fortuna che gli è toccata con la sua terza moglie, ma non sa, per conto suo, se seguire il consiglio che gli è dato "o con sì dolce morte venir meno".
In un ultimo sonetto, infine, è il Sacchetti a chiedere all'amico consiglio su come curarsi da una forma di scabbia che lo ha colpito. In risposta, B. assicura la sua assistenza, promettendo che tutte le sue opere saranno "semplici e schiette e non malvage e torte".
Nel sonetto diretto a Lorenzo Benci, B., richiesto da quest'ultimo circa il modo per "tornar paziente" con l'amore, risponde dipingendogli l'amore come fonte di letizia per chi lo sappia gustare veramente. Si tratta del sonetto "Amor per nobiltà ogni tesoro", conservato, con quello del Benci, nel ms. Laur. XC sup. 89, c. 89 r.
Bibl.: I quattro sonetti editi si possono rintracciare oggi in F. Sacchetti, Il libro delle rime, a cura di A. Chiari, Bari 1936, pp. 276, 319, 327, 331. Il primo è riprodotto da S. Morpurgo, Autografo di F. Sacchetti, in Archivio paleografico italiano, I, 2 (1885), tav. XVIII. Cfr. anche F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, pp. 563 e 651 n.