GRIMALDI, Bernardino
Nacque a Catanzaro il 15 febbr. 1839 da Luigi, segretario perpetuo della Società economica della Calabria Ultra e autore di pregevoli monografie sullo stato economico della provincia, e da Beatrice Marincola Pistoia, entrambi discendenti da famiglie di ceppo nobiliare.
Conseguita la laurea in giurisprudenza, si dedicò all'avvocatura e all'insegnamento di diritto costituzionale nelle scuole universitarie annesse al convitto P. Galluppi di Catanzaro, dove aveva seguito il corso degli studi secondari. Venne poi, con l'investitura a presidente dell'Associazione costituzionale della città e con l'elezione agli organismi di governo locali, l'esordio in politica.
Nelle elezioni generali del novembre 1876 (XIII legislatura) il G. fu tra gli esempi più significativi di quel ricambio del ceto politico che, annoverando uomini nuovi, forgiatisi nei primi anni unitari nelle diverse amministrazioni locali e nelle professioni, si fece interprete della formulazione di svariate riforme e fautore della presenza dello Stato nell'economia e nella risoluzione dei problemi regionali. Appoggiato dal comitato della Sinistra costituitosi a Napoli sotto l'egida di G. Nicotera, allora ministro dell'Interno nonché paladino di raggruppamenti basati su legami di natura clientelare o su una marcata caratterizzazione regionalistica, il G. fu candidato nel mandamento di Catanzaro e - protagonista di un'elezione molto contrastata - riuscì a prevalere al ballottaggio su L. Larussa, anch'egli appartenente alla Sinistra ma poco propenso ad accettare la protezione del Nicotera. Da allora, e fino alla XIX legislatura (1895-97), il G. sarebbe sempre risultato eletto, a volte senza competitori e con votazioni spesso plebiscitarie.
Segretario generale del ministero dei Lavori pubblici dal 1° aprile al 22 dic. 1878 e collaboratore di A. Baccarini nella preparazione della legge per il completamento della rete ferroviaria, il G., come era consuetudine, rassegnò il mandato di deputato, ma gli elettori, nuovamente convocati per il 14 aprile, gli riconfermarono la fiducia.
In Parlamento, versato nell'arte della politica, il G. si impose come grande oratore. Divenne proverbiale la sua locuzione "l'aritmetica non è un'opinione", formulata durante la discussione sulla soppressione della tassa sul macinato, e i suoi discorsi furono sempre seguiti con attenzione; pari notorietà toccò alla sua abilità nel cambiare opinione.
Intervenuto un raffreddamento nei rapporti con Nicotera, il G. svolse comunque una lunga attività in ministeri di grande importanza, da Cairoli a Depretis, da Crispi a Giolitti. Il primo incarico, le Finanze e l'interim del Tesoro, lo ebbe con B. Cairoli il 14 luglio 1879, all'età di 40 anni. Sobbarcatosi, sulla base del concreto indirizzo finanziario del governo, il compito di sopprimere l'imposta sul macinato, il G., interprete di una linea rigorosa di fiscalismo protezionista e precursore del principio della priorità delle esigenze del bilancio rispetto a quelle demagogiche, si scontrò con il presidente del Consiglio, perché, ritenendo prematura l'integrale abolizione della tassa se non accompagnata da riforme e da nuovi tributi, si mostrò fermamente deciso non solo a conservarla, ma a puntare, addirittura, a un aumento delle stesse entrate fiscali.
Nel 1879 fu relatore, in un lungo e a volte tormentato iter, del progetto sull'ampliamento delle ferrovie che prevedeva nuove costruzioni per oltre 6000 km: un provvedimento definito dal G. di perfetta perequazione ferroviaria, ulteriormente migliorato nel 1888 da una seconda legge resasi necessaria dopo che la lentezza dei lavori, in particolare sulla tratta Eboli - Reggio Calabria, e il ruolo poco chiaro degli enti locali lo avevano reso inadeguato a conseguire gli obiettivi prefissati.
Ritornò al governo nel marzo 1884, chiamato da A. Depretis a sostituire D. Berti al ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, e fu riconfermato anche nel successivo (giugno 1885). La scelta del G. al posto di un esponente del riformismo borghese, antesignano della previdenza libera, confermò i sospetti sulla svolta a destra operata dalla compagine governativa, ma il nuovo ministro, chiamato a confrontarsi con una proposta organica di disposizioni legislative miranti a risolvere la questione sociale contro l'opposizione dei gruppi legati alla borghesia industriale, pur muovendosi con molta cautela, portò a termine il programma.
Fece approvare nel 1886 le norme per il riconoscimento giuridico delle società di mutuo soccorso, la legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli e le disposizioni sugli infortuni degli operai, valutate benevolmente negli ambienti dell'Estrema, in quanto, accogliendo parte degli emendamenti di A. Costa, introducevano il principio della responsabilità dei datori di lavoro.
Iniziative in campo agricolo, oltre al sostegno incondizionato all'inchiesta Jacini, furono dal G. rivolte al riordinamento delle rappresentanze agrarie, all'istituzione di scuole pratiche e speciali di agricoltura, molte fra le quali funzionarono da cattedra ambulante per il miglioramento delle tecniche agricole, e alla presentazione di due disegni di legge sul credito fondiario e agrario. Promosse anche lo studio e il relativo piano di massima per la costruzione di serbatoi a scopo irriguo nell'Italia meridionale, presto abbandonato per difficoltà finanziarie e ripreso nei primi anni del secolo.
Nei due governi (1887-91) presieduti da F. Crispi dopo la morte di Depretis, il G., già ministro dell'Agricoltura dal 1885 al 1888, lasciò l'incarico per sostituire alle Finanze, nel dicembre 1888, il liberista A. Magliani, sostenitore di una politica economica centrata sull'espansione della spesa pubblica. Ma dopo pochi mesi anche il più rigorista G. fu costretto a rassegnare le dimissioni essendosi reso conto dell'impossibilità di equilibrare il disavanzo finanziario senza nuove tasse. Richiamato, dopo una breve parentesi di G. Giolitti, alle Finanze e al Tesoro, non riuscì a imporre la sua linea di economie e, pochi giorni prima delle dimissioni di un Crispi ormai senza più maggioranza (28 genn. 1891), vide negato il passaggio all'approvazione immediata di alcuni ritocchi tributari, fra i quali un aumento dell'imposta sugli alcolici da 120 a 160 lire l'ettolitro.
Durante il suo primo governo, Giolitti, per rafforzare la propria base parlamentare, conferì al G. il 7 luglio 1892 l'interim delle Finanze e, dopo qualche esitazione e contrariamente a qualsiasi previsione, anche la titolarità del Tesoro. Ma l'ultima esperienza ministeriale, in coincidenza con lo scandalo della Banca romana, non fu certamente facile per il G.: adoperatosi alquanto positivamente per la riduzione del disavanzo del bilancio attraverso una serie di riforme, preliminarmente quella delle pensioni, alle prime avvisaglie delle irregolarità contabili nel sistema bancario italiano, ne fu coinvolto in pieno.
La sua amicizia con il governatore B. Tanlongo, la riscossione di alcune somme, la concessione di mutui ad alcuni amici, specificamente ad A. Fazzari, la presentazione del disegno di legge, avallato dal Giolitti e poi ritirato, volto a concedere per sei anni alle banche la facoltà di emettere valuta, furono altrettanti elementi a carico. L'inchiesta della commissione parlamentare escluse tuttavia che il G. avesse percepito compensi dalla Banca romana "per altro titolo e per somma superiore a quella da lui ammessa come compenso" per le sue prestazioni professionali e lo scagionò anche dall'accusa di aver incassato, direttamente o indirettamente, somme di denaro in occasione delle elezioni politiche.
Pur rimasto nel governo (l'interim delle Finanze fu assegnato però a L. Gagliardo), la sua immagine ne uscì comunque compromessa, a tal punto che il presidente del Senato D. Farini, forse con poco senso della misura, annotava nel suo diario che alle Camere vi era una certa "ripugnanza" nei suoi confronti (Farini, p. 220). Rieletto per l'ultima volta nel 1895, partecipò poco ai lavori parlamentari, anche perché afflitto da una grave malattia che lo rese afono.
Il G. morì a Roma il 16 marzo 1897.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Catanzaro, Stato civile, Nati 1839, vol. 483; V. Riccio, I meridionali alla Camera nella XVI legislatura, Torino-Napoli 1888, pp. 233-258; F. Tocco, Commemoraz. di B. G. letta per incarico dell'Amministrazione provinciale di Catanzaro, Catanzaro 1897; D. Larussa, Inaugurazione dei busti di B. G. e Giuseppe Rossi, Catanzaro 1929; R. Bisceglia, B. G., con prefaz. di S. Barzilai, Roma 1936; Id., Uomini di Calabria: Bruno Chimirri, B. G., Roma 1938; D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, I, Milano 1942, pp. 76 s. e passim; Carteggio C. Zirardini - A. Costa, a cura di G. Bosio, in Movimento operaio, III (1951), p. 636; D. Larussa, B. G., in Almanacco calabrese, II (1952), pp. 107-109; G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino 1956, ad indicem; A. Caracciolo, L'inchiesta agraria Jacini, Torino 1958, pp. 78 s. e passim; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, I, L'Italia di fine secolo 1885-1900, a cura di P. D'Angiolini, Milano 1962, ad indicem; F. Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Manduria 1968, pp. 102 s. e passim; E. Vitale, La riforma degli istituti di emissione e gli "scandali bancari" in Italia, 1892-1896, Roma 1972, ad indicem; R. Colapietra, Ad ottant'anni dalla Banca romana: un problema risolto, in Rass. stor. del Risorgimento, LX (1973), pp. 419-422, 426, 433; P. Borzomati, La Calabria dal 1882 al 1892 nei rapporti dei prefetti, Reggio Calabria 1974, pp. 16, 62; L. Izzo, Agricoltura e classi rurali in Calabria dall'Unità al fascismo, Genève 1974, pp. 30, 53, 57; G. Monteleone, La legislazione sociale al Parlamento italiano. La legge del 1886 sul lavoro dei fanciulli, in Movimento operaio e socialista, XX (1974), pp. 268, 271, 276; Storia del Parlamento italiano, VIII, Palermo 1975, ad indicem; IX, ibid. 1976, ad indicem; A. Capone, Destra e Sinistra da Cavour a Crispi, Torino 1981, ad indicem; G. Cingari, Storia della Calabria dall'Unità ad oggi, Roma-Bari 1982, ad indicem; D. Ivone, Istruzione agraria e lavoro contadino nel riformismo agricolo dell'Italia unita (1861-1900), Napoli 1982, ad indicem; R. Colapietra, Potere e cultura a Catanzaro (dall'Unità alla Repubblica), Soveria Mannelli 1983, ad indicem; G. Barone, Mezzogiorno e modernizzazione. Elettricità, irrigazione e bonifica nell'Italia meridionale, Torino 1986, p. 31; N. Labanca, Il gen. Cesare Ricotti e la politica militare italiana dal 1884 al 1887, Roma 1986, p. 423; P. Paparo, B. G. e la sua attività parlamentare, Soveria Mannelli 1986; F. Cammarano, Il progresso moderato. Un'opposizione liberale nella svolta dell'Italia crispina (1887-1892), Bologna 1990, pp. 56 s.; F. Martini, Confessioni e ricordi, a cura di M. Vannini - S. Romagnoli, Firenze 1990, p. 225; A. Sassi, La rappresentanza parlamentare del Mezzogiorno dal 1861 al 1922, in Storia del Mezzogiorno, XII, Napoli 1991, pp. 243-317; G. Manacorda, Dalla crisi alla crescita. Crisi economica e lotta politica in Italia 1892-1896, Roma 1993, ad indicem; S. Rogari, Alle origini del trasformismo. Partiti e sistema politico. Nell'Italia liberale, Roma-Bari 1998, ad indicem.
Tra i repertori: L. Aliquò Lenzi, Gli scrittori calabresi, Messina 1913, pp. 192 s.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, pp. 59 s.; A. Moscati, I ministri del Regno d'Italia, V, Il trasformismo, Napoli 1966, pp. 402-415; J. Giugni Lattari, I parlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, pp. 31 s. e passim; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1973, ad indicem.