BERNARDINO da Reggio (Bernardino "Giorgio")
Della nobile famiglia dei Molizzi, nacque a Reggio Calabria intorno al 1476. Entrò nell'Ordine dei minori osservanti insieme col concittadino Ludovico Comi, che gli fu anche maestro di humanae litterae. Proseguì con lui gli studi a Brescia dove ebbe a maestro di filosofia e teologia il futuro generale dell'Ordine Francesco Licheto. Concluse infine i suoi studi all'università di Parigi, dove conseguì il dottorato in teologia. La sua dottrina, in particolare la sua conoscenza del greco e della teologia scotista, e la sua valentia nelle pubbliche dispute gli valsero il soprannome di "Giorgio", con allusione al dotto francescano Francesco Giorgio Zorzi, celebre allora in tutta Italia. Della sua attività di studioso e di insegnante non resta altra traccia che i titoli di alcuni scritti: Commentaria in librum primum scripti Oxoniensis Ioannis Duns Scoti, in tre volumi, Adnotationes in sacram divinam scripturam, Conceptus quadragesimalis, una cronaca di Reggio, Chronicon Rhegii, e una traduzione dal greco in latino della Vita S. Eliae dell'abate Bozzetta.
Ma B. va ricordato soprattutto per la parte di primo piano avuta, insieme con Ludovico Comi, nell'origine dei cappuccini calabresi.
La famiglia dei minori osservanti, che nel sec. XV aveva reagito al rilassamento dei conventuali attuando un ritorno alla stretta osservanza della regola, aveva ottenuto, nel 1517 con la cosiddetta "bolla d'unione" di Leone X, il governo dell'Ordine. Ma il suo stesso ingrandimento doveva recare con sé germi di decadenza: non essendo più sufficienti i vecchi conventi ad accogliere il numero sempre crescente degli osservanti, che d'altra parte la devozione delle folle richiamava sempre più nelle città, fu necessario erigerne di nuovi; si cominciò da più parti a non rifiutare rendite annue; a coltivare campi e a venderne i prodotti; a raccogliere elemosine in denaro nelle chiese. Questo progressivo allontanamento dalla stretta osservanza provocò presto reazioni nell'Ordine: in particolare, col favore di Francesco Licheto, generale dal 1518, molti frati zelanti si ritirarono in conventi solitari e inospitali per seguire più rigorosamente l'ideale francescano. Ma nel giugno 1519 lo stesso Licheto, per timore di divisioni nell'Ordine, interruppe questo movimento di riforma ordinando agli zelanti di ritornare nei loro conventi d'origine. Nel 1523, con l'elezione a ministro generale di Francesco De Angelis Quiñones, promotore in Spagna della "recollezione", la raccolta cioè degli zelanti in particolari conventi, si ravvivarono le speranze dei riformatori, che però dovettero attendere altri due la venuta dei Quiñones in Italia.
Proprio nel 1525 B. e Ludovico da Reggio, che erano zelanti calabresi, probabilmente in conseguenza dell'interruzione della riforma, si erano trasferiti a Roma dove tentavano di realizzare il loro ideale di vita ascetica sotto la protezione dei conventuali dei SS. Apostoli. Ma la venuta del Quiñones dovette dar loro nuova speranza di continuare lariforma nella famiglia degli osservanti. E quando nel settembre il ministro generale, visitando la provincia napoletana, inviò in Calabria un suo commissario per celebrare il capitolo provinciale, essi erano nella loro terra e ottennero insieme con i loro compagni cinque conventi di recollezione (tra cui quelli di S. Sergio di Tropea, S. Francesco di Terranova e S. Filippo di Cinquefronde).
Seguirono quattro anni circa di vita tranquilla. Ma il 15 maggio 1529 fu eletto ministro generale il commissario cismontano Paolo Pisotti da Parma, deciso a stroncare il movimento di riforma chiudendo i conventi di recollezione e disperdendo gli zelanti. Svani così anche in Calabria il sogno di una riforma interna alla famiglia osservante. Non restava altra via che la separazione. Perciò ai primi di agosto del 1529 gli zelanti calabresi inviarono a Roma B. e un confratello, Antonio de Randolis, coll'incarico di chiedere licenza al pontefice di condurre vita eremitica fuori dell'Ordine. tuttavia secondo la regola dei frati minori. Il diploma fu concesso, ma a Roma B. era entrato in contatto con Lodovico da Fossombrone, esponente della riforma cappuccina, che era stata autorizzata l'anno precedente con la bolla Religionis zelus ed attuava un ideale di vita ascetica molto simile a quello dei recolletti calabresi: la maggiore sicurezza di cui questi avrebbero potuto godere unendosi ad altre forze, per di più protette da influenti personalità, la possibilità di attuare la riforma, se non nella famiglia osservante, almeno dentro l'Ordine, e quindi conservandone i privilegi, infine la facoltà di accogliere nuovi adepti, furono verosimilmente le ragioni che indussero B., il 16 agosto, a firmare con Ludovicio da Fossombrone una convenzione, condizionata al consenso dei suoi compagni assenti, con cui dichiarava la volontà degli zelanti calabresi dì entrare nella congregazione dei frati minori della vita cremitica (così si chiamavano allora i cappuccini).
Munito di una copia autentica della bolla Religionis zelus e delle costituzioni dei minori eremiti, nonché di un cappuccio quadrato e di una tonaca secondo la foggia cappuccina, B. col suo compagno intraprese il viaggio di ritorno. In settembre era a Napoli, dove ottenne lettere regie esecutorie (in quell'occasione probabilmente egli gettò il primo seme della futura comunità cappuccina napoletana). Ma gli zelanti calabresi accolsero con molte esitazioni l'iniziativa di B., tanto che la convenzione da questo firmata rimase per il momento senza pratica attuazione.
Intanto il Pisotti, deciso a stroncare le varie riforme francescane e soprattutto quella cappuccina, otteneva da papa Clemente VII il breve Cum nuper (14 dic. 1529)con cuivenivano annullate e revocate tutte le bolle emanate in loro favore; poi, essendo il breve troppo generico, un altro rescritto, il Cun sicut del 27 maggio 1530, che colpiva direttamente i cappuccini e i recolletti di Calabria, ai quali tutti si ordinava di rientrare nei conventi di origine: documenti che, insieme con altri successivi, se consentirono al Pisotti di colpire il movimento riformatore in seno alla Tamiglia osservante, in particolare nella provincia romana, non ebbero alcuna efficacia nei confronti dei cappuccini. Infine, il 2 dic. 1531,il breve Cumautem, ingiungendo il ritorno ai conventi di origine solo ai frati minori aggregatisi ai cappuccini dopo il breve Cum sicut, segnava con questo indiretto riconoscimento della nuova congregazione il sostanziale insuccesso dell'azione anticappuccina del Pisotti.
In questa situazione era naturale che gli zelanti calabresi si orientassero verso una esplicita adesione al movimento cappuccino. Indetto il capitolo generale degli osservanti a Messina il 28 apr. 1532, il Pisotti adottò verso gli zelanti calabresi una tattica dilatoria e intanto compì un maldestro tentativo di dividere e addomesticare i loro capi offrendo invano a B. e a un suo confratello, Ludovico da Nepizio, la carica dì guardiano del convento reggino dell'Annunciazione. Ottenuta la conferma al governo dell'Ordine il Pisotti passò in Calabria dove presenziò al capitolo provinciale il 19 maggio, nel quale gli zelanti rinnovarono invano la richiesta di condurre vita eremitica. E finalmente B. ed alcuni compagni, convenuti a Filogaso il 28 maggio 1532 sotto la protezione del duca di Nocera Ferdinando Carafa, celebrarono presso il convento dei domenicani il primo capitolo provinciale dei cappuccini calabresi. Il Pisotti, ritornato a Roma, ottenne il 3 luglio il breve Alias postquam, che ingiungeva al B. e ai suoi compagni il ritomo ai loro conventi di origine, ma la protezione del duca di Nocera permise ai cappuccini calabresi di ignorare il comando.
Intanto a Roma la controversia tra osservanti e cappuccini non trovava nemmeno quell'anno una composizione soddisfacente, nonostante i tentativi di una commissione composta dai cardinali Antonio del Monte e Andrea della Valle, mentre d'altra parte si assisteva ad una ripresa dei riformati nella famiglia osservante, i quali ottenevano col breve In suprema del 16 nov. 1532 l'assegnazione di quattro o cinque conventi in ogni provincia. Alla fine dell'anno seguente, con la rinunzia dei Pisotti al generalato richiesta dallo stesso pontefice, fu riadottata la linea di condotta del Quiñones, ora cardinale protettore dei frati minori, linea intransigente nei confronti dei cappuccini, accusati di scindere l'Ordine, ma favorevole alla riforma nell'ambito della famiglia osservante.
Seguendo questo orientamento, il nuovo generale dell'Ordine, Vincenzo Lunel, tentò di ricuperare gli zelanti calabresi. Recatosi in Sicilia con Carlo V nell'agosto del 1535, egli s'incontrò poi a Reggio nell'ottobre con B., allora vicario provinciale; alle esortazioni del Lunel questi oppose una tattica dilatoria che in effetti acquisì definitivamente i francescani calabresi alla famiglia, cappuccina.
A B. è dovuta, a partire dal 1533, la diffusione della riforma cappuccina anche in Sicilia, con la fondazione di conventi a Messina, a Castronovo e a Catania. Da una lettera di Ludovico da Reggio al generale cappuccino Bernardino d'Asti, pubblicata dal d'Alençon, si apprende che B. morì il 19 dic. 1535, e non 1536 come scrivono tutti i suoi biografi.
Fonti e Bibl.:Docum. vaticani contro l'eresia luterana in Italia, a c. di B. Fontana, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, XV(1892), p. 122; Chronica fr. Ioannis Romaei de Terra Nova,in Analecta Ordinis min. capuccinorum, XXIII(1907), pp. 9 s.; XXXVI(1920), pp. 258 s.; Mario da Mercato Saraceno, Relationes de origine Ordinis minorum capuccinorum, a c. di Melchiorre da Pobladura, in Mon. hist. Ordinis min. capuccinorum, I, Assisi 1937, passim; Bernardino da Colpetrazzo, Historia Ordinis fratrum minorum capuccinorum (1525-1593), a c. di Melchiorre da Pobladura, libro I, ibid., II, ibid. 1939, pp. 317, 322 s., 371; libro II, ibid., III, ibid. 1940, pp. XXX, 214, 217 s.; Mattia da Salò, Historia capuccina, a c. di Melchiorre da Pobladura, parte 1, ibid., V, Romae 1946, pp. 183 s., 194, 196, 200 s.; Paolo da Foligno, Origo et progressus Ordinis fratrum min. capuccinorum, a c. di Melchiorre da Pobladura, ibid., VII, ibid. 1955, pp. XXXVII, 184 s., 191, 210, 304, 329 s., 333 s.; Z. Boverio, Annalium seu sacrarum historiarum Ordinis minorum s. Francisci qui capuccini nuncupantur, I, Lugduni 1632, pp. 132 s., 177 s., 226 s.; Edouard d'Alençon, Tribulationes Ordinis fratrum min. capuccinorum primis annis pontificatus Pauli III, Romae 1914, pp. 9, 36 s., 40, 60 s., 66; Id., De Primordiis Ordinis fratrum min. capuccinorum, 1525-1534, Romae 1921, pp. 67 s., 80 s.; Emidio d'Ascoli, I primi conventi dei frati minori cappuccini, in Liber memorialis Ordinis fratrum min. s. Francisci capuccinorum, Romae 1928, pp. 72 s.; P. Cuthbert, I Cappuccini e la controriforma, Faenza 1930, pp. 55 s.; Amedeo da Varazze, L'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Genova 1930, pp. 58 s., 63 s.; Melchiorre da Pobladura, Historia generalis Ordinis fratrum min. capuccinorum, I, Romae 1947, pp. 31, 34 s., 45, 76 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VIII, p. 799.