DELLA VOLPAIA (Della Golpaia, Golpazo), Bernardo (Bernardino)
Nacque presumibilmente entro il 1475 a Firenze, e fu con molta probabilità il maggiore dei figli maschi dell'orologiaio e architetto fiorentino Lorenzo.
L'ipotesi di Frommel (1973) che un "Bernardo Laurentii florentino fabro lignario" citato in un documento del 1521 pubblicato da R. Lanciani (Notae topographicae de Burgo Sancti Petri, in Mem. della Pontif. Accad. di archeol., 1 [1923], p. 246) appartenga alla famiglia Della Volpaia e coincida col Bernardo autore del Codice Coner, trova conferma in carte del capitolo di S. Pietro a Roma che collegano Bernardo a Benvenuto di Lorenzo Della Volpaia. L'8 giugno 1519 il capitolo concedeva all'"honorabili viro magistro Bernardo Laurentii fabrolignario florentino presenti ... ad vitam ipsius magistri bernardi et unius personae per eurn nominandac" 3 canne di un terreno posto in Borgo Nuovo e confinante con beni della basilica allora locati al card. Rangoni (Bibl. ap. Vaticana, Arch. d. Capitolo di S.Pietro, Privilegi e atti 22 [Notaio Ludovico Ceci, 1518-271, ff. 42r-44r). Nel 1521 "magister Bernardinus faber lignarius" pagava regolarmente il canone di 11 ducati (ibid., Censuali 28 [1521], ff. 70v -71r), mentre il 23 lugliodell'anno seguente il canone per la casa era pagato "per manum domini Bartholomei alias Baccj, schalcho r.mi cardinalis" (Giulio de' Medici; ibid. 29 [1522], ff. 106v-107r), il quale Baccio il 17 dello stesso mese, a tale fine, era stato nominato a Firenze procuratore di Benvenuto Della Volpaia (cfr. voce Benvenuto). Nel 1523 gli "heredes olim Bernardi fabri lignarii solverunt in camerario" (ibid. 30, ff. 80v-81r) ed infine, nel 1524, il canone enfiteutico veniva pagato per conto proprio da "magister Baccius" al quale nel frattempo "Benvenutus Laurentij de Vulparia laicus florentinus" aveva ceduto la casa, con approvazione del capitolo dell'8 marzo 1524 (ibid. 31, ff. 104v-105r e Priv. e atti, 23 [Notaio Ludovico Ceci, II, 1520-28], f. 93v).
La casa era situata nell'isolato compreso tra il palazzo Castellesi (poi Giraud Torlonia) a occidente, e la chiesa, costruita più tardi, di S. Maria in Traspontina a oriente; aveva accesso dall'odierno vicolo del Campanile e confinava con un palazzo, con entrata da Borgo Sant'Angelo, affittato tra il 1517 ed il 1521 dal card. Giulio de' Medici, il quale era in ottimi rapporti sia con Benvenuto Della Volpaia sia con i Sangallo, di cui il D. doveva essere collaboratore (per i rapporti del Medici con questi, cfr. C. Ravioli, Notizie sui lavori di architettura militare sugli scritti o disegni inediti dei nove da Sangallo, Roma 1863, pp. 9 ss.). Benvenuto, erede del D., doveva essere un suo parente stretto; entrambi risultano figli di un Lorenzo ed appartengono alla stessa generazione: si può quindi ragionevolmente supporre che siano fratelli.
Le fonti, per lo più fiorentine, che numerose riferiscono sugli altri componenti della famiglia, con particolare riguardo alla loro attività di orologiai, tacciono completamente sul D., e le ragioni di questo silenzio possono essere diverse. Forse era figlio illegittimo ed essendo egli attivo a Roma già intorno alla metà degli anni '90 del Quattrocento, doveva essersi allontanato presto da Firenze; inoltre, anziché continuare l'attività di orologiaio per cui Lorenzo era rinomato, lavorò in campi più vicini all'architettura: dal rilievo di monumenti antichi e di edifici moderni fino, forse, alla costruzione di macchine di cantiere (se è da identificarsi col D. il "Bernardino ingegniero" citato nella contabilità per la costruzione del palazzo Riario poi detto della Cancelleria: S. Valtieri, La fabbrica del palazzo del cardinale R. Riario..., in Quaderni dell'Ist. di storia dell'archit., s. 27 [1982], 169-74, p. 18; E. Bentivoglio, Nel cantiere del palazzo del card. Raffaele Riario, ibid., pp. 30 s.;considerano entrambi probabile l'identificazione con un Bernardo ingegnere presente nel cantiere in tempi che non precisano). Il D. partecipò comunque alla costruzione di palazzo Riario, del quale disegnò una pianta (Gabinetti disegno e stampe degli Uffizi, A. 987). Le poche altre notizie sulla vita e l'attività del D. si ricavano da alcuni fogli degli Uffizi e dal notissimo codice cosiddetto Coner, di cui il D. è l'autore.
Antonio da Sangallo il Vecchio annotava in un disegno degli anni 1492-96 (ibid., A. 1602) di un prospetto del teatro di Marcello: "queste misure sono levate di mano di Berna[r]do della Golpaia", attestando quindi che il D. in quel tempo era già attivo a Roma e che, verosimilmente, era un suo aiutante (Buddensieg, 1975, p. 99), è invece da escludere l'ipotesi di Buddensieg (ibid., p. 97) che il D. coincida con un "Bernardo" nipote di Giuliano da Sangallo (cfr. infatti anche C. von Stegmann-H. von Geymüller, Die Architektur der Renaissance in Toscana, V,München 1885-1908, p. 13). Il nome di Bernardo, questa volta sicuramente il D., ricompare nel disegno (Uffizi, A. 1181v) di una sezione assonometrica della trabeazione dei tempio dei Castori, da lui delineato intorno al 1510, sul quale Antonio da Sangallo il Giovane annotò il nome dell'autore e aggiunse alcune correzioni. E proprio queste correzioni, che il D. riprodusse copiando nel Codice Coner (1512-15) lo stesso disegno, costituiscono una delle prove fondamentali per attribuirgli l'intero codice (Buddensieg, 1975, pp. 90-95).
Infine, oltre ad uno studio del cosiddetto tempio di Mecenate sul Quirinale (Uffizi, A. 3966; Buddensieg, 1975, pp. 95 s.; C. Hülsen, Il libro di Giuliano da Sangallo, Leipzig 1910, p. 3 che, riferendo dubitativamente i conti al recto ed al verso del foglio alla sistemazione di Borgo Vecchio, compiuta da Giuliano da Sangallo nel 1514, collegherebbe il D. anche a quest'architetto), il D. delineò una pianta del piano nobile del palazzo della Cancelleria (Uffizi, A. 987), anche questa passata per le mani di Antonio il Giovane, che vi ha annotato: "questo disegno è di mano dello Golpazo...". Il Buddensieg (1975, p. 96) dà invece a Giovan Francesco da Sangallo un disegno (Uffizi, A. 85), che il Metternich (1972, p. 83) aveva attribuito al D., ed assegna ad un ignoto, molto vicino a Giovan Francesco ed al D., ma con particolarità grafiche che lo distinguono, un consistente gruppo di disegni, alcuni dei quali (Uffizi, A. 311 e 312), in precedenza, lo stesso Buddensieg (1968, pp. 69 s.) e Frommel (1973, 11, p. 267)" tendevano ad attribuire al Della Volpaia.
L'opera grafica più nota del D. è il codice detto Coner, conservato a Londra nel Soane Museum, pubblicato e commentato da Thomas Ashby (1904; Id., 1913), che il Buddensieg (1975) gli ha attribuito in base a convincenti confronti di calligrafie e disegni.
Il D. vi raffigurò con precisione molti particolari quotati di architetture antiche, raggruppati per tipi ed ordini (p. es. ponendo di seguito tutte le trabeazioni doriche) formando un vero trattato figurato sull'architettura antica (A. Nesselrath, I libridi disegni di antichità, tentativo di una tipologia, in Memoria dell'antico nell'arte italiana, a cura di S. Settis, III, Torino 1986, pp. 136 s.). Sia i dettagli sia gli edifici sono rappresentati per lo più in assonometria o in spaccati assonometrici anziché col sistema di pianta, prospetto e sezione coordinati, preferito da Raffaello ed affermatosi nella sua cerchia; manca del pari l'interesse, dimostrato dal Sanzio, per schemi compositivi ricchi e complessi (H. Burns, Taccuino dei disegni architettonici di B. D., in C. L. Frommel-S. Ray-M. Tafuri, Raffaello architetto, sezione su Raffaello e l'antico, a cura di H. Burns-A. Nesselrath, Milano 1984, p. 422). Nell'atteggiamento verso l'antico, quindi, il D. ricorda Bramante più che Raffaello, e di Bramante illustra diverse opere (il tempietto di S. Pietro in Montorio, il Belvedere, S. Biagio, S. Celso, palazzo Castellesi - poi Giraud Torlonia -, S. Pietro ed il suo "tegurio"), le uniche architetture moderne presenti nel taccuino, a parte la Cancelleria, dove Bramante può aver lavorato, e alcuni dettagli di Antonio da Sangallo il Giovane (tavv. 82, 115, 116), col quale il D. collaborò.
Queste ed altre considerazioni inducono a collocare l'inizio del taccuino negli anni antecedenti al 151 S (anno in cui deve essere terminato) ed a supporre che il D. avesse un ruolo nella bottega di Bramante, di cui riprodusse progetti, ed in specie nel cantiere di S. Pietro. Ma su ciò e su una possibile attività autonoma del D. come architetto progettista finora non si hanno altre notizie. La formazione e gli interessi tecnico-scientifici che il D. ereditò dalla propria famiglia traspaiono invece nel taccuino in un unico sommario disegno di macchina per sollevamento (Ashby, 1904, tav. 50) e nelle planimetrie del cosiddetto tempio di Romolo e del Belvedere (ibid., tavv. 23 e 25), dove il D. riproduce con un'attenzione e un'obiettività uniche le rotazioni degli assi, rettificati invece da tutti i rilevatori rinascimentali, utilizzando verosimilmente strumenti che gli consentivano di rilevare esattamente le misure di angoli (del tipo con bussola che sarà descritto dal Sanzio).
L'attribuzione al D. spiega anche come il codice, poco dopo essere stato completato, sia potuto passare per le mani di Michelangelo, il quale tra il 1515 ed il 1518 ne traeva 115 disegni di particolari antichi che utilizzerà per progettare la sacrestia nuova in S. Lorenzo (ibid., pp. 7 s., 80 ss.; W. Lotz, Zu Michelangelos Kopien nach dem Codex Coner, in Stil und Oberlieferung in der Kunst des Abendlandes. Akten des 21. Internationalen Kongresses für Kunstgeschichte in Bonn 1964, Berlin 1967, pp. 12-19; Buddensieg, 1975, p. 100; Michelangelo. Studi di antichità dal Codice Coner, a cura di G. Agosti-V. Farinella, Torino 1987). A accertata infatti l'amicizia del Buonarroti con Benvenuto ed Eufrosino Della Volpaia; è quindi possibile che egli, per il tramite dei fratelli del D. o del card. Giulio de' Medici, abbia consultato il taccuino originale.
Michelangelo è stato così tra i primi di una lunga serie di artisti ed architetti, da Amico Aspertinì a Palladio ed a Borromini, che utilizzarono questa fortunata raccolta di disegni (Buddensieg, 1975, p. 101). Inoltre il collegamento del taccuino coll'ambiente dei Della Volpaia spiega come possa essere finita tra le sue pagine la copia di una lettera di Andreas Coner, da cui esso prende nome. Il 1° sett. 1513 il Coner, curiale tedesco e cultóre di discipline scientifiche, da Roma inviava a Bernardo Rucellai a Firenze le vedute, prese da diversi punti di vista, di un orologio solare antico, allora appartenente ai Della Valle, accompagnandole con una descrizione che, insieme con i disegni, doveva permettere al Rucellai di farsene costruire uno simile a quello antico, ma non identico per evitare di produrre un falso (Ashby, 1904, pp. 3 s., 32 s., tavv. 47, 48). A Firenze in questa attività erano specializzati i Della Volpaia i quali per lo più risultano in rapporto con diversi Rucellai (cfr. Benvenuto e Lorenzo) e la cui bottega fiorentina doveva es-. sere quindi destinata ad utilizzare i disegni e la descrizione spediti dal Coner per costruire una nuova meridiana. Da qui il testo della lettera deve essere finito nel taccuino del D., dove però è trascritto da una mano diversa dalla sua e, anzi, posteriore. Dalla bottega di famiglia il D. doveva aver ottenuto anche il disegno dell'orologio antico copiato su una pagina del proprio taccuino (Ashby, 1904, tav. 48) nella quale, invece, le scritte sono tutte autografe.
Il D. morì a Roma tra la fine del 1521 e la prima metà del 1522.
Fonti e Bibl.: P. N. Ferri, Indice geografico-analitico dei disegni di architettura civile e militare ... degli Uffizi, Roma 1885, pp. XLVI, XLVIII; T. Ashby, Sixteenth Century drawings of Roman buildings attributed to Andrea Coner, in Papers of the British School in Rome, II (1904), pp. 1-96; Id., Addenda and corrigenda, ibid., VI (1913), pp. 184-210; A. Bartoli, I monumenti antichi di Roma nei disegni degli Uffizi di Firenze, VI, Firenze 1922, pp. 24, 29, 63, 71; C. Maccagni, The Florentine clock and instrument-makers of the Della Volpaia family, in XIIe Congrès international d'histoire des sciences ... 1968, Actes, tome XA, Histoire des instruments scientifiques, Paris 1971, p. 67 (dove il D. è confuso con un omonimo, morto nel 1589 e figlio di suo fratello Camillo); T. Buddensieg, Raffaels Grab, in Munuscula discipulorum, Berlin 1968, pp.66, 69 s.; F. Wolff Metternich, Die Erbauung der Peterskirche zu Roni im 16. Jahrhundert, Wien-München 1972, pp. 38, 65, 83; C. L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, Tübingen 1973, II, p. 267, n. 29; T. Buddensieg, B. D. und Giovanni Francesco da Sangallo. Der Autor des Codex Coner und seine Stellung in Sangallo Kreis, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XV (1975), pp. 89-108; H. Günther, Das studium der antiken Architektur in den zeichnungen der Hochrenaissance, Tübingen 1988, ad Ind.